venerdì, Marzo 29, 2024
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La legittimità costituzionale dell’interdittiva antimafia rispetto alle posizioni “di nicchia” dei soggetti vicini alla criminalità organizzata

Il Supremo Consesso Amministrativo con la sentenza n.3641/2020 approfondisce il delicato tema della legittimità costituzionale dell’interdittiva antimafia rispetto alle posizioni “di nicchia” dei soggetti vicini alla criminalità organizzata all’interno delle società.

La Sezione Terza ha ritenuto la questione manifestamente infondata, riprendendo i principi evidenziati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 24 del 2019.

Sebbene ci si muova al di fuori della materia penale, è ammissibile che la predeterminazione delle condizioni legittimanti la limitazione di un diritto costituzionalmente e convenzionalmente protetto possa essere soddisfatta anche sulla base “dell’interpretazione, fornita da una giurisprudenza costante e uniforme, di disposizioni legislative pure caratterizzate dall’uso di clausole generali, o comunque da formule connotate in origine da un certo grado di imprecisione[1].

La funzione essenziale di tale orientamento è quella di porre la persona potenzialmente destinataria delle misure limitative del diritto in condizioni di poter ragionevolmente prevedere l’applicazione della misura stessa.

Pertanto, la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata “sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio[2].

Per la legittima applicazione dell’interdittiva, pertanto, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì “soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri[3].

Tali principi, da ultimo nuovamente confermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 57 del 26 marzo 2020, vanno inseriti nel contesto estremamente adattivo e cangiante in cui si sviluppano gli ambienti mafiosi. È pertanto in tale prospettiva anticipatoria della difesa della legalità che si colloca il provvedimento di informativa antimafia al quale, infatti, è riconosciuta dalla giurisprudenza natura “cautelare e preventiva”[4], comportando un giudizio prognostico circa probabili sbocchi illegali della infiltrazione mafiosa.

 

 

 

[1] Orientamento condiviso a livello nazionale e comunitario, si veda ex multis Corte europea dei diritti dell’uomo, sezione quinta, sentenza 26 novembre 2011, Gochev c. Bulgaria; Corte europea dei diritti dell’uomo, sezione prima, sentenza 4 giugno 2002, Olivieiria c. Paesi Bassi; Corte europea dei diritti dell’uomo, sezione prima, sentenza del maggio 2010, Lelas c. Croazia.

[2] Cfr. Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343.

[3] Cfr. sent. cit. 2343/2018 e Cons. St., sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483.

[4] Cfr. Cons. Stato, A.P., 6 aprile 2018, n. 3.

Fabrizio Ciotta

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell'ambiente, realizzando una tesi intitolata "Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi". Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell'Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre. Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del "Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale", primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale. Dopo una proficua esperienza lavorativa all'interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l'abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni. Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com

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