giovedì, Aprile 25, 2024
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Essere influencer o diventare influencer: la linea di demarcazione della Call To Action

Essere Influencer O Diventare Influencer: La Linea Di Demarcazione Della Call To Action

A cura di Dott.ssa Claudia Frisani

 L’inorganicità normativa che attanaglia la materia dell’Influencer marketing e la necessità di un intervento legislativo sono ormai cosa nota[1]. Quest’ultima, in particolare, si palesa quale esigenza sempre più avvertita al giorno d’oggi, in quanto utile a definire un apparato regolatorio del perimetro d’azione dei c.d. Influencer, posto che la menzionata inorganicità presta il fianco ad elevati rischi (sanzionatori) sia per coloro che esercitano la professione di Influencer quant’ anche per i brand che si rivolgono ai medesimi per la crescita del proprio business mediante l’attuazione di apposite strategie di marketing. A ciò occorre altresì aggiungere come la lacunosità normativa abbia imposto una più acuta attenzione da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che in tempi recenti ha riconosciuto come “pubblicitaria” anche l’apparente mera pubblicazione di alcune tipologie di contenuti sul profilo social di utenti “comuni”.

  1. Una necessaria premessa

Focalizzando l’attenzione su quest’ultimo aspetto, appare opportuno definire sinteticamente il frastagliato quadro normativo che interessa il fenomeno dell’Influencer marketing, ossia l’attività promozionale svolta sulle piattaforme online, per lo più social network, che coinvolge una pluralità di personaggi influenti, i quali presentano quale comune denominatore la capacità di persuadere gli utenti-consumatori, influenzandoli all’acquisto di beni di un dato brand, favorendo così la riconoscibilità e l’appetibilità del brand stesso.

Di fondamentale importanza in questo contesto, oltre alle disposizioni in materia pubblicitaria previste all’interno del Codice Civile, alla normativa privacy (Reg. (EU) 679/2019, Codice Privacy, Provvedimenti Autorità Garante per la Protezione dei Dati) e alla normativa sui concorsi a premio, occorre richiamare la disciplina del Codice del Consumo che in materia di pubblicità distingue le pratiche commerciali scorrette in due categorie: pratiche commerciali ingannevoli[2] e pratiche commerciali aggressive[3].  Ai nostri fini, inoltre, si richiamano le prescrizioni di cui al Regolamento Digital Chart[4], redatto dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), finalizzate a rendere chiara agli utenti l’attività promozionale e pubblicitaria di un contenuto, garantendo così il rispetto dell’art. 7 del Codice IAP. Più nel dettaglio, le linee guida fornite dalla Digital Chart prevedono l’indicazione nella parte iniziale di un contenuto pubblicitario social (es. post Instagram), l’utilizzo di espressioni quali “Pubblicità / Advertising”, “Promosso da / Promoted by”, “Sponsorizzato da / Sponsored by”, seguite dal nome del brand, nonché l’inserimento entro i primi tre hashtag, dell’indicazione “#Pubblicità / #Advertising”, “#Sponsorizzato da / Sponsored by”, “#adv”, seguite dal nome del brand.

2. L’utilizzo degli indicatori di pubblicità è riservato ai soli Influencer?

Sin dall’introduzione del Regolamento Digital Chart si è ritenuto che le sopraddette prescrizioni fossero un adempimento posto in capo esclusivamente agli Influencer.

Tuttavia, tale convinzione, profondamente radicata nella social community, è stata superata dall’intervento dell’AGCM che, con il provvedimento n. 29837 dello scorso settembre 2021[5], ha disposto nel senso di prevedere obbligatorio il rispetto degli indicatori pubblicitari anche per utenti “comuni” che si affacciano al mondo dell’advertising come partecipanti ad una call to action, per tale intendendosi la strategia promozionale adottata dagli Influencer «volta a creare una interazione con i follower che, nell’aspettativa di ricevere in cambio una maggiore visibilità del proprio profilo, sono stati indotti a rispondere all’invito diffondendo su Instagram contenuti collegati al marchio, generando così un effetto pubblicitario in favore del marchio».

In particolare, il provvedimento adottato dall’AGCM attiene l‘ipotesi di Influencer (Stefano De Martino, Cecilia Rodriguez e Stefano Sala) che, pubblicizzando su Instagram un dispositivo per il riscaldamento del tabacco – Glo Hyper, prodotto dalla società British American Tobacco Italia – avevano invitato i loro follower a pubblicare altrettanti contenuti, taggando il brand ed il loro profilo, inserendo altresì hashtag collegati al marchio. A loro volta, gli Influencer si impegnavano a “ripostare” i contenuti “migliori” realizzati dai follower, a titolo di premio per la partecipazione alla call to action, sul proprio profilo e su quello del brand. Non essendo stati esortati all’utilizzo degli indicatori di pubblicità, i contenuti realizzati dagli utenti partecipanti alla call to action risultavano sprovvisti degli stessi.

In tal circostanza l’AGCM non ha accertato l’infrazione, come accaduto già in precedenti casi[6], e ha accolto di buon grado gli impegni assunti dalle parti coinvolte nel procedimento, società ed Influencer. Infatti, da un lato la società si è impegnata ad adottare Linee guida in materia di influencer marketing, finalizzate ad esplicare i vari adempimenti cui devono attenersi coloro che volgono attività pubblicitaria dei prodotti del brand, anche in relazione ad ipotesi di realizzazioni di future call to action; dall’altro lato, gli Influencer coinvolti nell’accertamento si sono impegnati a rimuovere dal proprio profilo ogni pubblicazione riferibile ai fatti oggetto di contestazione nel procedimento e utilizzare per le successive attività di marketing gli opportuni indicatori pubblicitari, nonché in caso di call to action l’impegno ad informare i follower al rispetto all’utilizzo dei medesimi indicatori.

Si tratta di impegni che, come anticipato, sono sati valutati positivamente dall’Autorità posto che secondo quest’ultima le pubblicazioni nel mondo digitale «costituiscono gli strumenti abituali degli utenti per comunicare con l’esterno e realizzare un coinvolgimento emotivo dei destinatari del proprio racconto». Partendo dall’assunto per cui «in questo settore è di fondamentale importanza garantire ai consumatori la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario delle comunicazioni diffuse sui social, considerato che il marketing occulto è particolarmente insidioso poiché idoneo a privare i destinatari delle naturali difese attivate in presenza di un dichiarato intento pubblicitario», l’Autorità afferma che ne discende «la necessità – nel caso in cui il contenuto diffuso in Rete derivi da un rapporto di committenza tra l’influencer e il marchio evidenziato – di rendere i consumatori consapevoli del fatto di trovarsi al cospetto di un vero e proprio messaggio pubblicitario, e non di fronte ad un racconto spontaneo e disinteressato del vissuto quotidiano del personaggio […].In tal guisa, le modalità di identificazione di una comunicazione commerciale su Internet, tramite per esempio l’utilizzo di hashtag quali #adv o #sponsored by, rappresentano un utile mezzo di riconoscimento del messaggio pubblicitario, sia quando questo è promosso (a monte) da personaggi con numero più o meno consistente di follower – influencer e micro-influencer – sia allorquando il messaggio provenga (a valle) da parte di un utente comune, invogliato a postare tali contenuti in cambio di una utilità, ancorché di natura non direttamente economica, come quella di ottenere maggiore visibilità in Rete».

3. Conclusioni

Dalle considerazioni sopra esplicate appare chiaro come l’attività pubblicitaria resa mediante il coinvolgimento di Influencer rappresenti un ecosistema strutturato sul piano pratico ma non accompagnato da puntuali riferimenti normativi, con conseguente continua e progressiva esposizione ad un elevato rischio sanzionatorio per tutti i soggetti coinvolti nella filiera pubblicitaria.

La situazione derivante dall’assenza di un apparato regolatorio omogeneo risulta ancor più aggravata a seguito dell’adozione del provvedimento analizzato, in quanto allo stato attuale solo apparentemente l’attività pubblicitaria resa mediante call to action non sembrerebbe integrare quei casi in cui, quanto meno in precedenza, risultava necessario conformarsi alle prescrizioni del Regolamento Digital Chart.

Nella pratica, infatti, tale tipo di attività comporta non solo una maggior visibilità per il prodotto pubblicizzato per il tramite della produzione di contenuti social da parte degli utenti partecipanti alla call to action, ma al contempo la condivisione degli stessi da parte degli Influencer potrebbe enfatizzare la persuasione trattandosi per l’appunto di contenuti prodotti da utenti “comuni”, esclusi da ogni contratto di business.

L’intervento dell’AGCM, dunque, ha cercato di sopperire alla lacuna normativa di un contesto che non coinvolge più solo Influencer e brand, ma anche soggetti contrattualmente svincolati da quest’ultimi e che partecipano ad iniziative social per assicurarsi maggior visibilità al proprio profilo. Ed è proprio questo aspetto che per l’Autorità rappresenta il “vantaggio” dell’utente-partecipante rispetto al quale, al fine di assicurare la massima trasparenza di attività promozionali online a tutela dell’utente-consumatore, è necessario conformarsi al rispetto degli indicatori pubblicitari.

In tal senso deve leggersi una equiparazione, nell’ambito della pubblicità online, tra i contenuti realizzati dall’ Influencer (sulla scorta di un rapporto contrattuale in essere con il brand) e quelli dell’utente “comune” (invogliato a partecipare ad una call to action per conseguire visibilità in una fanbase particolarmente nutrita).

Ciò posto, sarebbe auspicabile la codificazione di nuovi hashtag spendibili per queste ipotesi, in modo da rendere chiare le finalità promozionali e/o pubblicitarie di un dato contenuto online.

[1] Sull’evoluzione del fenomeno dell’Influencer marketing, si veda tra gli altri V. Cosenza, L’evoluzione e i modelli di Influencer Marketing, su https://vincos.it/2018/07/04/levoluzione-e-i-modelli-di-influencer-marketing/.

[2] Sulle pratiche commerciali ingannevoli si veda l’elencazione di cui all’art. 21 del Codice del Consumo.

[3] Sulle pratiche commerciali aggressive si veda l’art. 24 del Codice del Consumo.

[4] Il regolamento può essere consultato al link https://www.iap.it/codice-e-altre-fonti/regolamenti-autodisciplinari/regolamento-digital-chart/.

[5] Il provvedimento è disponibile al link https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2026/10/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/D3742CF9C999B026C125877200392683/$File/p29837.pdf 

[6] Sul punto si veda a titolo esemplificativo il Provvedimento n. 28167 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sul caso Pan di Stelle, disponibile qui: https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2025/3/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/F29799B6815A0C30C125852E003A479E/$File/p28167.pdf

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