La mafia come brand di successo
Migliaia sono le commemorazioni per le stragi mafiose che ancora oggi richiamano l’attenzione pubblica e provocano sdegno e dolore nei familiari delle vittime e non solo. Abbiamo da poco celebrato la ricorrenza per il trentacinquesimo anniversario della strage di via Carini, in cui vennero uccisi il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, e la giovane moglie Emanuela Setti Carraro, e in cui venne ferito a morte l’agente di scorta Domenico Russo.
Tuttavia resta da chiedersi come mai nonostante anni di lotte e conquiste come l’istituzione del reato di associazione mafiosa ed il sequestro e la confisca dei beni dei boss, continuiamo ad assistere ad una miriade di attività commerciali e turistiche che hanno trasformato il nome e l’immagine della mafia in un marchio di successo per vendere beni e servizi. Considerato alla stregua di un logo che indica prodotti “Made in Italy” questo marchio da decenni è diventato sinonimo di “prodotto italiano”. Nel 2013 gli utenti del web si indignarono per la scelta del locale austriaco “Don Panino” di pubblicizzare panini con i nomi dei boss mafiosi e delle vittime. Non solo cibo e bevande con il marchio dei clan, ma anche catene di abbigliamento e molto altro. Fioriscono le pizze alla mafiosa, le magliette che inneggiano alla mafia, i generi legati all’icona del Padrino, le trattorie e i caffè e i menù e le attività turistiche che usano questo brand per fare affari.
Nonostante l’Unione Europea, a partire da petizioni on line, segnalazioni della Commissione parlamentare antimafia e denunce di giovani italiani all’estero, abbia emesso una direttiva che condanna e vieta questa prassi, l’Italia non si è data molto da fare perché essa cessi all’estero e soprattutto entro i propri confini.
Nessuna educazione antimafia riuscirà mai a costruire una società civile se lo Stato non si dimostrerà pronto a sanzionare e rispettoso della memoria di chi ha perso la vita in nome dell’onestà e di chi è sopravvissuto a quelle stragi. Né qui c’entrano nulla i reati di opinione.
Eppure, c’è chi non si arrende di fronte a questo scempio. L’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) ha revocato nel 2016 la registrazione del marchio della catena di ristoranti spagnola “La mafia se sienta a la mesa” (ovvero ” La mafia si siede a tavola”) affermando che “l’uso del termine mafia manipola l’immagine estremamente positiva della cucina italiana e che sarebbe un tentativo di volere attribuire un carattere di benignità al nome di una delle organizzazioni criminali più pericolose mai esistite in Italia“. L’ultima campagna contro il brand “Mafia” in Germania l’ha promossa il movimento “Mafia? Nein Danke!” e così ha commentato, in un suo articolo, il professore Nando dalla Chiesa: «La voglia di far profitti sull’imbecillità umana sembra alta, e forse anche quella di costruire nuove egemonie culturali fuori confine. Meno male che il movimento antimafia, dato perennemente in crisi, arriva in tutta Europa. Per fortuna che ci sono i nuovi patrioti».
Anna Rovesti nasce a Modena il 31 ottobre 1992.
Conseguita la maturità classica, prosegue i suoi studi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e consegue la laurea a luglio 2016 con il massimo dei voti.
La passione e l’interesse per Informatica giuridica e il Diritto dell’informazione e delle comunicazioni la portano ad approfondire in particolar modo queste materie grazie a corsi universitari, seminari di approfondimento e la partecipazione a luglio 2015 tramite l’Associazione ELSA (European Law Student Association) di cui è socia alla Summer Law School di Copenhagen in Media Law. Proprio in quest’ambito decide di redigere la tesi di laurea dal titolo: “Disciplina della libertà di stampa alla prova delle nuove comunicazioni telematiche. Libertà di espressione e di informazione tra ordinamento italiano e prospettive sovranazionali”.
Grazie a un tirocinio formativo presso COOPSERVICE S. Coop. p. A. in area legale-privacy, riesce a mettere a frutto l’interesse per questo ambito, affiancando il tutor aziendale e le figure senior dell’ufficio nella gestione della modulistica, di comunicati, lettere, avvisi e convocazioni d’uso comune legati alla normativa sulla protezione dei dati personali.
Attualmente lavora come praticante consulente del lavoro in uno studio di Modena prestando consulenza legale in materia giuslavoristica e nella gestione delle risorse umane (gestione del personale inviato all’estero con assistenza contrattuale fiscale e previdenziale, assistenza giudiziale e stragiudiziale in controversie inerenti il rapporto di lavoro, assistenza nelle procedure concorsuali e di licenziamento individuale e collettivo, trattative sindacali inerenti a contratti integrativi aziendali, gestione di survey aziendali finalizzate all’implementazione di piani di welfare, assistenza nella predisposizione di piani relativi ai premi di produzione e di risultato, ecc).
La sua collaborazione con “Ius in itinere” nasce dal desiderio di mettersi in gioco come giurista, studiosa e giovane lavoratrice alle prese con il mondo del diritto, tanto complesso quanto affascinante.
Una forte determinazione, senso del dovere e capacità di organizzazione la contraddistinguono nella vita e nel lavoro.
Email: anna.rovesti@iusinitinere.it