venerdì, Marzo 29, 2024
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La (mancata) riparazione ai crimini nazisti: il caso Germania – Italia

I meccanismi sanzionatori degli apparati giurisdizionali internazionali sono stati spesso accusati di inefficacia ed inadeguatezza, talvolta per misure punitive incapaci di ripristinare pienamente le lesioni lamentate, talvolta per un presunto conservatorismo. È proprio quest’ultimo aspetto ad aver caratterizzato, secondo la critica della dottrina, le pronunce della Corte Internazionale di Giustizia intervenute nei giudizi sui crimini compiuti in territorio italiano ad opera delle forze armate del Terzo Reich negli anni dell’occupazione tedesca tra il 1943 e il 1945.

Quando la responsabilità penale individuale ricade su persone che rappresentano, in quanto suoi organi, uno Stato, ad essa si accompagna la responsabilità internazionale dello Stato nei confronti del Paese del quale le vittime delle violazioni sono cittadini.

Di conseguenza, terminata la guerra, alla richiesta da parte degli Stati vincitori di ottenere un risarcimento dei danni morali e materiali subiti dai cittadini dei territori occupati, la Repubblica Federale Tedesca rispose nel 2000 istituendo, con il concorso delle imprese tedesche che avevano beneficiato del lavoro coatto, una Fondazione volta ad assicurare alle vittime un indennizzo, rivelatosi però insufficiente in quanto  valevole solo nei confronti di vittime civili e non militari (considerate prigionieri di guerra).

In questo contesto si è innestato il celebre caso di Luigi Ferrini, il quale ha convenuto in giudizio la Germania chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla deportazione avvenuta da agosto 1944 ad aprile 1945 nel campo di concentramento tedesco di Kahla. In tale sede il Tribunale di Arezzo prima, e quello di Firenze poi, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, sul rilievo che la domanda avanzata dall’attore trovasse il suo fondamento in fatti compiuti da uno Stato straniero nell’esercizio della sua sovranità (cd. atti jure imperii)[1] e che, pertanto, la controversia fosse sottratta alla cognizione dello Stato territoriale in base al principio della cd. Immunità funzionale ristretta fondato sul diritto internazionale consuetudinario.

Con la storica sentenza della Corte di Cassazione n. 5044/2004[2] secondo cui  “l’immunità funzionale non può trovare applicazione, perché l’atto compiuto si configura quale crimine internazionale e non vi è alcuna valida ragione per tener ferma l’immunità dello Stato – si erano moltiplicati i ricorsi presentati davanti ai tribunali italiani: i tristemente noti episodi bellici relativi all’eccidio di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo) del 1944, portando alla morte e deportazione, in proporzione, di più di 100 civili italiani per ogni soldato tedesco ucciso, avevano indotto, il 21 ottobre 2008, i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione a condannare il governo tedesco a risarcire i danni ai familiari delle vittime della strage.

Avverso la sentenza, la Germania adì la Corte Internazionale di Giustizia, che ne accolse il ricorso il 3 febbraio 2012[3], pronunciando una sentenza fortemente dibattuta in dottrina.

La Corte si è fondata principalmente sulla giurisprudenza interna, la quale riconosce in maggioranza l’esistenza dell’immunità, ed ha respinto tutti gli argomenti portati dalla difesa italiana:

  • Primo argomento: la relazione tra jus cogens e immunità degli Stati

Anzitutto, essa ha ritenuto improponibile l’argomento secondo cui le norme consuetudinarie internazionali che vietano le violazioni gravi dei diritti umani, appartenendo allo jus cogens, dovrebbero prevalere sulle norme che prevedono l’immunità degli Stati per gli atti jure imperii. A suo giudizio, è incerto come si possa rivendicare un risarcimento per fatti avvenuti quando può dubitarsi che norme sui crimini internazionali, e più in generale norme di jus cogens, esistessero. L’applicazione delle norme sui diritti umani, inoltre, costituirebbe l’oggetto esclusivo del merito della controversia rispetto alla quale l’immunità è invocata, laddove la questione dell’immunità avrebbe carattere preliminare e procedurale e quindi autonomo.[4] La critica della dottrina insiste qui su un presunto svuotamento da parte della Corte del concetto stesso di jus cogens[5].

  • Secondo argomento: il last resort argument

Un altro argomento che è stato respinto dalla Corte è il cd. last resort argument: secondo la difesa italiana le vittime della barbarie tedesca (o i loro eredi), non avendo potuto ottenere alcun risarcimento in Germania, sarebbero state private di un loro diritto fondamentale quale è il diritto a far valere dinanzi a un giudice le proprie ragioni (sul punto la Corte si è limitata a sostenere che un negoziato tra Germania ed Italia è sempre possibile).

  • Terzo argomento: la cd. tort exception

Infine, la Corte ha respinto l’argomento fondato sugli artt. 11 della Convenzione europea del 16/5/1972 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite, che escludono l’immunità dello Stato straniero per le azioni di risarcimento del danno prodotto alle persone e cose purché si tratti di azioni che abbiano avuto luogo nel territorio dello Stato del foro (cd. tort exception): l’argomento non è sostenibile non solo a livello formale, non avendo l’Italia ratificato le due Convenzioni, ma anche a livello sostanziale, in quanto non corrispondente a diritto consuetudinario ed estendibile solo a situazioni che non comportino un conflitto armato.

A contrastare l’indirizzo ferreo mantenuto dalla CIG, con sentenza n. 238 del 2014[6] la Corte costituzionale, investita della questione dal Tribunale di Firenze, è intervenuta sul problema dichiarando che “la norma consuetudinaria internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, con la portata definita dalla CIG determina il  sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti delle vittime”, ponendosi in contrasto con l’art. 24 (diritto al giudice) in combinazione con l’art. 2 (tutela dei diritti umani) della Costituzione[7]. La Corte ha infatti precisato che i principi fondamentali dell’ordinamento, tra cui quello alla tutela giurisdizionale in questione, costituiscono un “limite all’ingresso” delle norme internazionali generalmente riconosciute, costituendo “elementi identificativi e irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale”, e quindi non dispiegando alcun effetto all’interno dell’ordinamento italiano (cd. teoria dei controlimiti)[8].

Considerato che ad oggi l’unica ‘esenzione’ dalla giurisdizione internazionale rimane di tipo civile, e non penale, non resta che affidare l’annosa questione al dialogo tra corti, in attesa che si formi una consuetudine internazionale consolidata sulla negazione dell’immunità dalla giurisdizione penale per gli Stati autori di gross violations dei diritti umani e dei trattati tra stati la cui gravità è indiscussa.

[1] N. Ronzitti, “Tenue speranza per le vittime delle stragi naziste” (http://www.affarinternazionali.it/2012/02/tenue-speranza-per-le-vittime-delle-stragi-naziste/)

[2] Cass. SS.UU. civ., n. 5044/2004 sentenza Ferrini c. Repubblica Federale di Germania, 11 marzo 2004

[3] Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy: Greece intervening), ICJ Reports, 3 febbraio 2012 (http://www.icj-cij.org/en)

[4] B. Conforti, Diritto internazionale, Editoriale scientifica X edizione

[5] F. Pocar, “La sentenza dell’Aja non convince” (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-02-05/sentenza-convince-081220.shtml?uuid=AaJviJnE)

[6] Corte Cost., sentenza n. 238, 22 ottobre 2014

[7] D. Russo, “La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2014: la Consulta attiva i “controlimiti” all’ingresso delle norme internazionali lesive del diritto alla tutela giurisdizionale” (https://www.osservatoriosullefonti.it/archivio-rubriche-2014/fonti-dellunione-europea-e-internazionali/1124-la-sentenza-della-corte-costituzionale-n-238-del-2014-la-consulta-attiva-i-qcontrolimitiq-allingresso-delle-norme-internazionali-lesive-del-diritto-alla-tutela-giurisdizionale)

[8] M.G. Rancan, “Immunità dello Stato estero per crimini internazionali e diritto di accesso al giudice: la parola alla Corte Costituzionale”(http://questionegiustizia.it/articolo/immunita-dello-stato-estero-per-crimini-internazio_11-02-2014.php)

Silvia Casu

Silvia Casu, nata a Varese nel 1995, ha conseguito il diploma di maturità in lingue straniere nel 2014, che le ha permesso di avere buona padronanza della lingua inglese, francese e spagnola. Iscritta al quinto anno preso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano Statale, ha sviluppato un vivo interesse per la materia internazionale pubblicistica e privatistica, nonché per la cooperazione legale comunitaria, interessi che l'hanno portata nel 2017 ad aprirsi al mondo della collaborazione nella redazione di articoli di divulgazione giuridica per l'area di diritto internazionale di Ius in Itinere. Attiva da anni nel volontariato e nell'associazionismo, è stata dal 2014 al 2018 segretaria e co-fondatrice di un'associazione O.N.L.U.S. in provincia di Varese; è inoltre socio ordinario dell' Associazione Europea di Studenti di Legge "ELSA" , nella sezione locale - Milano.

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