La manipolazione delle competizioni sportive
La fonte giuridica principale per ciò che riguarda il tema della manipolazione delle competizioni sportive è la legge n. 39 del 3 maggio del 2019 recepisce la Convenzione del Consiglio d’Europa firmata a Magglingen il 18 settembre 2014.
Nello specifico l’art. 5 co. 1 della predetta Convenzione, fa sì che venga – di fatto – inserito il nuovo art. 25 quaterdecies nel d.lgs. 231/2001[1].
L’art. 25 quaterdecies, rubricato come “Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati” afferma:
“1. In relazione alla commissione dei reati di cui agli articoli 1 e 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
- a) per i delitti, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
- b) per le contravvenzioni, la sanzione pecuniaria fino a duecentosessanta quote.
- Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera a), del presente articolo, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.”
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La genesi normativa sul tema delle competizioni sportive.
Al fine di comprendere come si sia evoluto il reato di frode in competizioni sportive, ovvero inerente alla manipolazione delle competizioni sportive, che, per la prima volta ha analizzato la loro manipolazione, è essenziale che vengano menzionate le norme dalle quali deriva l’inserimento di tale reato all’interno del Modello 231.
Nel giugno del 2019 entrava in vigore il nuovo Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), il quale assegna efficacia di esimente – in alcuni casi di scriminante – all’adozione ed efficace implementazione del Modello 231, facendo riferimento agli illeciti sportivi[2].
Il reato di frode in competizioni sportive, introdotto per la prima volta dalla l. n. 401/1989, mira alla repressione della pratica delle scommesse clandestine[3].
Trattasi di un reato plurioffensivo, il bene giuridico tutelato nel caso di specie è l’interesse patrimoniale e la libertà di autodeterminazione, ovvero par necessario tutelare la certezza, la regolarità delle competizioni sportive e la conseguente genuinità dei loro risultati.
La dottrina, sul punto, ha da sempre affermato che lo scopo della disposizione fosse quello di impedire l’irruzione delle attività clandestine nel mondo dello sport e pertanto, l’attribuzione del disvalore penale per le condotte di frode nelle competizioni sportive che, de facto, tende a danneggiare non soltanto gli interessi finanziari dello Stato ma costituisce anche la fonte di sostentamento per la criminalità organizzata[4].
L’ora contestata forma di illecito sportivo appare sovrapponibile al reato di truffa, ma ne subisce un riadattamento in quanto nella truffa non vi è alcun fatto corruttivo e l’attività fraudolenta, nel reato di truffa, si palesa come quegli artifizi e raggiri che inducono la parte lesa in errore.
Pertanto, data la peculiarità del reato di frode sportiva, è più corretto affermare che, in caso di sussunzione, qualora dovesse concretizzarsi l’ipotesi di frode sportiva ricollegata all’utilizzo di artifizi e raggiri, il capo di accusa debba essere formulato come reato di truffa in eventuale concorso con la frode sportiva[5].
Il reato in questione si perfeziona quando, chiunque – compreso cui colui che partecipa alla competizione -promette denaro o altrui utilità o vantaggio a coloro che prenderanno parte alla medesima competizione sportiva, ovvero quando compie atti fraudolenti finalizzati all’alterazione del regolare esito della competizione.
Se però la fattispecie sembrerebbe essere adeguatamente normativizzata nel primo comma, indispensabile è l’analisi del comma successivo, nel quale viene indicata una fattispecie autonoma di reato alla quale, però, viene attribuito il medesimo trattamento sanzionatorio[6].
Di base, al primo comma, viene delineata una ipotesi di reato comune ove il soggetto è “chiunque”, mentre al secondo comma, l’ipotesi di reato è propria e tale fattispecie può essere attribuita soltanto a colui che partecipa personalmente alla competizione.
Ciò nonostante il Tribunale di Roma, già nel 1992, analizzando il semplice testo del 1989, differenziava la condotta che poteva essere posta in essere da “chiunque” in maniera assai differente rispetto a quella che poteva essere realizzata da colui che invece fosse uno dei partecipanti alla competizione[7].
A tal proposito fu, dunque necessario, capire chi fosse effettivamente il “partecipante”.
La dottrina, sul punto, si suddivise in due filoni completamente differenti.
Un primo filone, difatti, attribuiva tale status all’atleta che fosse iscritto alla gara, ma estendeva tale qualifica anche all’arbitro e agli ufficiali di gara.
Tale interpretazione tendeva così ad escludere sia gli allenatori quanto dirigenti, ai quali sarebbe stata imputabile solo una responsabilità penale, previo accertamento dei fatti, per gli eventuali atti fraudolenti che discendessero direttamente dalla gara “sospetta”.
L’altro filone dottrinale, invece, interpretava estensivamente la qualifica di “partecipante” attribuendo così lo status a le persone effettivamente presenti e coinvolte nella gara.
Affinchè il reato possa essere considerato perfetto, è necessario che vi sia un’offerta o promessa di denaro o qualsivoglia vantaggio ad uno dei partecipanti o che vi sia la mera conoscenza del partecipante di tale promessa.
Il reato di frode in competizione sportiva è un delitto a consumazione anticipata, pertanto si consuma con la promessa, qualora poi il partecipante non dovesse portare a termine l’atto per il quale è stato ingaggiato si parlerà di un mero tentativo di frode.
La mera accettazione da parte dell’atleta è invece punibile ai sensi del secondo comma.
L’elemento soggettivo del reato si caratterizza con l’intento del partecipante di raggiungere un risultato diverso rispetto a quello che sarebbe derivato dal normale, nonché leale, svolgimento della competizione, pertanto il dolo sarà specifico.
La Corte di Cassazione ha definito il reato di frode sportiva come un delitto di attentato a forma libera, di pura condotta, ove la soglia di punibilità è anticipata rispetto al compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione e che, di conseguenza, il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l’offerta del vantaggio indebito, nonché la commissione di tutte le altre condotte fraudolente prodromiche alla realizzazione del reato principale[8].
Quanto premesso, però, faceva riferimento ad una mera previsione di una legge del 1989 del tutto avulsa dal codice di Giustizia sportiva che prese luogo a partire dagli anni duemila.
Con la nascita di un codice che fosse in grado di fornire dei principi al regolamento sportivo, si fece sempre più stringente il rapporto tra i reati che potevano essere commessi dal singolo con quelli che potessero essere imputati alla responsabilità dell’ente, ex d.lgs. 231/2001.
Soltanto dopo lo scandalo di Calcioscommesse, che coinvolse dirigenti sportivi e calciatori di Serie A, si avvertì l’esigenza di punire non soltanto il singolo ma anche le società sportive.
Con l’inserimento dell’art. 25 quaterdecies nel decreto legislativo 231/2001, per la prima volta, si puniscono anche le società sportive che hanno falsato l’andamento delle competizioni sportive, mediante il ricorso a sanzioni delineate nel quantum e viene disposta la retrocessione dal proprio campionato di appartenenza.
E’ il caso della Juventus e del Milan, retrocessi dalla Serie A alla Serie B.
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Il caso da cui si genera il reato di frode in competizioni sportive: Last bet.
Il fenomeno illegale delle scommesse clandestine trae origine dalle vicende degli anni 70 e 80 che vede per la prima volta il coinvolgimento diretto di alcuni calciatori di serie A.
Gli atleti erano soliti in quegli anni scommettere direttamente o per il tramite di amici e parenti sui risultati degli incontri nei quali avrebbero partecipato direttamente.
Lo scandalo italiano del calcio scommesse del 2011, passato alla storia come Calcioscommesse, coinvolse giocatori, dirigenti e società di Serie A, Serie B, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti. IL capo di accusa mosso nei confronti degli indagati era quello per “associazione a delinquere finalizzato alla truffa ed alla frode sportiva”.
Lo scandalo del 1 giugno del 2011 successivo alle indagini fatte dalla Procura di Cremona, nell’operazione “last bet”, fu la causa di una serie di provvedimenti di custodia cautelare richiesti nei confronti di alcune personalità legate al mondo dello sport.
Il 19 dicembre 2011 le Autorità arrestarono alcuni calciatori di serie A che avevano preso parte attiva al mercato del calcio scommesse di quegli anni.
Dopo la seconda ondata di arresti, la Procura di Cremona rivelava che si era giunti all’arresto dei nuovi indagati in seguito ad un’inchiesta transnazionale di calcio scommesse partita da Singapore.
Tra maggio e agosto del 2012 si svolsero i primi processi sportivi relativi ai due filoni di inchiesta seguiti prima dalla Procura di Cremona, successivamente dalla Procura di Bari che di fatto si unì alle indagini che vennero effettuate a livello internazionale[9].
Alle Società sportive furono inflitte pene dalla più disparata entità – tra cui la retrocessione – e oltre al riconoscimento della responsabilità oggettiva per le singole squadre, furono inflitte sanzioni ad hoc ai propri tesserati[10].
In soli 3 anni di indagini si contano 120 indagati e 54 arrestati.
Ciò che emerge dal fascicolo dell’accusa è che l’andamento delle partite sarebbe veicolato mediante la complicità di alcuni calciatori per lucrare con le scommesse.
Dall’inchiesta si legge perfino che il portiere Paoloni avesse somministrato un sonnifero ai compagni per condizionare le loro prestazioni, da quel singolo episodio ne scaturirono altri che videro il coinvolgimento di altri dirigenti e calciatori di serie A, tutti con lo stesso obiettivo: guadagnare una propria quota falsando l’andamento della prestazione sportiva[11].
Da tale episodio si ritenne necessario aggiungere il reato aggiungere all’elenco dei reati unibili ex d.lgs. 231/2001 anche l’illecito compiuto da chi scommettesse clandestinamente sull’esito delle competizioni sportive.
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[1] Il decreto legislativo 231/2001 è il primo a riconoscere la responsabilità amministrativa degli enti, superando la tradizione giuridica del “societas delinquere non potest”.
[2] Golino, Frode in competizione sportiva e modelli organizzativi ex d. lgs. 231/2001: Quali novità?
https://www.cliffordchance.com/briefings/2019/06/frode_in_competizionesportivaemodell.html
[3] Art. 1, L. n. 401/1989: “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato Olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiane per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad esso aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione. Ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a due milioni. Nei casi di lieve entità si applica la sola pena della multa.”
[4] Fergola, La frode sportiva, natura del reato e riferimenti normativi, MasterLex, 2017.
[5] PADOVANI, Commento alla’art. 1 Legge 13 dicembre 1989,
n. 401, in Legislazione Penale 1990, n. 1-2, p. 94.
[6] LAMBERTI, La frode sportiva, Napoli, 1990, p. 178.
[7]Trib. Roma, 21 febbraio 1992.
[8] Cass. Pen., sent. 36350/2015
[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_italiano_del_calcioscommesse_del_2011
[10] Nello specifico al Lecce calcio fu riconosciuta la responsabilità diretta della società e conseguentemente i pugliesi furono retrocessi di categoria, come egualmente accadde nel 2011 per Alessandria e Ravenna.
[11] https://sport.sky.it/calcio/2013/12/17/calcioscommesse_cronistoria_scheda.html
Per ulteriori approfondimenti si leggano, nella presente rivista:
Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell’area Fashion Law e vice responsabile dell’area di Diritto Penale di Ius in itinere.
Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi del Sannio.
Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo “Mass Media e criminalità” seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società.
Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d’Impresa presso l’Università degli Studi di Padova – sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell’economia, con una tesi dal titolo “Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa”, sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell’economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All’età di 27 anni consegue l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia.
Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing.
Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky.
Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall’Università degli Studi di Firenze.
Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza.
Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere.
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