giovedì, Marzo 28, 2024
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La nomina della commissione giudicatrice secondo i principi di competenza e trasparenza

Legittima la nomina della commissione giudicatrice in assenza di criteri predeterminati, purché effettuata in base a competenza e trasparenza. È quanto emerge da una decisione del Tar Toscana, sez. II, n. 1441 del 18/11/2020.

 I fatti all’origine della causa

La vicenda trae origine da una procedura di gara finalizzata all’individuazione di un’impresa cui aggiudicare un servizio di interpretariato in consecutiva e di traduzione a supporto delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. La ricorrente, con il ricorso e i motivi aggiunti, impugna il provvedimento di aggiudicazione e gli atti di gara. Tra i vari provvedimenti viene impugnato anche il provvedimento di nomina della commissione giudicatrice.

Con i motivi del ricorso viene contestata la legittimità della nomina della Commissione giudicatrice in quanto composta dagli stessi identici commissari di una precedente gara d’appalto, avente medesimo oggetto. Il provvedimento di nomina – a dire della ricorrente – si porrebbe in contrasto con la normativa di riferimento (art. 1, comma 1, lett. c, del d.l. n. 32 del 2019; art. 216, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016), che, fino alla adozione della disciplina in materia di iscrizione all’Albo istituito presso l’ANAC, prevede “l’obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante”, obbligo che, nel caso in questione, non risulta essere stato adempiuto. Inoltre il provvedimento, da un lato, violerebbe il principio di rotazione nella composizione delle commissioni sancito dall’art. 77 del d.lgs. n. 50/2016 e recepito dall’ANAC; dall’altro, si porrebbe in contrasto con la deliberazione ANAC n. 620/2016 anche in quanto con lo stesso provvedimento vengono individuati il presidente in una figura professionale non avente ruolo dirigenziale e gli altri componenti in soggetti che non avrebbero la specifica qualificazione in materia.

  I motivi della decisione

Il Collegio, con la pronuncia in esame, ritiene infondate tali censure.

In ordine alla mancata predeterminazione di regole di competenza e trasparenza, ad avviso del Collegio, la normativa richiamata pone “l’accento sulla necessità che i commissari siano scelti in base a competenza e trasparenza, principi questi che sono imposti in termini cogenti; laddove, ove i principi stessi siano rispettati, non pare possa inferirsi la illegittimità dell’atto di nomina per via del solo motivo della mancata predeterminazione di criteri stessi”. Occorre, cioè, dimostrare in concreto che non siano stati rispettati i principi di trasparenza e competenza[1]. Circostanza che, nel caso di specie, il Tar esclude dopo aver rilevato, dai curricula dei commissari, peraltro resi accessibili mediante pubblicazione sul sito della stazione appaltante, che gli stessi componenti sono dotati di notevole competenza, maturata anche attraverso il pregresso espletamento di analoghe procedure in anni passati, proprio nelle attività oggetto di gara ossia nella mediazione linguistica e nella gestione delle convocazioni dei richiedenti asilo e degli interpreti. Inoltre, in relazione all’assunto del ricorrente secondo il quale il Presidente delle Commissione debba necessariamente ricoprire un ruolo dirigenziale, in forza di quanto previsto dalla deliberazione ANAC n. 620 del 31 maggio 2016, il Tar rileva che, “pur non negandosi l’autorevolezza dell’Autorità che ha emanato la suddetta deliberazione, non può tuttavia configurarsi una vera e propria valenza normativa, come tale giuridicamente vincolante per l’ordinamento generale, della suddetta tipologia di atti (deliberazioni dell’ANAC diverse dalle linee guida), in mancanza di norma primaria che attribuisca alle suddette deliberazione forza cogente”. In conseguenza di ciò per il Collegio la violazione della suddetta deliberazione ANAC “non può portare alla caducazione dell’atto gravato”.

Con riferimento alla violazione del principio di rotazione, il Collegio rileva che lo stesso vada contestualizzato in modo tale da definire un ambito di durata temporale del divieto per un commissario di far parte di una Commissione per essere già stato componente di una precedente Commissione. Nella fattispecie in esame per il Tar sono applicabili le indicazioni contenute nella citata deliberazione ANAC n. 620 del 2016, secondo cui il “commissario di gara non potrà ricoprire analogo incarico per un periodo di due anni dalla data relativa alla precedente nomina”. In questo caso, in considerazione del fatto che la rotazione dei componenti trova riscontro nella normativa primaria, le indicazioni dell’ANAC possono assumere un “valore orientativo rispetto alla concreta operatività del dato normativo primario” e pertanto il Collegio considera congruo il suddetto termine biennale. La composizione della Commissione contestata segue di due anni la nomina della precedente Commissione e pertanto, per il Tar, la stessa è validamente costituita.

In conclusione, la pronuncia in esame conferma un principio di carattere sostanziale, cioè che alla luce dell’attuale quadro normativo e della mancata operatività dell’albo dei commissari istituito presso l’ANAC, i commissari vanno individuati in base a competenza e trasparenza, senza che l’atto di nomina possa ritenersi inficiato per il solo fatto che non siano stati predeterminati i criteri di scelta degli stessi.

Inoltre, il Tar conferma che alle deliberazioni ANAC, diverse dalle linee guida, non può essere riconosciuta una vera e propria valenza normativa, giuridicamente vincolante per l’ordinamento generale, dal momento che nell’ordinamento non si rinviene una norma primaria che attribuisca alle suddette deliberazione forza cogente. Al tempo stesso la pronuncia riconosce il carattere orientativo di tali deliberazioni, la cui funzione è quella di fornire indirizzi e istruzioni operative circa l’attuazione di norme primarie[2].

 

 

[1] Si veda anche: Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2019, n. 4865.

[2] Sul tema: Consiglio di Stato, parere n. 1767 del 2 agosto 2016; Consiglio di Stato, parere n. 1257 del 29 maggio 2017.

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