venerdì, Marzo 29, 2024
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La nullità dei contratti derivati stipulati dagli enti pubblici: i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8770 del 12 maggio 2020

Premessa

Le Sezioni Unite civili, con la recentissima sentenza del 12 maggio 2020 n. 8770, sono intervenute a risolvere il contrasto giurisprudenziale sulla validità dei contratti di swaps.

Sebbene la pronuncia in commento riguardi i derivati stipulati dagli enti pubblici, i principi ivi fissati sono suscettibili di essere trasfusi anche ai contratti derivati conclusi da privati.

Gli argomenti trattati dalla  Suprema Corte, nella sentenza in commento, sono sintetizzabili nei punti che seguono:

  1.  genesi della normativa sull’uso dei derivati da parte delle amministrazioni locali;
  2.  il problema della giustificazione causale e la natura giuridica dell’up front, come strumento per riequilibrare i rapporti contrattuali tra ente ed intermediario bancario;
  3.   il concetto di mark to market e l’alea dei contratti derivati;
  4.   l’organo comunale competente a decidere in materia di stipula di contratti derivati.

Dalla pronuncia de qua emerge, altresì, come sia necessaria la sussistenza di specifici obblighi informativi -da assolvere mediante la rappresentazione di scenari probabilistici- in assenza dei quali non può stabilirsi se l’alea del contratto derivato sia razionale e come tale lecita: << […] appare necessario verificare -ai fini della liceità dei contratti- se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi, perché il legislatore autorizza questo genere di “scommesse razionali” sul presupposto dell’utilità sociale delle scommesse razionali, intese come specie evoluta delle antiche scommesse di pura abilità. E tale accordo non deve limitarsi al mark to market, ma investire, altresì, gli scenari probabilistici, poiché il primo è semplicemente un numero che comunica poco in ordine alla consistenza dell’alea. Esso dovrebbe concernere la misura qualitativa e quantitativa dell’alea e, dunque, la stessa misura dei costi pur se impliciti>>. Trattasi di un principio valevole, come anticipato supra, per qualsiasi contratto derivato, non solo per quelli stipulati dagli enti locali.

Fatte le dovute premesse, la pronuncia dei Giudici di Piazza Cavour costituisce l’occasione, per chi scrive, di affidare alla benevola attenzione del lettore le seguenti sue note sulla figura contrattuale dell’ Interest Rate Swaps, ovvero del contratto di swap su tassi d’interesse per precisare -quanto da tempo già in auge presso parte della giurisprudenza soprattutto di merito- che, in ordine agli strumenti bancari e finanziari, il contraente deve essere a conoscenza anche dei costi a suo carico.

1. Gli swaps sono contratti derivati: l’assenza di una nozione normativa.

Gli swaps, come i futures e le options sono contratti derivati[1].

I contratti derivati, sono contratti il cui valore “deriva” dall’andamento del valore di un’attività sottostante (cd. underlying asset) ovvero dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente. I derivati sono contratti che insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi di interesse, tassi di cambio, indici di borsa ecc. Il loro valore, dunque, varia in connessione all’andamento degli elementi sottostanti[2].

Sono strumenti utilizzati, principalmente, per le seguenti finalità:

  • finalità di copertura o anche di hedging: i derivati possono assolvere una funzione protettiva da uno specifico rischio di mercato;
  • finalità speculativa: consiste nell’“acquisto” di un rischio al fine di trarne un profitto;
  • finalità di arbitraggio: consiste nell’operazione diretta al conseguimento di un profitto tramite l’acquisto dei prodotti su un mercato e la rivendita su un altro.

Il legislatore italiano, sebbene abbia predisposto una disciplina dettagliata per i valori mobiliari (art. 1 comma 1-bis TUF) e per gli strumenti finanziari (art. 1 comma 2 TUF[3]), non offre una definizione di contratti derivati ma si limita ad elencare determinati contratti, lasciando all’interprete il compito della reductio ad unum, laddove possibile[4].

Per quanto riguarda gli swaps, nel silenzio di una definizione normativa, occorre partire dal dato semantico. Il temine “swap“, dal punto di vista etimologico, deriva dal verbo inglese “to swap” che letteralmente si traduce “scambiare qualcosa con qualcos’altro”. Lo swap è infatti un contratto con il quale due controparti (A e B) si accordano per scambiarsi somme di denaro (più comunemente la differenza tra queste ultime) a date certe. I pagamenti possono essere espressi nella stessa valuta o in valute differenti ed il loro ammontare è determinato in relazione ad un sottostante. Gli swaps, inoltre, sono contratti OTC (over-the-counter) ovvero prodotti non negoziati sui mercati regolamentati: <<come per molti derivati, soprattutto quelli OTC, lo swap, […] non ha le caratteristiche intrinseche degli strumenti finanziari, e particolarmente non ha la cd. negoziabilità, cioè quella capacità di rappresentare una posizione contrattuale in forme idonee alla circolazione, in quanto esso tende a non divenire autonomo rispetto al negozio che lo ha generato. Inoltre, benché siano stipulati nell’ambito della prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio, ex art. 23, comma 5, Tuf, nei derivati OTC l’intermediario stipula un contratto (con il cliente) ponendosi quale sua controparte>>[5].

 In base al sottostante si individuano vari tipi di swaps:

  • swap su tassi di interesse (interest rate swap);
  • swap su valute (currency swap);
  • swap su merci (commodity swap);
  • swap sul rischio del credito (credit default swap).

L’Interest Rate Swap (IRS), ovvero lo swap su tassi d’interesse è quello più comune.

2. L’Interest Rate Swap.

I contratti di “Interest Rate Swap” (o IRS), cioè gli swaps su tassi di interesse, sono contratti atipici che si configurano allorquando le parti si accordano per scambiarsi i flussi di cassa che hanno natura di interessi, calcolati su un capitale di riferimento di un determinato ammontare (detto capitale “nozionale”, che non è oggetto di scambio tra le parti), per tutta la durata del contratto. In altre parole, con tale contatto, le parti si impegnano a versare e a riscuotere a date prestabilite importi determinati in base al differenziale di tassi di interessi (ad esempio, il differenziale tra un tasso fisso ed uno variabile)[6]. Con riferimento alla suddetta tipologia di swap, le Sezioni Unite -nella pronuncia in commento- hanno affermato quanto segue: <<l’interest rate swap è il contratto derivato che prevede l’impegno reciproco delle parti di pagare l’una all’altra, a date prestabilite, gli interessi prodotti da una stessa somma di denaro, presa quale astratto riferimento e denominato nozionale, per un dato periodo di tempo, gli elementi essenziali di un interest rate swap sono stati individuati, dalla stessa giurisprudenza di merito, ne: a) la data di stipulazione del contratto (trade date); b) il capitale di riferimento, detto nozionale (notional principal amount), che non viene scambiato tra le parti, e serve unicamente per il calcolo degli interessi; c) la data di inizio (effective date), dalla quale cominciano a maturare gli interessi (normalmente due giorni lavorativi dopo la trade date); d) la data di scadenza (maturity date o termination date) del contratto; e) le date di pagamento (payment dates), cioè quelle in cui sono scambiati i flussi di interessi; f) i diversi tassi di interesse (interest rate) da applicare al detto capitale>>.  La forma più semplice di IRS è quella denominata Plain vanilla (o fixed to floating interest rate swap). Nel plain vanilla le parti (cliente e banca) si scambiano flussi di denaro applicando rispettivamente un tasso di interesse fisso ed un tasso variabile, quest’ultimo rilevato sul mercato alle date di pagamento dei flussi (e da calcolarsi, ad esempio, in base all’Euribor, secondo quanto stabilito nel rispettivo sottostante, che può essere ad esempio un contratto di mutuo o di leasing), senza scambio delle intere cedole di interessi, ma soltanto del differenziale generato fra interessi a debito ed interessi a credito. Le variazioni del tasso variabile, rispetto ai livelli ipotizzati al momento della conclusione del contratto, determinano il profilo di rischio/rendimento del prodotto. In particolare, ad esempio, se il tasso variabile risulta superiore alle aspettative, chi è obbligato a pagare il tasso fisso matura un profitto (in quanto -fermo restando i pagamenti a tasso fisso cui è obbligato- riceverà pagamenti a tasso variabile di importo superiore a quanto previsto).

2.1. L’aleatorietà del contratto.

Il contratto di swap è un contratto aleatorio: lo è non solo quando ha funzione speculativa ma  anche quando assume la funzione di copertura di un determinato debito sottostante.

In questo senso si è sempre espresso un consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale, che -da tempo- include la fattispecie atipica in questione nell’ambito dei contratti in cui l’entità della prestazione dipende da fatti incerti o ignoti alle parti. Il carattere aleatorio del contratto di swap si desume in via interpretativa anche dal dato normativo offerto dall’art. 23 comma 5 del TUF. Lo schema contrattuale ha quindi, in ogni caso, il suo fulcro e la sua causa contrattuale astratta nella condivisione di un rischio da parte dei contraenti, che sono ab origine portatori di interessi contrapposti in ordine alla concretizzazione dello stesso.

Il contratto di swap su tassi d’interesse, come detto supra, può assumere funzione di copertura di uno specifico debito sottostante ed, specie in tal caso, l’alea che lo caratterizza deve essere bilaterale e razionale.

Secondo la migliore ricostruzione teorica del contratto di swap, l’alea che lo caratterizza deve essere necessariamente bilaterale, con riferimento alla posizione di entrambe le parti, e deve essere, da entrambe, assunta razionalmente.

Invero, nello swap che nasce con dichiarata funzione di copertura la valutazione circa l’eventuale squilibrio dell’alea deve essere effettuata in maniera più rigorosa, rispetto agli swaps contratti con dichiarata funzione speculativa.

Orbene, la causa del contratto (atipico) di swap, su tassi d’interesse con funzione di copertura di uno specifico debito sottostante, è l’alea assunta razionalmente, cioè al cospetto di un idoneo quadro di conoscenza, del contraente-cliente al dettaglio, anche in termini numerici, degli elementi che concorrono a determinare l’operazione finanziaria, che conclude con la Banca o con altro intermediario finanziario.

L’alea è definita “razionale” <<quando, al momento della stipula del contratto, entrambe le parti sono messe nelle condizioni di conoscere: i) gli scenari probabilistici; ii) le conseguenze del verificarsi degli eventi; iii) il valore astratto (prezzo) del derivato; iv) gli eventuali costi impliciti; v) i criteri con cui determinare le penalità in caso di recesso>>.[7]

Di contro, il rischio dell’operazione in derivati, è assunto irrazionalmente dal Cliente al dettaglio se egli non è stato reso edotto dalla Banca, suo consulente ex lege, delle informazioni di cui supra.

Invero, in assenza di tali elementi informativi, parte della giurisprudenza e la migliore dottrina ritengono, già da tempo, che il derivato debba intendersi nullo, per difetto di causa oppure per difetto di accordo ovvero annullabile per vizio del consenso[8].

2.2. L’IRS: tra determinatezza dell’oggetto e causa del contratto.

I contratti derivati, conclusi “over the counter”, cioè al di fuori dei mercati regolamentati e mediante negoziazione non standardizzata, ma individuale, devono essere appositamente strutturati, secondo le specifiche esigenze finanziarie dichiarate dal Cliente, che -nell’individuazione del prodotto finanziario più aderente alle sue esigenze- deve essere adeguatamente supportato dalla consulenza, che lo stesso Intermediario gli deve rendere, ex lege. Invero, la contrattazione di contratti over the counter (OTC), come gli interest rate swap (IRS), porta con sé un naturale stato di conflittualità tra Intermediario e Cliente, che discende dall’assommarsi, nel medesimo soggetto, delle qualità di offerente e di consulente. Nella negoziazione di tali derivati, pertanto, i doveri di cui all’art. 21 TUF presentano caratteri peculiari. Conseguentemente, l’Intermediario, allorché negozia un IRS, deve prestare una specifica consulenza al Cliente, indipendentemente dalla conclusione di un apposito contratto consulenziale, sul presupposto che la natura stessa dello strumento finanziario richiede che, nella definizione dei suoi contenuti -e, quindi, delle condizioni dell’alea- l’intermediario si raffiguri il miglior interesse del Cliente.

L’Intermediario, pertanto, deve agire curando al meglio l’interesse dell’investitore, alla stregua di un cooperatore sostanziale di quest’ultimo, a tutela dell’integrità dei mercati, quale principio di ordine pubblico economico (art. 21 TUF) e, quindi, come un vero e proprio titolare di un ufficio di diritto privato.

Partendo dal presupposto che lo swap stipulato per la copertura di una specifica posta debitoria sottostante -come più volte rimarcato dalla giurisprudenza- è sostanzialmente assimilabile ad un’assicurazione, esso ha la finalità di garantire i contraenti contro certi rischi (hedging).

Invero, la giurisprudenza di merito, richiamando la direttiva Consob n. 9901391/99, ha elaborato, già da tempo, degli indici che consentono di verificare se al contratto di swap su tassi d’interesse, possa essere attribuita un’autentica funzione di copertura.

Al riguardo, la detta giurisprudenza richiede strette correlazione fra alcuni elementi, quali: il nozionale del contratto derivato ed il debito oggetto di copertura; il tasso applicato all’importo finanziato e quello utilizzato nel contratto IRS; le scadenze dei pagamenti del debito sottostante e le rate dello swap; la durata del debito e la durata del derivato.

Diversamente, la funzione del derivato assume carattere speculativo.

A tali indici di elaborazione giurisprudenziale, si è aggiunto il disposto dell’art. 2426 c. c. (nella versione novellata dal Decreto legislativo n. 139 del 2015), che qualifica come aventi causa di copertura gli strumenti che abbiano “una stretta correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell’operazione coperti e quelle dello strumento di copertura”.

Di particolare e significativa importanza è la sentenza n. 19013 del 31.07.2017 della Corte di Cassazione, la quale ha statuito, tra l’altro, che <<nel valutare, ai sensi dell’art. 1322 c.c., la meritevolezza degli interessi perseguiti con un contratto derivato IRS, il giudice non può comunque prescindere dalle prescrizioni normative di cui all’art. 21 Tuf e dall’art 26 Reg. Consob n 11522, nonché, per i contratti IRS con funzione di copertura, dalla verifica dell’effettivo rispetto e delle condizioni stabilite dalla Consob (n. DI/99013791) con la determinazione del 26 febbraio 1999>>.

Orbene, tale Determinazione indica le caratteristiche che un’operazione in strumenti finanziari deve possedere per essere considerata di copertura.

Invero, ai sensi di tale Determinazione, un’operazione finanziaria può essere considerata “di copertura” se concorrono le seguenti condizioni: a) che, le operazioni “siano esplicitamente poste in essere al fine di ridurre la rischiosità di altre posizioni detenute dal cliente”; b) che, “sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso di interesse, tipologia, etc.) dell’oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine“; c) che “siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare che le condizioni di cui sopra ricorrano effettivamente“.
La necessaria cura dell’interesse oggettivo del cliente -che la normativa dei citati artt. 21 TUF e 26 Reg. Consob va ad inserire nell’ambito della generale valutazione di meritevolezza degli interessi prescritta dall’art. 1322 c.c.- non può ritenersi soddisfatta quando il derivato IRS, con funzione di copertura, non rispetti realmente tutte e tre le condizioni sopra richiamate[9] potendosi superare -come ha fatto Cass. Civ. Sez. I. n. 19013 del 31.07.2017[10]– la distinzione tra “regole di comportamento” dell’intermediario finanziario e “regole di validità” dell’operazione finanziaria, dal momento che la violazione dei doveri “di comportamento”[11] previsti dall’art. 21 TUF, pur in assenza di una espressa previsione normativa, determina la nullità del contratto concluso con l’investitore; nullità che dipende dalla immeritevolezza degli interessi perseguiti ex art. 1322 c.c.

Il disallineamento tra derivato e rapporto sottostante determina il venir meno della funzione di copertura specifica, con conseguente nullità del derivato per difetto di causa in concreto.

In assenza degli elementi informativi (illustrati nel § 2.1.) quali: <<gli scenari probabilistici; le conseguenze del verificarsi degli eventi; il valore astratto (prezzo) del derivato; gli eventuali costi impliciti; i criteri con cui determinare le penalità in caso di recesso>>, il derivato deve intendersi nullo, per difetto di causa, se si considera causa del contratto di swap l’alea assunta razionalmente.

Infatti, gli elementi che incidono negativamente sull’alea assunta da una delle parti nella fase genetica del contratto determinano l’assunzione irrazionale del rischio dell’operazione e ciò produce la nullità del contratto[12].

Orbene, volendo sorvolare -in questa sede- sui problemi afferenti all’elemento della causa nei contratti di swaps, oggetto di fervente dibattito dottrinale e giurisprudenziale, le Sezioni Unite, il 12 maggio u.s. si sono pronunciate su tale questione affermando che << appare perciò utile considerare gli swap come negozi a causa variabile, perché suscettibili di rispondere ora ad una finalità assicurativa ora di copertura di rischi sottostanti; così che la funzione che l’affare persegue va individuata esaminando il caso concreto e che, perciò, in mancanza di una adeguata caratterizzazione causale, detto affare sarà connotato da una irresolutezza di fondo che renderà nullo il relativo contratto perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile)>>.

Inoltre, secondo la Suprema Corte, i derivati over the counter sono una scommessa, non una scommessa “comune” -in quanto lo swap ha ben poco in comune con lo schema della scommessa di cui agli artt. da 1933 a 1935 del codice civile[13]– bensì una <<scommessa finanziaria differenziale>>, in virtù della complessità della vicenda e della professionalità dei soggetti coinvolti, sicché <<l’impostazione più attenta rinviene la causa dell’IRS nella negoziazione e nella monetizzazione di un rischio, atteso che quello strumento contrattuale: -si forma nel mercato finanziario, con regole sue proprie; di frequente consuetudinarie e tipiche della comunità degli investitori; riguarda un rischio finanziario che può essere delle parti, ma può pure non appartenere loro; – concerne dei differenziali calcolati su dei flussi di denaro destinati a formarsi durante un lasso temporale più o meno lungo; -è espressione di una logica probabilistica, non avendo ad oggetto un’entità specificamente ed esattamente determinata;- è il risultato di una tradizione giuridica diversa dalla nostra>>.

Per quanto riguarda la figura degli Intermediari, le Sezioni Unite, hanno affermato che costoro -agendo in qualità di mandatari degli investitori- sono tenuti <<a fornire raccomandazioni personalizzate>> ai propri assistiti; sicché ove gli’intermediari, nella prestazione del servizio, compiano l’operazione quando dovevano astenersi o senza il consenso dell’investitore <<gli atti compiuti non possono avere efficacia, a prescindere dal fatto che la condotta dell’agente sia qualificata in termini di inadempimento o di nullità, con conseguente risarcimento del danno>>.

Inoltre, secondo la Suprema Corte, gli Intermediari devono esplicitare al Cliente: gli scenari probabilistici dell’andamento dei tassi, il mark to market[14], gli eventuali costi impliciti <<riconducendosi ad essi lo squilibrio iniziale dell’alea>>.

Riguardo alla comunicazione -come dichiarato dalla stessa Corte- dei costi impliciti si potrebbe dedurre che, l’assenza di qualsivoglia manifestazione di volontà in ordine alla misura dei suddetti costi, determinerebbe la carenza dell’accordo, quale elemento essenziale del contratto e, per questa via, imporrebbe la pronuncia di invalidità dei contratti così strutturati[15].

3. Conclusioni: i motivi della declaratoria di nullità degli swaps conclusi dagli enti locali.

La recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 8770 del 12 maggio 2020  ha sancito la nullità dei contratti derivati stipulati dagli enti locali, nello specifico dal Comune di Cattolica.

Si tratta di una sentenza “rivoluzionaria” che potrebbe avere conseguenze dirompenti sui futuri scenari di contenzioso.

Volendo tirare le fila del discorso, le Sezioni Unite, hanno rivenuto quattro motivi di nullità dei contratti derivati (nello specifico Interest Rate Swap) conclusi dai Comuni:

  1.  nei contratti derivati OTC (over-the-counter) il vizio di nullità è dovuto alla indeterminabilità dell’oggetto del contratto stesso, che impedisce all’Ente locale una valutazione ponderata del rischio;
  2.  i derivati sono negozi a causa variabile in quanto suscettibili di rispondere ora ad una finalità assicurativa ora di copertura di rischi sottostanti. La funzione che l’affare persegue va individuata esaminando il caso concreto. In mancanza di una adeguata caratterizzazione causale, detto affare sarà connotato da un’irresolutezza di fondo che renderà nullo il relativo contratto perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile);
  3.  il conflitto di interessi fra intermediario e cliente è naturale, discendendo dall’assommarsi nel medesimo soggetto delle qualità di offerente e consulente;
  4. l’autorizzazione da parte del Consiglio comunale come condizione di validità della conclusione dei contratti derivati parte dei Comuni.  Si riporta uno stralcio della massima della pronuncia in commento disponbile su Pluris Cedam Wolters Kluwer <<in tema di enti locali, l’autorizzazione di un contratto di swap da parte dei Comuni italiani, […] deve essere data, a pena di nullità, dal Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. i) del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000>>.

[1] Per maggiori informazioni sui contratti derivati si v.,http://www.consob.it/web/investor-education/i-derivati.

[2] Art. 3, aggiornamento 112 del 23 giugno 1994 alla Circolare della Banca d’Italia n. 4 del 29 marzo 1988.

[3] Art. 1 comma 2 TUF <<per “strumento finanziario” si intende qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari>>.

[4]Così si legge nella pronuncia in commento Sezioni Unite n. 8770 del 12 maggio 2020: <<[…] la mancanza nel nostro ordinamento di una definizione generale di “contratto derivato” si spiega con la circostanza che i derivati sono stati creati dalla prassi finanziaria e, solo in seguito, sono stati in qualche misura recepiti dalla regolazione del sistema giuridico. La notevole varietà delle fattispecie che concorrono a formare la categoria dei derivati rende, però, complessa l’individuazione della ricercata nozione unitaria, dovendosi tenere conto che il fenomeno è forse comprensibile in maniera globale solo in un’ottica economica. Ciò giustifica, quindi, la previsione dell’art. 1, comma 2 bis, T.u.f., che contiene una delega al Ministro dell’Economia e Finanze per identificare nuovi potenziali contratti derivati: nella sostanza il legislatore italiano ha seguito quello Eurounitario, optando per una elencazione di molteplici figure e lasciando all’interprete il compito della reductio ad unum, laddove possibile.>>

[5] Così si legge in Cass. Sezioni Unite n. 8770 del 12 maggio 2020.

[6] Cfr. G. Auletta e N. Salanitro in “Diritto Commerciale” XX Ed, Giuffrè editore, pagg. 611 ss. Gli autori affermano quanto segue: <<negli swaps su tassi di interesse, due parti indebitate con terzi a tassi differenti (ad es., l’una è indebitata a tasso fisso e teme una riduzione dei tassi; l’altra è indebitata a tasso variabile e teme invece un aumento) stipulano un contratto di swap in base al quale si obbligano, alla scadenza di ciascun periodo di maturazione degli interessi, a regolare tra di loro la differenza dei due ammontari>>.

[7] Così si esprimeva, già nel 2009, la giurisprudenza di merito (in tal senso, si era già pronunciata più di dieci anni fa, la Corte di Appello di Milano con la sentenza n. 2652 del 2009).

[8] Per maggiori approfondimenti sulla nullità dello swap per squilibrio dell’alea contrattuale v., Trib. Salerno del 2.05.2013; Trib. Ravenna 08.07.2013 ed il commento di L. Ballerini in “Struttura e causa dell’interest rate swap nella recente evoluzione giurisprudenziale”, in Nuova Giur. Civ., 2014.

[9] In tal senso già si era espressa la giurisprudenza di merito: v., inter alios, Corte d’Appello Torino del 27 luglio 2016; Corte d’Appello Milano del 18 marzo 2013.

[10] Si riporta Cass. Civ. Sez. I. n. 19013 del 31.07.2017  in Giust. Civ. Massimario 2017:  <<In tema di meritevolezza degli interessi perseguiti con contratti atipici ex art. 1322 c.c., in particolare per i contratti c.d. derivati, l’art. 21 TUF e l’art. 26 Reg. Consob n.1152/1998 hanno portata imperativa e inderogabile anche in applicazione dei principi della direttiva 93/22/CEE, prescrivendo che gli intermediari si comportino con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e dell’integrità del mercato>>.

[11] Così in tal senso Cass. Civ., n. 8642 del 10 aprile 2014: <<In tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di corretta informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi finanziari può dar luogo a responsabilità pre-contrattuale -con conseguenze risarcitorie ove dette violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. contratto quadro) -o a responsabilità contrattuale ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni compiute in esecuzione al contratto quadro; in ogni caso, è da escludere che, mancando un’esplicita previsione normativa, la violazione dei doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art. 1418, comma 1, c.c., la nullità del c.d. contratto quadro o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso>>.

[12] Al riguardo, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 22 aprile 2016, ha affermato che <<la causa sottostante ad un negozio giuridico bilaterale va individuata in concreto e non già solo su un piano astratto. Affinché non vi sia uno squilibrio fra le prestazioni consistenti nei reciproci pagamenti, da porsi in relazione con il differenziale a favore o a sfavore della banca secondo il superamento o meno del limite prefissato negozialmente, è indispensabile che la partenza sia paritaria, senza valori negativi, già a monte dell’una o dell’altra parte. Questo assioma è accettabile e coincide con regole di assoluto buon senso ed equità. In altri termini, se il contratto swap, presenta al momento della sua sottoscrizione un flusso negativo, viene a mancare la causa concreta del negozio, il che non può che essere valutato ai sensi dell’art. 1418 c.c. (…); il contratto risulta affetto già inizialmente da uno squilibrio, quando è ravvisabile una commissione implicita o occulta o un compenso maggioritario per la Banca. Sempre nella stessa ottica, va riconosciuta un’inscindibile connessione della causa con l’assolvimento dell’onere informativo, e, per la precisione, con una consapevolezza piena del cliente circa i rischi dell’operazione e le particolari connotazioni dello swap. Dunque, incide sulla causa concreta (…) l’occultamento di un valore negativo per il cliente stesso; la “causale” del contratto risulta sfalsata a livello obiettivo, in quanto comporta uno squilibrio non conosciuto e quindi rapportabile tra l’altro ad una falsa cognizione in capo al cliente della funzione stessa del contratto specifico. Del resto, ove questa ignoranza dello squilibrio non ci fosse, sarebbe conseguenziale il rifiuto da parte del cliente di stipula del contrato stesso. A monte, i due aspetti, squilibrio e occultamento, sono inscindibili e incidono sull’essenza stessa del negozio giuridico, inducendo, tra l’altro, a tale conclusione l’impossibilità di verificare una causale concreta del particolare meccanismo negoziale se non congiunta ad una consapevolezza totale del cliente>>. Nello stesso senso, si era pronunciato, con pari chiarezza, anche il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 18372/2016, pubbl. il 05/10/2016 (sulla scorta di quanto già evidenziato anche dal Tribunale di Milano, con sentenza n.10049/2016): <<al momento della conclusione del contratto, i due tassi dovrebbero avere uguale quotazione e medesima prospettiva futura di evoluzione. In astratto, quindi, il derivato dovrebbe configurarsi come “par”. Ciò detto, anche a voler ritenere che il derivato c.d. “par” sia una mera opzione teorica, nella pratica irrealizzabile per via della differente natura, del diverso ruolo di mercato e del diverso peso contrattuale dei contraenti, lo sbilanciamento tra i rischi assunti dai contraenti non potrebbe mai giungere ad obliterare del tutto la natura necessariamente bilaterale che deve caratterizzare l’alea di questo genere di contratti. In conclusione, secondo la ricostruzione che appare preferibile, l’alea bilaterale ovvero, l’incertezza sull’andamento dei due differenziali contrapposti, rappresenta un elemento essenziale della causa del contratto di swap, elemento la cui effettiva presenza consente di effettuare con esito positivo, sul presupposto della sussistenza di un’apprezzabile componente di rischio in capo ad entrambi i contraenti, il giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. circa l’operazione atipica posta in essere. Tale ricostruzione consente di elaborare un parametro di valutazione valido tanto per lo swap con funzione di copertura, quanto per lo swap con funzione meramente speculativa, con l’avvertenza che, nello swap che nasce con dichiarata funzione di copertura, la valutazione circa l’eventuale squilibrio dell’alea deve essere effettuata in maniera più rigorosa, tenendo anche a mente il collegamento con l’operazione sottostante di finanziamento, l’interesse concreto del cliente al contenimento del rischio e la funzione dell’intermediario, sempre tenuto ex art. 21 TUF ad agire nell’interesse dell’investitore>>.

[13]Cfr. L. Ballerini in “Struttura e causa dell’interest rate swap nella recente evoluzione giurisprudenziale” afferma quanto segue <<lo swap non può essere avvicinato alla scommessa pura e semplice: la differenza sarebbe facilmente percepibile, sol che si consideri che, mentre la scommessa ha per oggetto un rischio creato «artificialmente», al fine di consentire la speculazione delle parti, il contratto di swap si riferisce ad un rischio già esistente, all’epoca della stipulazione, sul piano socio-economico, rispetto al quale, il più delle volte, tale contratto svolgerebbe una funzione di garanzia>>. L’autore riporta, nel suo scritto, la tesi della dottrina (Gazzoni, Fercia, Garofalo, Talamanca) contraria all’assimilazione dei contratti derivati, compresi gli swaps, alle scommesse di cui all’art. 1933 c.c.

[14] Secondo l’orientamento giurisprudenziale più diffuso, la mancanza di determinabilità del MTM produce la nullità ex art. 1418 c. c. del derivato sotto il profilo dell’indeterminatezza dell’oggetto del contratto ex art.1346 c. c., come sostenuto, inter alios: Trib. Milano, sentenza n. 7398 del 16 giugno 2015, nella quale si legge che <<l’MTM è una particolare espressione dell’oggetto del contratto, destinata a operare con riferimento ad alcune vicende contrattuali dalle parti predeterminate (ossia la scelta di una di esse di dare chiusura anticipata al rapporto, piuttosto che altri casi di necessaria interruzione anticipata, come ad esempio i casi previsti nei contratti in esame di ammissione a procedure concorsuali della cliente o a procedura di liquidazione coatta della banca). In tali casi, quindi, l’oggetto del contratto, costituito dal differenziale dei contrapposti flussi finanziari, viene determinato attraverso il Mark to Market, il quale, rappresentando una sua specifica modalità di espressione, è esso stesso l’oggetto del contratto. Ciò appare indirettamente confermato dallo stesso legislatore, là dove all’art. 2427 bis c.c. ha previsto che le società debbano nella nota integrativa di bilancio indicare il fair value del contratto derivato, cioè il valore in sé del contratto (ossia l’MtM); tale previsione normativa, infatti, conferma come il Mark to Market, lungi dal configurarsi solo come elemento eventuale del contratto, sia piuttosto una componente necessaria del suo oggetto, tanto da dover essere esplicitata in sede di bilancio>>; nello stesso senso, v. Trib. Milano, sentenza n. 2807 del 9 marzo 2018, nella ha statuito che  << il Mark to Market, quale sommatoria attualizzata di differenziali futuri attesi, rappresenta, sia pure nella dimensione temporalmente contestualizzata, un differenziale tra contrapposti flussi finanziari, ossia l’oggetto stesso del contratto. Perché sia determinabile è necessario che sia esplicitata la formula matematica alla quale le parti intendono fare riferimento per procedere all’attualizzazione dei flussi finanziari futuri. In difetto, esso risulterebbe indeterminabile, implicando la nullità dell’intero contratto ex art. 1418 c.c.>>.

[15] L’Intermediario deve esplicitare i costi e gli oneri che ne costituiscono la remunerazione e devono essere espressamente pattuiti per iscritto. L’assenza di tale specifica pattuizione si riverbera sulla struttura stessa del contratto determinandone la nullità (v., in tal senso, inter alios, già Trib. Milano, sentenza n. 6001/2016).

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