venerdì, Aprile 19, 2024
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La nullità del contratto di investimento per mancata sottoscrizione dell’intermediario finanziario

L’art. 23 del T.U.F recita “I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.

L’ art. 1418, 2° comma, c.c., il quale prevede, tra l’altro, ed in disparte le altre ipotesi considerate, che produce nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., il quale recita: “i requisiti del contratto sono:

  • l’accordo delle parti;
  • la causa;
  • l’oggetto;
  • la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”.

 Dunque l’assenza di forma, se prescritta dalla legge sotto pena di nullità, determina tale effetto.

Le maggiori questioni giuridiche tra investitori ed intermediari si basano proprio sul mancato rispetto del requisito di forma o sull’inosservanza delle norme di comportamento o di informazione.

Le Sezioni Unite hanno affrontato e risolto l’ultima ipotesi stabilendo il principio che la violazione di norme di comportamento o di informazione non comporta la nullità del contratto ma può portare all’annullamento o alla risoluzione del contratto, ed in ogni caso al risarcimento del danno.

Cosa succede invece se non vengono rispettati i requisiti di forma o il contratto non è sottoscritto da entrambi le parti?

L’ art. 23 del T.U.F è chiaro e non lascia spazio a diverse interpretazioni “… i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto…Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.”

La forma scritta risulta prescritta dalla legge sotto forma di nullità, inoltre la predetta forma svolge una duplice funzione: da un lato funge da garanzia per il cliente sulla trasmissioni delle giuste informazioni svolgendo una funzione di protezione informativa dell’investitore che, di regola, è il soggetto debole del rapporto contrattuale, dall’altro lato serve ad evitare possibili controversie essendo il contratto pre-determinato.

Maggiori dubbi invece si hanno quando il contratto non è sottoscritto sia dall’investitore sia dall’intermediario.

Per giurisprudenza consolidata la mancanza della sottoscrizione del cliente rende il contratto e tutti gli acquisti successivi nulli (Cass. 22.3.2013 n. 7283; Cass. 22.12.2011 n. 28432).

È ancora dibattuto, invece, se l’art. 23 imponga davvero la firma dell’intermediario o se ai fini del rispetto della forma, sia sufficiente la firma dell’investitore.

Recentemente la Corte di Cassazione, distaccandosi dal vecchio orientamento, si è pronunciata a favore della nullità in mancanza della sottoscrizione da parte dell’intermediario (Cass. 14.03.2017, n. 6559 Cass. 24.03.2016, n. 5919; Cass. 11.04.2016, n. 7068; Cass. 27.04.2016, n. 8395; Cass. 27.04.2016) a cui sono seguite numerose sentenze delle corti di merito (Corte d’Appello Bologna 13.01.2017, n. 89; Corte d’Appello di Milano 19.04.2017, n. 1680; Trib. Rimini, ord. 02.02.2012).

La prima giurisprudenza, che non reputa nullo il contratto per mancata sottoscrizione dell’intermediario, fonda il suo convincimento sul presupposto della diversa posizione contrattuale rivestita dal cliente (il cd. soggetto debole).

L’art 23 T.U.F è letto, dunque, come garanzia di un interesse individuale

La nullità che deriva dalla violazione dei precetti sulla forma, in questi contratti, persegue finalità unicamente protettive.

La conseguenza di tale impostazione porta alla considerazione che se la nullità è funzionale alla tutela del diritto dell’investitore di avere le informazioni necessarie, tanto che lui è l’unico soggetto legittimato a farla valere, tale esigenza risulterebbe soddisfatta dalla sola firma del cliente stesso.

La questione, di non facile soluzione, è stata rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 10447 del 27.4.2017 al fine di unificare, in attesa di nuovi sviluppi, la chiave di lettura dell’art 23 TUF.

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