venerdì, Marzo 29, 2024
Diritto e Impresa

La nullità delle SPA e profili di divergenza con le regole generali sulla nullità

Ai sensi dell’art. 2332 c.c. la nullità della società per azioni[1] “può essere pronunciata solo nei seguenti casi:

1) mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;

2) illiceità dell’oggetto sociale;

3) mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale”.

Preliminarmente e in via precauzionale, bisogna sottolineare che, come dimostra l’inciso di apertura dell’art. 2332 c.c. “avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese”, può discorrersi correttamente di nullità della società per azioni solo laddove sia stata preventivamente espletata la formalità dell’iscrizione nel registro delle imprese della società de qua, poiché prima di detta iscrizione, a carattere costitutivo, la società ancora non è venuta ad esistenza e, va da sé, che non sarebbe possibile enucleare alcuna ipotesi di nullità. Premessa, questa, di carattere definitorio-concettuale che ci permette di analizzare in maniera puntuale la disposizione in esame e di cogliere le ragioni che giustificano la circostanza per cui la disciplina della nullità della S.p.a. tende a collocarsi fuori dalle logiche del diritto comune, per così dire, dell’invalidità negoziale.

Detto ciò, come prima ipotesi di nullità figura la “mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico”, a riguardo si fa riferimento essenzialmente ai casi in in cui la redazione dell’atto pubblico abbia avuto luogo in spregio delle prescrizioni necessarie a formare l’atto pubblico ovvero ai casi in cui esso sia stato stipulato da un pubblico ufficiale incompetente o incapace[2].

Sicché, non pare possibile ricondurre alla fattispecie de qua, per il tramite di un’interpretazione estensiva della norma che incontrerebbe il limite del principio di tassatività delle cause di nullità, tutti quei vizi, anomalie o irregolarità che non siano intrinsecamente riconducibili alla natura di atto pubblico dell’atto costitutivo e che, quindi, prescindano del tutto dalla veste formale con cui esso è stato redatto. In più, ex art. 2332, n. 2, c.c. ulteriore causa di nullità della società è rappresentata dall’“illiceità dell’oggetto sociale”. Ora, la configurazione dell’illiceità dell’oggetto come ipotesi di nullità della società pone essenzialmente due ordini di problemi interpretativi, l’uno attinente al significato da attribuire al sostantivo “illiceità”, l’altro relativo alla riferibilità del vizio, oltre che all’oggetto statutario, anche all’attività concretamente esercitata dalla società. In primis, si ritiene che il connotato di illiceità evocato dalla norma possa ravvisarsi non solo in rapporto ad attività vietate da norme imperative, ma anche nell’ipotesi in cui l’oggetto sociale contrasti con l’ordine pubblico e il buon costume.

Diversamente, rimane controverso se l’illiceità dell’oggetto sociale possa profilarsi solo ed esclusivamente nell’ipotesi di esercizio di attività in se stesse vietate, con ciò intendendosi quelle contrarie a norme stricu sensu imperative, o, altrimenti, anche nel caso di esercizio di determinate attività ontologicamente lecite, in mancanza delle autorizzazioni amministrative prescritte dalla legge; qui il riferimento normativo è dato dall’art. 2329, n. 3, c.c. laddove per ciò che attiene alle condizioni per procedere alla costituzione figura anche la necessaria sussistenza delle autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.

A riguardo, nonostante parte della dottrina sia incline a ricondurre la patologia in esame all’illiceità assoluta dell’oggetto, parlando in questo senso di illiceità in senso forte, non può sottacersi che, viceversa, l’interpretazione estensiva della disciplina in discorso risulti essere giustificata dalla natura degli interessi, di portata generale, alla cui tutela paiono preliminari e prodromiche quelle norme che vincolano la costituzione della società o l’esercizio di specifiche attività, di particolare rilievo economico, al rilascio di autorizzazioni amministrative. In più, non pare che tale lettura dell’istituto possa entrare in frizione con il principio di tassatività delle cause di nullità, risultando, viceversa, coerente e con il testo dell’art. 2332 c.c. e con la logica ispiratrice dell’impianto normativo.

Da ciò, autorevole dottrina[3] ha rilevato che l’orbita applicativa della norma de qua potrebbe attrarre a sé, finanche, ipotesi di nullità sopravvenuta, intimamente connesse alla potenziale revoca delle autorizzazioni ex ante rilasciate ovvero alla caducazione dei presupposti fissati dalla legge per l’esercizio dell’attività costituente l’oggetto sociale; diversamente, resta da escludere che possa profilarsi la nullità della società nel caso in cui, a seguito di modificazioni statutarie, l’oggetto sociale si colori di illiceità.

Infine, per ciò che attiene alla questione circa la riferibilità dell’ipotesi di nullità in esame all’attività concretamente svolta dalla società, sembra condivisibile l’impostazione per cui l’applicabilità della disciplina risulti subordinata a vizi comunque inerenti alle attività dedotte nell’atto costitutivo.

L’ultima ipotesi di nullità enucleabile dall’art 2332, n. 3, c.c. attiene alla “mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale”. Qui, la sanzione della nullità scatta laddove l’aspetto patologico sia riconducibile ad una sostanziale incertezza circa elementi che assumono una portata decisiva ai fini della configurazione delle caratteristiche dell’organizzazione sociale e dello stesso funzionamento dell’ente.

Si badi, a riguardo, che la valutazione circa l’esistenza di quel minimo livello di informazione necessario e sufficiente ad evitare la nullità della società, deve essere effettuata con esclusivo riguardo al contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto, non potendosi sopperire a dette lacune attraverso il riscontro di dati extrastatuari.

Conclusivamente, appare il caso di analizzare l’ultima parte dell’art. 2332 c.c. laddove, con tutta evidenza, emergono una serie di differenze, peraltro non di poco conto, tra la nullità di cui si discorre e la nullità di diritto comune, ordinaria ex art.1418 c.c. Innanzi tutto, repetita iuvant, le cause di nullità della società sono tassative, per cui, non possono essere considerati rilevanti vizi di nullità, assoluta o relativa, annullabilità o inesistenza, diversi da quelli indicati nell’art. 2332 c.c.; in più viene limitata o addirittura preclusa l’operatività di istituti in sé incompatibili con la disciplina degli effetti della dichiarazione di nullità della società per azioni come, per esempio, la disciplina dell’invalidità parziale oggettiva[4].

A ciò si aggiunga che la dichiarazione di nullità della società pronunciata dal giudice ha efficacia ex nunc, difatti, all’art. 2332, 2° comma, c.c. si legge che “la dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese”, in più e a riprova, al 3° comma si legge che “i soci non sono liberati dall’obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali”; diversamente, una delle regole fondamenti della nullità di diritto comune è proprio la retroattività della sentenza dichiarativa di nullità, che, appunto dispiega i sui effetti ex tunc, come se il contratto in cui si rinviene l’aspetto patologico non fosse mai venuto ad esistenza. Sicché la sentenza dichiarativa della nullità della società implica lo scioglimento della società per azioni ed innesca il procedimento di liquidazione della stessa (ex art. 2332, 4° comma, c.c.), lasciando immune da ogni conseguenza l’attività pregressa.

Peraltro, la disposizione contenuta nel 4° comma della norma in esame, per cui “la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori”, al di là della sua collocazione successiva, si pone, nell’ambito della norma, quale antecedente logico rispetto alle disposizioni dettate dal 2° e 3° comma, che regolano i riflessi della sentenza di nullità sui rapporti interni ed esterni della società.

Nella valutazione normativa le istanze di conservazione dell’organismo produttivo e dell’attività da questo svolta sino alla dichiarazione di nullità prevalgono rispetto all’interesse di quanti, soci o terzi che siano, possano aspirare alla soppressione dello stesso. Evidentemente, sulla base delle considerazioni svolte alla sentenza giudiziale con cui si accerta la nullità della società per azioni va ascritta natura costitutiva, non meramente dichiarativa come per la sentenza di nullità di un contratto di diritto comune, ciò, peraltro, risulta confermato dal 6° comma dell’art. 2332 c.c., laddove si prevede l’iscrizione del dispositivo giudiziale nel registro delle imprese. Infine, se, di regola, la sanatoria del negozio nullo non è consentita, fissando l’art. 1423 c.c. il principio dell’inammissibilità della convalida , viceversa, dall’art. 2332, 5° c.c., per la nullità della società per azioni, è positivizzato diverso ed opposto principio, prevedendosi che le cause di nullità possano essere eliminate e che dell’eliminazione sia data pubblicità mediante iscrizione nel registro delle imprese.

Tutto è preordinato alla conservazione dell’ente e degli effetti delle operazioni antecedentemente poste in essere dallo stesso, al fine di garantire adeguata tutela a chi sia entrato in contatto con la società ex post dichiarata nulla.

[1] Si badi che la disciplina dettata dall’art. 2332 c.c., rubricato “nullità della società”, si applica interamente anche alla nullità delle Srl in forza del rinvio espresso operato dall’art. 2463 c.c. alla norma in esame.

[2] Cfr., G. CAPO, Le società di capitali. La società per azioni. Caratteri e costituzione., (a cura di) V. BUONOCORE, Manuale di diritto commerciale, Giappichelli, XI ed., p. 322.

[3] V., G. CAPO, Le società di capitali. La società per azioni. Caratteri e costituzione., (a cura di) V. BUONOCORE, Manuale di diritto commerciale, Giappichelli, XI ed., p. 324.

[4] A riguardo si vedano gli artt. 1419 e 1446 c.c.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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