martedì, Novembre 12, 2024
Sustainability Age

La Nuova Commissione Europea: quale futuro per il Green Deal europeo?

A cura di Gaetano Vittoria

Uno dei “campi di battaglia” più caldi delle scorse elezioni europee è stato il Green Deal europeo implementato dalla Commissione Europea nella legislatura 2019-2024.

La polarizzazione dello scontro ha visto partiti politici che, da una parte, chiedevano la prosecuzione delle politiche ambientali attraverso un Green Deal 2.0 e, dall’altra, chi prospettava il rilancio di una nuova politica industriale, attraverso un’attenzione minore delle politiche green fino ad ora auspicate e/o implementate.

Sebbene il risultato delle elezioni europee di giugno abbia confermato la tendenza di uno spostamento a destra del barometro dell’Europarlamento (in maniera minore rispetto a quanto inizialmente pronosticato), la composizione della maggioranza parlamentare non ha subito notevoli scossoni. Cosa significa questo nell’ottica delle politiche ESG europee? Quale sarà, in particolare, l’indirizzo politico sul Green Deal della nuova Commissione Europea per il quinquennio 2024-2029?

La nuova Commissione Europea

La nuova Commissione Europea… in realtà tanto nuova poi non è!

Infatti, la presidente resta Ursula von der Leyen, garantendo, almeno da un punto di vista della rappresentanza, una continuità con il passato. È altrettanto vero, però, che la composizione della neonata Commissione Europea riflette il risultato delle elezioni e dei governi in ciascun Stato Membro. Conseguenza: la nuova squadra non ha nessun rappresentante dei Verdi. Sembra una piccola modifica, ma in ottica ESG questa è una novità molto rilevante.

La Presidente von der Leyen ha ribadito, nel suo discorso di introduzione alla nuova squadra della Commissione Europea, che il processo di decarbonizzazione (oltre a quello della digitalizzazione) della UE è di fondamentale importanza, sulla base di quanto espresso anche da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività al Parlamento Europeo (rapporto commissionato dalla stessa Commissione).

Dunque, una conferma delle politiche perseguite con il Green Deal degli anni scorsi? La risposta immediata sembrerebbe essere “si”, ma le complesse dinamiche politiche europee dovrebbero portarci a dire, almeno al momento, “ni”. Vediamo perché.

Dalla normazione all’implementazione: speranze e confusione!

Una delle critiche maggiormente apportate dai detrattori delle politiche ESG è il carico amministrativo, burocratico e il connesso aumento dei costi per le aziende al fine di ottemperare ai vari obblighi statuiti nelle varie normative ESG.

C’è chi, a tale riguardo, ha interpretato le parole di Mario Draghi spese alla plenaria del Parlamento Europeo nel sopra citato rapporto competitività come una “picconata” al Green Deal, soprattutto nella parte del suo intervento in cui ha denunciato un eccesso d regolamentazione in Europa, che impedirebbe la spinta competitiva ed industriale dell’Unione al cospetto del resto del mondo. Tale eccesso di normazione è stato infatti da sempre il tallone d’Achille dell’intera strategia sottesa al Green Deal. Contestualizzando, però, l’intero discorso di Draghi ed il suo rapporto nel complesso, c’è da segnalare la centralità attribuita alle tematiche ESG, con il sopra citato focus sulla decarbonizzazione.

Sono diverse le domande ed i dubbi che circolano in materia ESG in Europa oggi: eccessiva normazione e conseguente burocrazia? Probabilmente si; oneri e costi aggiuntivi per le imprese? Innegabile; è ancora fondamentale continuare a dare centralità alle tematiche ESG per il futuro dell’unione? Assolutamente si!

Tre risposte positive a domande cruciali per comprendere l’utilità e la necessità delle normative ESG, portano dunque a quel “ni” rispetto ad un nuovo (o a una prosecuzione del) Green Deal da parte della nuova Commissione.

Gli ultimi mesi del 2024 ed ancor più dal 2025 in poi segnano l’inizio della fase di implementazione delle normative approvate nel quinquennio appena trascorso.

In questo contesto, da una parte le istituzioni stanno emettendo (affannosamente!) raffiche di linee guide e Q&A, con l’obiettivo di guidare e facilitare le imprese nella comprensione di complessi testi giuridici. Allo stesso tempo, nuove autorità competenti sono state create per monitorare il rispetto di diverse norme ESG, in un generale contesto di incertezza vista l’assenza di consolidati precedenti. Dall’altro lato, le aziende stesse stanno cominciando a constatare cosa significhi in concreto ottemperare ai nuovi obblighi.

Ci troviamo, pertanto, in un momento di profonda incertezza, probabilmente fisiologica vista la novità della materia. Incertezza interpretativa, applicativa e di implementazione che non facilita il percorso di comprensione degli esperti di settore.

Il pressing dei Paesi extra UE (ed alcuni UE) sulle normative europee ESG

In questo contesto, la politica contribuisce ad aumentare il caos e l’incertezza. Il Green Deal è sempre di più sotto la lente d’ingrandimento, ed è ormai diventata la leva negoziale per partiti, Stati Membri e Stati extra UE per ragioni politiche, diplomatiche ed economiche.

È il caso del Regolamento Deforestazione (“EUDR”), approvato nel 2023 e che entrerà in vigore il prossimo 30 Dicembre. Lo scopo primario dell’EUDR è quello di ridurre al minimo il rischio di deforestazione associato alle seguenti materie prime: olio di palma, bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia che vengono in immessi nel o esportati dall’UE. L’ambito di applicazione è vastissimo, interessando tutta la catena di fornitura coinvolta nella produzione e messa a disposizione dei relativi beni. Il profilo sanzionatorio è molto pesante, passando dalla confisca e divieto di commercializzazione dei beni non in linea con la normativa, a multe che possono arrivare fino al 4% del fatturato generato in Europa dall’azienda coinvolta. La posta in gioco è, dunque, molto alta e per le aziende interessate l’EUDR comporta obblighi notevoli di tracciabilità e due diligence.

Sin dalla sua approvazione, diverse nazioni si sono formalmente opposte o hanno chiesto all’Unione Europea di posporre l’entrata in vigore dell’EUDR. I primi paesi (in data antecedente le elezioni europee) che hanno dato voce a questo trend sono stati Malesia ed Indonesia, maggiori produttori di olio di palma, sostenendo il presunto intento discriminatorio e protezionista insito all’EUDR[1].

Nelle scorse settimane anche gli Stati Uniti[2] hanno formalmente chiesto di ritardare l’entrata in vigore dell’EUDR, sostenendo che lo stesso porrebbe “sfide critiche” ai produttori statunitensi, in ultima istanza danneggiato l’export americano verso l‘Europa. Per gli stessi motivi, anche il Brasile si è formalmente opporto all’EUDR[3]. Dunque, la pressione fuori dai confini UE verso le politiche europee ESG è notevole, ma se prima delle elezioni europee del giugno scorso la Commissione era forte e determinata nel respingere ogni tipo di richiesta di proroga, lo scenario politico sembra oggi sensibilmente cambiato, anche in seno alla UE stessa.

Infatti, è delle ultime settimane la creazione di una opposizione interna all’EUDR. Al netto dei rumors sulle voci contrarie, prima l’Austria e pochi giorni fa la Germania sono uscite allo scoperto chiedendo di ritardane l’implementazione[4].

I segnali di questo trend si erano già palesati a febbraio, al momento dell’approvazione finale della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (“CS3D”), il cui contenuto ed impatto è stato notevolmente ridimensionato a seguito di incessanti negoziazioni tra gli Stati Membri. Non è un caso, infatti, che la Commissione Europea abbia all’epoca accelerato l’approvazione della CS3D per blindarla prima delle elezioni ed abbia emesso delle FAQ connesse alla CS3D subito dopo le stesse.

Quale impatto per le aziende e per i legali d’impresa?

Politica, politica… e ancora politica! Ma la politica condiziona e determina le strategie di business. Il mondo imprenditoriale è oggi spettatore (molto) interessato alle recenti e future dinamiche politiche in ambito ESG.

Al netto delle richieste di rinvio o di modificare gli obblighi di alcune norme, i tempi di implementazione sono stretti e le aziende si devono muovere in tal senso. In una strategia a breve-medio termine, pertanto, è indispensabile che le aziende continuino a pianificare la propria strategia nell’ottica del Green Deal come auspicato ed implementato dalla Commissione Europea nel mandato 2019-2024.

Di conseguenza, è raccomandabile che i giuristi d’impresa continuino a chiarire obblighi, procedure e attività alle funzioni aziendali interessate sia per le imminenti normative (EUDR e normativa reportistica, Corporate Sustainability Reporting Directive) che per quelle a lungo termine (normativa sulla due diligence di sostenibilità, CS3D).

Questa attività porta con sé rischi molto più marcati rispetto al ruolo di legale interno precedentemente inteso. Infatti, nuovi obblighi alle porte con l’assenza di precedenti concreti comporta la necessità per il giurista d’impresa di dover navigare nell’incertezza più totale, con al contempo l’urgenza di chiarire in concreto aspetti normativi molto complessi. Ancora una volta, un’approfondita conoscenza del business è cruciale per navigare in questa incertezza. Fondamentale chiedersi (e chiedere al business!) quale approccio avere in questo scenario, se di rischio spinto o più prudenziale. Una scelta, questa, da concordare con tutte le funzioni coinvolte in maniera collegiale.

In una strategia a medio-ungo termine, invece, il giurista d’impresa deve interessarsi anche alle dinamiche politiche in atto, soprattutto per tematiche così nuove ed oggetto di repentini cambiamenti. Un giurista d’impresa, pertanto, non più (e non solo) semplice consulente giuridico, ma advisor strategico a tutti gli effetti, che disponga di acume politico, conosca il business nel dettaglio e sia in grado di anticipare – per quanto possibile – le azioni che le aziende dovranno intraprendere.

 

[1] https://www.euractiv.com/section/energy-environment/news/indonesia-malaysia-seek-more-time-to-implement-eu-anti-deforestation-law/

[2] https://esgnews.it/environmental/legge-ue-sulla-deforestazione-pressione-dagli-usa-per-rimandarne-lattuazione/

[3] https://www.euronews.com/green/2024/09/12/punitive-instrument-brazils-say-eu-deforestation-laws-will-affect-one-third-of-exports

[4] Scholz Asks EU to Delay Deforestation Law in Latest Critique – BNN Bloomberg

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