martedì, Aprile 23, 2024
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La pirateria informatica e il caso TNT Village

Con l’espressione “pirateria informatica” ci si riferisce a tutte quelle attività di natura illecita perpetrate tramite l’utilizzo di strumenti informatici. Tale fattispecie rientra nella più ampia categoria dei c.d. cyber-crimes e si articola in cinque tipologie principali di attività:

  1. la pirateria domestica, che si ha quando, nel proprio ambiente domestico, si vanno a realizzare duplicati di software, video e, in generale, di materiale tutelato dal diritto d’autore, tramite masterizzazione e diffusione ad un ristretto numero di persone fisiche;
  2. l’underlicensing, che consta nell’installazione di software su un numero di terminali superiore rispetto a quello previsto e consentito dalla licenza d’uso;
  3. l’hard disk loading, ovvero la vendita di PC su cui sono stati installati software piratati da parte della stessa azienda che si occupa della vendita dell’apparecchio;
  4. la contraffazione del software, ovvero la vendita di copie di software piratato, del quale sono stati imitati packaging e confezionamento originale;
  5. la pirateria elettronica o online.

Le aree maggiormente colpite da tale fenomeno, il quale, di per sé, è caratterizzato da una complessità tale che, ad oggi, non si è ancora riusciti, né in ambito internazionale né nelle singole realtà nazionali, a debellare, sono quelle musicale, cinematografica ed editoriale. Nella percezione comune, data, molto probabilmente, la maggiore attenzione prestata dai media, ad essere più colpiti dalla pirateria informatica sono gli ambiti musicale ed audiovisivo anche se, per quanto possa sorprendere, il “primo posto” spetta al settore letterario. Già dai primi anni Novanta, infatti, era possibile reperire materiale in Rete, anche se è solo all’inizio del ventunesimo secolo che la disponibilità di libri nella rete ha avuto il suo “boom”, in ciò certamente supportata dall’estesa diffusione di devices abilitati alla riproduzione di testi (anche se ciò ha, di fatto, spianato la strada alla pirateria digitale).

Nello specifico, la pirateria informatica va a ledere i diritti patrimoniali degli autori, ovvero, ai sensi della Legge del 22 aprile 1941, n. 633 (L.d.A.) [1], sulla “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”, quei diritti che vengono riconosciuti all’autore dell’opera intellettuale in quanto tale, e che fanno sì che l’autore possa sfruttare economicamente l’opera in qualunque forma e modo. In merito, è bene precisare che, con l’espressione “in ogni forma e modo”, si intende che l’autore gode del diritto assoluto (esercitabile erga omnes) di sfruttare commercialmente l’opera da lui creata, senza alcun limite territoriale o inerente alle tipologie di sfruttamento.

Ogni qual volta venga posto in essere un qualsivoglia atto di pirateria su opere intellettuali, viene leso un quantitativo enorme di diritti patrimoniali. Tra questi, in particolare:

  • Il diritto di distribuzione e messa in commercio dell’opera, disciplinato dall’art. 17 della Legge del 22 aprile 1941, n. 633, il quale “ha per oggetto la messa in commercio o in circolazione, o comunque a disposizione del pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, dell’originale dell’opera o degli esemplari di essa e comprende, altresì, il diritto esclusivo di introdurre nel territorio degli Stati della Comunità europea, a fini di distribuzione, le riproduzioni fatte negli Stati extracomunitari”[2];
  • I diritti di noleggio e prestito, entrambi tutelati dai commi I e II dell’art. 18 della Legge del 22 aprile 1941, n. 633, aventi ad oggetto la “[…] cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere tutelate dal diritto d’autore […]” [3].

Onde sopperire all’assenza di specifiche difese avverso le violazioni perpetrate a danno dei diritti degli autori delle opere intellettuali, nella succitata Legge del 22 aprile del 1941, n. 633, è stato predisposto un sistema di tutela degli stessi con l’introduzione dell’art. 171-ter.

Nei cinque commi da cui è composto, l’articolo predispone la tutela di numerose tipologie di opere dell’ingegno, da quelle destinate all’ambiente cinematografico alle opere scientifiche, didattiche e letterarie. In particolare, le sanzioni da esso previste implicano sia un periodo di reclusione che il pagamento di una multa e se, da un lato, l’importo di quest’ultima sarà sempre compreso tra € 2.582 ed € 15.493, dall’altro il periodo di reclusione sarà diverso in base al tipo di condotta adottata dal reo (da sei mesi a tre anni per le condotte previste al comma I; da uno a quattro anni per quanto previsto al comma II) [4] [5]. In ogni caso v’è la possibilità, comunque, di ottenere una riduzione della pena nell’eventualità di particolare tenuità del fatto posto in essere.

Due sono i limiti che vanno a circoscrivere l’ambito di applicabilità della disposizione, ovvero:

  1. Che le condotte siano finalizzate ad ottenere la possibilità di usufruire in via non personale dell’opera dell’ingegno;
  2. Che vi sia il dolo specifico di lucro, fondamentale per integrare il fatto tipico.

L’introduzione dell’articolo nel corpo della legge n. 633 del 1941 si deve all’art. 17 del D. Lgs. del 16/11/1994, n. 685 [6] (che, inoltre, ha affermato la centralità della legge n. 633 del 1941 in materia di diritto d’autore), realizzato in attuazione della Direttiva 92/100/CEE e concernente alcuni diritti collegati al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale, nonché i diritti di prestito e noleggio, così come previsto dalla legge delega del 22/02/1994, n. 146 [7] (legge comunitaria 1993).

Tuttavia, con l’avvento della legge del 18 agosto del 2000, n. 248 [8], il cui scopo principe, oltre il garantire una maggiore tutela in ambito informatico al diritto d’autore (data la tendenza, sia privata che imprenditoriale, a diffondere sempre più beni protetti da tale branca del diritto in Rete), era fornire adeguati strumenti per la lotta contro la pirateria informatica, il testo dell’articolo venne integralmente modificato in quello che è, ad oggi, il testo attuale. Infine, con l’emanazione del D.lgs. n. 68 del 9 aprile 2003 [9], ed in particolare con l’art. 26 dello stesso, vennero apportati gli “ultimi ritocchi” all’art. 171-ter. Per meglio dire, ad essere modificato fu unicamente il primo comma del detto articolo, per il quale, oltre ad una nuova formulazione della lettera d), ci fu l’aggiunta delle lettere f-bis) e h).

In particolare, queste due ultime lettere sono state inserite dall’art. 23, comma 1, del suddetto decreto legislativo, il quale, a sua volta, traeva origine dai trattati WIPO [10] [11] (World Intellectual Property Organization) adottati il 20 dicembre 1996.

Occorre, a questo punto, fare una piccola precisazione di carattere terminologico. Finora si è parlato di diritto d’autore per indicare la branca del diritto che va a tutelare le opere intellettuali, ma ciò vale solo per i paesi di civil law, nei sistemi anglosassoni di common law c’è, invece, il copyright. La differenza principale tra i due è che la tutela accordata non è esattamente coincidente. Oltre a differenze nel contenuto dei diritti, è poi importante rilevare che, se nei sistemi di common law il copyright nasce con il deposito dell’opera all’Ufficio copyright, il nostro diritto d’autore sorge col porre in essere il semplice atto creativo.

In ogni caso, se anche nei paesi europei di civil law si trovano forme di deposito o registrazione dell’opera, il loro impiego non avrà nulla a che fare con la nascita del diritto d’autore sull’opera in oggetto, ma sarà dovuto (principalmente) al fatto che essi, tramite specifiche procedure, consentono di attribuire una data certa alla creazione dell’opera, nonché di poter provare l’anteriorità della proprietà intellettuale in caso di controversie.

Ciò posto, interessante caso che ha visto per protagonista la lotta per la difesa del diritto d’autore in rete è stata la vicenda che ha coinvolto il sito TNTVillage.scambioetico.org, che nel 2018 era nuovamente sotto inchiesta per la diffusione illegale di contenuti coperti da diritto d’autore. Il TNT Village nasceva nel 2004, su iniziativa di Luigi Di Liberto, come forma di contestazione della durata del diritto d’autore sulle opere e consisteva in una piattaforma di condivisione etica (a monte dello stesso vi era l’Associazione scambio etico) di creazioni intellettuali che, liberamente e senza alcuna retribuzione, veniva caricato dagli utenti pur essendo ancora sotto la protezione del detto diritto. Regola attestante, secondo il suo creatore, la buona fede e l’eticità del sito in questione era la condizione che non potesse essere condiviso alcun file relativo ad un’opera intellettuale che fosse stata messa in commercio da meno di un anno [12]. La piattaforma utilizzava il sistema di condivisione peer-to-peer (o p2p) [13], il quale, in parole povere, forniva ai singoli utenti la possibilità di dare e ricevere frammenti di file di dimensioni ridotte e che, messi insieme ,andavano a formare un film o un libro, come se fossero puzzles.

Le contestazioni contro tale piattaforma, come ovvio, non si fecero attendere e furono numerose. D’altro canto, non sembra neanche ragionevole che l’autore di un libro o di un brano musicale, nel vederlo condividere senza ottenerne alcuna retribuzione, come suo diritto ai sensi del dettato della legge n. 633 del 22 aprile 1941, non faccia alcuna opposizione o, quantomeno, non se ne abbia a male. Alcune voci, tuttavia, si sono fatte avanti anche a favore della piattaforma, arrivando a creare una distinguibile posizione collettiva in base alla quale tramite essa di fatto, gli autori venivano aiutati, in quanto veniva favorito l’ampliamento di un pubblico che avrebbe poi potuto finanziare la futura produzione creativa degli stessi tramite, ad esempio, l’acquisto di libri o biglietti per il cinema

Il malcontento è, alla fine, “esploso” con l’azione legale intentata contro il sito nel settembre 2018  da un gruppo di editori di notevole importanza, tra cui figurano: “Associazione Italiana Editori”, “Rai Cinema”, “Eagle Pictures”, “Chiare Lettere”, “Garzanti”, “Longanesi” ecc, i quali accusavano il di Liberto di avere, tramite la detta piattaforma, perpetrato un ingente numero di violazioni al delitto d’autore che, di fatto, erano qualificabili quali atti di pirateria informatica. Grazie ad un post pubblicato sul proprio profilo Facebook dallo stesso Di Liberto [14], si può vedere come, nel fascicolo contenente il decreto di fissazione dell’udienza, gli inquirenti, esaminato il materiale, abbiano ritenuto che  lo stesso Di Liberto e, di conseguenza, il TNT-village “utilizzando i sistemi peer-to-peer attraverso il protocollo BitTorrent e mediante l’utilizzazione di server tracker centrali che gestiscono le comunicazione tra i nodi della rete – quantomeno cooperino attivamente e consapevolmente alla violazione dei diritti patrimoniali d’autore di cui le ricorrenti (ovvero gli autori, ndr) sono titolari attraverso l’attivazione e l’agevolazione delle modalità di condivisione innanzi menzionate”[15].

A seguito della denuncia, il fondatore era stato perquisito in casa dalle Autorità, pur continuando ad assicurare agli utenti la continuazione della piattaforma e, inoltre, diverse fonti sostengono che di Liberto avesse anche manifestato la propria intenzione di contrastare tale azione legale promossa contro di lui sostenendo il proprio diritto alla privacy e lamentandone la violazione sia per l’accesso alla sua residenza privata da parte degli inquirenti sia per il sequestro di quasi un terabyte di dati appartenenti al TNT-village. Particolarità di questa vicenda è che la sua conclusione non è stata dovuta per via di una sentenza emessa da un’autorità giudiziaria ma per una decisione con una valenza, se si passa l’espressione a chi scrive, altrettanto definitiva.

Come risulta dal suo profilo Facebook ufficiale, infatti, lo stesso di Liberto si è determinato, probabilmente per via delle numerose pressioni cui era sottoposto, a comunicare la cancellazione dell’Associazione scambio etico e, di conseguenze del sito TNT-village stesso, all’Agenzia delle Entrate. In ogni caso, è stata strategicamente predisposta una c.d. via d’uscita. Se ci si collega oggi al sito TNT Village si può leggere, sia in inglese che in Italiano, il messaggio:” Purtroppo su decisione di Di Liberto, non imputabile alla nostra volontà e con estremo rammarico, vi informiamo che il sito e il forum sono chiusi. Se sei uno smanettone, potresti essere interessato a scaricare QUESTO”[16]. La parola QUESTO, nello specifico, è il “regalo” lasciato dal sito ormai estinto, un collegamento (c.d. dump) tramite il quale è possibile ricostruire tutti i link raccolti dalla piattaforma nel corso degli anni.

Resta, quindi, da vedere se le associazioni degli editori o altri autori, generalmente parlando, decideranno o meno di fare qualcosa per sopprimere anche questo ultimo frammento “pirata” del sito originale. Fatto certo è che, negli ultimi 3 mesi (il sito è stato chiuso all’incirca il 17 luglio 2019), si è registrata calma piatta in tale frangente.

 

[1] Artt. 6 e 12, Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm

[2] Art. 17 della Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633.

[3] Art. 18 della Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633.

[4] Cfr. Cassazione, Penale, Sez. III, sentenza n. 23365 del 2016, disponibile qui: https://olitinformatica.wordpress.com/2016/06/20/software-piratasentenza-cassazione-n233652016-sez-3-penale/;

[5] art. 171-ter della Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941, n. 633.

[6] Art. 17 del D. Lgs. del 16/11/1994, n. 685, disponibile qui: http://www.librari.beniculturali.it/export/sites/dgbid/it/documenti/Eventi/2014/15.D.Lgs._6851994_attuazione_della_direttiva_sul_diritto_di_prestito_e_noleggio.pdf;

[7] Testo della legge delega del 22 febbraio 1994, n. 146, disponibile qui: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1994/03/04/094G0164/sg;

[8] Testo della legge del 18 agosto 2000, n. 248, disponibile qui: https://www.camera.it/parlam/leggi/00248l.htm;

[9] D.lgs del 9 aprile 2003, n.68, disponibile qui: https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/03068dl.htm;

[10] Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, istituita con la firma di una Convenzione internazionale multilaterale a Stoccolma nel 1967. Dal 1974 il WIPO è divenuto istituto specializzato delle Nazioni Unite, ne fanno parte 184 Stati;

[11] Trattati WIPO, disponibili qui: https://www.wipo.int/treaties/en/;

[12] statuto TNT village, disponibile qui: https://web.archive.org/web/20140731065752/http://www.tntvillage.scambioetico.org/index.php?rules=ita;

[13] funzionamento sistema p2p, disponibile qui: https://www.fastweb.it/internet/cosa-e-come-funziona-p2p/;

[14] testo decreto fissazione prima udienza ex ante Tribunale di Milano procedimento R.G. n. 34846/2018 , disponibile qui: https://www.facebook.com/groups/tntvillage/permalink/1765584646850638/?tn=-UC-R;

[15] cit. articolo di Franco Aquini, “TNT Village chiuderà? Un gruppo di editori denuncia il sito per pirateria”, disponibile  qui:  https://www.dday.it/redazione/27829/tnt-village-chiudera-un-gruppo-di-editori-denuncia-il-sito-per-pirateria;

[16] messaggio disponibile qui: ;

 

 

Valentina Ertola

Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico ("L'Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità"). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l'università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l'Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l'area "IP & IT".

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