venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

La portata definitoria del concetto di atti sessuali nel delitto di cui all’art. 609 bis c.p.

Il concetto di atti sessuali: quando il bacio sulla guancia integra il delitto di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p.

  1. Premessa

L’art. 609 bis c.p. sanziona, con la reclusione da sei a dodici anni, “Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

  1. Abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
  2. Traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”.

Dopo aver recentemente chiarito la portata definitoria del concetto di abuso di autorità[1], la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata, in tema di esatta qualificazione – e delimitazione –  del concetto di atto sessuale, idoneo ad integrare la fattispecie in esame.

Partendo dal dictum giurisprudenziale oggetto di trattazione nel prossimo paragrafo, il presente contributo analizzerà la progressiva enucleazione, ad opera del formante giurisprudenziale, del concetto di atti sessuali, suscettibile di incriminazione penale ex art. 609 bis c.p.

  1. La vicenda processuale

Con la sentenza 17 febbraio 2021, n. 6158 (udienza 2.12.2020 – Cass. Pen., Sez. III, 17.2.2021, n. 6158) la Terza sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata, in tema di violenza sessuale, circa la portata definitoria del concetto di atti sessuali, ed in particolare se un bacio sulla guancia possa essere considerato atto sessuale idoneo ad integrare il delitto di cui all’art. 609 bis c.p.

La pronuncia in questione ha il pregio di offrire una perimetrazione del concetto di atti sessuali, contemplato dal delitto in esame, anche riprendendo le pronunce già svolte dal Supremo Consesso.

Con sentenza del 19.3.2019, la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del 19.9.2017 del Tribunale di Torino, con cui l’imputato veniva condannato in relazione al reato di cui all’art. 609 bis c.p. per aver baciato sulla guancia, e, il giorno dopo, palpeggiato il seno, della costituita parte civile, senza il suo consenso.

Avverso la predetta sentenza, proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, deducendo quattro motivi di doglianza.

In particolare e per quanto in questa sede di interesse, con il primo motivo il ricorrente deduceva vizio ex art. 606 co. 1 l. b) c.p.p. poiché la condotta dell’imputato non doveva avere alcuna rilevanza penale, “essendosi limitato ad effettuare un semplice gesto di cortesia con un bacio sulla guancia della costituita parte civile, che peraltro non avrebbe palesato alcun fastidio”[2]. Secondo il ricorrente, mentre rientrerebbe nella categoria degli atti sessuali il bacio sulla bocca, in quanto inerente una zona erogena, tale non sarebbe quello dato sulla guancia.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla sussistenza della continuazione interna in rapporto al reato di cui all’art. 609 bis c.p. In particolare, veniva evidenziata la lievità della condotta rappresentata da “un innocente bacio”, senza alcuna valenza erotica.

Con il terzo e quarto motivo, si richiedeva la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena.

  1. La portata del concetto di atto sessuale

Come noto, la legge di riforma dei reati contro la violenza sessuale n. 66 del 1996 ha introdotto significative innovazioni: in primo luogo ha collocato i delitti contro la libertà sessuale tra i delitti contro la libertà personale, andando a soddisfare l’esigenza di riconoscere ai delitti di violenza sessuale una collocazione topografica e sistematica ritenuta più aderente all’evoluzione socio-culturale del tempo, in linea con la natura dei delitti che offendono, in primis, la persona e la libertà individuale. La sessualità, in questo senso, viene intesa come espressione della libertà di autodeterminazione, ovvero come libertà di autodeterminazione a compiere un atto sessuale[3].

Un’altra significativa innovazione della predetta legge, consiste nell’aver riunito le fattispecie criminose di violenza carnale ed atti di libidine nella fattispecie della violenza sessuale, in modo da garantire una più pregnante tutela nei confronti soggetto passivo.

Con precipuo riguardo al dato normativo, l’art. 609 bis c.p. può essere distinto in due fattispecie: una di costrizione, l’altra di induzione.

Con riguardo alla prima, le condotte modali idonee ad integrare il delitto possono essere di minaccia, di violenza e di abuso di autorità.

Quanto all’ipotesi di induzione idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., essa scaturisce dallo sfruttamento, da parte del soggetto agente, delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima, o per mezzo dell’inganno sostituendosi ad altra persona.

Dalla doppia bipartizione del delitto in esame emerge la natura bifronte dell’interesse tutelato: la libertà sessuale, nell’ipotesi di costrizione; l’intangibilità sessuale nell’ipotesi di induzione.

Il delitto di cui all’art. 609 bis c.p. configura un reato comune, per il quale è sufficiente il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto lesivo della libertà sessuale della vittima.

Tanto la violenza sessuale per costrizione, quanto quella per induzione, postulano quale condotta modale il compimento di atti sessuali.

Il concetto di atti sessuali è al centro di un dibattito dottrinale in cui si contendono il campo tre indirizzi: il primo, sostiene che la nozione di atti sessuali coincide con quella di atti di libidine; il secondo, sposa la tesi della maggior latitudine di significato degli atti sessuali rispetto alla categoria degli atti di libidine; infine, il terzo, privilegia una lettura più restrittiva del concetto di atto sessuale, tale dovendo essere considerato solo quello che ha natura sessuale sul piano oggettivo, indipendentemente dalle variabili e soggettive pulsioni di autore e vittima; occorrerebbe quindi “il contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona con una zona genitale (compresa la mammella della donna), anale o orale del partner”[4].

Nell’assenza di una disposizione normativa in grado di definire la portata concettuale di tale requisito, il concetto di atto sessuale si è dunque forgiato grazia all’opera pretoria.

Per la Suprema Corte, con l’espressione atto sessuale deve intendersi “la risultante della somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine, previsti dalla previgente fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti, per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l’elaborazione giurisprudenziale, esprimono l’impulso sessuale dell’agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo.

Devono pertanto includersi i toccamenti, i palpeggianti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica[5].

Più recentemente, il Supremo Consesso ha indicato “nel concetto di atti sessuali di cui all’art. 609 bis c.p., bisogna far rientrare non solo gli atti che involgono la sfera genitale, bensì tutti quelli che riguardano le zone erogene su persona non consenziente; pertanto, tra gli atti suscettibili di integrare il delitto in oggetto, va ricompero anche il mero sfioramento con le labbra sul viso altrui per dare un bacio, allorché l’atto, per la sua rapidità ed insidiosità, sia tale da sovrastare e superare la contraria volontà del soggetto passivo”[6].

Pertanto, mentre non possono qualificarsi come atti sessuali tutti quegli atti espressivi del desiderio sessuale, che tuttavia non incidono nella sfera della sessualità della persona offesa (e dunque offensivi, al più, del solo pudore pubblico), rientrano nella nozione di atti sessuali quelli indirizzati verso zone erogene, intendendosi, come parti erotiche, anche parti che prima facie sembrerebbero non essere incluse, quali, a titolo esemplificativo, polsi e guance[7]: il rapporto corpore corporis, infatti, non deve necessariamente limitarsi alle zone geniali, ma comprende anche tutte quelle ritenute erogene.

Pertanto, il punto focale affinché si configuri il delitto di violenza sessuale viene posto sulla concreta idoneità della condotta, sintomatica dell’impulso sessuale dell’agente, a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale[8], mentre, invece, nessun rilievo viene connesso all’effettivo ottenimento del soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente: dunque, anche i palpeggiamenti, i toccamenti e gli sfregamenti corporei, posti in essere nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale, in quanto coinvolgono la corporeità della vittima, possono costituire una indebita intrusione nella sfera sessuale altrui[9].

  1. La decisione della Corte

Sulla scorta dei principi suindicati, con precipuo riguardo ai primi due motivi di ricorso – che la Suprema Corte tratta congiuntamente – e, in particolare, in ordine alla contestata qualificazione del bacio in termini di atto sessuale penalmente rilevante, il Supremo Consesso rimarca la correttezza della valutazione offerta dalla Corte d’Appello, elaborata attraverso una complessiva valorizzazione del gesto, in rapporto sia alle modalità repentine e subdole della sua commissione, sia ai complimenti rivolti alla persona offesa.

Nello specifico, la Corte di Cassazione ritiene il contesto già idoneo a giustificare una lettura “tutt’altro che innocente dell’azione”, coerente con il palpeggiamento del giorno successivo, siccome in linea con la rilevata valenza sessuale delle condotte dispiegate nei confronti della persona offesa. Ciò a fortiori considerando che “in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l’azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima”.

Di più, il Supremo Consesso dichiara inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, in relazione alla ritenuta lievità del fatto, non essendo stata sufficientemente illustrata dal ricorrente l’asserita levità del fatto.

Inammissibili, inoltre, vengono dichiarati anche il terzo e quarto motivo, per carenza di specificità.

Pertanto, la Corte di legittimità dichiara inammissibile in toto il ricorso, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento e di pagare una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

[1] https://www.iusinitinere.it/labuso-di-autorita-nel-delitto-di-violenza-sessuale-ex-art-609-bis-co-1-c-p-la-parola-alle-sezioni-unite-33874

[2] Cass. Pen., Sez. III, n. 6158 del 2021, p. 2.

[3] G. COCCO – E.M. AMBROSETTI, Diritto penale – parte speciale – I delitti contro la persona, vol. 2/1, seconda ed., Zanichelli, Bologna, 2007, p. 199.

[4] A. CADOPPI, Commentari delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, CEDAM, 2002, p. 35 e ss.

[5] Cass. Pen., Sez. III, n. 44246 del 18.10.2005, Boselli, Rv. n. 232901.

[6] Cass. Pen., Sez. III, n. 12425 del 26.3.2007; in senso conforme Cass. Pen., Sez. IV, n. 3447 del 3.10.2007.

[7] per approfondimenti sul punto v. F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale I. I delitti contro la persona, Padova, 2014, p. 441 ss.

[8] in questo senso A. CADOPPI, op. cit., p. 35 e ss.

[9] Cass. Pen., Sez. Un., n. 16207 del 19.12.2013.

La sentenza in commento Cass. Pen., Sez. III, 17.2.2021, n. 6158. 

Jeannette Baracco

Avvocato, nata a Padova il 19.08.1993. Dopo aver conseguito la Maturità Scientifica, si è iscritta nell’anno 2012 alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Padova. Nel corso del periodo universitario è stata eletta e riconfermata per il secondo mandato rappresentante degli studenti, nel Consiglio di Scuola, Consiglio di Corso di Laurea e Commissione Paritetica, Dipartimento di diritto privato e critica del diritto, Dipartimento di diritto pubblico ed internazionale. Si è laureata nel 2017 con una tesi in diritto processuale penale comparato dal titolo “Giustizia negoziata e distorsione cognitiva tra patteggiamento e plea bargaining” (relatore Ill.mo Prof. Marcello Daniele), conseguendo la valutazione di 110 e lode. A maggio 2017 ha vinto il premio “Miglior Oratore” alla “Padova Moot Court Competition”, simulazione di discussione di un caso riguardante tematiche di diritto penale e processuale penale, organizzata da ELSA Padova e dall’Università degli Studi di Padova presso il Tribunale di Padova, collegio giudicante presieduto dal magistrato Dott. Vincenzo Sgubbi. Ha scritto il capitolo relativo a “Traffico di influenze illecite e d.lgs. 231 del 2001” all’interno del libro “Le nuove frontiere della corruzione – Il traffico di influenze illecite”, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Cleup, con la supervisione del Prof. Enrico Mario Ambrosetti ed ELSA Padova. A partire dall’anno 2020 frequenta il Corso biennale di Formazione tecnica e deontologica dell’Avvocato penalista, tenuto dalla Camera Penale di Padova “Francesco De Castello”. Da marzo 2020 a luglio 2020 ha frequentato il corso a distanza di studio ed approfondimento delle principali tematiche di Diritto penale dell’economia, presieduto dal Prof. Adelmo Manna, conseguendo il massimo dei voti. A novembre 2020, all’età di 27 anni, ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia. E' autrice di molteplici contributi scientifici e divulgativi, collaborando periodicamente con varie riviste giuridiche (tra cui Altalex, Cammino Diritto, Cleup Editrice, Giuricivile, Ius in Itinere). Dal 2021 è socia AIGA. Attualmente è Avvocato iscritta nel Foro di Padova, specializzata in diritto penale, protezione dei diritti umani e diritto dell’immigrazione.

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