venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

La prevedibilità dell’evento nell’omicidio colposo

Il sistema penalistico italiano, sebbene orientato verso una visione garantista ed attento alla tutela dei principi fondamentali, si rinvengono al suo interno,  ancora numerose ipotesi di responsabilità oggettiva, che mal si adattano ai principi ispiratori della Costituzione.

La responsabilità oggettiva si sostanzia nell’ascrivere all’agente la commissione di un fatto, senza che sia necessaria la sussistenza degli elementi soggetti del dolo o della colpa, risultando sufficiente che l’evento sia la conseguenza dell’azione o omissione dell’agente.

La responsabilità oggettiva rileva la propria radice normativa nell’art. 42[1]del codice penale che recita:

“la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente come conseguenza della sua azione ed omissione”.

Nonostante questa particolare tipologia di responsabilità sia ormai cementata all’interno del codice e sia ampliamente utilizzata in prassi, (n’è prova il continuo richiamo, all’interno delle sentenza della Corte di Cassazione, di suddetta responsabilità come strumento di rimproverabilità all’agente per la sua condotta illecita), fuori dubbio è che siffatta disciplina sia palesemente in contrasto con i principi della Costituzione.

Già nel 1988 la Corte Costituzionale con le due storiche sentenze (368 e 1085/1988), nell’elevare il principio di colpevolezza a rango costituzionale, evidenziò come la responsabilità oggettiva fosse incompatibile con suddetto principio ed in particolare  con l’art. 27 della Cost,  precisamente :

“si deve confermare che il primo comma dell’art. 27 Cost. contiene un tassativo divieto della responsabilità per fatto altrui, va comunque precisato che ciò deriva dall’altro, ben più “civile” principio, di non far ricadere su di un soggetto, appunto estraneo al “fatto altrui”, conseguenze penali di <colpe> a lui non ascrivibili. Come e da confermare che si risponde penalmente soltanto per il fatto proprio, purchè si precisi che per  “fatto proprio” non s’intende il fatto collegato al soggetto, all’azione dell’autore, dal mero nesso di causalità materiale, ma anche, e soprattutto, dal momento subiettivo, costituito, in presenza della prevedibilità ed evitabilità del risultato vietato, almeno dalla “colpa” in senso stretto”.[2]

In particolare si sosteneva che in un sistema penale di tipo antropocentrico, è necessario che ai fini della rimproverabilità dell’evento all’agente, debba sussistere un collegamento indispensabile tra il fatto e l’agente.

Detto in altri termini, è necessario che l’evento sia la conseguenza dell’azione (o omissione) del soggetto, sorretta dall’elemento quantomeno della colpa; solo così si assicura una totale compatibilità con l’art. 27 della Cost.

La responsabilità oggettiva (senza dolo e colpa) si pone in evidente contrasto con il principio Costituzionale di personalità della responsabilità penale.

Nonostante l’importante arresto della Corte Costituzionale, si rilevano tutt’oggi fattispecie criminose che richiamo la responsabilità oggettiva, un ipotesi esemplificativa è rappresentata dai delitti aggravati dall’evento, ove si prevede l’inasprimento della pena quando dal fatto commesso ne derivi l’evento morte o di lesione personale.

A tal proposito la giurisprudenza risulta divisa in merito all’imputazione dell’aggravante dell’evento, riscontrandosi da un lato chi enfatizza il principio di responsabilità oggettiva e dall’altro lato chi, in ossequio al principio di colpevolezza, richiede quantomeno la prevedebilità in concreto dell’evento aggravante.

In tal guisa, in tema di prevedebilità dell’evento, si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione, che conferma la necessaria sussistenza della prevedibilità dell’evento nell’omicidio colposo.

“Nei reati colposi l’accertamento della prevedibilità del fatto va effettuato, in concreto, riportandosi al momento in cui la condotta, commissiva od omissiva, è stata posta in essere ed avendo riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno. Ne consegue che tale giudizio deve essere fondato su tutte le circostanze in cui il soggetto si trova a operare, avendo specifico riguardo alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento”[3].

Evidenzia la Corte come, l’applicazione del principio di colpevolezza non  permetta l’ingiusto ed automatico addossamento della responsabilità  a carico dell’agente che ha violato la regola cautelare, difatti è necessario al fine della rimproverabilità, la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso (la c.d. calcolabilità del rischio).  Inoltre la prevedebilità ed evitabilità sono elementi da riferirsi all’agente modello razionale (l’uomo ideale), che come chiarito dalla Cassazione del 2016[4] rappresenta il soggetto il cui comportamento è totalmente rispettoso delle regole sociali e giuridiche.

Il giudice, alla stregua di quanto detto, dovrà valutare come avrebbe agito, nelle medesime condizioni, l’agente modello, non potendosi addebitare per colpa l’evento che si sarebbe comunque realizzato e che non poteva essere in nessun modo evitato.

Sicché è necessario che all’agente si sia rappresentata la realizzazione dell’evento come conseguenza della sua azione, che avrebbe potuto distoglierlo dell’agire attenendosi alle regole cautelari. Chiarisce la Corte che,  non è necessario che all’agente abbia preveduto tutte le conseguenze della sua azione,  ma è sufficiente che sia consapevole che dalla sua condotta, possano derivare delle conseguenze dannose per la comunità.

Gli elementi della prevedibilità ed evitabilità “riempiono di contenuto” il principio di colpevolezza, che permette di arginare la responsabilità oggettiva, dfatti in attesa di un intervento legislativo, atto a debellare le forme di responsabilità oggettiva,  il giudice nella sua attività ermeneutica dovrà interpretare il fatto “secundum costitutionem” , poiché come già precisato dalla sentenza 364/88, il principio di colpevolezza opera come duplice vincolo, sia per il legislatore nella formulazione di norme incriminatrici, ma soprattutto per il giudice come canone ermeneutico al fine di rispettare pienamente il principio di cui all’art 27 della Costituzione.

 

 

[1] Articolo 42 c.p. “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione.

Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

[2] Per un migliore approfondimento si veda qui: www.giurcost.org/decisioni/1988.

[3] Cass. Pen., SeZ. IV, 29 Novembre 2018, n. 53455. (per chiarimenti si veda qui: www.neldiritto.it).

[4] Cass. Pen., n. 39028/2016.

Tayla Jolanda Mirò D'Aniello

Tayla Jolanda Mirò D'aniello nata ad Aversa il 4/12/1993. Attualmente iscritta al V anno della facoltà di Giurisprudenza, presso la Federico II di Napoli. Durante il suo percorso univeristario ha maturato un forte interesse per le materie penalistiche, motivo per cui ha deciso di concludere la sua carriera con una tesi di procedura penale, seguita dalla prof. Maffeo Vania. Da sempre amante del sistema americano, decide di orientarsi nello studio del diritto processuale comparato, analizzando e confrontando i diversi sistemi in vigore. Nel privato lavora in uno studio legale associato occupandosi di piccole mansioni ed è inoltre socia di ELSA "the european law students association" una nota associazione composta da giovani giuristi. Frequenta un corso di lingua inlgese per perfezionarne la padronanza. Conseguita la laurea, intende effettuare un master sui temi dell'anticorruzione e dell'antimafia.

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