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La pronuncia del Consiglio di Stato 3058/2017: la Regione Lombardia è tenuta al risarcimento del danno per il “caso Englaro”

 

La recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 21 giugno 2017, n. 3058, affronta il complesso tema della responsabilità dell’Amministrazione e della risarcibilità del danno per violazione dei diritti fondamentali della persona, respingendo il ricorso della Regione Lombardia e riconoscendo il risarcimento del danno in favore di Beppino Englaro.

Per esigenze di chiarezza va preliminarmente chiarita la complessa vicenda in cui si inserisce la sentenza in commento, trattandosi di un caso che per lungo tempo e sotto molteplici profili è stato oggetto di attenzione.

Il ricorrente aveva, nel 2008 impugnato presso il TAR Lombardia una nota con cui la Regione respingeva la richiesta di mettere a disposizione una struttura che consentisse il distacco del sondino naso-gastrico funzionale ad alimentare in via artificiale la figlia che versava in uno stato di coma vegetativo permanente. Il TAR si era pronunciato favorevolmente nel 2009 con sentenza in forma semplificata, data la rinuncia alla domanda risarcitoria inizialmente proposta dal ricorrente, accogliendo il ricorso e disponendo l’annullamento del provvedimento impugnato in quanto lesivo del diritto costituzionalmente presidiato al rifiuto delle cure, la cui osservanza va garantita erga omnes. La Regione coinvolta avrebbe dovuto dare esecuzione alla sentenza, attraverso l’individuazione e indicazione della struttura sanitaria opportuna.

Ciò nonostante,  la Regione era rimasta inadempiente e la famiglia Englaro era stata costretta a trasferire la figlia in una struttura privata ad Udine dove sarebbe poi morta nel febbraio 2009; la Regione Lombardia impugnava dunque la sentenza del TAR dinanzi al Consiglio di Stato che nel 2014 si è pronunciato, sostanzialmente riconfermando la precedente sentenza.

Nel 2015 il ricorrente ha nuovamente proposto domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non, conseguenti dal provvedimento oggetto di annullamento ad opera della prima sentenza del TAR; relativamente all’azione risarcitoria, la Regione Lombardia, ha eccepito l’inammissibilità in ragione della limitazione basata sul principio di alternatività, sancito dall’art. 30 c.p.a. Sul punto, il Collegio ha però ritenuto che si sia trattato “di una mera rinunzia agli atti del giudizio, e non di rinuncia all’azione”, dettata, peraltro, dall’esigenza di definire celermente il giudizio al fine di ottenere una sentenza immediata, fermo restando che è inapplicabile il regime di cui all’art. 30 del d.lgs. 104/2010 dal momento che si tratta di una disciplina la cui vigenza è successiva rispetto all’inizio del giudizio oggetto di trattazione.

Sotto il profilo della responsabilità dell’Amministrazione coinvolta, la Regione ha ritenuto che la qualificazione prospettata dal TAR nel senso di “responsabilità speciale” fosse erronea in quanto avrebbe portato ad inquadrare la stessa nell’alveo della responsabilità da contatto sociale qualificato, in luogo della più opportuna responsabilità extracontrattuale ex art. 2043. In realtà, pur potendosi prescindere da valutazioni in ordine alla natura della responsabilità della P.A., può certamente considerarsi pacifica la preesistenza di un rapporto di assistenza e cura tra il soggetto richiedente e l’Amministrazione sanitaria nel suo complesso; per cui, si ritiene di poter procedere nel “solco” dei parametri di responsabilità extracontratturale, avendo valutato la sussistenza degli elementi che la caratterizzano e, pertanto, l’elemento oggettivo, quello soggettivo e la sussistenza del nesso di causalità, a nulla rilevando quanto dedotto sul punto dall’appellante, dovendosi infatti applicare i principi che ha avuto modo di sancire la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 21748/2007 in cui “ sono state enunciate con chiarezza le regole che governano il rapporto tra il soggetto assistito e la struttura del servizio sanitario che eroga le cure ed il trattamento terapeutico”, riconoscendo, di fatto, l’intangibilità della libertà dell’individuo. Dunque, non residuano dubbi sulla non condivisibilità dell’impostazione prospettata dall’appellante, sul presupposto che, in ossequio al riconosciuto diritto di autodeterminarsi in tal senso, la Regione avrebbe dovuto predisporre l’assistenza di cui il soggetto in questione aveva bisogno. Pertanto, pur non potendosi riconoscere un atteggiamento doloso della Regione in quanto non ci sono elementi tali da poter desumere la volontà di arrecare un danno ingiusto al soggetto in piena violazione dei doveri sulla stessa gravanti, va senza riserve qualificata come colposa la condotta tenuta dall’Amministrazione che, agendo negligentemente, non ha dato esecuzione alla sentenza, omettendo di individuare una struttura che potesse fornire opportuna assistenza.

E’ per questi motivi che il Collegio riconosce la necessità di una nuova valutazione del quantum che spetta alla parte lesa dal comportamento dell’Amministrazione, non essendo congruo l’ammontare liquidato precedentemente in ragione della gravità del pregiudizio dalla stessa patito; per quanto concerne il danno non patrimoniale, subito per la perdita del congiunto riconducibile a condotta di un terzo, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la morte e le condizioni del soggetto, nel caso di specie, non siano in ogni modo riconducibili al comportamento della Regione, pertanto la questione va inquadrata sotto il profilo di danno da lesione del rapporto parentale; si tratta infatti di un danno di tipo esistenziale consistente nell’alterazione delle relazioni e delle abitudini di vita del soggetto nel suo rapporto con la figlia, danno che da luogo a risarcibilità ai sensi dell’art. 2059 c.c.

Chiara Svampa

Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l'università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l'ultimo anno. Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo. A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.

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