venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

La responsabilità degli intermediari finanziari ex art. 31 T.U.F.

Per intermediari finanziari si intendono tutti qui soggetti, siano essi intermediari creditizi, assicurativi o mobiliari, in grado di connettere soggetti in surplus finanziario con soggetti in deficit finanziario, al fine di favorire la trasformazione del risparmio in investimenti produttivi.

Talvolta, tuttavia, nello svolgimento dell’intermediazione finanziaria con offerta fuori sede, gli intermediari finanziari “si avvalgono di consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede”, ai sensi dell’art. 31, comma 1, D.lgs. n. 58/ 1998 (da ora in poi T.U.F.).

La norma in esame, sempre al comma 1, chiarisce che “I consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede di cui si avvalgono le imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie, le società di gestione UE, i GEFIA UE e non UE, le banche comunitarie ed extracomunitarie, sono equiparati, ai fini dell’applicazione delle regole di condotta, a una succursale costituita nel territorio della Repubblica”.

Ma cosa accade quando i consulenti finanziari pongono in essere condotte lesive dell’ordinamento giuridico e degli interessi dallo stesso tutelati? E che tipo di responsabilità si applica agli intermediari finanziari?

A tal proposito è opportuno e chiarificatore il richiamo al comma 3 dell’art 31 T.U.F., il quale, testualmente, afferma che “Il soggetto abilitato che conferisce l’incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale”.

Ebbene, la norma appare assolutamente chiara circa la responsabilità degli intermediari finanziari.

La vera domanda, dunque, parrebbe essere “a che titolo”?

In prima analisi bisogna chiarire che nel caso di responsabilità per fatto altrui ex art. 2049 c.c., è necessario dimostrare la responsabilità del terzo affinché scatti anche la responsabilità solidale del preponente.

Trattasi, dunque, della classica presunzione di responsabilità avverso la quale non è data la possibilità di prova contraria così come è previsto nell’ipotesi di cui all’art. 2048 c.c., salvo l’allegazione e la prova di un eventuale collusione.

Si parla di responsabilità oggettiva ed indiretta che prescinde da una culpa in vigilando o in eligendo del preponente ed è quindi insensibile all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa.

Giurisprudenza ormai consolidata e costante ( cfr. Cass. n. 8289/06; Cass.; 29773/08; Cass. n. 1741/11; Cass. n. 650/09; Cass. 17393/09 ) e da ultimo Cass. 24004/2011 e Cass. n. 1248/12 (sulla responsabilità oggettiva per fatto altrui), ha stabilito che “anche l’intermediario, sulla base del principio di responsabilità solidale, deve essere chiamato a risarcire il danno subito dal risparmiatore nell’ipotesi di comportamento illecito del promotore finanziario.

Il complesso normativo costituito dalla legge n. 1/1991, art. 5 comma 4, dal D. lgs. n. 415/1998, art. 23, e dal D.Lgs. 24/02/1998 n. 58, art. 31 comma 3 pone a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

Le citate norme sono assai chiare ed univoche, come chiara ed univoca è l’interpretazione che è stata data alle stesse dalla Giurisprudenza (Cass. n. 1248/12) nel configurare in capo all’intermediario una responsabilità oggettiva indiretta per fatto altrui che opera per il solo fatto che l’illecito del promotore abbia un nesso di occasionalità con lo svolgimento dell’attività per conto dell’intermediario.

Per completezza l’accertamento di un rapporto di occasionalità necessaria tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni affidategli comporta anche l’insorgenza di una responsabilità diretta a carico della società la cui configurabilità non è preclusa dall’art. 5, comma 4 della L. n. 1/91 (ora art. 31, comma 3, del D.Lvo n. 58/1998) il quale si limita a prevedere un’estensione della responsabilità al fatto altrui, non impedendo, tuttavia anche l’accertamento della potenziale responsabilità per fatto proprio, ai sensi dell’art 2055 c.c. Trattandosi, quindi, di un’estensione dell’ambito di applicabilità dell’art. 2049 c.c..

Come evidenziato dai Giudizi di legittimità, e da quelli di merito, la responsabilità dell’intermediario presuppone sempre che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all’esercizio delle incombenze a lui facenti capo.

Tale tipologia di responsabilità trova il suo fondamento, in primo luogo, nel fatto che l’operato del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l’antica regola per cui ubi commoda et ius incommoda; secondariamente, nell’esigenza di offrire un’adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, posto che, per le caratteristiche di questo genere di offerte, la buona fede dei clienti può più facilmente essere sorpresa ed aggirata.

E’ stato anche escluso “ che la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle valga, in caso di appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività del promotore finanziario medesimo e la consumazione dell’illecito, e quindi precluda la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell’intermediario preponente; sia che tal fatto possa essere addotto dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto” (cfr. Cass. n. 1741/2011 e Cass. 24004/2011).

L’unico modo per escludere la responsabilità dell’intermediario finanziario per fatto altrui è, dunque, dedurre e provare la collusione del risparmiatore (cfr. cass. n. 8229/2006; Cass. 1741/2011; Cass. 24004/2011; Cass. 1248/2012).

 

La responsabilità solidale dell’intermediario finanziario attiene, oltretutto, ad una tutela rafforzata che il Legislatore ha voluto riconoscere al risparmiatore, tra l’altro già previsa dall’art. 185 c.p. (responsabilità civile per il fatto del terzo) e dall’art. 83 c.p.p. (citazione del responsabile civile per fatto dell’imputato) che non rende applicabile il regime probatorio delle obbligazioni solidali.

Per cui, una volta accertata la sussistenza e l’illiceità del fatto, l’intermediario finanziario (quale responsabile civile, per legge) non risponde per fatto illecito in sé ma dei danni che siano conseguiti a tale fatto illecito, e risponde per l’intero ex art 185 c.p. ed in solido anche per i danni non patrimoniali, oltre che per quelli patrimoniali.

In conclusione, ove il risparmiatore (attore processuale) abbia dedotto e provato il fatto doloso del preposto e ne abbia chiesto anche l’accertamento incidentale del fatto reato ed il preponente abbia, invece, dedotto il fatto colposo del risparmiatore è da escludersi la concausalità in base alla considerazione dell’autonomia delle due condotte, finalizzate al perseguimento di differenti obiettivi e quindi anche l’applicabilità dell’art. 1227 c.c., come ormai ritiene in maniera costante e conforme la giurisprudenza di merito e di legittimità.

Il concorso di colpa può ricorrere solo nell’ipotesi in cui la colpa del consumatore/risparmiatore sia fronteggiata da un atteggiamento colposo del promotore, e non quando questi abbia agito dolosamente.

In tale ultima ipotesi, l’intermediario finanziario risponde, in via solidale, non perché autore del fatto illecito o perché colpevole di negligenza nella scelta o nel controllo del promotore ma in funzione della natura dell’attività fonte di danni.

Di più, il nostro ordinamento positivo non prevede il concorso colposo nel fatto doloso altrui ma solo il concorso nel reato doloso ovvero la cooperazione nel delitto colposo, ed anche il nostro ordinamento civilistico si riferisce all’imputabilità del fatto nel senso che deve aversi il medesimo elemento psicologico degli autori.

Dott. Arcangelo Zullo

Classe 1992. Dopo aver conseguito la maurità classica, si laurea in Giurisprudenza nel 2016 alla Federico II di Napoli, con tesi in diritto penale dell'economia. Praticante avvocato presso lo studio legale Avv. Antonio Zullo & Partners. Amante del diritto connesso agli enti in tutte le sue declinazioni: dal civile al penale, dal commerciale all'amministrativo. Già collaboratore dell'area di diritto amministrativo presso la rivista Ius in itinere, è anche responsabile dell'area di Banking&Finance presso il medesimo portale di informazione giuridica. Il suo grande sogno è di affermarsi nel carriera forense e fa della passione e della determinazione le sue armi migliori. Molto attivo in politica, che vede come il principale strumento per il miglioramento della società. e-mail: angelo.zullo92@gmail.com

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