giovedì, Marzo 28, 2024
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La restituzione della cosa locata al termine del rapporto

 

Finito il contratto di locazione, sia in caso scadenza naturale sia per disdetta anticipata, sorge in capo al conduttore l’obbligo di restituire il bene locato.

L’art. 1590 c.c. precisa che il predetto bene deve essere riconsegnato “nello stato medesimo” in cui è stato ricevuto, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso dello stesso in conformità del contratto. Ad attestare le condizioni del bene all’inizio del rapporto sono gli stessi contraenti, ma, in assenza di espresse dichiarazioni, vige la presunzione che la cosa locata sia stata consegnata “in buono stato di manutenzione”.

La legge pertanto prescrive in capo al conduttore il diritto di usare e l’obbligo di curare il bene ricevuto in locazione, con la diligenza del buon padre di famiglia, facendo ricadere sullo stesso l’esecuzione delle sole cosiddette piccole riparazioni.

Maggiori oneri manutentivi devono essere infatti espressamente previsti in sede contrattuale, ricadendo altrimenti esclusivamente in capo al locatore.

Con il normale uso, fissato dal contratto, comunemente si verificano eventi che comportano l’usura e il deterioramento del bene che però, secondo il sopra richiamato dettato normativo, il locatore è costretto a sopportare.

Ciononostante molte volte, proprio in sede di riconsegna, sorgono contenziosi tra le parti, aventi ad oggetto la richiesta del locatore di riduzione in pristino della cosa locata nonché il risarcimento dei danni.

Esclusi i casi in cui il conduttore abbia illegittimamente apportato delle modifiche al bene, non preventivamente autorizzate, spesso le richieste dei locatori non trovano accoglimento in sede giudiziaria perché carenti della prova del danno lamentato.

In particolare i giudici di legittimità anche in fattispecie in cui il bene risultava essere stato riconsegnato in condizioni deteriori, non riconducibili al tollerabile e non contestabile normale uso, non hanno ritenuto sufficiente la mera allegazione dell’inadempimento richiedendo una prova del danno effettivamente derivato dalla predetta condotta. È stato al riguardo affermato che “il principio secondo cui l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione contrattuale costituisce di per sé un illecito, ma non obbliga l’inadempiente al risarcimento, se in concreto non ne è derivato un danno, si applica anche alla fattispecie disciplinata dall’art. 1590 c.c., con la conseguenza che il conduttore non è obbligato al risarcimento, se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso del bene in conformità del contratto, non è derivato, per particolari circostanze, un danno patrimoniale al locatore, sul quale incombe il relativo onere probatorio[1].

Gli Ermellini partono dalla necessaria premessa che, nelle relazioni tra soggetti di diritto privato, il risarcimento non ha una funzione sanzionatoria, bensì funzione compensatoria del pregiudizio arrecato, essendo diretto a riequilibrare per equivalente la situazione patrimoniale del danneggiato allo stato antecedente all’inadempimento.

Il diritto al risarcimento postula quindi, ed indispensabilmente, l’effettività del verificarsi di un danno, che, come tale, sia stato concretamente sofferto, non essendo sufficiente la mera configurabilità in astratto” considerando che “l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione contrattuale non integra di per se il danno patrimoniale, che è la conseguenza di quell’illecito sul patrimonio del creditore e che, in concreto, può anche non verificarsi[2].

In tali fattispecie pertanto è richiesta la prova, anche per presunzioni, da parte del locatore che il bene locato sia stato riconsegnato in condizioni peggiori rispetto a quelle in cui versava all’epoca dell’inizio del rapporto, e che le predette condizioni abbiano effettivamente prodotto una lesione al suo patrimonio[3]. Spetterà poi al conduttore la prova liberatoria che i danni siano stati prodotti dal normale uso, o siano riconducibili ad ordinario degrado e/o a vetustà.

In mancanza della prova del danno patrimoniale il locatore non potrà ottenere nessun risarcimento, come ad esempio nel caso in cui, al termine di una locazione di un immobile durata decenni, decida di procedere alla relativa completa ristrutturazione, e sia constatato che il grado di deterioramento dello stesso non abbia in alcun modo inciso economicamente, non avendo provocato alcun aumento dei costi degli interventi manutentivi.

Come del resto non potrà pretendere la remissione in pristino in tutti i casi in cui il bene necessiti di interventi di straordinaria manutenzione che non possono essere imputati alla condotta del conduttore.

Ma quali sono gli strumenti a disposizione del locatore qualora al momento della riconsegna verifichi lo stato di degrado del bene?

In caso di danni ingenti, il locatore può legittimamente rifiutare la riconsegna del bene, fino a quando il conduttore non provveda alle riparazioni necessarie o a risarcire per equivalente il danno; in tali casi scatterà anche la mora del conduttore, ai sensi dell’art. 1591 c.c., e sarà pertanto tenuto a corrispondere i canoni successivi e fino alla data di effettiva riconsegna del bene.

Se invece il locatore accerti la mancanza di piccoli lavori di manutenzione, che non implicano un’attività straordinaria e gravosa di rimessione in pristino, non può rifiutare la riconsegna ma solo richiedere il risarcimento dei danni.

A tal scopo in molti pensano di poter ritenere il deposito cauzionale eventualmente versato all’atto di sottoscrizione della locazione. In realtà, in mancanza di espresso accordo tra le parti, il locatore non può autonomamente decidere di trattenere l’importo ma deve procedere con specifica azione giudiziale con domanda di attribuzione del deposito. Per costante orientamento giurisprudenziale infatti “il deposito cauzionale costituisce una forma di garanzia dell’eventuale obbligazione di risarcimento del danno. Esso comporta la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento a carico del cauzionante: sulla somma o sul valore dei beni ricevuti l’accipiens potrà invero agevolmente soddisfarsi ove la controparte gli abbia cagionato un danno e per l’ammontare del danno stesso. Dall’evidenziata funzione del deposito cauzionale si desume, in materia di locazione, che l’obbligazione del locatore di restituirlo sorge al termine della locazione, non appena sia avvenuto il rilascio dell’immobile locato, di talché, ove l’accipiens invece lo trattenga, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, dello stesso a copertura di specifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione[4]..

[1] Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza n. 5328/2007

[2] Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza n. 17964/2014

[3] Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza n. 6387/2018

[4] Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza n. 9442/2010 – Cassazione Civile, Sezione 6, Sentenza n. 3882/2015

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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