venerdì, Marzo 29, 2024
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La ribalta tedesca dal dopoguerra ad oggi

In questa sede viene esaminato, dal punto di vista meramente tecnico e puramente descrittivo, quello che attraverso la sequenza di alcuni avvenimenti storici ha dato modo all’attuale scenario sia politico che economico di poter verificarsi in Europa.  In particolar modo verrà esaminata la Germania e quella che è stata la storia della nazione tedesca dal secondo dopoguerra ad oggi.

Col termine della seconda guerra mondiale, conclusasi ufficialmente l’8 maggio 1945, con la resa del giorno precedente della Germania, l’Europa si ritrovò ad affrontare l’eredità del conflitto: città devastate e popolazioni lacerate. Già nella conferenza di Teheran prima (28 novembre – 1 dicembre 1943) e con la conferenza di Jalta (4 – 11 febbraio 1945) poi, importanti accordi erano stati presi da parte dei cosiddetti “tre Grandi” dello scontro: Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’unione Sovietica. In particolare tra le decisioni dei due incontri si ritrovano: la creazione dell’ONU, la delineazione dei nuovi confini della Polonia (che riceveva il controllo sulla Pomerania, la Slesia e la Prussia Orientale) e lo smembramento, il disarmo e la smilitarizzazione della Germania, visti come “prerequisiti per la pace futura”. Lo smembramento, in particolar modo prevedeva che USA, URSS, Regno Unito e Francia gestissero ciascuno una zona di occupazione. Passarono sotto il dominio americano le zone centro-meridionali, con la Baviera, l’Assia e il porto di Brema; all’Unione Sovietica andavano le regioni nord-orientali fino al confine dell’Oder e Neisse; la Gran Bretagna prendeva il controllo delle regioni settentrionali dello Schleswig-Holstein, l’Hannover, la Vestfalia e grandi città come Amburgo, Düsseldorf. Rimaneva alla Francia una zona ritagliata da quella americana, comprendente la Saar, parte del Baden e del Württemberg, collegata attraverso il distretto di Lindau alla zona francese in Austria.

Alla conferenza di Yalta seguì quella di Potsdam, l’ultimo dei vertici tra le tre grandi potenze alleate (17 luglio – 2 agosto 1945), a cui parteciparono stavolta il presidente americano Truman e il Primo Ministro britannico Attlee. In rappresentanza dell’Unione Sovietica rimaneva invece Stalin. Tale incontro concorse più dei precedenti a mettere in luce le controversie riguardo la sistemazione territoriale della Germania. Emerse difatti l’impossibilità per la Germania di costruirsi come una regione unitaria e fu deliberato che ogni potenza occupante avrebbe potuto prendere le rispettive “riparazioni di guerra”, in modo svincolato, sotto forma di equipaggiamenti industriali o agricoli dalle corrispondenti zone. Fu inoltre costituito un già previsto corpo governante, che prese il nome di Consiglio di Controllo Alleato. Questo organo decideva su tutte le questioni di natura politica, sociale, amministrativa ed aveva il suo fulcro nella Berlino occupata e suddivisa in altrettanti quattro settori. Fin da subito furono però evidenti diversi segnali di crisi: gli Stati Uniti, infatti, tentavano di porre in essere una Bi-zona[1], cioè una zona che avesse una doppia sovranità economico-monetaria, mentre la volontà sovietica era quella di lavorare per una Germania unita, ma sotto egida sovietica, cosa che naturalmente non era molto ben vista dagli alleati occidentali. Altra questione controversa era quella della riforma monetaria in quanto la proposta americana circa una moneta occidentale che rimpiazzasse il marco in vigore fin dai tempi del reich era rigettata dai sovietici. Così le discussioni fra gli alleati all’interno del Consiglio di Controllo nella primavera del ’48 assunsero via via sempre più i toni dello scontro in un quadro complessivo che rispecchiava sempre più la situazione mondiale del tempo: la Guerra Fredda.

Le potenze occidentali erano preoccupate dal peggiorare della condizione economica nelle proprie aree con gli americani che non erano minimamente sfiorati dall’idea che la Germania avrebbe dovuto rinunciare ad essere una nazione centrale nel quadro generale della rinascita europea; il Piano Marshall di assistenza economica americana venne quindi allargato alla Germania occidentale, mentre una riforma valutaria introdusse il Marco tedesco e fermò l’inflazione montante. I sovietici non concordarono con la riforma, oramai assestati in posizioni di totale rifiuto di qualsivoglia colloquio costruttivo all’interno del Consiglio di Controllo, e si ritrassero, nel marzo 1948, dal corpo governativo a quattro, dando inizio poi al Blocco di Berlino nel giugno 1948 e sbarrando tutte le vie di ingresso terrestri tra la Germania Ovest e la città. Le forze alleate replicarono con il “Ponte aereo per Berlino”, un continuo approvvigionamento via aria della metà occidentale della città. I sovietici posero fine al blocco dopo 11 mesi. Nel 1949 Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia cedettero la sovranità delle corrispondenti aree di stanziamento alla neocostituita Repubblica Federale di Germania (RFG), l’URSS alla Repubblica Democratica Tedesca (RDT). La città scelta come capitale della parte Ovest fu Bonn. Sotto l’influenza dell’ideologia americana, il paese si sviluppò con la repulsione della tirannia, del bellicismo e dell’autarchia economica, i quali avevano delineato difatti i tratti peculiari della Germania nazista, per essere sostituiti da democrazia, libero mercato e commercio aperto. La Germania Ovest godeva di importanti risorse minerarie, soprattutto carbone e ferro che permisero lo sviluppo dell’industria metallurgica, siderurgica e meccanica.[2] Sul piano economico-sociale furono anni di rinascita, spesso indicati col termine “Wirtschaftswunder” (miracolo economico), in cui la nazione riuscì a riconquistare una discreta forza economica. Dal punto di vista politico invece, la Repubblica Federale Tedesca aderì alla NATO il 9 maggio 1955, diventando un punto nodale della Guerra Fredda, grazie alla sua opposizione alla Repubblica Democratica Tedesca, che aderiva al Patto di Varsavia, e rendendo così il proprio confine con la Germania Est la cortina di ferro[3] che spaccava l’Europa. Sorte differente fu quella della Repubblica Democratica Tedesca. Già dopo pochi anni la Germania Est fu interessata da un notevole flusso migratorio verso la Germania Ovest. Pertanto nel 1961 la SED, partito egemone al potere, proseguì alla chiusura dei confini con la RFT, l’abrogazione del’art. 10 della Costituzione (che garantiva il diritto di espatriare) e all’edificazione del muro di Berlino.

Nonostante il diritto al lavoro fosse sancito per legge ed il sistema scolastico (così come quello sanitario) fosse completamente gratuito, il livello di benessere della popolazione era nettamente inferiore rispetto alla RFG. Inoltre l’Urss seguitava ad esigere dalla propria zona i pagamenti di guerra, causando così un impoverimento, interrotto di contro nella parte Occidentale. Inoltre il regime della SED aveva imposto la collettivizzazione forzata dell’agricoltura sul modello sovietico, assegnando grandi proprietà terriere a contadini che, per mancanza di macchinari adeguati tentarono di opporsi ma furono maltrattati o arrestati. Tale situazione rimase costante fino agli eventi che prendono il nome di “Autunno delle Nazioni”. Si tratta di una ventata rivoluzionaria che ebbe luogo nell’Europa Centrale ed Orientale nell’autunno del 1989, quando diversi regimi comunisti furono rovesciati nel giro di pochi mesi. L’avvento del riformista Michail Gorbačëv alla guida dell’Unione Sovietica nel 1985, segnò il percorso irreversibile verso la grande liberalizzazione. Gorbačëv incentrò il suo programma su glasnost (apertura e trasparenza) e perestrojka (ristrutturazione). Secondo il leader sovietico l’economia orientale, in ritardo rispetto a quella occidentale, avrebbe subito un incremento con l’abbandono dei metodi centralizzati di controllo e con la fine delle sanzioni limitate alla proprietà privata. Negli anni successivi anche la parte orientale della Germania conobbe un periodo di modesto sviluppo economico e sociale anche se ancora drasticamente lontano da quello conosciuto dieci anni prima dalla Germania dell’ovest, negli anni novanta la nazione tedesca continuò con il suo progressivo e notevole cambiamento che l’avrebbe poi portata ad essere dagli anni duemila, anche con l’entrata in vigore dell’Euro, tra le maggiori potenze europee sia in ambito politico che economico. La Germania è riuscita a rinascere da anni molto bui, portava con sé un fardello che nessuna nazione europea aveva mai conosciuto prima ed è riuscita a risorgere dalle proprie macerie letteralmente. Oggi il vecchio continente è contrassegnato da una forte influenza tedesca che rende la Germania, soprattutto dopo la Brexit del 2016, la vera locomotiva d’Europa anche grazie  ad un leader politico come Angela Merkel che da più di dieci anni riscuote un ampio consenso in patria ed è portatrice in Europa di un modello che vede la Germania un Paese esempio per tutti gli altri, capace di rientrare in determinati parametri, soprattutto inerenti all’economia, imposti proprio dalle direttive comunitarie.

[1] Frus, the Berlin crisis, 1948, pagg. 867, ss.

[2] Federico de Agostini, Opera geografica di studio e ricerche socio economiche mondiali, 1977.

[3] Luigi Di Martino, Churchill pronuncia il famoso discorso sulla “Cortina di ferro”, su Oggi nella storia.

Mario Nocera

Mario Nocera, nato a Napoli il 04/01/1992 Direttore Area: Politica Economica Responsabile sviluppo business Laurea Magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni presso: l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Tesi di Laurea in: Teoria dell Sviluppo umano. Titolo Tesi: ''Le diseguaglianze in Italia : il divario tra Nord e Sud'' Interessi: economia, finanza, politica, attualità e sociologia. Contatti: mario.nocera@iusinitinere.it

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