giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

La riforma del reato di abuso d’ufficio

Nel d.l. n.76/2020, dello scorso 16 luglio, all’art. 23 veniva riformato il reato previsto e punito ex art. 323 c.p.: l’abuso d’ufficio.

Il reato in questione punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle sue funzioni, violi norme di legge o non si astenga in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti ed intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio o svantaggio patrimoniale.

  1. La riforma dell’art. 323 c.p.

Con il comunicato stampa, diffusosi subito dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri della prima decade di luglio, si evinceva la necessità che vi fosse “un intervento organico volto alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all’eliminazione e alla velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all’economia verde e all’attività di impresa. Il decreto interviene, in particolare, in quattro ambiti principali: semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia, semplificazioni procedimentali e responsabilità, misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale, semplificazioni in materia di attività di impresa, ambiente e green economy[1]. L’esigenza di riformare la littera legis dell’art. 323 c.p. è strettamente legata all’esigenza pandemica da Covid-19 che ha colpito il contesto mondiale nell’ultimo anno.

Secondo quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei Ministri la ripresa del Paese può essere agevolata soltanto mediante “un allentamento delle responsabilità degli amministratori pubblici”[2]; ma vi è di più, nella summenzionata comunicazione dell’Avv. Conte traspare un messaggio abbastanza chiaro per i pubblici ufficiali, ossia “basta paura, conviene sbloccare”. Tuttavia, il messaggio avente carattere morale del Premier appare in controtendenza con la ratio sottesa alla spazzacorrotti – l. 3/2019 – sollecitando l’interprete ad una lettura ambivalente del contesto penale: si passa, difatti, dall’eccesso di penalizzazione all’eccesso di depenalizzazione in un arco temporale pari a 18 mesi.

Dal d.l. Semplificazioni riscrive la responsabilità penale del Pubblico Ufficiale, pertanto le parole “in violazione di norme di legge o di regolamento” vengono sostituite con “violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalle legge o da atti aventi forza di legge e delle quali non residuino margini di dicrezionalità[3]. Parimenti, la modifica normativa coinvolge solo questo piccolo aspetto della norma ex art. 323 c.p. lasciandone inalterato il profilo inerente l’ inosservanza dell’astensione in caso di conflitto di interessi ed il duplice evento alternativo del vantaggio ingiusto e dello svantaggio ingiusto che caratterizzano il dolo intenzionale del P.U. nell’esercizio delle sue funzioni o del servizio all’atto dell’abuso d’ufficio[4].

  1. La triplice correzione normativa.

Sono essenzialmente tre le modifiche normative del d.l. semplificazioni:

1) è stata esclusa la rilevanza della violazione di norme contenute in regolamenti: l’abuso potrà infatti essere integrato solo dalla violazione di “regole di condotta…previste dalla legge o da atti aventi forza di legge”, cioè da fonti primarie;

2) si è precisato che rileva la sola inosservanza di regole di condotta “specifiche” ed “espressamente previste” dalle citate fonti primarie;

3) si è altresì precisato che rilevano solo regole di condotta “dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.

Si passi ora all’analisi dei tre interventi riformatori del decreto:

1 – l’esclusione dei regolamenti pare essere irragionevole per ciò che concerne la consumazione del delitto p.p. ex art. 323 c.p., in quanto proprio nei regolamenti ritroviamo quelle regole di condotta espresse e specifiche, in relazione all’esercizio della funzione e servizio della P.A. e di conseguenza del P.U. Ex art. 97 Cost. è scienza comune che il valore costituzionale da proteggere, di cui sono espressione diretta i delitti contro la Pubblica Amministrazione, è il buon andamento della p.a, il quale bene giuridico non può essere tutelato nell’ipotesi in cui la maggior parte delle condotte commesse dai suoi ufficiali restino impunite;

2 – l’abuso d’ufficio è penalmente vincolato da specifiche ed espresse regole di condotta, mediante le quali l’ambito del penalmente rilevante risulta essere compresso rispetto la precedente riforma del 1997. La riforma contrasterebbe quanto previsto dall’art. 97 Cost. a causa della sua eccessiva dilatazione della fattispecie penale che andrebbe ben oltre i doveri di imparzialità e buon andamento di cui si fa riferimento nel testo della Costituzione. Il pubblico ufficiale, dunque, non può esercitare il potere attribuitogli ex lege per compiere favoritismi o arrecare vantaggio e svantaggio ingiusti, né tantomeno può, nell’esercizio delle sue funzioni realizzare vessazioni o discriminazioni[5]. Pertanto, la giurisprudenza dovrebbe rinvenire già del dicta dell’97 Cost. una regola di condotta per il pubblico ufficiale[6];

3 – terzo ed ultimo snodo di riforma è l’attribuzione di rilevanza penale a quelle regole che non implicano l’esercizio di un potere discrezionale da parte del pubblico ufficiale, in tal senso viene esclusa la violazione di una specifica regola di condotta caratterizzata da margini di discrezionalità ai fini della consumazione un abuso d’ufficio.

[1] Comunicato stampa del 7 luglio 2020 disponibile su

[2] Dl Semplificazioni, conferenza stampa del Presidente Conte, visionabile al sito https://www.youtube.com/watch?v=NBW3cv5zBBg

[3] Art. 23 d.l. Semplificazioni

[4] Gatta, Da “spazza corrotti” a “basta paura”, Sistema penale, luglio 2020,  disponibile al sito https://www.sistemapenale.it/it/scheda/riforma-abuso-dufficio-decreto-semplificazioni-commento-abolizione-del-reato

[5] cfr. Cass. Sez. II, 27 ottobre 2015, n. 46096, Giorgino, CED 265464; Cass. Sez. VI, 21 febbraio 2019, 22871, Vezzola, CED 275985; Cass. Sez. VI 2 aprile 2015, n. 27816, Di Febo, CED 263933: “in tema di abuso d’ufficio, il requisito della violazione di legge può essere integrato anche dall’inosservanza del principio costituzionale di imparzialità della P.A. nella parte in cui, esprimendo il divieto di ingiustificate preferenze o di favoritismi, impone al pubblico ufficiale e all’incaricato di pubblico servizio una precisa regola di comportamento di immediata applicazione”

[6] Gatta, op. cit.

Per ulteriori approfondimenti si legga:

Ercolini, I reati contro la Pubblica Amministrazione: i caratteri dell’abuso d’ufficio, Ius in itinere, disponibile al sito https://www.iusinitinere.it/i-reati-contro-la-pubblica-amministrazione-abuso-d-ufficio-8420

Maria Elena Orlandini

Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell'area Fashion Law e vice responsabile dell'area di Diritto Penale di Ius in itinere. Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli Studi del Sannio. Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo "Mass Media e criminalità" seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società. Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d'Impresa presso l'Università degli Studi di Padova - sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell'economia, con una tesi dal titolo "Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa", sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell'economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All'età di 27 anni consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Venezia. Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing. Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky. Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall'Università degli Studi di Firenze. Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza. Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere. email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it

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