giovedì, Aprile 18, 2024
Di Robusta Costituzione

La riforma del Regolamento del Senato alla prova dei fatti (politici): le falle nella normativa

A cura di Cristiana Di Tommaso

 

L’esito di ogni competizione elettorale nazionale trova evidenza nella composizione dei due rami del Parlamento non solo con l’elezione dei due Presidenti tra esponenti della compagine vittoriosa, ma soprattutto con la costituzione dei gruppi parlamentari, mediante dichiarazione d’appartenenza resa al Segretario della Camera e alla Presidenza del Senato. Deputati e senatori, rispettivamente entro due e tre giorni dalla convocazione della prima seduta, indicano l’affiliazione ad un gruppo parlamentare (art. 14 comma 3 r.C; art. 14 comma 2 r.S.), da ritenersi costituito in presenza di almeno venti deputati e dieci senatori (art. 14 comma 1 r.C; art. 14 comma 4 r.S.). La mancata indicazione dell’adesione a un gruppo comporta l’assegnazione d’ufficio al cosiddetto gruppo misto.

  1. Restringere per risolvere

La spinosa questione dell’atomizzazione politica dovuta al proliferare di gruppi parlamentari ha da sempre evidenziato la necessità di individuare un omogeneo percorso di riforma dei regolamenti parlamentari e delle leggi elettorali, data la compenetrazione di aspetti funzionali dei gruppi e del contesto politico-elettorale in cui questi operano. Se la Camera dei Deputati era riuscita a dare una prima risposta a questa esigenza già nel 1997 con un intervento poderoso sulla propria disciplina, alla luce di uno spirito maggioritario impresso al sistema politico dalle leggi 4 agosto 1993 n.276 e n.277, per il Senato si sarebbe dovuta attendere la fine della XVII legislatura. E’ solo nel luglio 2017, infatti, che si assiste alla inattesa ripresa dell’esame di una proposta di riforma delle regole procedurali del Senato, dopo un periodo di arresto dei lavori della Giunta determinato dalla necessità di verificare, in un contesto di riforme istituzionali, il complesso delle competenze da attribuire al Senato della Repubblica[1]. Tuttavia, come si vedrà, le buone intenzioni di quell’insperato miracolo e la qualità innovativa del testo[2] ben presto hanno mostrato segni di cedimento dinanzi a questioni politiche, con un inevitabile riflesso proprio sui gruppi parlamentari e, in potenza, sulla tenuta dell’esecutivo.

  1. La XVIII legislatura secondo il nuovo Regolamento

La XVIII legislatura ha preso avvio il 23 marzo 2018, con sette gruppi in entrambi i rami del Parlamento.

E’ in questa legislatura, tuttora in corso, che si materializza il punto cruciale su cui si misura il grado di intersecazione tra Governo e Parlamento, da un lato, tra coalizione e partiti, dall’altro[3], ponendo il riflesso istituzionale del pluralismo politico[4] dinanzi a un rinnovato profilo normativo, quello del Senato della Repubblica. Gli aspetti squisitamente politici che dopo la caduta del Governo Conte hanno comportato una frattura anche all’interno del Governo Conte II, hanno infatti messo in luce un interessante profilo di diritto parlamentare, con importanti implicazioni politiche e strategiche.

Il casus belli in questione è una nuova scissione partitica nel settembre 2019, che ha condotto alla fuoriuscita di deputati e senatori dal Partito Democratico, con la necessaria conseguenza di una riorganizzazione all’interno dell’arena parlamentare. Politicamente parlando, l’adesione al nuovo partito, denominato Italia Viva, è nata anche in seno al Governo con l’appoggio di due ministri e un sottosegretario.

  1. Il Regolamento alla prova dei fatti (politici): nasce Italia Viva-PSI

Come anticipato, con la riforma organica del Regolamento del Senato si tenta di concretizzare quello sforzo, senza esito nelle legislature precedenti, di rafforzare il rapporto fra dato elettorale e dato parlamentare: sia prevedendo una tendenziale corrispondenza fra lista elettorale e gruppo parlamentare, sia scoraggiando operazioni di scomposizione-ricomposizione del quadro partitico successive al voto[5]. Fino alle elezioni politiche per la XVII legislatura, infatti, l’allora vigente Regolamento del Senato prevedeva la possibilità di costituire gruppi parlamentari secondo il solo criterio numerico in caso di gruppi con almeno dieci senatori (art.14 comma 4), con la previsione di un requisito politico-elettorale per la sola costituzione di gruppi autorizzati (art.14 comma 5)[6] anche in corso di legislatura (art.15 comma 3), con la conseguente titolarità anche per i nuovi gruppi di locali, attrezzature e contributi (art. 16)[7], nonché opportunità in relazione a programma dei lavori (art.53)[8], calendario dei lavori (art.55 comma 5)[9], iscrizioni a parlare (art.84)[10].

A seguito della riforma del 2017, l’art.14 comma 4 prevede oggi sia la costituzione di gruppi unici da parte delle formazioni che abbiano presentato congiuntamente alle elezioni liste di candidati, sia la formazione di gruppi autonomi, purché corrispondenti a singoli partiti o movimenti politici presentatisi alle elezioni uniti o collegati e con almeno dieci componenti. Ciò significa che il requisito numerico di dieci senatori si rivela insufficiente se non espressione di un soggetto politico che, al Senato, abbia presentato propri candidati con lo stesso contrassegno e conseguitane l’elezione. Viene automaticamente meno, dunque, la previsione di gruppi autorizzati o in deroga, eccezion fatta all’art.14 comma 5 per la composizione di un gruppo con cinque componenti i cui membri sono senatori appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute dalla legge e senatori eletti in regioni in cui le suddette minoranze sono tutelate. Dal riformato art.15, invece, tramite l’impossibilità di costituire nuovi gruppi parlamentari a legislatura avviata se non risultanti dall’unione di gruppi precedentemente costituiti, si evince una finalità importante: scongiurare la nascita di partiti parlamentari non radicati territorialmente.

Entrambi gli articoli, però, sollevano delle ambiguità nell’interpretazione e nell’applicazione poiché permetterebbero, in corso di legislatura, la formazione di gruppi parlamentari o da parte di forze all’interno di una lista (uniti) o da parte di liste facente parti di una coalizione a supporto di determinati candidati uninominali (collegati) che, seppur al di sotto della soglia di accesso per la ripartizione di seggi o al di sopra del 3% ma con meno di 10 senatori, trovassero il favore degli eletti della coalizione nei collegi uninominali[11]. Un timore che si è concretizzato: il primo effetto dell’equivocabile interpretazione delle disposizioni regolamentari, infatti, si palesa nel settembre 2018, quando si autorizza la costituzione di un gruppo parlamentare rappresentativo di un partito non in corsa alle elezioni del 2018 poiché allora ancora inesistente, ma con l’appoggio di partiti presentatisi all’interno di una coalizione e con eletti in quota maggioritaria, oltre alla fuoriuscita di senatori da altri gruppi per il soddisfacimento del requisito numerico.

Il riferimento è all’elezione, a sostegno della coalizione di centrosinistra guidata dal Partito Democratico, del senatore Nencini nel collegio elettorale uninominale Toscana-04 in quota PSI, unico eletto della lista Italia Europa Insieme (cartello costituito anche col sostegno della Federazione dei Verdi e di Area Civica). Veniva, dunque, soddisfatto uno dei requisiti ex art.14 r.S., quello dell’elezione di un senatore all’interno di una compagine politica risultante dall’aggregazione di più forze. Tuttavia, la titolarità del contrassegno depositato per la lista Italia Europa Insieme non era riconosciuta esclusivamente al senatore Nencini. Ciò avrebbe potuto rappresentare un ostacolo di natura politica, poiché si sarebbe trattato di una cessione di simbolo e denominazione da parte di forze politiche in essi inglobati (Verdi e Area Civica) in favore di un partito costituendo. Ostacolo politico successivamente aggirato poiché l’unico eletto del cartello Italia Europa Insieme, tra le fila del PSI, è risultato iscritto al gruppo misto nella componente partitica PSI-MAIE-USEI, scissasi poi in tre componenti distinte prima dell’avvio del Governo Conte II.

Nel settembre 2018, quindi, il PSI risultava essere una componente partitica autonoma all’interno del gruppo misto e ciò apriva la possibilità di cessione del proprio nome per la formazione di un gruppo autonomo al Senato e per la cessazione della componente di Nencini nel gruppo misto. Il PSI ha quindi concesso l’utilizzo della propria denominazione per la formazione di un nuovo gruppo in Senato, di cui lo stesso senatore Nencini è stato nominato Vicepresidente, pur ribandendo il mantenimento di una propria identità politica rispetto al resto dei membri. Permaneva, dunque, solo la problematica del requisito numerico: questione agilmente risolta con il passaggio di senatori da altri gruppi, prevalentemente dal Partito Democratico, in virtù dell’art.67 Cost.

Il 18 settembre 2019, quindi, veniva a costituirsi il gruppo Italia Viva-PSI, espressione del nuovo partito guidato dall’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

  1. Conclusioni

Ciò che preme segnalare, tramite il caso del gruppo Italia Viva-PSI, è il perdurare delle occasioni di frammentazione parlamentare nonostante un tentativo di irrigidimento normativo che andasse, quindi, in direzione contraria all’atomizzazione in Parlamento. Tra le conseguenze ipotizzate per il post riforma del Regolamento del Senato, infatti, di certo vi erano ancora flussi di mobilità (comunque garantiti dall’esercizio delle funzioni senza vincolo di mandato) tra gruppi politici o verso il gruppo misto e possibilità di aggregazioni ad altri gruppi in caso di scissioni di partito, fino al termine della legislatura. Tuttavia, rimaneva difficile congetturare uno scenario che, in piena legislatura nonché nel pieno rispetto del Regolamento, prevedesse l’entrata in Parlamento (e, politicamente parlando, anche al Governo) come gruppo autonomo, grazie alla cessione della denominazione da parte di una componente politica del gruppo misto, di un partito nato da una scissione e pertanto assente nella competizione elettorale di riferimento.

In conclusione, quindi, si può constatare che la riforma del Regolamento del Senato, seppur organica e con previsioni più stringenti rispetto al testo del 1971 e alle modifiche successivamente approvate dall’Assemblea non sia del tutto efficace né contro l’asimmetria – ancora persistente – rispetto al Regolamento della Camera in tema di gruppi parlamentari, né contro la frammentazione politica, fenomeno la cui limitazione veniva indicata, invece, proprio come uno degli obiettivi da raggiungere.

Di contro a questa ambizione, infatti, l’esperienza del gruppo Italia Viva-PSI, oltre a creare un precedente, dimostra che esistono ancora delle fessure regolamentari entro cui insinuarsi. Appare evidente, quindi, un intreccio difficile da dipanare tra diritto delle assemblee elettive e politica delle assemblee elettive, che crea un nodo gordiano pericoloso anche per la stabilità dei governi: un elemento non trascurabile per una Repubblica in cui la durata media di un esecutivo non supera i 600 giorni, prevalentemente a causa di crisi nate proprio in seno ai partiti di maggioranza e non da una mozione di sfiducia[12].

A questo riguardo, data anche la congiuntura attuale, non resta che vedere come Italia Viva-PSI muoverà i fili in Parlamento, se per rinforzare o per scucire irrimediabilmente il tessuto del Governo Conte II.

[1] Proposta di modificazione del Regolamento di iniziativa della Giunta per il Regolamento, comunicata alla Presidenza il 14 novembre 2017, Doc. II, n.38, p.3.

[2] E’ il Presidente emerito Giorgio Napolitano che, nel suo messaggio al relatore, sen. Calderoli, definisce “insperato miracolo” l’approvazione della riforma del Regolamento del Senato, congratulandosi per la “qualità innovativa del testo”, Senato della Repubblica, 919° seduta, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 9

[3] A.Manzella, Il Parlamento, edizione 2003

[4] Corte Costituzionale, sentenza n.49, 9 marzo 1998

[5] E.Gianfrancesco-N.Lupo, La riforma dei regolamenti parlamentari al banco di prova della XVI Legislatura, edizione 2009

[6] Il requisito politico-elettorale a cui si fa riferimento nel Regolamento del Senato prima della riforma, art.14 comma 5, prevedeva la costituzione di un gruppo con meno di dieci iscritti  purché rappresentativi di “un partito o un movimento organizzato nel Paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno quindici regioni, proprie liste di candidati alle elezioni per il Senato ed abbia ottenuto eletti in almeno tre regioni, e purché ai Gruppi stessi aderiscano almeno cinque Senatori, anche se eletti con diversi contrassegni”.

[7] All’art.16, comma 1, r.S, si legge: “ai Gruppi parlamentari è assicurata la disponibilità di locali, attrezzature e di un unico contributo annuale, a carico del bilancio del Senato, proporzionale alla loro consistenza numerica, per le finalità di cui al comma 2. Nell’ambito di tale contributo a ciascun Gruppo spetta comunque una dotazione minima di risorse finanziarie, stabilita dal Consiglio di Presidenza tenuto conto delle esigenze di base comuni ai Gruppi”.

[8] In particolare, si faccia riferimento all’art.53, comma 3, r.S., in cui si stabilisce che “il programma è redatto tenendo conto delle priorità indicate dal Governo e delle proposte avanzate dai Gruppi parlamentari nonché da singoli Senatori, anche per quanto attiene alle funzioni di ispezione e di controllo, per le quali sono riservati tempi specifici ed adeguati” e al comma 4, secondo cui “il programma, se approvato all’unanimità, diviene definitivo dopo la comunicazione all’Assemblea. Se all’atto della comunicazione un Senatore o il rappresentante del Governo chiedono di discuterne, nella discussione può intervenire, oltre al richiedente, un oratore per Gruppo, per non più di dieci minuti”.

[9] Art.55, comma 5, r.S: “per la organizzazione della discussione dei singoli argomenti iscritti nel calendario, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari determina di norma il tempo complessivo da riservare a ciascun Gruppo, stabilendo altresì la data entro cui gli argomenti iscritti nel calendario debbono essere posti in votazione”.

[10] In particolare, si faccia riferimento all’art.84, comma 1, r.S., in cui si stabilisce che “sugli argomenti compresi nel calendario dei lavori, i Senatori si iscrivono a parlare di norma entro il giorno precedente l’inizio della discussione, tramite i rispettivi Gruppi parlamentari. Se non ha avuto luogo l’organizzazione della discussione, ai sensi del comma 5 dell’articolo 55, il Presidente provvede ad armonizzare i tempi degli interventi con i termini del calendario. Quando un Gruppo abbia esaurito il tempo assegnatogli, ai suoi componenti non può più essere concessa la parola. I Senatori che dissentano dalle posizioni assunte dal Gruppo di appartenenza sull’argomento in discussione hanno facoltà di iscriversi a parlare direttamente ed i loro interventi non sono considerati ai fini del computo del tempo assegnato al loro Gruppo”.

[11] S.Curreri, “Gruppi politici, libertà di mandato e norme antitransfughismo”, marzo 2017, disponibile qui https://www.federalismi.it/nv14/editoriale.cfm?eid=435

[12] A dettare le regole della formalizzazione di una crisi di governo è la Costituzione che, escludendo l’obbligo di dimissioni in caso di voto contrario di una o entrambe le Camere su una proposta del governo (art.94, comma 4), sancisce che l’accordo o la revoca della fiducia avvenga mediante mozione motivata e sia votata per appello nominale (art.94, comma 2). Tuttavia, nella storia repubblicana, solo Romano Prodi ha lasciato Palazzo Chigi secondo la procedura indicata dall’art.94 Cost., nel 1998 e nel 2008. Al contrario, invece, la “caduta” degli esecutivi è ascrivibile a ben altre motivazioni: si pensi ad esempio, nella storia più recente, alle dimissioni di Matteo Renzi dopo l’esito referendario del 4 dicembre 2016; ad Enrico Letta, dopo una proposta di dimissioni approvata dalla direzione nazionale del Partito Democratico; a Mario Monti, a seguito dell’astensione alla Camera e della non partecipazione al voto al Senato del PdL, sui provvedimenti del Governo.

Fonte immagine Di Francesco Gasparetti da Senigallia, Italy – Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1087959

 

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