venerdì, Aprile 19, 2024
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La risoluzione delle dispute nel Regno Unito post-Brexit: navigando di bolina (Parte I)

Introduzione

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, per mezzo dell’European Union Withdrawal Act del 2018 – poi modificato dall’European Union Withdrawal Agreement Act nel 2020[1] (EUWA) –, ha portato all’abrogazione dell’European Communities Act 1972 attraverso l’implementazione dell’Accordo di recesso. Lo European Communities Act era lo strumento mediante il quale veniva autorizzato l’accesso all’Unione e l’adozione del diritto europeo nel diritto nazionale britannico.

Mentre l’Accordo di recesso riguardava esclusivamente le questioni sulla separazione e rientrante a pieno titolo nell’ordinamento legale europeo, diverso è il caso del Trade and Cooperation Agreement (TCA)[2] concluso il 24 dicembre 2020 e applicabile provvisoriamente dal 1° gennaio 2021, un accordo che nel linguaggio europeo ha i tratti di un association agreement, ai sensi dell’art. 217 TFUE, destinato a governare le future relazioni tra l’Unione Europea e il Regno Unito. Uno strumento il cui ruolo demiurgico è inficiato dal fatto che non vi è traccia di alcuna disposizione attinente ai problemi relativi alla risoluzione delle dispute e alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale (al contrario, invece, della cooperazione in materia penale regolata nella Part III[3]). Di conseguenza, dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito è considerato uno Stato terzo per quanto concerne l’applicazione della normativa europea che disciplina questioni di cooperazione giudiziaria transfrontaliera. Data la regolarità con cui le midnight clauses dirette alla scelta dell’ordinamento britannico[4] – sia come foro sia come legge applicabile – sono presenti nei contratti commerciali internazionali, è inevitabile porsi non pochi dubbi sulla popolare scelta di una hard-Brexit nel tema di cui si va trattando[5].

La ratio del TCA è fin da subito evidente: gestire le divergenze piuttosto che promuovere la convergenza. Generalmente gli accordi di libero scambio, eliminando le tariffe e le restrizioni, cercano di promuovere il commercio istituendo meccanismi di armonizzazione ed incoraggiando approcci convergenti in vista di una futura regolamentazione. Ribaltando quest’ordine logico, l’obiettivo del TCA raffigura una situazione fondamentalmente diversa: guidare il modo in cui divergeranno in futuro gli ordinamenti le cui norme sono ampiamente armonizzate e i cui mercati sono profondamente integrati.

Legge applicabile

Le clausole contrattuali che conducono alla scelta del diritto inglese ai sensi del regolamento Roma I (n. 593/2008/CE) (sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali) e del regolamento Roma II (n. 864/2007/CE) (sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali) continueranno ad essere riconosciute ed applicate dagli Stati membri UE dato il loro principio di applicazione universale, e cioè l’effetto erga omnes secondo cui la legge designata dai regolamenti si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro (art. 2 Roma I e art. 3 Roma II),

Altresì, le regole che si applicano in circostanze che comportino un conflitto di leggi nelle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali in materia civile e commerciale resteranno sostanzialmente le medesime. Seppur l’art. 66 dell’Accordo sul recesso[6] garantisca unicamente l’applicazione formale dei regolamenti Roma I e Roma II prima della fine del periodo di transizione, il Regno Unito ha trapiantato entrambi gli strumenti nel proprio diritto domestico attraverso la Law Applicable to Contractual Obligations and Non-Contractual Obligations (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019 (the “Regulations”)[7], mantenendo di fatto inalterata la loro struttura. Tale operazione è resa possibile dal fatto che questi regolamenti non operano sulla base della reciprocità, a differenza della Convenzione Bruxelles del 1968 e dei regolamenti Bruxelles I e I bis.

Orbene, accertata l’applicabilità del diritto inglese quale legge scelta dalle parti all’interno degli Stati membri e la trasposizione delle regole Roma all’interno del diritto anglosassone, diventando retained EU law, va osservato che il Regno Unito non è più tenuto a rispecchiare le eventuali e future modifiche normative in ambito europeo ovvero a ritenersi vincolato per l’avvenire dalle decisioni della CGUE. Sussistendo, perciò, la possibilità che le norme nel Regno Unito e nell’Unione divergano nel tempo attraverso uno sviluppo giurisprudenziale dissonante, la preoccupazione che dovrebbe interessare le parti contraenti consiste nelle modifiche sostanziali che l’impatto della Brexit può, e potrà, comportare al diritto anglosassone.

Un primo sguardo

Nelle relazioni tra Unione Europea e Regno Unito il regolamento Bruxelles I bis (n. 1215/2012) è stato revocato dal Civil Jurisdiction and Judgments Regulations 2019 n. 479[8]. Oltre a consentire alle parti la scelta espressa (art. 25) o tacita (art. 26) del foro, il Regolamento indica il foro generale (art. 4), i fori speciali (art. 7), i fori esclusivi/inderogabili (art. 24) e prevede il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni tra gli Stati membri abolendo di fatto l’exequatur. A tale riguardo è importante sottolineare come questo strumento – come già previsto dalla Convenzione del 1968 e dal Regolamento Bruxelles I – stabilisca che le decisioni emesse in uno Stato membro siano riconosciute, ossia automaticamente idonee a produrre effetti, negli altri Stati membri (art. 36.1) e, inoltre, apporti una novità sostanziale secondo cui una decisone emessa in uno Stato membro ed esecutiva in tale Stato è altresì esecutiva negli altri Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività (art. 39). D’altronde, l’abolizione dell’exequatur era già stata anticipata dal regolamento n. 805/2004 riguardante il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e i regolamenti n. 1896/2006 e n. 861/2007 per i procedimenti europei di ingiunzione di pagamento e di soluzione delle controversie di modesta entità (regolamenti espulsi dall’ordinamento inglese attraverso l’adozione rispettivamente degli European Enforcement Order, European Order for Payment and European Small Claims Procedure (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2018).

Ai sensi dell’art. 67 dell’Accordo sul recesso,  in relazione alle decisioni rese nell’ambito dei  procedimenti giudiziari avviati nel Regno Unito e negli Stati membri prima della fine del periodo transitorio, cioè prima del 1° gennaio 2021, nelle situazioni che coinvolgono il Regno Unito continuerà ad applicarsi il Regolamento Bruxelles I bis – per le decisioni provenienti dalla Svizzera, Norvegia e Islanda si applicherà la Convenzione di Lugano del 2007 (strumento che ricalca in gran parte le orme del regolamento Bruxelles I, n. 44/2001). A tale riguardo, con riferimento al regolamento n. 1215/2012 (ma anche ai regolamenti n. 2201/2003, n. 4/2009 e n. 805/2004), la Commissione Europea ha chiarito che il riferimento alle decisioni rese prima della fine del periodo di transizione include: (i) i casi in cui la decisione è stata resa dopo la fine del periodo di transizione; (ii) i casi in cui la decisione è stata resa prima della fine del periodo di transizione ma non è ancora stata eseguita nel Regno Unito o in altro Stato membro; (iii) i casi in cui la decisione non sia stata ancora portata ad esecuzione nonostante abbia ricevuto l’exequatur prima della fine del periodo di transizione[9]. Per quanto attiene l’applicazione ratione temporis della Convenzione di Lugano 2007, la questione è più complicata. Parte della dottrina[10] (compreso l’Ufficio federale svizzero[11]), ritiene che, per i procedimenti avviati prima del 1° gennaio 2021 ed ancora in corso, la Convenzione di Lugano si continui ad applicare richiamando, oltre all’art. 129 dell’Accordo sul recesso, il suo art. 63 secondo cui “le disposizioni della presente convenzione si applicano solo alle azioni proposte ed agli atti pubblici formati posteriormente alla sua entrata in vigore nello Stato d’origine, ovvero nello Stato richiesto per i casi in cui sia chiesto il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione o di un atto pubblico”. Altra parte della dottrina[12] rifiuta tale impostazione, distinguendo tra competenza giurisdizionale, cui la Convenzione si applicherà per i procedimenti già iniziati, e competenza in materia d’esecuzione. Inoltre, tenendo in debito conto come l’art. 67(2) dell’Accordo sul recesso vada applicato esclusivamente al regolamento Bruxelles I bis (d’altronde né l’Unione stessa né il Regno Unito sarebbero competenti a determinare il proseguimento dell’applicazione della Convenzione nei confronti degli Stati contraenti non appartenenti all’Unione). Quest’ultimo filone è stato seguito dalla corte di Zurigo nel febbraio 2021[13], con riferimento al rifiuto di applicare la Convenzione ad una decisione britannica della High Court of London emanata a settembre 2020.

Perciò, dopo la fine del periodo di transizione (dopo il 31 dicembre 2020, c.d. IP Completion Day), nei casi in cui sia richiesto il riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza inglese in uno Stato membro UE o viceversa, si applicheranno le regole nazionali di diritto internazionale privato dello Stato interessato (per quanto riguarda l’Italia si veda la l. n. 218 del 1995). Inoltre, spetterà alle leggi nazionali di ciascuno Stato membro dell’UE determinare l’efficacia o meno di una clausola che attribuisca la giurisdizione a un tribunale del Regno Unito e parallelamente spetterà, invece, al diritto interno del Regno Unito determinare se una clausola che attribuisca la giurisdizione a un tribunale dell’UE sarà o meno efficace – salvo che la clausola rientri nella Convenzione dell’Aja 2005 come si vedrà in seguito.

Che fine ha fatto la Convenzione Bruxelles del 1968?

Con la fine del periodo di transizione, il regolamento Bruxelles I bis è divenuto inapplicabile. A riguardo si pongono dei dubbi sulla resurrezione della Convenzione Bruxelles del 1968, precursore dei regolamenti Bruxelles.

Le premesse sono due: al contrario della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, la Convenzione di Bruxelles non è stata completamente sostituita da un regolamento e ha continuato ad applicarsi ad alcuni territori; inoltre, la Convenzione rappresenta un trattato internazionale e non un semplice strumento di diritto europeo[14].

Il 29 gennaio 2021, il governo britannico ha informato il Consiglio Europeo che la Convenzione ha cessato di applicarsi al Regno Unito a far data dal 1° gennaio 2021[15]. Tuttavia, dal momento che una comunicazione del governo inglese, a prima vista, non ha conseguenze legali rilevanti alla luce della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati – e che la Brexit non ha automaticamente fatto cessare l’applicabilità della Convenzione tra UK e UE – bisogna analizzare in modo più approfondito la questione.

Il diritto interno di uno Stato firmatario della Convenzione non determina i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale pubblico. Al più, l’Accordo di recesso influisce solo sulla possibilità per i singoli di invocare ed applicare la Convenzione dinanzi ai tribunali britannici, senza intaccare le obbligazioni di diritto internazionale del Regno Unito e la possibilità per gli altri Stati parte di applicarla (con la conseguenza che i ricorrenti europei dovrebbero poter citare in giudizio i convenuti domiciliati nel Regno Unito in base alle disposizioni della Convenzione).

La Brexit potrebbe essere intesa come mutamento fondamentale delle circostanze ai sensi dell’art. 62 della Convenzione di Vienna. Tuttavia, per porre termine al trattato sarà necessario che la partecipazione all’Unione sia stata “una base essenziale per il consenso delle parti ad essere vincolate dal trattato” e che la Brexit “abbia l’effetto di trasformare radicalmente il peso degli obblighi che restano da eseguire in base al trattato”. Il primo requisito pare rispettato in quanto tutte le parti della Convenzione di Bruxelles erano Stati membri ai tempi della Comunità Economica Europea. Infatti, l’art. 220 del trattato di Roma stabiliva che “gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini… la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti, il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali”. L’accesso del Regno Unito alla Comunità Europea costituiva un prerequisito essenziale per l’adesione britannica alla Convenzione di Bruxelles (attraverso l’Accession Convention del 1978). Per quanto riguarda il secondo requisito, è difficoltoso ritenere che vi sia stata una trasformazione radicale degli obblighi da eseguire, in quanto il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze provenienti da Stati non membri avviene già ai sensi della Convenzione di Lugano e, inoltre, la Convenzione di Bruxelles continua ad applicarsi ai territori non europei degli Stati membri (PTOM, Paesi e territori d’oltremare).

D’altra parte, i tredici Stati membri che hanno aderito all’Unione dopo l’entrata in vigore del regolamento Bruxelles I nel 2001 non avevano alcun obbligo ad aderire anche alla Convenzione del 1968 ai sensi dei rispettivi trattati di adesione. Quindi, una semplice momentanea sospensione[16] della Convenzione nelle relazioni tra il Regno Unito e gli Stati membri produrrebbe una differenziazione arbitraria e illegittima tra vecchi e nuovi Stati membri, oltre a compromettere la competenza esterna esclusiva dell’Unione in questo settore, che nel regolamento Bruxelles trova la sua attuazione. Insomma, secondo parte della dottrina – visto anche il Protocollo del 1971 mediante il quale la CGUE, attraverso il compito di interprete affidatole, ha considerato la Convenzione come rientrante nel diritto della Comunità – un’interpretazione teleologica porta a ritenere il Regno Unito non più vincolato da tale strumento[17].

Secondariamente, non pare certo che l’abrogazione da parte del legislatore britannico della normativa interna che attua la Convenzione Bruxelles possa essere intesa come violazione sostanziale alla luce dell’art. 60(3) della Convenzione di Vienna, al fine di consentire l’estinzione di un trattato o la sospensione della sua applicazione. L’abrogazione, congiuntamente alla notifica al Consiglio Europeo del 29 gennaio 2021, potrebbe tuttavia assurgere ad “un rifiuto del trattato che non sia autorizzato dalla presente convenzione” (art. 60.3) così da permettere alle altre parti, agendo di comune accordo, di terminare la Convenzione del 1968 (art. 60.2.a). Alla luce della competenza esclusiva esterna, tale compito spetterà all’Unione, la quale ben potrebbe averlo già adempiuto attraverso l’accettazione della richiesta del Regno Unito al fine di accedere alla Convenzione di Lugano (come già stato fatto da Norvegia, Islanda e Svizzera).

Il Regno Unito potrebbe invocare anche l’art. 56 (1)(a) della Convenzione di Vienna, dimostrando che “era nell’intenzione delle parti di accettare la possibilità di una denuncia o di un ritiro”. Seppur che la Convenzione di Bruxelles non contiene disposizioni relative alla sua estinzione non prevedendo neppure la possibilità di un ritiro, a causa della natura convenzionale squisitamente europea di tale strumento il Regno Unito potrebbe ritirarsi unilateralmente una volta cessata la sua adesione all’Unione (evitando, così, di soddisfare i requisiti per la cessazione a causa di un cambiamento fondamentale delle circostanze)[18]. Infatti, seppur non sia previsto un termine all’interno del testo convenzionale, ex art. 67, la Convenzione è stata conclusa in un periodo in cui il Trattato di Roma non prevedeva espressamente che uno Stato membro potesse ritirarsi dalla Comunità.

Considerazioni e problematiche simili possono essere traslate per ciò che attiene all’applicabilità della Convenzione di Lugano del 1988, “sostituita” dall’art. 65 della Convenzione di Lugano del 2007.

Convenzione di Lugano

Le perturbazioni causate dalla mancata applicazione del Regolamento Bruxelles I bis[19] possono essere attenuate dall’adesione del Regno Unito alla Convenzione di Lugano 2007. Il Regno Unito, nell’aprile 2020, ha chiesto di aderire alla Convenzione di Lugano come Stato contraente indipendente, scelta sostenuta da Svizzera, Norvegia e Islanda. Tuttavia, l’accessione richiede il supporto unanime di tutti i membri, cioè i 27 Stati UE e gli Stati EFTA, ex art. 72(3). In modo poco comprensibile, durante le negoziazioni, l’accesso britannico è stato accettato dagli Stati EFTA, ma non dall’Unione. Nondimeno, anche qualora venga approvato l’accesso da quest’ultima, dovranno passare tre mesi tra l’approvazione e l’entrata in vigore della Convenzione (art. 72.4).

Benché la Convenzione di Lugano corrisponda in gran parte al contenuto normativo del regolamento Bruxelles I bis, alcune differenze sussistono. Anzitutto, la Convenzione di Lugano non dà la precedenza alle clausole di competenza esclusiva, il che significa che la competenza spetta al giudice preventivamente adito, il quale a sua volta può scegliere di non declinare la propria competenza anche qualora esista una scelta chiara a favore dei giudici di un altro contraente. In quanto tale, la Convenzione non prevede che, laddove un procedimento sia avviato presso un tribunale di uno Stato membro a seguito di un’apparente violazione di una clausola di competenza esclusiva, tale giudice sia tenuto a sospendere il procedimento per consentire al giudice prescelto dalle parti di pronunciarsi sulla competenza. Ciò comporterebbe non pochi problemi, ad esempio il vantaggio tattico che sussisterebbe con l’avvio di un procedimento in una giurisdizione in cui il processo giudiziario avanzi lentamente (c.d. Italian Torpedo). Per impedire tattiche processuali scorrette, diversamente, il regolamento Bruxelles I bis prevede all’art. 31(2) che in attesa della decisione del giudice designato, il procedimento instaurato davanti all’altro giudice, preventivamente adito, è sospeso e può riprendere solo se il giudice designato dichiara di non essere competente (simili previsioni sono contenute nella Convenzione Aja, anche se mancano al suo interno norme generali mediante le quali i giudici degli Stati contraenti coordinano il loro approccio ai procedimenti paralleli). Secondariamente, un accordo sulla competenza giurisdizionale sarà applicato conformemente alla Convenzione di Lugano solo se almeno una delle parti dell’accordo è domiciliata in uno Stato contraente, ex art. 23(7). Invece, il regolamento Bruxelles I bis all’art. 23(3) considera altresì l’ipotesi che nessuna delle parti sia domiciliata in uno Stato membro dell’Unione, cosicché il giudice dello Stato designato dalle parti abbia la precedenza a pronunciarsi rispetto ai giudici degli altri Stati membri aventi titolo in base alla propria legge nazionale. Infine, le decisioni della CGUE che interpretano la Convenzione di Lugano non sono vincolanti per i tribunali degli Stati contraenti e non vi sono sanzioni per il mancato rispetto di tali decisioni – infatti l’art. 1 del Protocollo n. 2 riporta che “nell’applicare e interpretare le disposizioni della presente convenzione, i giudici tengono debitamente conto dei principi definiti dalle pertinenti decisioni dei giudici degli Stati vincolati dalla convenzione e della Corte di giustizia…”.

Convenzione dell’Aja 2005

Scartata (nel momento in cui si scrive) anche l’ipotesi Lugano, occorre volgere lo sguardo alla Convenzione dell’Aja sulla scelta del foro del 2005 (Hague Convention on Choice of Court Agreements)[20], la quale ha per scopo la fissazione di regole uniformi sulla giurisdizione, sul riconoscimento e sull’esecuzione delle sentenze tra gli Stati parte. Si noti che Islanda, Norvegia e Svizzera (parti della Convenzione di Lugano) non sono parti della Convenzione Aja (sono parti invece Singapore, Messico e Montenegro).

A differenza del regolamento Bruxelles e della Convenzione di Lugano – che indicano criteri uniformi per l’individuazione del giudice competente anche in caso di assenza di scelta delle parti – la Convenzione in esame si applica soltanto nel caso in cui due parti appartenenti a Stati contraenti si siano accordate sulla scelta del foro competente. In altre parole, rientrano nell’ambito di applicazione della Convenzione solamente gli accordi del foro esclusivi conclusi in materia civile o commerciale nell’ambito di fattispecie internazionali, in quanto le parti di un rapporto risiedono in Stati diversi e gli elementi pertinenti della controversia non siano connessi esclusivamente con un solo Stato. Gli effetti della Convenzione de qua sono principalmente tre: il giudice scelto dalle parti non potrà declinare la propria giurisdizione a favore di altro giudice e dovrà decidere la controversia attribuitagli (art. 5); ogni altro giudice dovrà dichiararsi incompetente (art. 6); la sentenza resa dal giudice prescelto sarà riconosciuta ed eseguita negli altri Stati contraenti ai sensi degli artt. 9 e 13. Nonostante la Convenzione indichi i documenti necessari al fine del riconoscimento e dell’esecuzione, la procedura rimane disciplinata dalla legge dello Stato richiesto.

Orbene, essa si applica soltanto alle sentenze pronunciate nel merito dal giudice scelto in base ad un accordo di competenza esclusiva qualificata redatto o documentato in forma scritta, non applicandosi alle decisioni provvisorie o procedurali, dette interim measures of protection (come le freezing injuctions). Uno dei primi casi che ha preso in considerazione l’applicabilità della Convenzione del 2005 è Motacus Construction Limited v. Paolo Castelli Spa del febbraio 2021, attinente all’interazione tra il Construction Act del 1966 ed un contratto di appalto privato di lavori in Inghilterra, il quale conferiva giurisdizione esclusiva ai tribunali di Parigi e stabiliva come legge applicabile quella italiana. Anche nei casi in cui il contratto non sia disciplinato dal diritto inglese né sia soggetto alla giurisdizione dei giudici inglesi, le parti possono essere tuttavia soggette ad un procedimento d’esecuzione forzata dinanzi alle giurisdizioni inglesi, ai sensi dell’art. 7 della Convenzione secondo cui “i provvedimenti cautelari non sono disciplinati”. Nonostante una clausola di competenza esclusiva, la logica del pay now, argue later è stata ritenuta applicabile dal regime britannico al fine di alleviare le difficoltà di cassa che, altrimenti, potrebbero derivare dal mancato pagamento, in attesa della risoluzione della controversia per mezzo di procedimenti lunghi e complessi[21].

Le materie escluse dall’ambito applicativo della Convenzione sono varie. L’art. 3, oltre a definire l’accordo di scelta del foro esclusivo volto a designare il giudice di uno Stato contraente in modo da escludere la competenza di qualunque altro giudice, indica una serie di materie escluse dall’ambito di applicazione. A titolo di esempio, la convenzione non si applica qualora la parte del rapporto sia una persona fisica che agisca per fini personali, familiari o domestici oppure ai contratti di lavoro, alle questioni successorie, alla proprietà intellettuale, alle questioni antitrust, ai fallimenti, alle obbligazioni alimentari, ai diritti reali immobiliari, al risarcimento per lesioni personali e al risarcimento del danno extracontrattuale (per le materie escluse dal regolamento Bruxelles I bis si veda l’art.1.2).

Un altro fondamentale punto critico attiene al fatto che la Convenzione Aja si applica agli accordi contenti clausole esclusive di giurisdizione conclusi dopo l’entrata in vigore della convenzione nello Stato in questione, ex art. 16. Ebbene, vi è una divergenza di opinioni sul fatto che essa si applichi alle clausole di competenza concluse dopo il 15 ottobre 2015 – questa è la posizione del Regno Unito – o solo quelle concluse successivamente al 31 dice,bre 2020 – come sostiene la Commissione Europea. Il Regno Unito ha aderito alla Convenzione in virtù della sua adesione all’Unione nell’ottobre 2015 mentre la sua adesione indipendente è avvenuta solamente il 1° gennaio 2021. La Commissione UE si è espressa nella Notice to Stakeholders[22] (parere che non vincola gli Stati membri) ritenendo che il Regno Unito ha aderito alla Convenzione Aja solo di propria iniziativa ignorando, così, il periodo a partire dal 2015. Al contrario, il governo inglese attesta una continuità di adesione dal 2015[23]. Vi è quindi il dubbio sul fatto che l’Unione e i suoi Stati membri considerino un accordo concluso tra ottobre 2015 e gennaio 2021 come rientrante nell’ambito di applicazione della Convenzione, alimentando l’incertezza sul fatto che i tribunali rispetteranno o meno una clausola di competenza esclusiva stipulata prima del 1° gennaio 2021. Si pensi al caso in cui venga concluso un contratto contente una clausola di scelta esclusiva del foro di uno Stato membro tra due parti, di cui una inglese, prima della Brexit: mentre le corti degli Stati membri non riconosceranno l’esclusività della giurisdizione dal momento che il Regno Unito non è parte della Convenzione (non trovando più applicazione il regolamento Bruxelles I bis), un tribunale a Londra declinerebbe la propria giurisdizione a causa della giurisdizione dello Stato membro a cui si riferisce la clausola esclusiva di scelta del foro.

Se è certo che qualora esistesse una clausola di competenza esclusiva, i tribunali diversi da quello competente dovrebbero declinare la giurisdizione sulla particolare controversia, meno certo è l’interpretazione da dare alle clausole asimmetriche[24], frequenti negli accordi di finanziamento. Qualora le parti abbiano concordato una clausola asimmetrica – e cioè quando la parte A può avviare un procedimento solo in uno Stato ma la parte B ha la possibilità di scegliere il luogo in cui avverrà il procedimento – vi è incertezza sul fatto che la Convenzione si possa applicare. Le Asymmetric jurisdiction clauses prevedono che le rivendicazioni di una parte siano soggette alla giurisdizione esclusiva, ad esempio dei tribunali inglesi, ma danno all’altra parte la possibilità di adire un qualsiasi tribunale competente[25]. L’Explenatory Note della Hague Convention[26] indica che le clausole di giurisdizione asimmetriche non sono esclusive e quindi dovrebbero essere estromesse. La Corte di Appello del Regno Unito in Etihad Airways PJSC v. Lucas Flother del 2020[27] ha dichiarato che una clausola di competenza asimmetrica è una clausola di competenza esclusiva ai fini dell’art. 31(2) Bruxelles I bis, ma ha tuttavia ha ritenuto probabile, in un obiter, che queste clausole siano escluse dall’ambito di applicazione della Convenzione. È rilevante notare che mentre la Corte d’appello non ha raggiunto una decisione finale sul punto, vi sono state due precedenti decisioni della Commercial Court che hanno evidenziato delle buone ragioni a favore della presenza delle clausole asimmetriche all’interno della Convenzione dell’Aja[28]. Tuttavia, nonostante l’art. 23 della Convenzione indichi che “nell’interpretare la presente convenzione si tiene conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere la sua applicazione uniforme”, le sentenze inglesi non saranno vincolanti per i tribunali stranieri.

Un’ulteriore incertezza vi è nelle questioni attinenti alla giurisdizione in cui non vi è alcuna parte domiciliata nel Regno Unito (o un altro Stato contraente dell’Aja non europeo, cioè Messico, Singapore e Montenegro) – e tutte le parti sono domiciliate nell’Unione. In tali circostanze, l’art. 26(6) della Convenzione stabilisce che “la  presente  convenzione  non  pregiudica  l’applicazione  delle  norme  di  un’organizzazione  regionale di integrazione economica che è parte della presente convenzione, adottate prima o dopo la presente convenzione: a)  qualora  nessuna  delle  parti  risieda  in  uno  Stato  contraente  che  non  è  uno  Stato  membro  dell’organizzazione regionale di integrazione economica;  b)  per  quanto  concerne  il  riconoscimento  o  l’esecuzione  di  decisioni  tra  Stati  membri  dell’organizzazione regionale di integrazione economica”. Orbene, il regime Bruxelles ha la precedenza ma non è chiaro se, in base a tale regime, i giudici dell’Unione possano sospendere il procedimento o declinare la propria giurisdizione a favore dei giudici non UE (scelti attraverso un accordo ai sensi della Convenzione Aja), ad esempio quelli inglesi, allorquando il procedimento non UE non sia stato avviato per primo. In altre parole, quando un giudice UE è competente ai sensi di Bruxelles I bis vi è incertezza sulle circostanze per cui può sospendere il procedimento o declinare la giurisdizione a favore dei giudici non UE competenti per mezzo di un accordo di scelta esclusivo del foro, come sarà il giudice inglese nell’esempio riportato sopra. Si tenga presente che tale scelta del foro inglese, quale Stato terzo, non può rientrare nell’art. 25 Bruxelles I bis (quest’ultimo riferendosi alla scelta dei fori nei soli Stati membri). Quando, invece, il procedimento nel Regno Unito sia avviato per primo, esiste un potere esplicito in tali circostanze ai sensi degli artt. 33 e 34 Bruxelles I bis, cioè nei casi in cui la causa sia tra le medesime parti, avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo del procedimento promosso davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato terzo e nei casi in cui la causa sia connessa a quella promossa dinnanzi all’autorità giurisdizionale nello Stato terzo.

Se per uno dei motivi di cui sopra la Convenzione Aja non si applica, le questioni attinenti alla giurisdizione e all’esecuzione devono essere decise dai tribunali nazionali, applicando ognuno le proprie leggi nazionali.

 

[1] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/2020/1/contents/enacted

[2] Attualmente di applicazione provvisoria per dare il tempo necessario al Parlamento Europeo e al Consiglio di revisionarlo e ratificarlo. Disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:22020A1231(01)&from=EN

[3] All’interno della Part III del TCA viene regolato, tra l’altro, lo scambio di informazioni tra autorità criminali, la cooperazione in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro e il reciproco riconoscimento delle confische di beni nell’ambito di un procedimento penale.

[4] Il Regno Unito, nell’ambito del diritto internazionale privato, non ha partecipato ai regolamenti n. 650/2012, 1259/2010, 2016/1103 e 2016/1104.

[5] Ai sensi dell’Accordo sul recesso, prima della fine del periodo di transizione (1° gennaio 2020) la legislazione dell’Unione rimane applicabile alle relazioni tra il Regno Unito e gli Stati membri e la Corte di giustizia del l’Unione europea continua ad essere competente a conoscere qualsiasi azione promossa dal Regno Unito o contro di esso dinanzi alla Corte, ex art. 86.

[6] Disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:12019W/TXT(02)&from=IT

[7] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukdsi/2019/9780111180785/contents

[8] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/uksi/2019/479/contents/made

[9] L’accordo di recesso, prevede che il regolamento di Bruxelles si applicherà a tutti i procedimenti legali avviati prima del 1° gennaio 2021. La giurisdizione sarà determinata in tali casi in base al regolamento di Bruxelles, anche nella misura in cui i procedimenti sono stati avviati dopo il 1 ° gennaio 2021 ma che si riferiscono a procedimenti precedenti, cioè alle ipotesi di litispendenza e connessione della sezione 9 del regolamento. Cioè, i tribunali del Regno Unito potrebbero essere obbligati a sospendere una richiesta presentata nel 2021 o successivamente a favore di una richiesta che è stata istituita prima del 1 ° gennaio 2021 in un tribunale straniero.

[10] Si rimanda a R. Rodriguez, “Swiss Court Refuses Post-Brexit Application of the Lugano Convention – Even Good Cases Can Make Bad (Case) Law”, 2021. Disponibile qui: https://eapil.org/2021/03/10/swiss-court-refuses-post-brexit-application-of-the-lugano-convention-even-good-cases-can-make-bad-case-law/

[11] Disponibile qui: https://www.bj.admin.ch/bj/en/home/wirtschaft/privatrecht/lugue-2007/brexit-auswirkungen.html

[12] A. Layton, “An Afterlife for the Lugano Convention in Relation to the United Kingdom: Reality or Fantasy?”, 2021. Disponibile qui: https://eapil.org/2021/03/16/an-afterlife-for-the-lugano-convention-in-relation-to-the-united-kingdom-reality-or-fantasy/

[13] Disponibile qui: https://www.arrestpraxis.ch/fileadmin/redaktion/arrestpraxis/media/2021-02-24_Urteil_BGZ__Audienz__redacted.pdf

[14] La Section 2(1) del Civil Jurisdiztion and Judgments Act 1982 prevede che: “The Brussels Conventions shall have the force of law in the United Kingdom, and judicial notice shall be take of them”.

[15]The Government of the United Kingdom hereby notifies the Secretary-General of the Council of the European Union that it considers that the Brussels Convention 1968 and the 1971 Protocol, including subsequent amendments and accessions, ceased to apply to the United Kingdom and Gibraltar from 1 January 2021, as a consequence of the United Kingdom ceasing to be a Member State of the European Union and of the end of the Transition Period.”

[16] L’art. 68 del regolamento Bruxelles indica che “il presente regolamento sostituisce, tra gli Stati membri, le disposizioni della Convenzione di Bruxelles” e il regolamento Bruxelles I bis ritiene di ribadirlo al medesimo articolo.

[17] A riguardo si veda l’interessante dibattito in corso tra: M. Lehmann, “Brexit and the Brussels Convention: It’s All Over Now, Baby Blue?”, 2021 (disponibile qui: https://eapil.org/2021/02/12/brexit-and-the-brussels-convention-its-all-over-now-baby-blue/comment-page-1/) e A. Dickinson, “Dickinson on the Fate of the 1968 Brussels Convention: No Coming Back?”, 2021 (disponibile qui: https://eapil.org/2021/02/19/dickinson-on-the-fate-of-the-1968-brussels-convention-no-coming-back/).

[18] A tale riguardo vedere S. Forlati, “Forlati on the Fate of the 1968 Brussels Convention: Some Thoughts from the Perspective of the Law of Treaties”, 2021. Disponibile qui: https://eapil.org/2021/02/25/forlati-on-the-fate-of-the-1968-brussels-convention-some-thoughts-from-the-perspective-of-the-law-of-treaties/

[19] Invece, le norme Bruxelles I bis sulla competenza giurisdizionale nell’ambito dei contratti con i consumatori (artt. 17 – 19) e dei contratti di lavoro (artt. 20 – 23) sono inserite nelle sezioni da 15A a 15E del Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982. Un’implementazione che parrebbe derivare dall’influenza che l’art. 45(e)(i) del regolamento Bruxelles I bis possa esercitare sui diritti nazionali (si veda l’art. 3 della legge di dr.p. int. Italiano).

[20] Sono parti della Convenzione Aja del 2005: gli Stati membri dell’Unione europea, Regno Unito, Messico, Montenegro e Singapore. La convenzione è disponibile qui: https://assets.hcch.net/docs/e64cf409-3379-4fee-a810-7a2342cf000b.pdf

[21] Per maggiori dettagli vedere: R, Ash, “Adjudication after Brexit: an English affair”, 2021. Disponibile qui: https://www.wfw.com/articles/adjudication-after-brexit-an-english-affair/

[22] Disponibile qui: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/brexit_files/info_site/civil_justice_en.pdf.

[23] Cross-border civil and commercial legal cases: guidance for legal professionals , disponible qui: https://www.gov.uk/government/publications/cross-border-civil-and-commercial-legal-cases-guidance-for-legal-professionals/cross-border-civil-and-commercial-legal-cases-guidance-for-legal-professionals

[24] Diverso è l’art. 22 della Convenzione Aja che riguarda le dichiarazioni reciproche sugli accordi di scelta del foro non esclusivi per cui il riconoscimento e l’esecuzione di tali decisioni sono sottoposte a ulteriori condizioni. “Quando  il  riconoscimento  o  l’esecuzione  di  una  decisione  pronunciata  in  uno  Stato  contraente  che  ha  formulato  una  dichiarazione  di  questo  tipo  è  richiesto  in  un  altro  Stato  contraente che ha formulato una tale dichiarazione, la decisione è riconosciuta ed eseguita ai sensi della presente convenzione se:  a) il giudice di origine è stato designato in un accordo di scelta del foro non esclusivo;  b) non vi è nessuna decisione resa da altro giudice dinanzi al quale possa essere promosso un procedimento in base all’accordo di scelta del foro non esclusivo, né è pendente dinanzi a tale giudice un procedimento tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo; e c) il giudice di origine è stato il primo giudice adito”.

[25] Dubbi permangono, inoltre, in riferimento alle clausole contrattuali che permettano la scelta alle parti tra una giurisdizione di uno Stato ed un arbitrato con sede in quello stesso Stato.

[26] Disponibile qui: https://assets.hcch.net/docs/e402cc72-19ed-4095-b004-ac47742dbc41.pdf

[27] Disponibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2020/1707.html

[28] Etihad Airways PJSC v Prof Dr Lucas Flother [2019] EWHC 3107 (Comm) (disponibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2019/3107.html) e Commerzbank Aktiengesellshcaft v Liquimar Tankers Management and another [2017] EWHC 161 (Comm) (disponibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2017/161.html)

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Stefano Mogavero

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