mercoledì, Aprile 24, 2024
Uncategorized

La sentenza n. 251/2016: l’intervento della Corte Costituzionale sulle Società Partecipate

 

Con la sentenza n. 251/2016 (red. Sciarra), decisa in data 9 novembre 2016 e depositata in Cancelleria il 25 novembre 2016, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge 124/2015 per violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., mentre ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le altre doglianze. La Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale avverso alcune disposizioni della legge-delega in parola, segnatamente l’art. 11, comma 1, lett. a) b) numero 2, c) numeri 1 e 2, e), f), g) h), i), l) m), n), o), p) e q) e comma 2 (in materia di dirigenza pubblica), l’art. 17, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), l), m), o), q), r), s), e t) (in materia di pubblico impiego), l’art. 18, lettere a), b), c) e), i), l) e m) numeri da 1 a 7 (in materia di società partecipate), l’art. 19, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t), e u) (in materia di servizi pubblici locali), atteso che ciascuna di queste disposizioni prevedeva che il Governo adottasse i decreti legislativi attuativi della delega previo parere in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome o di Conferenza unificata (Stato-Regioni-Città-Autonomie locali). La sentenza è stata un colpo d’arresto nel procedimento del perfezionamento del Testo Unico. La motivazione di ciò è data dalla necessità del ricorso all’intesa nei settori che incidono su competenze statali e regionali inestricabilmente connesse. La Corte, in particolare, ha richiamato come inerente alla gestione e organizzazione dei servizi espressivi della competenza regionale residuale alcuni principi della delega, come la soppressione dei regimi di esclusiva non indispensabili per assicurare la qualità e l’efficienza del servizio, la definizione dei criteri per la organizzazione territoriale ottimale dei servizi, la definizione delle modalità di tutela degli utenti, l’introduzione del potenziamento di forme di consultazione per i cittadini. In particolare, nella sentenza si è affermato che il principio di leale collaborazione deve essere assicurato nell’ambito del procedimento legislativo, mediante il ricorso al sistema delle Conferenze. Non è però sufficiente, si è sottolineato, il mero parere, come previsto dalla legge delega, ma occorre un più pregnante coinvolgimento delle autonomie regionali, realizzabile con lo strumento dell’intesa. Per queste ragioni le suddette disposizioni della legge delega sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui prevedono “che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni”. Infatti, per tutti e quattro i casi menzionati dalla sentenza, le disposizioni della legge-delega incidono su ambiti materiali riconducibili tanto alla competenza esclusiva del legislatore statale, quanto alla competenza residuale del legislatore regionale, senza che sia possibile al giudice costituzionale districare tale intreccio di competenze in favore dell’una o dell’altra. L’intervento del legislatore delegato anche in ambiti materiali di competenza regionale, pur legittimato dalla necessità di garantire una disciplina unitaria per «fenomeni sociali complessi» su tutto il territorio nazionale, risulta allora conforme alla Costituzione soltanto nella misura in cui il Governo realizzi un confronto autentico con le autonomie territoriali. La pronuncia è di particolare interesse poiché aggiunge un nuovo importante tassello alla giurisprudenza della Corte in tema di leale collaborazione, principio la cui violazione può essere fatta valere non soltanto come vizio in procedendo nell’iter formativo del decreto legislativo, ma anche per censurare direttamente la legge di delegazione, dall’altro, perché riaccende il dibattito sulla questione dei “mobili confini” che separano l’intesa (in senso forte e in senso debole) dal parere obbligatorio.

La Corte ha sottolineato di volere superare l’orientamento, sino ad allora costante, secondo cui «il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo» nella perdurante assenza della trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi «anche solo nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione)». Nella sentenza si è affermato che tale orientamento non può essere seguito nei casi sottoposti al suo esame, in quanto “là dove (…) il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessità del ricorso all’intesa.” In definitiva, nella situazione di «stretto intreccio» fra competenze statali e regionali che connota le materie interessate dalla delega, il principio di leale collaborazione, sub specie di intesa, diventa un «limite ulteriore», discendente direttamente dalla Costituzione, che deve conformare e indirizzare l’esercizio del potere governativo. La legge delegante è quindi tenuta a inserire, nel procedimento di formazione del decreto delegato, le scansioni procedurali necessarie a consentire forme adeguate d’interlocuzione regionale. I decreti legislativi in esame sono stati adottati sulla base di disposizioni dichiarate incostituzionali dalla suddetta sentenza n. 251 del 2016, ma prima del deposito della sentenza medesima. A tale proposito la Corte costituzionale ha affermato che: «Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative». Ha aggiunto che: «Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione». Il quesito rileva come non sussistano dubbi sulla attuale vigenza ed efficacia dei decreti legislativi già emanati, non avendo la Corte costituzionale né affermato né escluso la loro illegittimità costituzionale.

Gianluca Barbetti

Gianluca Barbetti nasce a Roma nel 1991. Appassionato di diritto amministrativo,ha conseguito la laurea in Legal Services con una tesi sui servizi pubblici locali, con particolare attenzione alle società partecipate. Durante il percorso di studi, ha svolto diverse attività parallele per completare la propria formazione con approcci pratici al diritto, come Moot Court in International Arbitration e Legal Research Group. E' curatore e coautore di due opere pubblicate e attualmente in commercio.

Lascia un commento