venerdì, Aprile 19, 2024
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La tutela del design nell’UE: brevi cenni sulla sentenza Cofemel e le successive applicazioni

Nel presente articolo si discuterà della tutela del design nell’UE dalla pronuncia della sentenza Cofemel.

1. Il quadro generale fornito dalla normativa prima della sentenza Cofemel

Nel terzo millennio la diffusione e la popolarità delle opere di design hanno raggiunto i massimi storici, sia dal punto di vista architettonico – soprattutto in questi tempi di pandemia in cui la propria abitazione è stata vissuta a pieno e più di quanto si facesse nell’ultimo periodo, registrando un picco nel settore dell’interior design – sia nel mondo della moda. Per quel che riguarda l’home design possiamo ricordare, solo per citarne alcune, opere come l’Arco Lamp di Flos e la LC4 Chair Le Corbusiere, per quel che riguarda invece l’ambito fashion come non citare i Moon Boots, oggetto di recenti pronunce giurisprudenziali[1].

Ma cosa si intende per opere di design? Nella legislazione italiana e europea, i disegni e modelli consistono nell’aspetto di un prodotto o di una sua parte, sostanzialmente riguardano il lato puramente estetico di un oggetto. Anche il lato estetico, come è noto abbisognava di protezioni e garanzie a livello giuridico.

La prima protezione giuridica a questi riconosciuta risale alla Direttiva 98/71/CE, nel tempo la tutela accordatagli si è via via espansa, ricomprendendo sempre più sfaccettature del concetto di “opera”.

Ma la domanda che ora sorge spontanea è: come possono essere protette, de facto, tali tipologie di opere? Nell’ordinamento giuridico italiano un’opera di design può ottenere diverse forme di tutela, alcune classificabili come tradizionali altre, per così dire, collaterali.

Nella prima categoria rientra sicuramente la tutela concessa a seguito di registrazione[2]. In questo caso la tutela sarà piena e durerà, al più, 25 anni. È bene ricordare che il diritto di esclusiva derivante da registrazione è c.d. territoriale – esattamente come quello scaturente dalla registrazione di un marchio – quindi il titolare del diritto di privativa può farlo valere limitatamente al territorio di riferimento[3].

Ai fini della registrazione è necessario che il disegno o modello soddisfi dei requisiti quali la novità, il carattere individuale e la liceità. Analizziamoli brevemente uno ad uno.

Per quel che concerne la novità, in questa sede è sufficiente dire che il design deve essere nuovo rispetto a quelli precedentemente registrati e in generale la forma da esso assunta non deve essere conosciuta – nel corso dell’attività commerciale – negli ambienti specializzati del settore interessato[4].

Quando si parla di carattere individuale, è opportuno preliminarmente capire chi sia l’informed user. Esso non rappresenta una specifica persona – verosimilmente autore dell’opera – ma è un c.d. parametro di riferimento, da utilizzare ai fini della valutazione di questo requisito. Possiamo dire che l’utente informato, a livello di conoscenze e competenze, si trova a metà strada tra l’average consumer – utilizzato nell’individuazione di infringement nel diritto dei marchi – e la skilled person – l’esperto dello stato delle arti in materia di brevetti. Premesso ciò, un disegno o modello ha carattere distintivo quando l’impressione complessiva che produce sull’utente informato differisce da tutte le impressioni complessive suscitate nello stesso soggetto da qualsiasi altro previo design disponibile.

Ultimo requisito è quello della liceità: per essere validamente registrato un disegno o modello non deve essere contrario alle leggi, all’ordine pubblico e al buon costume.

Finora si è parlato di registrazione di design ed è importante soffermarsi sulla tematica della registrazione europea, questa novità è stata introdotta per la prima volta con il Regolamento 6/2002/UE recante la disciplina in tema di disegni e modelli comunitari (la disciplina in esso contenuta riporta quanto disposto dalla Direttiva 98/71/CE). Il disegno e modello registrato presso l’EUIPO ha effetto in tutti gli Stati Membri e, anche in questo caso, sono previsti dei requisiti per la sua corretta registrazione: la novità, il carattere distintivo e la liceità.

Altra grande novità introdotta da questo Regolamento è la figura del design non registrato. Ecco, quindi, che ci accingiamo ad introdurre il secondo strumento di tutela dei disegni e modelli.

I disegni e modelli non registrati godono di una più limitata protezione rispetto a quelli registrati. La prima importante differenza è quella concernente l’estensione della tutela: infatti, in questo caso, la protezione si protrae solo per tre anni dopo la prima divulgazione nel territorio dell’Unione Europea[5].

Un’altra importante differenza è quella riguardante la valutazione circa la violazione dei diritti. Infatti, in caso di design registrati, si ha infringement, ossia violazione, tutte le volte in cui il secondo design riproduce le più rilevanti caratteristiche distintive del primo. Contrariamente, in caso di design non registrati, per esservi violazione è necessaria una completa e identica sovrapponibilità tra il primo e il secondo: devono essere uguali in ogni aspetto.

Passando ora alle modalità collaterali di protezione dei disegni e modelli ma che hanno un pacifico riconoscimento in dottrina e giurisprudenza analizzeremo brevemente la tutela del design come marchio di forma e la tutela concessa sotto l’ala della concorrenza sleale.

Per quanto riguarda la prima, come citato nella premessa del presente contributo, i disegni e i modelli costituiscono la forma estetica di un oggetto e, proprio in quanto forme, possono essere registrati anche come marchi tridimensionali qualora rispettino i requisiti richiesti da tale tipologia di registrazione: in particolare, ci si riferisce alla novità, al carattere distintivo e alla liceità.

Per quanto riguarda invece la disciplina della concorrenza sleale, questa è utilizzata come ultima spiaggia, infatti, qualora un terzo deliberatamente imiti o, più specificatamente, copi il design di un altro soggetto per il quale non è possibile usufruire delle tutele riconosciute dagli strumenti summenzionati, si utilizza spesso la disciplina della concorrenza sleale e in particolar modo quella prevista dall’art. 2598, n. 3 c.c. per imitazione servile.

Dove non arriva il diritto sui marchi arriva la concorrenza sleale.

La forma di tutale più controversa e quella che cercheremo di analizzare e approfondire – anche attraverso lo studio di sentenze – è quella concessa dal diritto d’autore.

2. La disciplina del diritto d’autore applicata ai disegni e modelli prima della Cofemel: analogie tra normativa italiana ed europea

Per capire a pieno quale sia il motivo per cui i designers insistano nell’ottenere la tutela del copyright è necessario analizzare quali siano i vantaggi di quest’ultima rispetto alla tutela propria riconosciuta ai design.

Primo punto a favore della tutela autorale è la durata della protezione: essa ha una durata di 70 anni decorrenti dall’anno di morte dell’autore. Diversamente, quella propria dei design – come già anticipato – ha una durata massima di 25 o 3 anni a seconda se il design sia registrato o meno.

Altro vantaggio non indifferente riguarda la nascita del diritto: la tutela autore sopraggiunge nel momento in cui l’opera viene alla luce, non è necessario compilare moduli di registrazione e pagare le relative tasse. Al contrario, per la tutela di disegno o modello, occorre seguire l’iter di registrazione presso gli Uffici competenti.

Fatta questa premessa sui vantaggi, analizziamo la normativa autorale. È possibile per un design essere protetto dal diritto d’autore a specifiche condizioni. Approfondiremo prima la normativa europea per poi passare alla disciplina italiana.

La Direttiva 98/71/CE e successive modificazioni è cristallina: riconosce a pieno la tutelabilità dei design anche con la più ampia protezione autorale, rimettendo agli Stati Membri la definizione dei requisiti necessari affinché ciò avvenga[6]. Apparentemente, ciascun Stato Membro gode di una ampia discrezionalità nell’individuare gli elementi necessari di cui deve godere un design per essere più fortemente tutelato. Tuttavia, questo ampio margine sembrerebbe essere ridimensionato da quanto previsto all’art. 17, secondo cui: “the extent to which, and the condition under which, such a protection is conferred, including the level of originality required, shall be determined by each Member State”. Secondo parte della dottrina, il legislatore europeo con questa previsione avrebbe in realtà ridotto il margine di discrezionalità degli Stati, i quali avrebbero dovuto solo individuare il “livello di originalità” come requisito e quindi individuare se il livello necessario per ottenere tale tipologia di tutela fosse “basso, medio o alto” e non inserire requisiti ulteriori e diversi.

Passando alla normativa italiana, è di tutta evidenza che il nostro legislatore non abbia considerato quest’ultimo orientamento e abbia introdotto requisiti ulteriori nonché di difficile interpretazione.

La Legge sul Diritto d’Autore[7] prevedeva originariamente all’art. 2, n. 4 il requisito della scindibilità. Erano oggetto di tutela del diritto d’autore soltanto quei disegni e modelli il cui valore artistico fosse scindibile dal carattere industriale del prodotto in sé. A seguito della Direttiva di cui abbiamo appena parlato, il Legislatore eliminava il requisito della scindibilità e introduceva all’art. 2 il nuovo n. 10: riconoscendo protezione alle “opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”.

Pacificamente il carattere creativo corrisponde al requisito dell’originalità, espressamente individuato nella direttiva europea. Secondo la giurisprudenza, il carattere creativo rappresenta la “capacità di esprimere la personalità dell’autore” sostanziandosi quindi in un lavoro originale dello stesso.

Il requisito ulteriore introdotto dal Legislatore italiano – e, analogamente, dal legislatore portoghese – è il valore artistico dell’opera di design. Requisito non chiaro perché mai stato definito e, pertanto, per molto tempo soggetto all’evoluzione giurisprudenziale.

Si è giunti alla conclusione che il valore artistico sia un elemento da valutarsi ex post, solamente trascorso un certo lasso di tempo sarà possibile stabilire se il design abbia o meno tale carattere. Per effettuare questa valutazione, la giurisprudenza ha individuato un “test oggettivo” circa il valore artistico[8], rimandando tra gli altri alla fama e notorietà del designer, al riconoscimento dell’opera nei circoli artistici e la riproduzione all’interno di musei e la capacità del designstesso di rappresentare un movimento artistico.

Il problema di base, quindi, è la valutazione successiva del carattere artistico dell’opera, la tutela autorale potrebbe essere riconosciuta anche molti anni dopo la scadenza della protezione come disegno e modello.

3. La rivoluzionaria pronuncia della CGUE: il caso Cofemel (C-683/2017)

Con la sentenza che ora analizzeremo, “vertente la cumulabilità della protezione dei disegni e dei modelli in base al regime sui generis con la loro protezione, in quanto opere, attraverso il diritto d’autore”[9], la Corte di Giustizia dell’Unione Europea accoglie un rinvio pregiudiziale della Suprema Corte Portoghese e, con una pronuncia di interpretazione autentica, risolve la questione alla luce della vigente normativa europea.

È necessario, però, riassumere brevemente il caso. Da un lato, l’attrice – la società G-Star Raw CV – concepisce, produce e commercializza abbigliamento, tra gli altri produce jeans denominati “Arc” e felpe e magliette denominati “Rowdy”. Dall’altro lato, la convenuta Cofemel Sociedade de Vestuario VA, società portoghese, concepisce, produce e commercializza modelli di jeans, felpe e magliette. Nell’estate 2013, la G-Star adiva il tribunale portoghese di primo grado chiedendo la condanna della convenuta alla cessazione di ogni violazione dei diritti d’autore della G-Star e di ogni atto di concorrenza sleale nei suoi confronti. Alla base di tale richiesta, l’attrice allegava che alcuni modelli che la Cofemel utilizzava riproducevano design identici o simili ai propri modelli Arc e Rowdy, creazioni intellettuali originali e, in quanto tali, opere di design protette dal diritto d’autore.

Sia in primo che in secondo grado i giudici portoghesi accoglievano la domanda attorea. Pertanto, la Cofemel investiva la Corte Suprema portoghese per una decisione definitiva in merito.

Dopo aver analizzato la questione e riconosciuto l’originalità dei prodotti ideati dalla G-Star, la Suprema Corte si interrogava sulla corretta interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera i) del codice del diritto d’autore e diritti connessi.

Per evitare qualsivoglia interpretazione non conforme alla legislazione europea recepita dagli Stati Membri, rinviava alla CGUE ai fini di ottenere una risposta in merito all’interrogativo concernente la necessità di considerare se “tali opere godono della tutela assicurata dal diritto d’autore allo stesso titolo di qualsiasi opera letteraria e artistica, e pertanto a condizione che siano originali, nel senso che sono il risultato di una creazione intellettuale propria del loro autore, o se sia possibile subordinare la concessione di detta tutela all’esistenza di uno specifico livello di valore estetico o artistico”[10].

La Corte di Giustizia esauriva la questione analizzando la normativa rilevante e la sua stessa giurisprudenza in merito al concetto di “opera” ai fini della proteggibilità autorale. Infatti, il concetto di opera prevede la sussistenza di due elementi cumulativi: da un lato l’oggetto in questione deve essere originale, “nel senso che detto oggetto rappresenta una creazione intellettuale propria del suo autore”[11]; dall’altro lato, “la qualifica di opera è riservata agli elementi che sono espressione di tale creazione”[12]. Ogni qual volta, una creazione abbia in sé i requisiti necessari affinché sia considerata opera, la stessa beneficerà della tutela accordata dal diritto di autore, conformemente alla direttiva 2001/29.

Fatta questa premessa in merito a cosa può godere della tutela autorale, il ragionamento della Corte procedeva con il richiamo ai principi generali espressi nei considerando 8 e 32, rispettivamente della Direttiva 98/71 e del Regolamento 6/2002, i quali esplicano il principio di cumulo tra la protezione dei disegni e modelli, da una parte, e la protezione del diritto d’autore, dall’altra.

Pertanto, secondo la Corte, se un design può essere considerato quale “opera” nel senso sopra specificato, allora esso potrà godere della tutela autorale non essendo necessario, ai sensi della legislazione europea, il requisito ulteriore costituito dall’effetto visivo da loro prodotto e rilevante da un punto di vista estetico.

4. Implicazioni e conseguenze negli Stati Membri

Questa sentenza non è stata un fulmine a ciel sereno, perché già in precedenti pronunce quali Flos[13] e Lenova Hengelo[14] la Corte aveva posto le basi per la decisione oggi commentata. Con la Cofemel, la CGUE ha innestato il dubbio circa il corretto recepimento del diritto UE negli ordinamenti nazionali, soprattutto per Stati quali il Portogallo e l’Italia che richiedono come ulteriore requisito il carattere artistico di un design ai fini del copyright.

Tuttavia, le sentenze interpretative della Corte europea non sono direttamente applicabili negli Stati Membri in quanto aventi piena efficacia solo per il giudice del rinvio. Solo l’intervento del Legislatore nazionale potrebbe definitivamente mettere fine all’annosa questione del requisito del “valore artistico”. Ciononostante, data la funzione nomofilattica della CGUE in riferimento al diritto unionale, i singoli giudici nazionali ben potrebbero tenere in considerazione la pronuncia valutando meno severamente il requisito dell’elemento artistico e dando maggiore rilevanza al carattere originale del design, in attesa di un intervento dei singoli Parlamenti.

Questo è quanto avvenuto in alcuni ordinamenti: i giudici spagnoli, inglesi e la stessa Cassazione hanno recepito tale orientamento e applicato i principi della Cofemel nei casi seguenti.

La prima applicazione dei principi esposti nella plurimenzionata sentenza risale al gennaio 2020 da parte della Intellectual Property Enterprise Court, la sezione specializzata della High Court of Justice of England and Wales. I giudici inglesi nel risolvere la questione Response Clothing Ltd c. The Edinburgh Woollen Mill Ltd hanno ripreso il ragionamento utilizzato dalla Corte di Giustizia domandosi se il tessuto jacquard in questione rientrasse nel concetto di “opera” nel senso consolidato nella giurisprudenza europea; dopo la piena sussunzione del tessuto in questione nella definizione sono passati all’interpretazione della legge nazionale sulla tutela autorale.

I giudici, in questa sede, hanno adottato il comportamento auspicabile a cui ci si riferiva in precedenza: hanno interpretato the 1988 Act in conformità con la Direttiva 2001/29 e con l’interpretazione di questa fatta dalla Corte europea. Pertanto, è stata data maggiore rilevanza all’aspetto originale del prodotto piuttosto che al suo valore artistico e, quindi, hanno riconosciuto una violazione del diritto d’autore esistente sul tessuto.

Una decisione di poco successiva che ha seguito la stessa scia è stata quella della Corte di Cassazione del maggio 2020 che ha definitamente chiuso la questione della proteggibilità per mezzo del diritto d’autore dello store layout nella battaglia KIKO c. WYCON.

La Suprema Corte, partendo dai principi della Cofemel, ha argomentato che, per poter essere protetto dal diritto d’autore, è sufficiente che un lavoro architettonico sia sempre identificabile e riconoscibile come espressione creativa dell’autore, senza che sia necessario alcunché di ulteriore.

La sentenza ha molta importanza, non solo per la definibilità di un lavoro architettonico come opera ma anche sotto il punto di vista del possibile cumulo di protezione da parte del diritto dei marchi e del diritto d’autore.

La Cassazione esplica un punto fondamentale: nell’eventualità in cui lo store abbia carattere distintivo e al contempo costituisca un’espressione creativa dell’autore identificabile e riconoscibile, sarà al contempo protetto sia come marchio sia come opera autorale. Al contrario, nella opposta situazione in cui il carattere distintivo mancasse, non è esclusa la tutela autorale in quanto totalmente indipendente dalla protezione sotto forma di marchio tridimensionale.

Infine, ultima sentenza che applica i principi della Cofemel è quella pronunciata dalla Suprema Corte Spagnola concernente l’eleggibilità della corrida come opera degna di protezione del diritto d’ autore.

Il fulcro centrale del ragionamento della Corte spagnola emulava quello svolto dalla CGUE in Cofemel: in via di principio, è richiesto ai fini della tutela autorale la sussistenza di un’opera e la sua originalità. Secondo i giudici spagnoli, la corrida non può essere considerata un’opera in quanto ciascuna rappresentazione è irripetibile perché dipende anche e soprattutto dall’atteggiamento tenuto dal toro e, pertanto, non può essere riconosciuta in maniera oggettiva dall’esterno. Mancando quindi il requisito base cioè il trattarsi di un’opera, tale tipologia di performance non può essere protetta dal copyright.

Per concludere sul tema non si può far altro che ribadire quando già accennato in precedenza, la sentenza Cofemel e le precedenti pronunce della CGUE cercano di dare un’interpretazione unitaria del diritto dell’Unione da applicare in ciascun Stato Membro e finché le singole legislazioni non si adegueranno perfettamente alle normative europee, è compito dei giudici applicare la legge nazionale nella maniera più conforme all’interpretazione data dai giudici europei ai Regolamenti e Direttive.

[1] Corso, Design: modelli e disegni possono essere considerati “opere”?, Ius in Itinere, disponibile al link https://www.iusinitinere.it/design-modelli-e-disegni-possono-essere-considerati-opere-28501 e Trotta, Trib. Milano, Sez. Sp. Impresa A, sent. n. 493/2021, pubblicata il 25 gennaio 2021: Moon Boots c. Ferragni, Ius in Itinere, disponibile al link https://www.iusinitinere.it/trib-milano-sez-sp-impresa-a-sent-n-493-2021-pubblicata-il-25-gennaio-2021-moon-boots-c-ferragni-35689

[2] È possibile distinguere tra tre tipi di registrazione: quella nazionale, europea e internazionale.

[3] Per approfondimenti in tema di registrazione di disegni e modelli in Italia è possibile consultare il sito dell’ Ufficio Italiano Brevetti e Marchi https://uibm.mise.gov.it/index.php/it/disegni-e-modelli

[4] Per approfondimenti in tema di novità del design: Bramante, Quando un design è “nuovo”?, Ius in Itinere, disponibile al link: https://www.iusinitinere.it/quando-un-design-e-nuovo-10826

[5] Il tema della disclosure diviene rilevante in riferimento alla London Fashion Week a seguito della Brexit Per approfondimenti sul tema: https://www.engage.hoganlovells.com/knowledgeservices/insights/brexit-and-designs

[6] Direttiva 98/71/CE, Recital (8). Testo della Direttiva disponibile al link: https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:399f8f58-0b0e-4252-a0a8-8c8600f55c5e.0005.02/DOC_1&format=PDF

[7] Legge 22 aprile 1941, n. 633

[8] Da ultimo Tribunale di Milano, 25 gennaio 2021, n. 493

[9] Conclusioni dell’Avvocato Generale Maciej Szpunar, disponibile al link:

https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=217668&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=14505911

[10] Sentenza della Corte di Giustizia, 12 settembre 2019, causa C-683/17, disponibile al seguente link: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=217668&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=5661441

[11] Ibidem.

[12] Ibidem.

[13] Sentenza della Corte di Giustizia, causa C‑168/09, disponibile al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:62009CJ0168&from=IT

[14] Sentenza della Corte di Giustizia, causa C-310/17, disponibile al seguente link: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=204426&doclang=IT

Serena Trotta

Laureata con lode in Giurisprudenza presso la Luiss Guido Carli nell'ottobre 2020 con una tesi in diritto Commerciale. Attualmente praticante avvocato presso l'Avvocatura Generale dello Stato. Animata da un forte interesse per l'ambito fashion e luxury, ha deciso di proseguire gli studi iscrivendosi al Master di II Livello (LL.M.) in Fashion Law presso la Luiss School of Law.

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