giovedì, Marzo 28, 2024
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La tutela del know-how aziendale: il caso Cartier v. Tiffany & Co.

La tutela del know-how aziendale: la causa Cartier v. Tiffany & Co.

Premessa in materia di segreti commerciali alla luce della disciplina italiana

L’attività di tutela delle informazioni confidenziali relative ai processi produttivi ed organizzativi di un’azienda costituisce un asset fondamentale allo scopo di preservare il cosiddetto “know-how”. Le misure preposte alla salvaguardia della segretezza di tali informazioni consentono, infatti, di prevenire che i dati aziendali vengano divulgati a vantaggio della concorrenza. Inoltre, l’ordinamento giuridico riconosce al titolare delle informazioni in questione la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale connessi ai segreti industriali in presenza di specifiche fattispecie di illeciti quali l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione abusiva di segreti commerciali [1].

La direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, “sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro lacquisizione, lutilizzo e la divulgazione illeciti” [2], recepita ed implementata nell’ordinamento italiano con il d.lgs. n. 63/2018 [3], ha apportato talune modifiche al testo di riferimento in materia di segreti commerciali, i.e. il Codice della Proprietà Industriale (d.lgs. n. 30/2005) [4]. In particolare, sono stati così introdotti, nella disciplina italiana, i concetti di “know-how e segreti commerciali (o “trade secrets”), seguendo il titolo della direttiva europea e modificando la terminologia precedentemente adottata dal codice della proprietà industriale italiano [5]. A tal proposito, le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali integrano, in base alle disposizioni dell’articolo 98 del Codice della Proprietà Industriale modificato dal suddetto decreto del 2018, il concetto di segreti commerciali, laddove tali informazioni:

a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;

b) abbiano valore economico in quanto segrete;

c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete” [6].

La peculiarità della disciplina in materia di segreti commerciali è, inoltre, rappresentata dal fatto che il titolare di tali privative industriali può godere della tutela immediata dei relativi diritti di proprietà intellettuale senza dover procedere alla registrazione di questi ultimi [7]. Tale tutela può essere fatta valere nei confronti di terzi che abbiano acquisito, rivelato o utilizzato in modo abusivo le informazioni protette e risulta, altresì, potenzialmente “illimitata sia sotto il profilo temporale che territoriale, almeno sin quando il quid inventum non venga reso pubblico” [8].

La vicenda

Lo scorso 28 febbraio 2022, la multinazionale francese Cartier – celebre dal 1847 per la produzione di gioielli ed orologi di lusso e controllata dalla holding svizzera Richemont – aveva incardinato un’azione legale [9] dinnanzi alla Supreme Court of the State of New York nei confronti della competitor statunitense Tiffany & Co. e della ex dipendente Megan Marino.

In base alle ricostruzioni dedotte in giudizio dalla ricorrente francese, la junior manager Megan Marino sarebbe stata assunta da Tiffany allo scopo di divulgare informazioni confidenziali sulla Cartier High Jewelry collection dal nome Blue Bookai vertici del Merchandising Team for High Jewelry di Tiffany [10].

Nel novembre del 2021, Marino era stata, infatti, contattata dalla vicepresidente del North America Merchandising Team di Tiffany, Katie Liappas, per fissare un colloquio conoscitivo finalizzato a procedere con l’assunzione della stessa all’interno del dipartimento di High Jewelry, che in seguito all’acquisizione della società da parte della multinazionale francese LVMH, necessitava di essere riorganizzato. In seguito al suddetto incontro, la junior manager avrebbe scaricato ed inviato dal proprio indirizzo di posta elettronica aziendale a quello personale una serie di documenti contenenti – tra le altre cose – informazioni di carattere confidenziale sui prodotti della collezione di Alta Gioielleria di Cartier. Dopo aver ricevuto una formale proposta di lavoro da parte di Tiffany, Marino avrebbe rassegnato le proprie dimissioni a Cartier senza rendere noto il fatto che avrebbe, successivamente, collaborato con un’azienda concorrente. Le dimissioni in questione avevano insospettito taluni dei dirigenti della maison di lusso francese che, solo nel dicembre 2021, avevano visto diversi dipendenti lasciare l’azienda per lavorare per la competitor di gioielli di lusso statunitense.

A seguito di un’attività investigativa condotta dall’attrice era, inoltre, emerso che, prima di lasciare l’azienda, Megan Marino si sarebbe indebitamente appropriata di informazioni riservate e di segreti commerciali di titolarità di Cartier allo scopo di utilizzare tali informazioni nell’espletamento della propria funzione all’interno del dipartimento di High Jewelry di Tiffany, violando, così, il relativo “patto di non divulgazione” dalla durata semestrale [11]. Venuto a conoscenza di tali circostanze, l’ufficio legale di Cartier aveva, quindi, provveduto a prendere contatto tanto con l’ex dipendente, al fine di ottenere delle prove documentali in merito alla distruzione da parte di quest’ultima di ogni tipo di informazione confidenziale da lei archiviata, quanto con l’ufficio legale di Tiffany & Co., per informare l’azienda della condotta fraudolenta realizzata da Marino. In risposta a tali accuse, l’azienda statunitense aveva, dunque, provveduto a licenziare la neo-dipendente, negando il proprio coinvolgimento nella vicenda in questione [12].

Tuttavia, a detta dei legali della ricorrente francese, Tiffany sarebbe parimenti responsabile per appropriazione indebita di informazioni riservate e di segreti commerciali, interferenza illecita nel patto di non divulgazione della ex dipendente, interferenza illecita negli affari commerciali nonché per concorrenza sleale.

La legge sui segreti commerciali dello Stato di New York

La disciplina di riferimento in materia di segreti commerciali per la maggior parte degli stati americani è tratta dalle disposizioni dello Uniform Trade Secrets Act (“UTSA”), emanato dalla Uniform Law Commission (ULC) nel 1985 [13]. Il testo in questione, adottato da circa quarantotto stati americani, non trova applicazione solo nello Stato di New York e nel Massachusetts, in cui la normativa in materia di trade secrets è ricavabile direttamente dal common law.

In particolare, nello Stato di New York un segreto commerciale viene definito come “una formula, un modello, un dispositivo o una compilazione di informazioni che vengono utilizzate nella propria attività e che conferiscono al titolare la possibilità di ottenere un vantaggio rispetto ai concorrenti che non ne siano a conoscenza e che non li utilizzino” [14]. Inoltre, allo scopo di procedere con il riconoscimento della sussistenza di un segreto industriale, secondo la giurisprudenza consolidata tra le corti dello Stato di New York, il giudice è chiamato ad esaminare le seguenti circostanze:

  • la misura in cui le informazioni sono conosciute al di fuori dell’azienda;
  • la misura in cui le informazioni sono conosciute dai dipendenti e da altre persone coinvolte nell’azienda;
  • le misure adottate dall’azienda per tutelare la segretezza delle informazioni;
  • il valore delle informazioni per l’azienda e per i suoi concorrenti;
  • l’ammontare degli sforzi o del denaro spesi dall’azienda per sviluppare le informazioni;
  • la facilità o la difficoltà con cui le informazioni potrebbero essere acquisite o duplicate da altri [15].

In aggiunta ai suddetti elementi, ai fini del riconoscimento è, inoltre, necessario che il segreto commerciale costituisca “un processo o un dispositivo da utilizzare in modo continuativo nel funzionamento dell’azienda” [16].

La replica di Tiffany & Co.

Le richieste avanzate dai legali della società del gruppo svizzero alla Corte ricomprendevano, in sostanza, l’emissione di un provvedimento [17], in via cautelare, con il quale si inibiva la controparte rispetto all’uso, alla pubblicazione e alla divulgazione delle informazioni confidenziali e dei segreti commerciali in questione nonché il risarcimento del danno e il rimborso delle spese legali.

Nel contesto della replica (la cosiddetta “motion to dismiss the complaint of Cartier”) depositata, lo scorso 16 marzo, in risposta alle suddette accuse, la convenuta in giudizio statunitense ha, innanzitutto, definito il caso di specie come “a truly bizarre circumstance” e ha – al contempo – sostenuto che la ricorrente avesse promosso l’azione in questione al solo scopo di ottenere “maximum publicity value, rather than a genuine relief” [18].

Con riferimento alla possibilità di considerare i dati in questione come segreti aziendali, i legali della società del gruppo francese LVMH hanno sottolineato come le informazioni divulgate costituirebbero “dati operativi effimeri, superati da tempo o solo provvisori, che non potrebbero ricevere protezione in base alle disposizioni della legge dello Stato di New York” [19]. Inoltre, laddove i giudici dovessero riconoscere tali informazioni come protette da segreti industriali, la ricorrente non potrebbe rivendicarne la tutela poiché queste ultime non erano state sottoposte a misure ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

Quanto sopra evidenziato emerge dalla circostanza in base alla quale l’ex dipendente di Cartier, Megan Marino, in qualità di Assistant Manager for Merchandising and Jewelry, aveva avuto facilmente accesso alle informazioni concernenti l’High Jewelry collection pur non lavorando nel relativo ufficio, in quanto queste ultime “non erano state criptate, protette da password, contrassegnate o segregate o altrimenti protette”.

In merito, invece, alle accuse di favoreggiamento rispetto all’appropriazione indebita delle informazioni divulgate, Tiffany & Co. si difende sostenendo che non fosse a conoscenza degli accordi confidenziali (“confidentiality agreements”) precedentemente siglati da Cartier e la propria dipendente e che, pertanto, non avrebbe potuto realizzare alcuna violazione rispetto alle disposizioni scaturenti da questi ultimi.

In conclusione, la resistente ha richiesto, quindi, che le accuse avanzate nei propri confronti da Cartier venissero parimenti respinte in ragione dell’insussistenza dei fatti dedotti in giudizio da quest’ultima [20].

Conclusioni

 Esaurito il contraddittorio tra le parti, la sezione specializzata in materia di diritto commerciale della Corte Suprema dello Stato di New York, assegnata al giudice Robert R. Reed, sarà chiamata a pronunciarsi in merito alla presente vicenda. Come evidenziato, in assenza di una specifica legislazione in materia di segreti commerciali applicabile nello Stato di New York, la normativa di riferimento per il caso di specie è tratta dalle precedenti decisioni delle corti newyorkesi.

Inoltre, laddove Tiffany & Co. dovesse essere effettivamente condannata, la causa in questione confermerebbe una tendenza evidenziata dalla controparte francese per quel che concerne “Tiffanys disturbing culture of misappropriating competitive information”. In particolare, nel 2014, i due colossi dei gioielli di lusso si erano già scontrati in materia di appropriazione indebita di segreti aziendali. In sostanza, Cartier aveva citato in giudizio dinnanzi al Tribunale federale dello Stato di New York, Melissa Pordy, una ex dirigente del dipartimento pubblicitario, sostenendo che quest’ultima avesse indotto un collega a scaricare informazioni pubblicitarie di carattere riservato che, poi, lei avrebbe potuto utilizzare una volta entrata a far parte di Tiffany & Co. [21].

Alla luce di quanto sopra, le controversie instauratosi sul punto dimostrano come il know-how rappresenti, per un’azienda, un valore e un vero e proprio patrimonio e che, al giorno d’oggi, necessiti di una tutela sempre più rafforzata atta a garantire una maggiore protezione del complesso di informazioni che lo costituiscono.

[1] Art. 99., Codice della Proprietà Industriale, D.lgs. n. 30/2005, disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2005-02-10;30

[2] Per maggiori informazioni sul testo della direttiva UE si faccia riferimento al seguente link https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32016L0943&from=IT

[3] Per maggiori informazioni sul testo del decreto si faccia riferimento al seguente link https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/06/07/18G00088/SG

[4] Il testo aggiornato del Codice della Proprietà Industriale è reperibile tramite il link https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2005-02-10;30

[5] Il codice della proprietà industriale faceva riferimento, prima delle modifiche apportate con il d.lgs n. 63/2018, al concetto di “informazioni segrete”, oggi modificato con l’espressione “segreti commerciali”. E. Badiali, “La protezione del know-how dopo il d. lgs. n. 63/2018”, giugno 2018, disponibile online al seguente link https://www.iusinitinere.it/la-protezione-del-know-how-dopo-il-decreto-legislativo-632018-11246

[6] art. 98,  Codice della Proprietà Industriale (d.lgs. n. 30/2005)

[7] “Quando il know-how è il vero diamante: la causa Cartier vs Tiffany”, maggio 2022, disponibile online al seguente link https://www.marchiedisegni.eu/quando-know-how-vero-diamante-causa-cartier-vs-tiffany/

[8] N. Cosa, “Come proteggere le proprie invenzioni: brevetto o segreto industriale?”, maggio 2018, disponibile online al seguente link https://www.iusinitinere.it/come-proteggere-le-proprie-invenzioni-brevetto-o-segreto-industriale-10432

[9] Causa n. 650925/2022, per maggiori informazioni si faccia riferimento al seguente link https://iapps.courts.state.ny.us/nyscef/ViewDocument?docIndex=Qvq5jJF1f3UgkJjvvzyXTA==&TSPD_101_R0=08533cd43fab2000f963e20dbb4c01f1871789fc38763d12f1e0b77b545c21d7aeb6930285a7f658085417d6ef1430000f8c4b8006ad368d43068674fbc43d1d103600f1a233468caf913e8582e894b37ebd83dfde8158f1230b40ff40e1db04

[10] “Cartier sues Tiffany & Co. for allegedly stealing trade secrets”, marzo 2022, disponibile online al seguente link https://www.theguardian.com/us-news/2022/feb/28/cartier-tiffany-co-lawsuit

[11] R. Bates, “Cartier sues Tiffany in trade secrets case”, marzo 2022, disponibile online al seguente link https://www.jckonline.com/editorial-article/cartier-sues-tiffany-trade-secrets/

[12] F. Chiesa, “Cartier fa causa a Tiffany per concorrenza sleale: «Furto di segreti commerciali»”, marzo 2022, disponibile online al seguente link https://www.corriere.it/economia/aziende/22_marzo_01/cartier-fa-causa-tiffany-concorrenza-sleale-furto-segreti-commerciali-a6093024-9960-11ec-9c59-6d8197f09466.shtml

[13] Per maggiori informazioni si faccia riferimento al seguente link https://www.wipo.int/edocs/lexdocs/laws/en/us/us034en.pdf

[14] Causa Ashland Mgt. v. Janien del 1993. Per maggiori informazioni si faccia riferimento al seguente link https://law.justia.com/cases/new-york/court-of-appeals/1993/82-n-y-2d-395-0.html

[15] Per maggiori informazioni si faccia riferimento al seguente link https://fhnylaw.com/understanding-uniform-trade-secrets-act/

[16] Causa SOFTEL, INC. v. DRAGON MEDICAL AND SCIENTIFIC COMMUNICATIONS, INC. del 1997. Per maggiori informazioni si faccia riferimento al seguente link https://caselaw.findlaw.com/us-2nd-circuit/1089734.html

[17] Il cosiddetto “preliminary injunction relief”, ricompreso all’interno della categoria degli “emergency relief” (provvedimenti inibitori d’urgenza). In particolare, il valore di un segreto commerciale viene meno e/o diminuisce non appena quest’ultimo viene divulgato. Aspettare la fine del processo e, quindi, una sentenza definitiva per limitare i danni causati dall’appropriazione indebita non sempre garantisce all’attore di ottenere una protezione adeguata, atta a mantenere il valore del segreto commerciale. Per questo motivo, i ricorrenti possono richiedere al giudice di emanare un provvedimento d’urgenza prima dell’instaurazione del procedimento.

[18] Per maggiori informazioni sulla motion to dismiss the complaint of Cartier si faccia riferimento al seguente link  https://iapps.courts.state.ny.us/nyscef/ViewDocument?docIndex=YVZqCEWtHYfsERJXdTMupw==

[19] “Tiffany & Co. urges Court to dismiss “doomed” Cartier trade secret suit”, maggio 2022, disponibile online al seguente link https://www.thefashionlaw.com/tiffany-co-urges-court-to-dismiss-doomed-cartier-trade-secret-suit/

[20] R. Bates, “Tiffany Calls Cartier Trade Secrets” Lawsuit Bizarre””, marzo 2022, disponibile online al seguente link https://www.jckonline.com/editorial-article/tiffany-cartier-lawsuit-bizarre/

[21] “Cartier Slaps former employee with trade secret misappropriation lawsuit”, luglio 2014, disponibile online al seguente link https://www.thefashionlaw.com/cartier-slaps-former-employee-with-trade-secret-misappropriation-lawsuit/

Chiara Zampaglione

Laureata in Giurisprudenza presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna nell'ottobre 2021. Durante il suo percorso universitario ha avuto l'opportunità di studiare in Germania presso la Johannes Gutenberg-Universitat Mainz grazie al programma Erasmus+ e presso la Freie Universitat Berlin grazie alla partecipazione all'associazione UNA Europa. Appassionata di diritto e nuove tecnologie ha, inoltre, preso parte alla 2020 Intellectual Property Law School organizzata dalla Jagiellonian University di Cracovia. Attualmente svolge la pratica legale presso uno studio milanese specializzato in Proprietà Intellettuale.

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