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La velocità nemica del diritto: il rito superaccelerato anche alla Corte Costituzionale

Dopo esser finito nel mirino della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[1] ad inizio anno, il c.d. rito superaccelerato recentemente è stato portato anche all’attenzione della Corte Costituzionale dal T.A.R. Puglia, Sez. III, con l’ordinanza n. 903 del 20/06/2018.

Il rito[2], introdotto con l’art. 204 del D.lgs 50/2016 al comma 2-bis dell’art. 120 del c.p.a.[3] e che ha da subito suscitato l’attenzione di dottrina e giurisprudenza con le sue criticità[4], impone l’immediata impugnazione delle ammissioni e delle esclusioni entro un termine di 30 giorni che decorre dalla pubblicazione degli atti della procedura ex art. 29, comma 1 D.lgs 50/2016, pena la preclusione della facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti della procedura – ergo dell’aggiudicazione –  anche con ricorso incidentale; al privato dunque si impone l’impugnazione – sì della propria esclusione – ma anche di tutte le ammissioni degli altri partecipanti con tanti ricorsi quanti sono gli ammessi e ciò comporta un consistente aggravio degli oneri contributivi.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata d’ufficio dal Collegio in quanto ritenuta pregiudiziale rispetto alla risoluzione del giudizio. In realtà, nel caso di specie il ricorso è stato presentato entro i termini dell’art. 120 comma 2-bis avverso le ammissioni alla procedura e dunque la questione sarebbe potuta essere decisa indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale: tuttavia, secondo il T.A.R. la rilevanza della questione emerge dal fatto che questa ove accolta comporterebbe l’adozione di una sentenza di rito per l’inammissibilità del ricorso, avendo ad oggetto un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo, ove invece venga appurata la compatibilità della normativa con il dettato costituzionale il Collegio dovrebbe adottare una sentenza di merito.

Le riserve avanzate dal Collegio circa la compatibilità del rito abbracciano numerose norme della Costituzione: l’art. 3 comma 1 Cost., l’art. 24 commi 1 e 2 Cost., l’art. 103 comma 1 Cost., l’art. 111 commi 1 e 2 Cost., l’art. 113 commi 1 e 2 Cost., l’art. 117 comma 1 Cost.

In particolare, l’art. 120 comma 2-bis si porrebbe in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale[5] poiché obbliga il privato ad impugnare, entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla pubblicazione ex art. 29 comma 1 D.lgs 50/2016, un atto che <<per sua natura non immediatamente lesivo>>, pena l’impossibilità di far valere l’illegittimità derivata degli atti successivi della procedura.

<<Viene, infatti, stabilito ex lege che esclusioni ed ammissioni sono atti endoprocedimentali dotati di immediata lesività e, conseguentemente, necessitanti di immediata impugnazione>>. L’onere di immediata impugnazione dell’ammissione di tutti i partecipanti alla procedura si pone così come una condizione di ammissibilità della futura impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, nonostante manchi un’effettiva lesione ed utilità concreta.

Nell’escludere la necessità di un’immediata impugnazione di un atto endoprocedimentale, prima dell’innovazione portata dall’art. 204 del D.lgs. 50/2016, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato la necessità dell’immediata impugnazione di un atto endoprocedimentale <<unicamente con riguardo al provvedimento di esclusione adottato dalla Commissione nel corso di una seduta alla quale avesse partecipato un rappresentante della concorrente esclusa>>; altrimenti << Il termine decadenziale per impugnare gli atti delle procedure di affidamento di appalti pubblici, ed in particolare l’aggiudicazione definitiva in favore di terzi, decorre dalla conoscenza di quest’ultima comunque acquisita dall’impresa partecipante alla gara.>>[6].

Il dubbio circa la compatibilità costituzionale, in relazione agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e 2 Cost., nasce dal fatto che la previsione legislativa del rito superaccelerato <<attribuisce in via preventiva natura lesiva ad un atto tipicamente endoprocedimentale, la cui impugnazione è priva, per sua natura, di utilità concreta ed attuale per un partecipante che ancora ignora l’esito finale della procedura selettiva>>.

Tutto ciò si pone in contrasto con il principio ex art. 100 c.p.c. – applicabile anche nel processo amministrativo grazie al rinvio ex art. 39 c.p.a. – relativo alla necessità dell’esistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale al ricorso in virtù di una sua lesione effettiva[7]. L’interesse a ricorrere è qualificato da vari elementi costitutivi:

  • La lesione, concreta ed effettiva, causata dal provvedimento alla sfera patrimoniale – o anche morale – del ricorrente;
  • Il vantaggio, anche se solo potenziale, che il ricorrente mira a conseguire dall’annullamento del provvedimento;
  • La personalità ovvero il risultato vantaggioso deve riguardare specificatamente e direttamente il ricorrente;
  • L’attualità ovvero la sussistenza dell’interesse al momento del ricorso.
  • La concretezza, l’interesse a ricorrere deve essere valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente.

Pur considerando che la giurisprudenza ammette, per radicare l’interesse al ricorso, la sussistenza di un interesse di carattere strumentale – atto ad ottenere la caducazione del provvedimento per ottenere un potenziale effetto positivo quale la rinnovazione della procedura – secondo le regole generali il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile ove il ricorrente non possa ottenere alcuna utilità dall’accoglimento del ricorso in relazione alla c.d. prova di resistenza[8]. Pertanto, <<il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter perseguire non può isterilirsi nella semplice garanzia dell’interesse legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità/legalità ex se dell’azione pubblica>>.

Il rito superaccelerato non può dunque non scontrarsi con i principi generali delineati dalla giurisprudenza secondo cui <<il requisito dell’attualità dell’interesse non sussiste quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo è meramente eventuale, e cioè quando l’emanazione del provvedimento non sia di per sé in grado di arrecare una lesione nella sfera giuridica del soggetto né sia certo che una siffatta lesione comunque si realizzerà in un secondo tempo; pertanto, è inammissibile il ricorso che tende ad ottenere una pronuncia di principio, che possa essere fatta valere in un futuro giudizio con riferimento a successivi comportamenti dell’amministrazione, atteso che la tutela di un interesse strumentale deve aderire in modo rigoroso all’oggetto del giudizio, con carattere diretto ed attuale>>[9].

Come già sostenuto dal T.A.R. Piemonte nell’ordinanza n. 88/2018, la norma censurata introduce una giurisdizione amministrativa oggettiva, senz’altro singolare all’interno di un sistema basato sulla <<giurisdizione / giustizia di diritto “soggettivo” e sul “potere” ex art. 24, comma 1 Cost in capo all’attore.>> e non già su di un “dovere” da intendere come onere economicamente gravoso, pena altrimenti il verificarsi in una preclusione processuale.

 Ancora, il Collegio afferma che è lo stesso concetto di tutela degli interessi legittimi richiamato in Costituzione dagli artt. 24, 203 e 113 che implica i summenzionati caratteri della personalità, attualità e concretezza della posizione giuridica soggettiva dell’individuo e <<solo lui è l’unico soggetto dell’ordinamento che può valutare autonomamente l’utilità del giudizio (nel caso di specie comunque economicamente costoso, trattandosi della materia degli appalti), e non può essere una legge dello Stato ad imporgli la “doverosità” (sempre nel senso di “onere” per evitare il formarsi di una preclusione processuale) di un’azione giurisdizionale priva di alcun vantaggio sul piano soggettivo, almeno nel momento in cui deve essere esperita secondo il censurato dettato normativo>>.

Infatti, l’impugnazione potrebbe rivelarsi del tutto inutile – e paradossalmente dannosa dal punto di vista economico – nel caso in cui lo stesso ricorrente si ritrovi aggiudicatario della procedura ovvero si collochi in graduatoria in una posizione tale da non aver alcun interesse a contestare l’aggiudicazione: considerando che al momento dell’ammissione alla procedura i vari partecipanti si trovano in una posizione indifferenziata e dunque solo potenzialmente lesiva, l’onere di immediata impugnazione costringe il privato ad impugnare le altrui ammissioni a priori da qualsiasi concreta utilità; inoltre, il contrasto con il principio di effettività della tutela emerge maggiormente tenendo conto degli elevati contributi unificati richiesti per i ricorsi in materia di appalti. In quest’ottica il nuovo rito, imponendo iniziative processuali forzate, anticipate ed al “buio”, potrebbe comportare un forte effetto dissuasivo al ricorso.

La disposizione del rito superaccelerato spicca altresì per la sua irragionevolezza rispetto al dettato dell’art. 3 comma 1 Cost[10]: il terzo inciso dell’art. 120 comma 2-bis conferma la regola tradizionale circa l’inammissibilità dell’impugnazione degli <<altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività>> per poi essere immediatamente contraddetto dai primi due incisi dello stesso comma che, al contrario, derogano alla regola tradizionale ed impongono l’impugnazione di un atto endoprocedimentale quale l’ammissione[11].

Dopo un’approfondita disamina, giurisprudenziale e dottrinale, della questione il Collegio ha affermato che << La disposizione in esame pone, pertanto, in capo al partecipante un onere inutile, economicamente gravoso, ed irragionevole – alla stregua del principio di effettività della tutela giurisdizionale desumibile dal combinato disposto degli artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1 e 113, commi 1 e 2 Cost. e del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1 Cost. – rispetto all’interesse realmente perseguito (i.e. conseguimento dell’aggiudicazione dell’appalto)>>.

Infine non si può non richiamare l’ordinanza n. 88 del TAR Piemonte con cui il medesimo rito è stato sottoposto allo scrutinio della CGUE per verificarne la compatibilità con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela giurisdizionale[12]: anche il Collegio di quel caso ha ritenuto che ci si ritrovasse innanzi ad un giudizio di diritto oggettivo, un giudizio incompatibile tanto con i principi europei quanto con quelli costituzionali a parer del TAR Puglia.

<<Il contrasto con i principi costituzionali si realizza nel momento in cui il legislatore attribuisce ad un soggetto privato (i.e. impresa partecipante alla gara) la tutela in via esclusiva di un interesse pubblico (come detto alla anticipata e non più contestabile formazione della platea dei concorrenti), interesse che potrebbe non coincidere mai con l’interesse privato, il tutto reso ancor più del gravoso se si considerano gli esborsi economici ingenti che sono necessari per promuovere eventualmente anche plurimi e distinti ricorsi giurisdizionali avverso distinte ammissioni>>.

Insomma, il rito superaccelerato potrebbe comportare tanto un effetto dissuasivo rispetto ad un’iniziativa processuale – in quanto obbliga ad una difesa anticipata e costosa  rispetto al verificarsi della lesione concreta –  in violazione dell’art. 24 Cost. quanto un effetto di proliferazione dei ricorsi, egualmente lesivo del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 comma 2 della Costituzione. Sotto quest’ultimo punto di vista, in linea generale è proprio l’onere – e la necessità – di proporre ricorsi plurimi avverso le ammissioni a rivelarsi ictu oculi in contrasto con il principio di ragionevolezza ex art. 3, comma 1 Cost., con il principio di effettività della tutela giurisdizionale ex artt. 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e 2, con il principio del giusto processo ex art. 111, comma 1 Cost. e con il principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2 Cost.: il meccanismo processuale tracciato dal legislatore del 2016 porta con sé un’ inevitabilmente proliferare di azioni giurisdizionali avverso plurime ammissioni relativamente alla stessa procedura di gara, in violazione dei principi di economia processuale e concentrazione.

Infine, viene analizzata la violazione dell’art. 117 comma 1 Cost. in virtù del valore di norme interposte degli artt. 6 e 13 CEDU, riguardanti il diritto fondamentale ad un giusto ed effettivo processo, infranti dal rito superaccelerato in quanto, quest’ultimo limita irreparabilmente la libertà del soggetto di autodeterminarsi rispetto alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire poiché questa, di fatto, risulta coartata dal legislatore stesso.

Nel richiedere la pronuncia della Corte Costituzionale per il contrasto della suddetta normativa con gli artt. l’art. 3 comma 1 Cost., l’art. 24 commi 1 e 2 Cost., l’art.103 comma 1 Cost., l’art. 111 commi 1 e 2 Cost.,l’art.113 commi 1 e 2 Cost., l’art. 117 comma 1 Cost, il Collegio sostiene che, affinché sia conforme al dettato costituzionale, la normativa debba essere depurata dei periodi riguardanti l’impugnazione delle ammissioni <<al fine di consentire l’operatività del tradizionale orientamento in forza del quale un atto amministrativo deve essere immediatamente contestato in sede giurisdizionale solo se immediatamente lesivo>>.

 

[1] T.A.R. Piemonte Sez I ordinanza n. 88 del 17/01/2018; F.Gatta, La “velocità” nemica del diritto: il rito superaccelerato approda alla CGUE, in questa rivista.

[2] La ratio sottostante all’introduzione del comma 2-bis è quella di garantire con la massima celerità la definizione della platea dei concorrenti,  ed al contempo garantire così stabilità al provvedimento di aggiudicazione, proteggendolo da impugnazioni che ritarderebbero inevitabilmente la stipula del contratto. Sennonché osservando da una prospettiva più ampia la materia del rito appalti, in particolare considerando l’elevato costo che deriva dal versamento del contributo unificato, non può sfuggire come l’impostazione scelta dal legislatore dissuada il privato dall’azionare i rimedi giurisdizionali.

[3] art. 120, comma 2-bis,  c.p.a: il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività.

[4] Ad esempio: T.A.R Campania, Napoli, sez. 4ª, 20.12.2016, n. 5858;  T.A.R Puglia Sez. III,n. 1262 dell’8.11.2016

[5] Artt. 3 comma 1, 24 commi 1 e 2, 103 comma 1, 111 commi 1 e 2, 113 commi 1 e 2 Cost.

[6]  Cons. Stato, Sez. V, 23.2.2015, n. 856: “… Il termine decadenziale per impugnare gli atti delle procedure di affidamento di appalti pubblici, ed in particolare l’aggiudicazione definitiva in favore di terzi, decorre dalla conoscenza di quest’ultima comunque acquisita dall’impresa partecipante alla gara. Da ultimo: Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143 e Sez. III, 7 gennaio 2015, n. 25; in precedenza: Ad. plen. 31 luglio 2012, n. 31

[7] Cons. Stato, Sez. VI, 6.3.2002, n. 1371; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 9.1.2017, n. 235; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 17.1.2018, n. 88; Cons. Stato, Sez. III, 1.9.2014, n. 4449; Cons. Stato, Sez. V, 23.2.2015, n. 855; punto 13.5.1, lett. c) della motivazione della ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6 dell’11.5.2018. Per quest’ultima si rinvia a F.Gatta, Il ricorso incidentale escludente ancora una volta alla CGUE, in questa rivista.

[8] Cons. Stato, Sez. V, 26.4.2018, n. 2534: <<E’ necessaria la cd. prova di resistenza, essenziale per la dimostrazione dell’interesse al ricorso che, come è noto costituisce condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., rilevabile anche d’ufficio e, in sede di appello. In linea generale, la verifica della sussistenza dell’interesse all’impugnativa deve manifestare la sua concretezza, nel senso che l’annullamento degli atti gravati deve risultare idoneo ad arrecare al ricorrente un’effettiva utilità, con la conseguenza che il gravame dell’aggiudicazione di un appalto pubblico che non sia finalizzato ad ottenere la rinnovazione della gara o l’esclusione dell’impresa aggiudicataria (che implicherebbero un immediato vantaggio per il ricorrente), ma che risulti fondato sulla sola contestazione della correttezza dei punteggi assegnati alle concorrenti, dev’essere sorretto, per essere ritenuto ammissibile, dalla c.d. prova di resistenza e, cioè, dalla dimostrazione a priori che, se le operazioni si fossero svolte correttamente, la ricorrente sarebbe risultata con certezza aggiudicataria (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5717 e 8 settembre 2015, n. 4209)>>.

[9] Consiglio Stato, Sez. IV, 19.6.2006, n. 3656 e Cons. Stato, Sez. IV, 7.6.2012, n. 3365

[10] <<Ai fini del sindacato di costituzionalità della disposizione contestata per contrasto con il principio di eguaglianza ex art. 3, comma 1 Cost. si deve, dunque, considerare come termine di raffronto (cd. tertium comparationis) il disposto del terzo inciso dell’art. 120, comma 2 bis cod. proc. amm. (“E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività”)>>

[11] << si ribadisce che un interesse al ricorso meramente ipotetico viene trasmutato dal legislatore del 2016 in un interesse concreto e attuale, introducendo una sorta di presunzione legale ed astratta di interesse al ricorso avverso le ammissioni (tuttavia in concreto non sussistente) e, corrispondentemente, di lesione di detto interesse, mentre analoga operazione è stata espressamente esclusa dal terzo inciso della disposizione in commento con riferimento a tutti gli “altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività”>>.

[12] Artt. 6 e 13 della CEDU, art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 1 direttiva n. 89/665/CEE

Federica Gatta

Giovane professionista specializzata in diritto amministrativo formatasi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza a 23 anni il 18/10/2018 con un lavoro di tesi svolto con la guida del Professor Fiorenzo Liguori, sviluppando un elaborato sul Decreto Minniti (D.l. n. 14/2017) intitolato "Il potere di ordinanza delle autorità locali e la sicurezza urbana" , ha iniziato a collaborare con il Dipartimento di Diritto Amministrativo della rivista giuridica “Ius in Itinere” di cui, ad oggi, è anche Vicedirettrice. Dopo una proficua pratica forense presso lo Studio Legale Parisi Specializzato in Diritto Amministrativo e lo Studio Legale Lavorgna affiancata, parallelamente, al tirocinio presso il Consiglio di Stato dapprima presso la Sez. I con il Consigliere Luciana Lamorgese e poi presso la Sez. IV con il Consigliere Silvia Martino, all'età di 26 anni ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, esercitando poi la professione da appartenente al COA Napoli. Da ultimo ha conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo – MIDA presso l’Università Luiss Carlo Guidi di Roma, conclusosi a Marzo 2023 con un elaborato intitolato “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici: l’oscillazione tra norma imperativa ed istituto discrezionale”. Membro della GFE ha preso parte alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, Guida Editore; inoltre ha altresì collaborato con il Comitato di inchiesta “Le voci di dentro” del Comune di Napoli su Napoli Est. Da ultimo ha coordinato l'agenda della campagna elettorale per le elezioni suppletive al Senato per Napoli di febbraio 2020 con "Napoli con Ruotolo", per il candidato Sandro Ruotolo. federica.gatta@iusinitinere.it - gattafederica@libero.it

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