domenica, Ottobre 6, 2024
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L’UNESCO e la World Heritage Convention

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization – UNESCO) è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che lavora per promuovere la pace e tra le Nazioni attraverso la scienza, la cultura, l’istruzione, la comunicazione e l’informazione.

È stata fondata durante la Conferenza dei Ministri Alleati dell’Educazione (CAME) svoltasi tra il 1° e il 16 novembre 1945, la sua Costituzione è stata firmata il 16 novembre 1945 e la sua entrata in vigore è del 4 novembre 1946, dopo la ratifica di venti Stati.
Ad aprile 2016 l’UNESCO conta 195 Paesi Membri più 10 Membri Associati. Il quartier generale si trova a Parigi ed opera sulla quasi totalità del globo grazie a Uffici Regionali. I progetti sponsorizzati vertono da programmi scientifici internazionali e di alfabetizzazione a progetti culturali regionali a cooperazioni internazionali per la preservazione del patrimonio culturale e naturale del pianeta oltre che dei diritti umani, tutti con lo scopo di trasformare la diversità del mondo d’oggi in un’opportunità di pace.

L’agenzia è caratterizzata da due organi principali: la General Conference e l’Executive Board.
La General Conference è composta dai rappresentanti di ogni Stato Membro dell’UNESCO, da alcuni membri associati, dagli osservatori degli stati non membri e da svariate organizzazioni inter-governative e non-governative. Si svolge ogni due anni, ogni paese ha un voto che non corrisponde alla sua superficie, né alla popolazione, né a quanto contribuisce al budget dell’agenzia. In seno a questa conferenza si determinano le politiche e il programma di lavoro dell’organizzazione. I membri della General Conference hanno anche l’onere di eleggere l’Executive Board e scegliere, ogni 4 anni, un Direttore Generale.
L’Executive Board assicura la gestione complessiva dell’agenzia incontrandosi ogni 2 anni. I suoi compiiti principali sono preparare la General Conference e controllare l’implementazione delle sue politiche.
Si contano 58 membri la cui scelta si basa sulla cultura di provenienza nonché sull’origine geografica. Ciò per riflettere l’universalità dell’UNESCO, sottolinearne l’equilibrio e il rispetto tra i paesi.

Una delle missioni principali dell’UNESCO è quella di mantenere aggiornata una lista di patrimoni dell’umanità (World Heritage List): siti importanti dal punto di vista culturale o naturalistico, la cui conservazione e sicurezza sono importanti per la comunità mondiale. Essa è nata con la World Heritage Convention del 1972, una convenzione che collega i concetti di conservazione naturale e preservazione di proprietà culturali e definisce il tipo di siti naturali o culturali che possono essere considerati per l’ammissione nella World Heritage List. Gli Stati aderenti hanno il dovere di identificare tali siti e assicurarne la protezione in primis nazionale, controllati in questo dall’UNESCO, tramite dei reports alla World Heritage Committee, che permettono all’agenzia di rendersi conto delle condizioni del sito, per risolverne gli eventuali problemi e per organizzare gli interventi. Proprio a questo è adibito, poi, il World Heritage Fund.

È dopo la prima guerra mondiale che nacque il bisogno di proteggere i siti culturali più belli del mondo. La “Convention concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage” del 1972 si è sviluppata a partire da due movimenti differenti: il primo riguardante la preservazione dei siti culturali, l’altro della natura. Fu la decisione di costruire la diga di Assuan in Egitto a destare scalpore verso la fine degli anni 50, in quanto con essa si sarebbe inondata la celeberrima Valle dei Templi, contenente i templi di Abu Simbel, un tesoro della civilizzazione dell’antico Egitto. Nel 1959 l’UNESCO ha lanciato una campagna internazionale di salvaguardia del sito che costò circa 80 milioni di dollari americani, metà dei quali donata da una cinquantina di paesi. Il tempio fu smantellato e riassemblato su un terreno più asciutto. Dopo questo accadimento, l’UNESCO preparò, con l’aiuto dell’International Council on Monuments and Sites (ICOMOS), una convenzione sulla protezione dei siti culturali di importanza mondiale.
L’idea di preservare i più importanti siti naturali venne, invece, agli USA, nel 1965, in una conferenza alla casa bianca in cui si introdusse la “World Heritage Trust” per proteggere ‘the world’s superb natural and scenic areas and historic sites for the present and the future of the entire world citizenry’. La “International Union for Conservation of Nature” (IUCN) presentò tali proposte alla Conferenza sullo “Human Environment” di Stoccolma nel 1972. Il testo fu approvato da tutte le parti in causa e la Convenzione concernente la “Protection of World Cultural and Natural Heritage” fu adottata dalla General Conference dell’UNESCO il 16 novembre 1972 insieme alla “Recommendation concerning the Protection, at National Level, of the Cultural and Natural Heritage”.

La Convenzione è costituita da 38 articoli, divisi in 6 sezioni più alcune clausole finali.
La prima parte (art. 1-3) è dedicata alle definizioni di patrimonio culturale e naturale. Il primo è costituito da: monumenti, ovvero “opere architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico”; agglomerati, dunque “gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico”; siti, “opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e della natura, come anche le zone, compresi i siti archeologici, di valore universale eccezionale dall’aspetto storico ed estetico, etnologico o antropologico.”
Quello naturale è, invece, caratterizzato da: monumenti naturali come “formazioni fisiche e biologiche”, “formazioni geologiche e fisiografiche e le zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore universale”, siti naturali o “zone naturali strettamente delimitate di valore universale”.
Dopo aver definito cosa sarà l’oggetto di tale Convenzione, la seconda sezione è dedicata alla protezione nazionale e internazionale dei due tipi di patrimonio (art. 4-7). Gli Stati aderenti promettono di utilizzare tutte le risorse loro disponibili per la conservazione e protezione dei siti culturali e naturali, anche aiutati dalla comunità internazionale. Secondo l’Art.7: “Ai fini della presente Convenzione, per protezione internazionale del patrimonio mondiale, culturale e naturale, s’intende l’attuazione di un sistema di cooperazione e di assistenza internazionali, inteso a secondare gli Stati partecipi della presente Convenzione negli sforzi da loro svolti per preservare ed identificare questo patrimonio.”
In seguito, la terza parte istituisce un “comitato intergovernativo per la protezione del patrimonio mondiale, culturale, naturale” (art. 8-14), composto di 15 Stati membri, eletti da tutti gli altri, riuniti in un’assemblea generale durante la Conferenza generale dell’UNESCO. Come previsto dall’art.8, gli Stati membri del Comitato sono ora 21.
Interessante, in questa sezione, anche l’art.11, secondo il quale ogni Stato deve consegnare una lista di siti da inserire nell’elenco del patrimonio mondiale. Perché ciò sia possibile, lo Stato interessato deve dare il suo consenso. In più, “Su questo elenco possono essere iscritti soltanto beni del patrimonio culturale e naturale minacciati di gravi e precisi pericoli, come minaccia di sparizione dovuta a degradazione accelerata, progetti di grandi lavori pubblici o privati, rapido sviluppo urbano e turistico, [..], conflitto armato o minaccia di un tale conflitto, calamità e cataclismi, grandi incendi, terremoti, scoscendimenti, eruzioni vulcaniche, modificazione del livello delle acque, inondazioni, maremoti.” (11.4)
Le domande di assistenza internazionale che gli Stati possono porre, come definito dall’art.13: “[..] possono vertere sulla protezione, la conservazione, valorizzazione o rianimazione di questi beni.”
La quarta parte (art. 15-18) riguarda i fondi destinati a tale assistenza, viene istituito un “fondo del patrimonio mondiale” riservato unicamente ai fini degli interventi decisi dal Comitato. Possono essere accettati anche contributi già vincolati ad un dato progetto ma non corredati di condizioni politiche.
La quinta parte riguarda le condizioni dell’assistenza internazionale (art. 19-26). In particolare, secondo l’art. 19: “Ogni Stato partecipe della presente Convenzione può domandare un’assistenza internazionale in favore di beni del patrimonio culturale o naturale di valore universale eccezionale situati sul suo territorio”.  Tale sostegno può concernere solamente i beni iscritti nella “World Heritage List” (art. 20) e la sua entità è decisa sempre dal Comitato (art. 21). Un intervento importante può essere concesso solo dopo uno studio particolareggiato (art. 24) e “lo Stato che riceve questa assistenza internazionale deve continuare a proteggere, conservare e valorizzare i beni così tutelati, conformemente alle condizioni definite nell’accordo.” (art. 26).
La sesta sezione istituisce dei programmi educativi (art. 27-28), mentre la settima ed ultima garantisce che gli Stati Parte della Convenzione si impegnino a diffondere pubblicamente informazioni sullo stato del loro patrimonio culturale tramite anche dei rapporti indirizzati all’UNESCO contenenti le misure adottate per l’implementazione della Convenzione (art. 28-29).
Con le “clausole finali” (art. 30-38) si specificano le lingue in cui è trascritta la Convenzione, gli Stati ammessi, le norme sulla ratifica, l’accettazione e l’entrata in vigore.

L’idea portante di tale testo è, sicuramente, l’assunzione che sia il patrimonio culturale che quello naturale siano minacciati dal degrado e dall’evoluzione della vita sociale ed economica degli Stati, che, da soli, non possono farci fronte. La rovina o, peggio, la scomparsa di tale immensa ricchezza costituirebbe una perdita incalcolabile per l’uomo. Contro le sfide del mondo odierno, come il cambiamento climatico, il buco nell’ozono, l’inquinamento crescente e la modificazione degli ecosistemi ambientali globali, l’UNESCO è un’agenzia di primaria importanza nello scenario internazionale. La sua universalità potrebbe, tuttavia, essere minata dalle mancanze di alcune nazioni, quali Stati Uniti e Israele, la cui decisione di lasciare l’agenzia entrerà in vigore il 31 dicembre 2018. Le motivazioni che hanno spinto questi Paesi alla drastica ritirata sono state alcuni recenti provvedimenti dell’UNESCO: nel luglio scorso, con una risoluzione, è stata negata la sovranità di Israele sulla Gerusalemme vecchia e est, dichiarando Israele “potenza occupante”. Già il legame culturale tra Israele e il Muro del Pianto e la tomba dei Patriarchi di Hebron era stato messo in dubbio in precedenza, con quest’ultimo sito dichiarato “patrimonio dell’umanità” sotto potestà palestinese.

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

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