L’Accordo di Cotonou tra i Paesi dell’area ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) e l’Unione Europea
L’Accordo di Cotonou venne firmato, dopo 18 mesi di negoziazioni, il 23 giugno 2000 tra settantanove Paesi dell’area ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) e l’Unione Europea, ed esso rappresenta una nuova fase nella cooperazione allo sviluppo dopo la scadenza della IV Convenzione di Lomé.
Firmata nel 1990, la IV Convenzione di Lomé è l’ultima di un ciclo di accordi iniziato nel 1975 con l’obbiettivo di razionalizzare quelli di Yaoundé e di Arusha mediante l’adozione di un unico e più ampio strumento convenzionale; in questa prospettiva fu conclusa nel 1975 la I Convenzione di Lomé, i cui elementi fondamentali erano costituiti dalle disposizioni relative alla concessione di preferenze tariffarie ai prodotti ACP nel mercato comunitario, l’erogazione di aiuti finanziari e la cooperazione industriale; la Convenzione modificò sostanzialmente i rapporti tra gli Stati ACP e la Comunità Europea, in quanto la clausola di reciprocità negli scambi commerciali venne sostituita con quella opposta di non reciprocità, compatibile con la modifica del GATT a favore dei Paesi in via di sviluppo, in base alla quale ai Paesi ACP veniva lasciata la possibilità di regolare il trattamento dei prodotti comunitari in modo differenziato e più adeguato alle proprie esigenze di sviluppo (clausola poi integrata con quella della nazione più favorita).
L’Accordo di Cotonou, avente durata ventennale, ha stabilito un nuovo quadro per le future relazioni tra ACP ed Unione Europea, e rappresenta una tappa fondamentale nella definizione delle politiche di sviluppo e cooperazione Nord-Sud a livello globale. Caratteristica fondamentale di tale accordo è l’introduzione del concetto di differenziazione e regionalizzazione, dal quale discendono due importanti novità: da un lato, infatti, i Paesi ACP possono intraprendere un processo di negoziazione con l’Unione in vista della conclusione di una nuova tipologia di accordi commerciali, denominati “accordi di partenariato economico” (APE); dall’altro, l’Unione può offrire differenti regimi commerciali agli Stati partner, in funzione del loro livello di sviluppo e tenendo conto della loro appartenenza a determinati gruppi regionali.
L’Accordo è stato poi rivisto nel 2010 con la decisione 2010/648/CE, adattando il partenariato per concentrarsi su temi quali il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, la sostenibilità della pesca, il rafforzamento della sicurezza nelle regioni più fragili, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Con la comunicazione congiunta al Parlamento Europeo e al Consiglio del 22 novembre 2016, la Commissione Europea, in vista della scadenza dell’Accordo, ha manifestato la volontà di “rivitalizzare” le relazioni tra UE e Paesi ACP, realizzando un partenariato politico rinnovato che realizzi l’obiettivo di “un sistema multilaterale basato su regole per affrontare le sfide globali”.
Francesca Salvatore, napoletana, classe 1993.
Studentessa di Giurisprudenza all’Università Federico II, laureanda in Diritto del commercio internazionale con una tesi sul capitolo 11 dell’Accordo Nordamericano di libero scambio, relativo alla tutela degli investimenti stranieri.
Iscritta a ELSA Napoli, parteciperà alla 16esima edizione della ELSA Moot Court Competition, organizzata con la partnership della WTO.