venerdì, Aprile 19, 2024
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L’Accordo di Parigi: la miopia politica di Donald Trump

Premessa: questo è l’ultimo di una serie di articoli che mira ad analizzare le politiche energetiche ed ambientali dei principali paesi firmatari della COP21. In quest’articolo analizzeremo il fall-out americano, sottolineandone contraddizioni e problematiche.

Un problema di diritto?

Più di un mese fa abbiamo dato inizio ad un percorso che analizzasse le politiche ambientali ed energetiche dei principali paesi firmatari della COP21. Ne abbiamo sottolineato le controversie ed analizzato da molti punti di vista le implicazioni. Abbiamo salutato, poi, con interesse le partecipazioni alla COP21 dell’India e della Cina . Prima di tutto ciò, tuttavia, abbiamo sottolineato l’importanza che i giuristi si occupassero in modo sempre maggiore della materia ambientale. E, con quest’ultimo articolo, si chiude indubbiamente un cerchio.

Infatti la causa per cui il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, abbia potuto unilateralmente decidere di rescindere la partecipazione degli Stati Uniti dalla Cop21, prima ancora che politica, è giuridica. Quando l’ex coinquilino della casa bianca, Barack Obama, aveva annunciato la ratifica della COP21 nel Settembre 2016, aveva qualificato la cop21 agreement un accordo meramente esecutivo. Ciò comportava il non necessario passaggio per il Senato.

Oggi Donald Trump può appellarsi al medesimo meccanismo, potendo decidere unilateralmente la rescissione, da parte americana, dell’accordo di Parigi.

E’, dunque, un problema di diritto? Indubbiamente. Ma è un problema formale, ancor più che sostanziale. E’ un problema che attiene, cioè, alle forme della democrazia occidentale odierna. Nel primo articolo, in tempi non sospetti, citavamo la dottrina del costituzionalismo internazionale. Oggi questo tema si fa ancora più forte, più incisivo e determinante per il futuro del nostro pianeta.  La necessità dovrebbe essere quella di evitare questi gap nei processi democratici e formalizzare procedure aggravate per l’adozione e l’eventuale richiesta di modifica o, ancor più grave, rescissione da accordi internazionali in materia ambientale.

Miopia politica

Eppure ciò che lascia più sbalorditi, è la miopia politica di Donald Trump. Uno dei punti fondamentali della sua amministrazione sono le infrastrutture e l’occupazione. Joseph Robertson, global strategy director della citizens climate Lobby, in un articolo sul the Guardian  evidenzia come gli investimenti nelle nuove infrastrutture energetiche possano fruttare miliardi di dollari, ma, soprattutto, migliaia di nuovi posti di lavoro.

Il Paris agreement, dunque, non solo si occupa di risolvere fondamentali problemi in materia ambientale, ma anche di indurre gli Stati ad investire sempre di più in nuove infrastrutture.

L’esempio cade sulla repubblica popolare Cinese, che insieme all’India sembra aver compreso potenzialità ed opportunità prima di tutto economiche che derivano dal paris agreement. Infatti, mentre Donald Trump annunciava l’uscita degli USA dall’accordo di Parigi, la repubblica popolare cinese annunciava l’attivazione di quello che, ad oggi, è il maggior impianto fotovoltaico galleggiante al mondo. Il nome della centrale è Sungrow power e si trova in Huainan, nella provincia orientale dell’Anhui.  La centrale solare Sungrow Power è stata costruita sul sito allagato di una vecchia miniera di carbone. Produrrà 40 megawatt, energia sufficiente ad alimentare tra le 15 e le 30 mila abitazioni.

Dunque la domanda è semplice: perché Donald Trump ha deciso di non approfittare di quelle che a parere di molti economisti sono le frontiere economiche dei prossimi anni? A questa domanda non può darsi una risposta certa ed univoca. Certe ed univoche sono, tuttavia, le reazioni dei principali fautori dell’accordo di Parigi. Cina ed India hanno confermato la volontà di permanere nell’accordo. Italia, Germania e Francia, il primo Giugno, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che afferma la volontà forte di permanere nell’accordo. Sembra, in altre parole, che gli USA abbiano perso de facto la leadership sui principali paesi occidentali.

Conclusioni

Le valutazioni giuridiche che stanno alla base della possibilità di rescissione dall’accordo di Parigi da parte degli USA non possono che lasciare sbalorditi un osservatore esterno. Parte della colpa, indubbiamente, è anche dell’amministrazione precedente a quella attuale di Donald Trump: troppo lasciva e approssimativa nella ratifica di un accordo che è un punto cruciale nell’agenda della maggior parte dei paesi del mondo.

Ma ciò, ancora una volta tendo a sottolinearlo, non può che farci interrogare sui processi decisionali democratici che sono alla base della ratifica dei trattati internazionali in materia ambientale. Occorre una svolta forte e significativa. E’ corretto che un uomo possa decidere,  unilateralmente, di gettare ombre sull’accordo più importante per il nostro pianeta?

Enrico Corduas

Classe 1993, laureato con lode in  giurisprudenza (Federico II) in diritto dell'energia con una tesi dal nome "Europa-Cina: politiche energetiche a confronto", frutto di un'esperienza di ricerca tesi a Shanghai (Koguan Law school). Attualmente svolge il tirocinio ex art 73 presso la Corte d'Appello di Napoli, I sezione penale.

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