venerdì, Aprile 19, 2024
Uncategorized

Con Trump l’accordo sul nucleare iraniano ha un futuro?

Il Joint Comprehensive Plan of Action (Piano d’Azione Congiunto Globale) o accordo sul nucleare iraniano, è un accordo internazionale stipulato tra l’Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia) più la Germania (P5+1) e l’Unione Europea (E3/EU+3), il 14 luglio 2015 a Vienna, e confermato con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 20 luglio, 2231(2015) [1]. Il 31 luglio il Consiglio dell’UE ha adottato gli atti giuridici che traspongono in norme dell’Unione la prima disposizione [2]. Già in precedenza, nel novembre 2013, era stato firmato un accordo provvisorio tra i paesi del P5+1 e l’Iran, voluto fortemente da Obama.

Tramite questi ultimi negoziati, l’Iran ha accettato l’eliminazione delle sue riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliare del 98% le riserve di uranio a basso arricchimento e ridurre di 2/3 le sue centrifughe a gas per 13 anni. Per i successivi 15 anni l’Iran potrà arricchire l’uranio solo al 3,67%. Gli impianti (reattori ad acqua pesante come quello principale di Arak) saranno convertiti per evitare il rischio di proliferazione nucleare. Per monitorare e accertare il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) avrà regolare accesso a tutti gli impianti nucleari iraniani (con l’approvazione degli interessati). Inoltre, l’accordo prevede che, se rispetterà tali impegni, l’Iran otterrà la cessazione delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (emanate con la risoluzione 1737/2006 per dissuaderlo dal suo programma nucleare) [3]. La rimozione non sarà immediata: dovrà essere preceduta da una nuova risoluzione ONU e da un controllo dell’AIEA sul rispetto dei patti da parte di Teheran. Nel caso più infausto di violazione dell’accordo, delle nuove sanzioni entreranno in vigore dopo 65 giorni dalla notifica.

Il 16 gennaio 2016, data di attuazione del patto, la maggior parte delle sanzioni UE e ONU contro il nucleare iraniano è stata revocata; questo riguarda le sanzioni economiche e finanziare dell’Unione, restano in vigore ancora alcune limitazioni (restrizioni al trasferimento di merci sensibili in materia di proliferazione, embarghi su armi e missili balistici).

Il JCPOA è costituito da una prefazione, preambolo, 37 articoli e 5 annessi (riguardanti i dettagli tecnici per l’implementazione dell’accordo).

Nella prefazione sono indicate le motivazioni generali per le quali l’accordo è stato stipulato: “Iran envisions that this JCPOA will allow it to move forward with an exclusively peaceful, indigenous nuclear programme, in line with scientific and economic considerations, in accordance with the JCPOA, and with a view to building confidence and encouraging international cooperation.” [4] Nel preambolo sono esplicate e divise per punti le idee generali già espresse nella prefazione (natura unicamente pacifica del nucleare iraniano, il non ulteriore sviluppo di armi nucleari, l’eliminazione graduale delle sanzioni di pari passo con l’implementazione dell’accordo, la volontà di cooperazione internazionale nell’ambito dell’eliminazione dell’arsenale nucleare mondiale, la creazione della Joint Commission e i controlli dell’AIEA).

Inizia, qui, il corpo vero e proprio del trattato, con una prima parte dedicata al nucleare.
La prima delle tre sezioni in cui è divisa, Sezione A, riguarda l’“Enrichment, Enrichment R&D, Stockpiles” e comprende i primi 7 articoli. Essi enunciano le limitazioni sull’impiego dell’uranio e sul suo arricchimento, a cui l’Iran sarà sottoposto. (“Iran’s long term plan includes certain agreed limitations on all uranium enrichment and uranium enrichment-related activities including certain limitations on specific research and development (R&D) activities for the first 8 years, to be followed by gradual evolution, at a reasonable pace, to the next stage of its enrichment activities for exclusively peaceful purposes, as described in Annex I.” [4]) Inoltre, l’Iran sottoscrive di non costruire nuove centrifughe allo scopo di arricchire l’uranio (il cui livello di arricchimento non potrà superare la percentuale di 3,67), e di ristrutturare quelle nuove unicamente sotto controllo dell’AIEA.

La Sezione B (“Arak, Heavy water, Reprocessing”) comprende gli articoli 8-12, riguardanti la modernizzazione e la ricostruzione dei reattori ad acqua pesante di Arak (“The reactor will support peaceful nuclear research and radioisotope production for medical and industrial purposes.” [4]), al fine di approfondire la cooperazione internazionale allo sviluppo pacifico di tali materiali. Non saranno previsti, inoltre, nuovi reattori di questo tipo per almeno 15 anni, periodo nel quale l’Iran si impegna anche a non riutilizzare il combustibile già esaurito “with the sole exception of separation activities aimed exclusively at the production of medical and industrial radio-isotopes from irradiated enriched uranium targets.” [4]

La Sezione C (“Transparency and confidence building measures”), contiene gli articoli 13-17.
Entro il 15 ottobre 2015 avverrà la totale implementazione di parte dell’accordo. L’AIEA controllerà l’implementazione delle misure volontarie nei confronti delle rispettive scadenze, e delle misure di trasparenza che includono: “a long-term IAEA presence in Iran; IAEA monitoring of uranium ore concentrate produced by Iran from all uranium ore concentrate plants for 25 years; containment and surveillance of centrifuge rotors and bellows for 20 years; use of IAEA approved and certified modern technologies[..]; and a reliable mechanism to ensure speedy resolution of IAEA access concerns for 15 years, as defined in Annex I.” [4] Infine, l’Iran non si impegnerà in attività che possono in ogni qual modo contribuire allo sviluppo di un dispositivo nucleare esplosivo e coopererà in accordo con il JPCOA.

La seconda e più corposa parte riguarda le sanzioni (art. 18-33).
“The UN Security Council resolution endorsing this JCPOA will terminate all provisions of previous UN Security Council resolutions on the Iranian nuclear issue [..] simultaneously with the IAEA-verified implementation of agreed nuclear-related measures by Iran and will establish specific restrictions”. [4]
Anche l’UE, allo stesso modo, si impegna ad eliminare le sanzioni, 8 anni dopo l’”Adoption day” o nel momento in cui l’AIEA verificherà che i materiali nucleari rimasti in Iran siano utilizzati per scopi pacifici. Se, in ogni momento, l’Iran riscontrasse delle problematiche con le sanzioni, queste potranno essere discusse con gli altri stati parte, o riferite alla Joint Commission.

Infine, “EU and E3+3 countries and international participants will engage in joint projects with Iran, including through IAEA technical cooperation projects, in the field of peaceful nuclear technology, [..] The E3/EU+3 and Iran will agree on steps to ensure Iran’s access in areas of trade, technology, finance and energy.” [4]

La terza parte riguarda, invece, l’”Implementation Plan” (art. 34-35).
Sono stabiliti differenti tappe principali per l’implementazione di tale piano:

– “Finalisation Day”, giorno in cui i negoziati sono conclusi tra le parti in causa, seguiti dalla risoluzione del CS.

– “Adoption Day”, 90 giorni dopo la conclusione dei negoziati, il JPCOA diventa effettivo. Da questa data, gli stati parte disporranno le azioni necessarie all’implementazione degli obblighi dell’accordo.

– “Implementation Day”, data nella quale è previsto che gli stati ritirino le sanzioni, compatibilmente con i controlli dell’AIEA.

Le ultime due tappe, ancora da compiere, sono:

– “Transition Day”, 8 anni dopo la firma del trattato (2023) o nel momento in cui l’AIEA avrà verificato che tutto il materiale nucleare rimanente in Iran sarà utilizzato per scopi pacifici nel caso questo avvenga prima del termine.

– “Termination Day”, 10 anni dopo l’adozione (2025), in cui, se soddisfatte le condizioni del trattato, le sanzioni all’Iran saranno definitivamente eliminate.

L’ultima parte, la quarta, “Dispute Resolution Mechanism”, comprende gli art. 36-37 riguardanti la risoluzione pacifica delle dispute tra gli stati dell’E3/EU+3 e dell’Iran (con intervento della Joint Commission, o del Ministero per gli Affari Esteri, o di un Advisory Board – costituita da 3 membri, due nominati dalle parti in causa e un terzo indipendente). Le questioni irrisolte possono essere utilizzate come motivazione per non adempiere agli obblighi dell’accordo, se notificate al CS delle Nazioni Unite.

Nonostante i nobili scopi del JPCOA, il 15 ottobre il Presidente Trump ha deciso di non certificare il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran, chiedendo piuttosto nuove sanzioni, con l’accusa di violazione in diverse occasioni, non rispetto delle scadenze e impedimento dei controlli, pena il suo annullamento. Il Presidente ha, inoltre, insinuato che il patto sottoscritto fosse solo “un piano strategico degli iraniani per uscire dalla stretta delle sanzioni.” Hassan Rohani, presidente iraniano, ha sostenuto l’infondatezza di tali accuse, sottolineando la multilateralità dell’accordo e la sua ratifica da parte delle Nazioni Unite. La “de-certificazione” da parte del presidente ha creato grande destabilizzazione sulla scena internazionale: da quel momento, il Congresso aveva a disposizione 60 giorni per decidere se reintrodurre le sanzioni ormai sospese contro l’Iran. Nel caso in cui le Camere avessero votato positivamente, gli USA sarebbero usciti dall’accordo la cui sopravvivenza sarebbe dipesa dai restanti stati firmatari, comunque decisi a mandarlo avanti, interessati a favorire la “piena attuazione da tutte le parti”.
Secondo Trump, “l’accordo doveva servire alla pacificazione dell’area e invece il regime continua a sponsorizzare il terrorismo in Medioriente e nel mondo”; le sue dichiarazioni sono state immediatamente sostenute dal premier israeliano Netanyahu e dall’Arabia Saudita, mentre per la Russia l’intesa resta valida.

Comunque, considerando i dati raccolti fino ad ora, 8 volte l’AIEA ha verificato con risultato positivo il rispetto degli accordi da parte di Teheran, l’ultima conferma nel rapporto di agosto.

Il 12 gennaio, a scadenza dei 60 giorni in cui il Congresso poteva decidere il da farsi, Trump ha dichiarato il congelamento delle sanzioni contro l’Iran, mantenendo intatto l’accordo, considerandola, però, l’ultima occasione per il successo di questa cooperazione. Sono, comunque, state promulgate misure contro 14 tra aziende e individui per violazione dei diritti umani e sostegno al programma missilistico.
La decisione è solamente rinviata a maggio, momento in cui potrebbero emergere nuove tensioni, che andrebbero probabilmente a spezzare in modo definitivo il già incrinato legame tra Stati Uniti e Iran.

[1]  Consiglio di Sicurezza dell’ONU, risoluzione n. 2231(2015), 20 luglio 2015 

[2] Consiglio Europeo, regolamento (UE) 2015/1327, 31 luglio 2015 

[3] Consiglio di Sicurezza dell’ONU, risoluzione n. 1737/2006, 23 dicembre 2006

[4] Joint Compehensive Plan of Action, 14 luglio 2015

 

 

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

Lascia un commento