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L’affidamento di servizi sociali è un appalto? Una sintesi ragionata del parere del Consiglio di Stato del 26 luglio 2018

L’ANAC ha richiesto al Consiglio di Stato un parere sulla normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali, alla luce delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, e del d.lgs. n. 117 del 2017.

In particolare, sono emersi dubbi interpretativi circa l’esclusione dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici di ampi settori di attività affidati agli organismi del terzo settore, alla luce del futuro aggiornamento della delibera n. 32 del 2016, recante “Linee guida per l’affidamento di servizi ad enti del terzo settore ed alle cooperative sociali”.

 Per analizzare il percorso argomentativo dei Giudici di Palazzo Spada, esposto nel parere della Commissione speciale del 26 luglio 2018 appare necessaria una breve premessa della normativa in questione.

Il vigente Codice dei contratti pubblici disciplina al proprio interno anche le procedure di affidamento di appalti di servizi sociali, in linea con il disposto delle direttive UE.

In tale contesto, di diretta derivazione europea, si inserisce la normativa prettamente nazionale del d.lgs. n. 117 del 2017, c.d. Codice del terzo settore, recentemente integrato e corretto dal d.lgs. 3 agosto 2018, n. 105, che tenta di valorizzare il ruolo degli enti non profit. Tra le varie prescrizioni, il Codice riporta al Titolo VII le modalità di affidamento ad enti del terzo settore dello svolgimento di servizi sociali da parte di Pubbliche Amministrazioni [1].

La Commissione ha osservato innanzitutto che “i Trattati Europei non attribuiscono all’Unione alcuna competenza in materia di enti non profit”. Ciononostante,la competenza degli Stati membri deve, nondimeno, essere esercitata nel rispetto della disciplina in materia di concorrenza, secondo la nozione funzionale di impresa adottata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea(incentrata sullo svolgimento di attività economica, anziché sulle caratteristiche dell’operatore professionale). Su queste basi, il Codice del Terzo settore deve mediare due contrapposte esigenze: valorizzare le organizzazioni non lucrative e, al contempo, salvaguardare gli equilibri funzionali del libero mercato.

Le disposizioni del Codice del Terzo Settore non indicano più, quale superiore principio conformativo delle procedure di affidamento di servizi sociali, il necessario rispetto “delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione”, ed inoltre non limitano il ricorso alla co-progettazione ai soli “interventi innovativi e sperimentali”, ma qualificano l’istituto come strumento ordinario a regime.

L’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato ripercorre innanzitutto il contesto sistematico in cui si colloca la normativa, alla luce del principio di primazia del diritto euro-unitario.

Tenendo ben presente l’origine euro-unitaria del Codice Appalti (che come tale deve essere interpretato in base alle categorie giuridiche proprie dell’ordinamento europeo), il Consiglio rileva che la nozione funzionale di impresa ha, in ambito euro-unitario, una latitudine particolarmente ampia, dato che prescinde dalla veste giuridica e dai caratteri strutturali del soggetto gerente e si concentra, viceversa, sulla ricorrenza in concreto di oggettivi caratteri economici nell’attività posta in essere.

Pertanto, ogni iniziativa relativa alla realizzazione di beni, all’esecuzione di lavori od alla prestazione di servizi astrattamente contendibili è, ai fini e per gli effetti della normativa europea, attività di impresa ed è soggetta alla disciplina dalla medesima apprestata.

Per tutte le fattispecie escluse (non per quelle estranee) l’art. 4 del Codice dei contratti pubblici prevede solamente il rispetto di meri principi di massima[2], come ad esempio per il servizio di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza, escluso ai sensi dell’art. 17, lett. h), del Codice dei contratti pubblici.

Diversamente, ciò che non è economico risulta fuori dalla regolazione competitiva euro-unitaria: non semplicemente escluso, bensì totalmente estraneo, conseguentemente al diverso sostrato oggettuale della materia, estranea rispetto alla normativa euro-unitaria.

In tale contesto, il Consiglio sottolinea che il concetto europeo di “appalto” è sensibilmente più ampio di quello nazionale ed inerisce a tutti i “contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi” (cfr. Codice dei contratti pubblici, art. 3, lett. ii).

Di regola, dunque, l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario.

Inoltre, nel nostro ordinamento sono necessarie le seguenti condizioni per escludere la procedura di affidamento di servizi sociali alla regolazione di origine euro-unitaria degli appalti:

– la procedura disciplinata dal diritto interno non deve avere carattere selettivo;

non deve tendere, neppure prospetticamente, all’affidamento di un servizio sociale;

– la procedura disciplinata dal diritto interno mira sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito.

I primi due punti sono inerenti all’apertura del mercato, mentre il terzo si concentra sul fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi: non solo, infatti, dal punto di vista testuale è “appalto pubblico” ai fini europei esclusivamente il contratto a titolo oneroso, ma lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non pone in radice problemi di distorsione della concorrenza solamente laddove si risolva in un fenomeno non economico, ossia strutturalmente al di fuori delle logiche di mercato perché incapace di essere auto-sufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi[3].

La gratuità è pertanto direttamente correlata all’aumento patrimoniale conseguito dalla collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore.

La gratuità effettiva coincide contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore e, di conseguenza, fuori del mercato.

In caso contrario, la gratuità si risolverebbe in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori.

Per quanto riguarda l’accreditamento, esso è al di fuori della normativa euro-unitaria ove si limiti alla mera individuazione dei soggetti del terzo settore da inserire nella rete dei servizi sociali, senza che, a monte, sia stato previamente individuato un numero od un contingente prefissato (cosiddetto modello dell’accreditamento libero). In tal caso, infatti, l’istituto si risolve sostanzialmente in una sorta di abilitazione priva di carattere selettivo e non propedeutica all’affidamento di un servizio. Viceversa, ove sia preliminarmente stabilito un contingente massimo di operatori accreditabili, ovvero l’accreditamento costituisca uno strumento per l’attivazione di un partenariato, la procedura riveste un carattere selettivo che ne impone la riconduzione entro i canoni diritto euro-unitario.

Considerazioni analoghe valgono per la co-progettazione, che.presenta a monte un momento selettivo fra gli operatori interessati e tende a valle a disporre all’ente co-progettante l’affidamento del servizio sociale.

Analogamente, il partenariato assume carattere selettivo, anche alla luce del fatto che il Codice dei contratti pubblici lo contempla quale procedura snella e flessibile (es. il partenariato per l’innovazione).

In sostanza, si devono ritenere estranee al codice unicamente le procedure di accreditamento c.d. libero e le procedure di co-progettazione e partenariato finalizzate a rapporti puramente gratuiti[4].

Meriterebbero poi una trattazione a parte le convenzioni di cui all’art. 56 del d.lgs. n. 117 del 2017[5].

Salve, dunque, le esposte eccezioni, le procedure previste dal Codice del terzo settore configurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e, pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca a quella apprestata dal Codice del terzo settore.

Del resto, le direttive europee consentono agli Stati, in materia di aggiudicazione di appalti sociali, “di determinare le norme procedurali applicabili fintantoché tali norme consentono alle amministrazioni aggiudicatrici di prendere in considerazione le specificità dei servizi in questione.

In considerazione della primazia del diritto euro-unitario, peraltro, la disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici prevale in ogni caso sulle difformi previsioni del Codice del terzo settore, ove queste non possano in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro-unitario.

Nondimeno, anche i contratti di appalto di servizi sociali sono soggetti all’art. 37 del d.lgs. n. 33 del 2013, afferente agli “Obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”, ad eccezione dell’ipotesi di svolgimento interamente gratuito del servizio affidato nei limiti e nei sensi più volte richiamati.

A loro volta, i soggetti affidatari dei servizi sociali sono sottoposti all’art. 2-bis, comma 3, del d.lgs. 33/2013, quali “enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica … che esercitano attività di produzione di servizi a favore delle Amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.

Più in generale, è ragionevole ritenere che le Amministrazioni debbano volta per volta motivare la scelta di ricorrere agli stilemi procedimentali delineati dal Codice del terzo settore, in luogo dell’indizione di una ordinaria gara d’appalto, in quanto l’attivazione di una delle forme enucleate dal Codice del terzo settore priva de facto le imprese profit della possibilità di affidamento del servizio.

Al fine di adempiere ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, pertanto, l’Amministrazione dovrà puntualmente indicare e documentare la ricorrenza, nella concreta vicenda, degli specifici profili che sostengono, motivano e giustificano il ricorso a procedure che escludono gli operatori economici tesi a perseguire un profitto, sottolineando inoltre la maggiore idoneità di tali procedure a soddisfare i bisogni “sociali” ricorrenti nella fattispecie.

Pertanto, salve le ipotesi derogatorie espressamente previste dal Codice dei Contratti (articoli 112 e 143) il ricorso alle procedure di cui al Codice del terzo settore deve essere volta per volta specificamente motivato quale riflesso operativo del preminente valore “sociale” dell’affidamento, in diretta connessione con i principi di trasparenza europei.

Sul punto, la Commissione approfondisce il concetto di onerosità, complementare a quello di gratuità precedentemente espresso, che costituisce la linea di demarcazione fra i servizi economici di interesse generale, soggetti al Codice, ed i servizi non economici di interesse generale, in radice ad esso estranei.

In particolar modo, la Commissione ritiene che solo il rimborso spese a piè di lista che escluda la remunerazione, anche in maniera indiretta, di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici. È necessario che sia acclarata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante e, altresì, che non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale.

 

In conclusione, secondo il Consiglio di Stato:

  • le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al Codice dei contratti pubblici ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all’affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario nella forma integralmente gratuita sopra espressa;
  • le procedure di cui sopra sono, viceversa, soggette al Codice dei contratti pubblici ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione;
  • l’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento;

Agli operatori del diritto, pertanto, non resta che attendere il responso dell’ANAC sulle prossime linee guida in materia, fondamentali per la definizione della questione.

 

 

[1] Il titolo VII riporta le varie procedure di affidamento agli artt. 55,56 e 57. L’art. 55, premessi i principi generali cui la disposizione si conforma, dispone al primo comma che “le amministrazioni pubbliche nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241”, lasciando ai successivi commi la disciplina della co-programmazione e della co-progettazione. L’art. 56 descrive l’istituto delle convenzioni che le Amministrazioni possono stipulare con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, al fine di “svolgere in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale”, possibile solo ove risulti “più favorevole rispetto al ricorso al mercato” e con la previsione del mero “rimborso … delle spese effettivamente sostenute e documentate”. L’art. 57 si concentra invece sul “servizio di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza” che può essere affidato in convenzione alle organizzazioni di volontariato accreditate ai sensi della normativa vigente.

[2] I richiamati principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica

[3] La gratuità assume due significati: sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr art. 17 del codice del terzo settore).

[4] Nei casi di co-progettazione e partenariato, pertanto, solo la comprovata ricorrenza dell’elemento della gratuità esclude la sussunzione della procedura entro la disciplina euro-unitaria.

[5] L’ambito soggettivo della norma contempla le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel registro unico nazionale del terzo settore. In virtù di ciò, tali soggetti possono stipulare con le Amministrazioni convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, “se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato”. Tale conclusione sembra suggerire la necessità di effettuare una comparazione della migliore efficacia ed economicità del mercato o del terzo settore per ogni determinata attività. Notevoli dubbi emergono sull’effettiva sostenibilità di tale procedimento. Una ulteriore criticità, inoltre, emerge laddove il codice del terzo settore sembra far propendere per la onerosità del servizio sociale di interesse generale oggetto della convenzione, riconducendo tra le spese rimborsabili i costi indiretti e gli oneri relativi alla copertura assicurativa. In particolare, assume rilievo il terzo comma dell’art. 56, laddove riprende principi riconducibili nell’ambito dell’imparzialità e della trasparenza e costituenti il contenuto imprescindibile di ogni procedimento di valutazione comparativa/ad evidenza pubblica in senso ampio. Tale interpretazione, che non è di per sé in contrasto con le direttive e con il codice nella misura in cui, appunto, afferisca esclusivamente e propriamente ai servizi generali NON economici, circoscriverebbe la fattispecie solo a tale tipo di servizi in aperta contraddizione con la clausola del confronto con il mercato, che presuppone invece la economicità del servizio. Ciò conduce alla conclusione che ove si attribuisca prevalenza ai (già ricordati) indici normativi che pongono in evidenza il carattere oneroso e dunque economico della convenzione, seppure mediante la forma giuridicamente poco connotante del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, e dunque la sua inerenza ai servizi economici di interesse generale, il regime giuridico prefigurato dalla norma pone un problema di compatibilità con il diritto euro-unitario, proprio per la ragione che non risulta informato al principio di concorrenzialità, che invece permea il codice dei contratti pubblici, recettivo delle direttive europee, e che indirizza l’affidamento del servizio mediante appalto o concessione.

Fabrizio Ciotta

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell'ambiente, realizzando una tesi intitolata "Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi". Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell'Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre. Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del "Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale", primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale. Dopo una proficua esperienza lavorativa all'interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l'abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni. Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com

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