giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

“Io sono l’amore che non osa dire il proprio nome”. La Turing Law e il perdono postumo degli omosessuali.

«L’Amore, che non osa dire il proprio nome in questo secolo, è un grande affetto di un uomo più anziano per un altro più giovane, quale vi fu fra Davide e Gionata, quale Platone mise alla stessa base della sua filosofia, e quale si trova nei sonetti di Michelangelo e di Shakespeare – quell’ affetto profondo, spirituale, che non è meno puro di quanto sia perfetto, e che detta grandi opere d’arte come quelle di Shakespeare e Michelangelo, e queste mie due lettere, così come sono, e che in questo secolo viene frainteso – talmente frainteso che per esso mi trovo dove sono adesso. È bello, è elevato, è la più nobile forma di affetto. È intellettuale, e si dà ripetutamente fra un uomo più anziano e uno più giovane quando l’uomo più anziano possiede intelletto e quello più giovane ha tutta la gioia, la speranza e il fascino della vita. Che così sia, il mondo non lo capisce. Se ne fa beffe, e a volte mette qualcuno alla vergogna per questo».

Questa fu la risposta di Oscar Wilde, quando il pubblico ministero Charles Grill durante il secondo processo a suo carico, gli chiese spiegazioni sul significato dell’amore “che non osa dire il proprio nome”, in una poesia dedicatagli dal suo amante “Bosie”, Alfred Douglas. L’applauso e la commozione del pubblico non bastarono a risparmiargli la condanna a due anni di reclusione per i rapporti avuti con il giovane che amava, nonostante fosse maggiorenne e consenziente, punito perché sordo “ad ogni sentimento di vergogna”, vittima di una campagna persecutoria, frainteso ed incompreso dalla società bigotta dell’età vittoriana, in definitiva, colpevole di essere omosessuale.

Questa amara e famosa vicenda del 1895 rappresenta solo uno scorcio su un’età non molto lontana fatta di punizioni esemplari di chi era “diverso”, dalla cui ipocrisia culturale, soltanto nel gennaio 2017 dopo resistenze e opposizioni, la Gran Bretagna sembra prendere le distanze. Infatti, finalmente il 31 Gennaio il Parlamento di Londra ha concesso la grazia postuma che “assolve” migliaia di condannati per omosessualità: La Turing Law.

Chi è Alan Turing? da un lato, un matematico e filosofo inglese, inventore del primo computer, “Codebreaker”, cioè decodificatore dei cifrari segreti nazisti della seconda guerra mondiale e protagonista del film “The imitation game”, dall’altro un condannato per sodomia e omosessualità, costretto alla castrazione chimica pur di evitare il carcere e infine morto suicida nel 1954 a conclusione di una breve vita di sofferenze.

Orbene, la legge che prende il suo nome riguarda circa sessantamila uomini che fino a cinquant’anni fa furono condannati come criminali perché gay e bisessuali e ne sancisce il perdono postumo e la riabilitazione giudiziaria, con il diritto, anche degli eredi dei circa quindicimila nel frattempo deceduti, di invocare ed ottenere la cancellazione delle sentenze di condanna dal casellario giudiziario.  Una sorta di “pulizia” della fedina penale di chi si macchiava di un reato infamante, oggi non più esistente.

Infatti, in Gran Bretagna l’omosessualità è stata sanzionata come un crimine per secoli: Enrico VIII emanò il Buggery Act nel lontano 1533, il primo provvedimento che puniva gli atti omosessuali con l’impiccagione; Poi nel 1861, decennio di cui Oscar Wilde fu vittima, la pena di morte fu sostituita con il carcere e la pubblica umiliazione; In seguito, solo un secolo dopo e nonostante le agguerrite opposizioni, nel 1967 il Sexual Offence Act decriminalizzò la sodomia e l’omosessualità.

Ma a cosa serve l’assoluzione di chi ormai è già morto? Molte vittime infatti, chiedono oggi “le scuse, non il perdono”, ma allo stesso tempo non negano la portata che potrà avere questo atto nelle coscienze degli uomini contemporanei. La Turing Law rappresenta in effetti un’assunzione di responsabilità da parte delle autorità e un’ammissione di colpevolezza di chi ha compreso in ritardo gli errori del passato. È il risultato di una pagina della memoria collettiva sulla quale costruire un domani migliore, uguale per tutti. È la testimonianza della necessità di mantenere vivo il ricordo nelle varie generazioni di chi ha lottato per un’ideale, l’uguaglianza dei sessi. Il perdono postumo, seppur tardivo, dimostra che dimenticare il fallimento di una società puritana vorrebbe dire occultarla e assolverne gli autori, e dimostra che, come nei casi di genocidio, terrorismo o mafia, l’uomo che dimentica è complice.

Avv. Alessia Di Prisco

Sono Alessia Di Prisco, classe 1993 e vivo in provincia di Napoli. Iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata, esercito la professione collaborando con uno studio legale napoletano. Dopo la maturità scientifica, nel 2017 mi sono laureata alla facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli, redigendo una tesi dal titolo "Il dolo eventuale", con particolare riferimento al caso ThyssenKrupp S.p.A., guidata dal Prof. Vincenzo Maiello. In seguito, ho conseguito il diploma di specializzazione presso una Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali a Roma, con una dissertazione finale in materia di diritto penale, in relazione ai reati informatici. Ho svolto il Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Torre Annunziata affiancando il GIP e scrivo da anni per la rubrica di diritto penale di Ius In Itinere. Dello stesso progetto sono stata co-fondatrice e mi sono occupata dell'organizzazione di eventi giuridici per Ius In Itinere su tutto il territorio nazionale.

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