giovedì, Marzo 28, 2024
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L’apertura della successione, la vocazione e la delazione.

 

La successione a causa di morte è il fenomeno per cui una persona vivente (avente causa) subentra nella titolarità di una situazione giuridica patrimoniale appartenente ad una persona defunta (dante causa o de cuius), determinando in tal modo la continuazione della posizione giuridica precedente.

Il procedimento successorio si compone di tre fenomeni diversi tra loro che spesso, però, si prestano ad essere confusi: l’apertura della successione, la vocazione e la delazione.

  1. L’apertura della successione

L’art. 456 del c.c. testualmente dispone che “la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”. L’apertura della successione, dunque, è determinata dalla morte del de cuius e indica solo il momento temporale e spaziale coincidente con l’inizio e la sede del fenomeno successorio individuato, appunto, dalla morte della persona.

Si discute se l’apertura della successione abbia luogo solo in caso di morte naturale o anche in caso di morte presunta. La dottrina maggioritaria[1] e la giurisprudenza di legittimità affermano che la dichiarazione di morte presunta determina una vera e propria successione “mortis causa” dei presunti eredi del dichiarato morto.  Tale successione si apre, statuisce la Suprema Corte, “ai sensi degli artt. 58 e 61 c.c. al momento a cui è fatta risalire la morte presunta, al quale, in base al successivo art. 459 c.c. retroagiscono gli effetti dell’accettazione dell’eredità, sebbene la delazione ereditaria abbia luogo quando diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta (ex artt. 63 e 64 c.c.).[2].

L’elemento temporale rileva in diverse ipotesi tra cui la capacità a succedere (art. 462 c.c.), il termine per l’accettazione dell’eredità (art. 480 c.c.), il termine per la redazione dell’inventario (485 c.c.), la possibilità di nominare il curatore dell’eredità giacente (art. 528 c.c.), il valore dei beni per la determinazione della quota disponibile (art. 556 c.c.), il valore dei beni nella collazione per imputazione (art. 747 c.c.), la norma applicabile nel caso di successioni di leggi (art. 11 preleggi).

Tra l’altro, nel caso in cui la delazione coincida con l’apertura della successione (ipotesi che avviene normalmente), è dal momento di quest’ultima che il chiamato all’eredità avrà i poteri di cui all’art. 460 c.c. (come, ad esempio, l’esercizio delle azioni possessorie a tutela dei beni ereditari).

L’elemento spaziale rileva, invece, al fine di individuare l’autorità competente per una serie di atti inerenti alla materia successoria: tribunale competente a ricevere la dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (art. 484, comma 1, c.c.) o di rinunzia all’eredità (art. 519, comma 1, c.c.), tribunale competente a concedere la proroga dell’inventario (art. 485, comma 1, c.c.) e a nominare il curatore dell’eredità giacente (art. 528 c.c.), tribunale competente ad autorizzare la vendita di beni ereditari (art. 747 c.p.c.) etc.

Inoltre, il luogo di apertura della successione determina il foro competente per le cause ereditarie (art. 22 c.p.c.)

  1. La vocazione

La vocazione indica l’aspetto soggettivo, vale a dire la mera designazione, operata per legge o per testamento, di coloro che dovranno succedere all’ereditando. La nozione di vocazione non coincide con l’espressione “chiamato prima dell’accettazione” di cui all’art. 460 c.c. che disciplina i poteri collegati alla delazione e non alla vocazione, tanto è vero che tali poteri spettano ai soggetti indicati nell’art. 642 c.c. e non all’erede sotto condizione sospensiva e neanche ai rappresentanti dei nascituri, né tantomeno al legittimario preterito (tuttavia, prima dell’esercizio vittorioso dell’azione di riduzione, agli istituiti per testamento) o ai c.d. chiamati ulteriori (cfr. art. 480, comma 3).

Il “vocato all’eredità” non è, tuttavia, considerato dall’ordinamento estraneo all’eredità, perchè ad egli competono poteri, sia pure minori di quelli del delato, idonei a tutelare la sua aspettativa di delazione[3].

Tali principali poteri sono: la richiesta di apposizione di sigilli (a tal proposito, l’art. 753, n. 2, c.p.c., non parla di chiamati, ma di “coloro che possono avere diritto alla successione”), la richiesta di rimozione dei medesimi (art. 763, comma 1, c.p.c.), la richiesta di formazione dell’inventario (art. 769, comma 1, c.p.c.), la richiesta di nomina del curatore dell’eredità giacente (l’art. 528, comma 1, c.c., parla di “persone interessate”). Infine, gli istituiti sotto condizione e i rappresentanti dei nascituri possono chiedere provvedimenti cautelari all’autorità giudiziaria nei confronti delle persone a cui spetta l’amministrazione (ad es. la nomina di un amministratore diverso: cfr. art. 642, comma 3, c.c.) e anche i chiamati ulteriori possono chiedere all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine per l’accettazione ex art. 481 c.c.

  1. La delazione

La delazione è il fenomeno che più incide considerato il carattere prettamente patrimoniale della successione mortis causa e rappresenta l’aspetto oggettivo del procedimento successorio ed indica il complesso di tutti quei diritti, doveri e altre situazioni giuridiche qualificate che viene offerto al successore al momento della morte del titolare, mediante un atto di accettazione.

La delazione dei chiamati non viene meno anche se si rinuncia all’eredità e la successiva (eventuale) accettazione può anche avvenire tacitamente allorquando il rinunciante ponga in essere un comportamento compatibile con la volontà di accettare la vocazione ereditaria[4].

Nel nostro ordinamento, la delazione dell’eredità avviene “per legge o per testamento” (art. 457, comma 1, c.c.). Nella maggior parte dei casi vocazione e delazione si verificano nello stesso momento, alla morte del de cuius, di talché non sussiste nella pratica alcuna differenza tra i due fenomeni.

L’elemento distintivo, invece, emerge qualora tra le due figure non vi sia coincidenza temporale. Ciò avviene nelle seguenti ipotesi[5]:

  • Quando l’istituzione sia sottoposta a condizione sospensiva (c.d. delazione condizionale); qui la delazione è differita al momento dell’avveramento della condizione sospensiva. Fra i chiamati condizionali occupano una posizione prevalente i sostituiti nel caso di sostituzione ordinaria.

All’istituzione condizionata, la dottrina accosta l’ipotesi dell’istituzione di nascituri: anche qui, mentre la vocazione è attuale, la delazione viene differita al momento della nascita. Ugualmente nel caso di successione del legittimario pretermesso, il quale al momento dell’apertura della successione non riveste la qualità di erede, ma la acquista solo dopo aver esperito vittoriosamente l’azione di riduzione;

  • Nel caso di istituzione fedecommissaria (c.d. delazione successiva) perché l’eredità si devolve al sostituito solo al momento della morte dell’istituito;
  • Quando fra i coeredi e i collegatari vi è un diritto di accrescimento (c.d. delazione solidale); qui non si hanno più delazioni, ma un’unica delazione che si espande man mano che si esaurisce il diritto dei chiamati in concorso;
  • Quando un soggetto subentra nel luogo e nel grado di un altro soggetto (c.d. delazione indiretta): quello che avviene, in pratica, nell’ipotesi di successione per rappresentazione.

Infine, è da dichiararsi inammissibile la delazione pattizia per l’espresso divieto nel nostro ordinamento dei patti successori (istitutivi) ai sensi dell’art. 458 c.c.

[1] A. CICU, Successione per causa di morte. Parte generale, in Tratt. dir. civ. e comm. a cura di Cicu e Messineo, Milano, 1961, p. 41 s.s.; BIANCA, Diritto civile, 1, La norma giuridica e i soggetti, Milano, 1979, p.269; GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2000, pp. 125 e 126.

[2] (Cfr. Cass. 24 gennaio 1981, n. 536).

[3] GROSSO E BURDESE, Le successioni. Parte generale, in Tratt. dir. civ. diretto da VASSALLI, Torino, 1977, vol. XII, Tomo I, p. 72.

[4] (In tal senso, Cass. Civ., 04.07.2016, n. 13599; Cass. Civ., 18.04.2012, n. 6070).

[5] G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, II ed., t. I,  Milano, 2002, pp. 18 e 19.

Dott.ssa Vincenza D'Angelo

Vincenza ha conseguito a pieni voti la Laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2016 presso l'Università degli Studi "Roma Tre", discutendo una Tesi in Diritto delle Successioni dal titolo "Liberalità indirette e tutela  dei legittimari". Ha svolto la pratica forense e collaborato proficuamente negli studi legali nell'ambito del diritto civile, occupandosi prevalentemente di contenzioso. Nel 2021 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della Professione forense. Contatti: vincenzadangelo@yahoo.it

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