martedì, Aprile 16, 2024
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L’appaltatore è l’unico responsabile della corretta gestione dei rifiuti derivanti dall’esecuzione del contratto

appalto e rifiuti

In tutti i casi di esecuzione di lavori d’appalto, è oramai pacifico che la qualifica di produttore dei rifiuti derivanti dall’esecuzione stessa è riferibile unicamente all’appaltatore, sul quale ricadono i conseguenti obblighi connessi al corretto smaltimento.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 9 gennaio 2018, n. 223, la quale ribadisce che la stipula e la successiva esecuzione di lavori d’appalto comporta che il produttore sia l’appaltatore e non il committente, gravato di conseguenza del corretto smaltimento e della eventuale responsabilità in caso di trasporto in assenza di autorizzazione ex art. 256 del D.lgs. 152/06[1].

La Suprema Corte affronta nuovamente la questione relativa al regime di responsabilità per gestione illecita di rifiuti derivante da contratto di appalto, chiarendo definitivamente i confini delle responsabilità proprie del committente e dell’appaltatore in materia di rifiuti.

La vicenda interessata trae origine da una condanna in primo grado dell’appaltatore per il reato di gestione illecita di rifiuti in seguito alla raccolta ed al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in materiali di risulta di opere di demolizione edile, in assenza della prescritta autorizzazione.

Senza nulla aggiungere sulla natura dei rifiuti in questione[2], l’appaltatore condannato in primo grado lamentava in sede di appello una presunta responsabilità del committente unicamente in base alla sua qualità soggettiva rispetto ai lavori edili in corso di esecuzione, all’esito dei quali sono stati prodotti i rifiuti interessati.

Rigettando completamente tale argomentazione, i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato che tale ricostruzione è palesemente in contrasto con i consolidati orientamenti giurisprudenziali più volte affermati[3], i quali affermano che: “in ipotesi di esecuzione di lavori attraverso un contratto di appalto, è l’appaltatore che – per la natura del rapporto contrattuale da lui stipulato ed attraverso il quale egli è vincolato al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio dell’intera attività – riveste generalmente la qualità di produttore del rifiuto”.

Di conseguenza gravano su di lui, ed in linea di principio esclusivamente su di lui, gli obblighi connessi al corretto smaltimento dei rifiuti provenienti dallo svolgimento della prestazione contrattuale, salvo il caso in cui, per ingerenza o controllo diretto del committente sullo svolgimento dei lavori, i relativi obblighi si estendano anche a carico di tale soggetto.

Pertanto, a nulla valgono i tentativi di coinvolgere il committente all’interno del regime di responsabilità per gestione dei rifiuti derivante da contratto di appalto, data la assoluta mancanza di un riferimento normativo in tal senso.

[1] Il testo dell’articolo recita: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.

Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro 5.200 a euro 52.000 se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

Chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all’articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro.

I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 45.000 euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all’adozione del decreto di cui all’articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.

Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.”

[2] Sull’argomento Dottrina e Giurisprudenza hanno avuto modo di disquisire a lungo, in particolar modo per quanto riguarda la qualificazione dei suddetti quali sottoprodotti o rifiuti. Per un accenno in tal senso, si veda G. Rossi, “Diritto dell’ambiente”, Torino, Giappichelli, 2015, pag.312; AMENDOLA G., “Rifiuti. La Cassazione: i materiali da demolizione sono sempre rifiuti, mai sottoprodotti”, in www.lexambiente.it.

[3] Cfr. in tal senso Corte di cassazione, Sez. 3 penale, 16 marzo 2015, n. 11029.

Fabrizio Ciotta

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell'ambiente, realizzando una tesi intitolata "Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi". Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell'Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre. Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del "Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale", primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale. Dopo una proficua esperienza lavorativa all'interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l'abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni. Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com

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