martedì, Marzo 19, 2024
Labourdì

L’applicabilità del Rito Fornero ai rapporti di pubblico impiego.

La legge n. 92 del 2012, conosciuta a tutti come Legge Fornero, ha notevolmente inciso sull’assetto del diritto del lavoro. Attraverso tale operazione normativa, infatti, il Legislatore è intervenuto sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
La ratio che ha ispirato tale disposizione è stata quella di assicurare una giustizia in tempi più rapidi soprattutto in riferimento alle controversie concernenti la legittimità del licenziamento dal momento che, in tali casi, i tempi troppo lunghi dei processi finivano per incidere negativamente sui diritti fondamentali della persona.
È proprio per rispondere a tali necessità che il Legislatore ha provveduto alla realizzazione di un nuovo rito speciale accelerato (art.1 co. 47 e ss.), caratterizzato da una fase sommaria e da un’eventuale fase successiva a cognizione piena. Tale rito trova applicazione tanto per le controversie in materia d’impugnazione di licenziamenti come regolate dall’art. 18 L. 300/1970, che per quelle finalizzate alla risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.
A tal proposito però si sono posti alcuni dubbi. Pur essendo certa, dunque, l’applicabilità della riforma in esame ai casi previsti dall’articolo 18 della legge 300 del 70, non vi è un orizzonte unanime circa la sua estensibilità ai rapporti di pubblico impiego. Ci si chiede in particolare se innanzi ad un’ipotesi di licenziamento di un dipendente pubblico possa trovare attuazione la nuova disposizione. Il problema si pone proprio su di un profilo processuale, riguardando concretamente la questione da un punto di vista di termini e preclusioni.
Il timore è causato dal fatto che tale incertezza può determinare gravi pregiudizi in capo all’attore. Laddove infatti il lavoratore decida di presentare un ricorso ai sensi della legge Fornero e il giudice adito provveda a dichiararlo inammissibile, ritenendo applicabile al settore pubblico la normativa previgente, il proponente ne risulterebbe notevolmente danneggiato. Al soggetto in questione risulterebbe di fatto preclusa la possibilità di proporre un nuovo ricorso, essendo ormai esperito il termine riconosciuto dalla Legge (180 giorni dall’impugnazione del licenziamento).
Rispetto a tale possibilità i giudici di merito non hanno raggiunto un punto di vista unitario. Da un lato c’è chi, come Il Tribunale di Rimini nel 2016, ha ritenuto possibile l’adottabilità del rito secondo la legge n. 92 del 2012, dall’altro in tanti hanno ritenuto necessaria l’applicazione del rito così delineato dalla precedente normativa.
Il clima di dubbio che aleggiava tra la Giurisprudenza è stato dissipato da un intervento della Corte di Cassazione Sez. Lavoro. Con la sentenza n. 11868 del 9 Giugno 2016 si è infatti sostenuto che in materia di pubblico impiego, il licenziamento non può essere disciplinato secondo quanto previsto dalla Legge Fornero. Dalla sentenza emerge chiaramente che, in caso di licenziamento illegittimo, per il dipendete pubblico valga la previgente formulazione. Al fine di giustificare una presa di posizione in termini di inapplicabilità della nuova disciplina gli Ermellini hanno adotto differenti motivazioni.
In primis è proprio il nuovo testo normativo ad escludere la sua idoneità in termini di pubblico impiego, nella misura in cui auspica ad un successivo intervento normativo con finalità di armonizzazione.
In secondo luogo va evidenziato che la legge 92 del 2012, nel tracciare quelle che sono le finalità che intende perseguire, sembra porsi in un’ottica che tiene conto unicamente delle esigenze del settore privato.
A ciò va aggiunto che il settore pubblico si connota per una disciplina inderogabile per cui le ipotesi di illecito sono tutte tipizzate.
Il dato più rilevante è comunque costituito dalla diversità degli interessi in gioco. Mentre, infatti, nel settore privato il licenziamento ha ripercussioni sul solo lavoratore, nell’ambito del pubblico impiego è necessario assicurare la protezione di interessi generali e collettivi.
A rendere ancor più problematica la questione è stato l’ulteriore intervento normativo, il “Jobs Act”, promosso e realizzato nel corso del Governo Renzi. Tale riforma, in tema di lavoro, ha conseguito il superamento definitivo dell’articolo 18 nella misura in cui, in materia di licenziamento senza giusta causa, ha previsto la sostituzione del reintegro attraverso lo strumento dell’indennizzo. L’ambito applicativo di tale provvedimento concerne però le assunzioni realizzate a partire dal 7 marzo del 2015.
La conseguenza diretta di quest’ulteriore modifica è la coesistenza nella disciplina del diritto del lavoro di tre differenti regimi di tutela e pertanto è ben possibile che lavoratori con le stesse mansioni siano sottoposti a differenti discipline.
Tale circostanza va a determinare delle forti disparità ed è per questo che appare piuttosto necessario un intervento riformatore che possa completamente innovare, eliminandone le evidenti incongruità, la disciplina dell’impiego.

Serena Zizzari

Serena Zizzari é nata a Caserta il 12/03/1993. Ha perseguito i suoi studi universitari presso la Facoltà Federico II di Napoli dove, in data 12/07/2016, ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza con votazione 110 e lode. Ha vissuto un' esperienza di studio all'estero attraverso il progetto Erasmus nella città di Siviglia. Praticante avvocato, attualmente frequenta un corso privato di preparazione al concorso in Magistratura e il primo anno della Scuola di specializzazione delle Professioni legali.

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