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L’Artico: il great game del 21esimo secolo

L’Artico sta diventando il nuovo great game del 21esimo secolo: il terreno di scontro tra le potenze mondiali per la conquista e il controllo di notevoli risorse economiche nonché di nuove potenziali rotte commerciali. Nel 2007, infatti, il passaggio a Nord-Ovest, una rotta commerciale che collega l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico nell’emisfero boreale passando attraverso l’arcipelago artico canadese, si è aperto naturalmente al transito di navi cargo a causa dello scioglimento dei ghiacciai. Non solo. Il riscaldamento globale sta consentendo la navigazione anche nel passaggio a Nord-est, cioè una rotta navale che, parte dal mare del Nord, prosegue nel mare Glaciale Artico lungo la Siberia per raggiungere l’oceano Pacifico. Una via che consente di bypassare il Canale di Suez[1].

Il ruolo dell’Artico nel commercio internazionale

Per comprendere i motivi per cui l’Artico sarà il nuovo great game, si devono considerare, in primis, le risorse energetiche. Secondo le stime dell’U.S. Geological Survey[2], i ghiacci e fondali stivano circa 90 miliardi di barili di petrolio e 1.669 trilioni di metri cubi di gas naturale, il 40% delle riserve mondiali, l’84% in aree marittime, concentrate in Alaska, Mare di Beaufort, Isole Regina Elisabetta, Mare di Kara e Mare di Barents. Inoltre, la regione possiede il 30% delle riserve naturali mondiali, soprattutto di uranio e terre rare[3].Non sono trascurabili nemmeno le risorse ittiche: il Nord Atlantico è la terza regione più pescosa con 10,5 milioni di tonnellate di pesci pescati nel 2015. A tal riguardo, per preservare la fauna marina e per placare le pretese territoriali, nel 2010 i paesi artici e quelli asiatici hanno siglato un accordo per una moratoria sulla pesca nelle acque internazionali artiche in attesa di capire le dinamiche biomarine di un ecosistema in piena evoluzione. Secondo gli studi, infatti, l’aumento della biomassa marina generata dal riscaldamento renderebbe le acque del Mare di Bering e del Mare di Beaufort zone altamente pescose, quindi a forte rischio di contese internazionali. Ancora, vale la pena citare le pose di 18 cavi sottomarini per il collegamenti internet, tra cui la fibra ottica più potente al mondo, inaugurata da Microsoft e Facebook nel settembre 2017. Eppure, il principale nodo strategico del futuro saranno le rotte mercantili. Attualmente, esse hanno un’importanza commerciale relativa inferiore a quelle asiatiche, ma  valgono comunque 4,7 milioni di tonnellate di merci nel 2012[4]. Tuttavia, i singoli dati non sono sufficienti a spiegare a dovere la valenza geostrategica di tali linee di comunicazione. In effetti, il Mar Glaciale Artico costituirebbe la via più breve per l’Europa dai principali porti orientali degli Stati Uniti risale verso nord la costa fino a Terranova o alla Nuova Scozia per poi puntare al Canale della Manica e ai trafficati scali dell’asse Nord Europa Anversa – Rotterdam – Amburgo.

Il great game commerciale nell’area avviene in uno snodo geopolitico non indifferente: il cosiddetto “Giuk gap”. Si tratta di un incrocio geostrategico situato tra Groenlandia, Islanda e Fær Øer. In quest’area, si incontrano gli interessi geografici, economici e strategici non solo di alcuni Stati minori, Danimarca, Norvegia e Canada, ma soprattutto delle superpotenze: gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. In geopolitica ciò costituisce il confine dell’Intermarium, che dal Mar Nero al Baltico divide i russi dagli occidentali, dopo aver risalito la penisola scandinava[5]. Quindi, i progressi tecnologici, il restringimento della calotta polare e gli interessi delle potenze commerciali spiegano perché tra le diplomazie internazionali c’è l’esigenza di definire le regole del great game nonché di anticipare le mosse gli avversari. Infatti, con la navigabilità anche della Northen Sea Route, la via più veloce al momento che passa per la Siberia, e la probabile apertura della rotta transpolare, cioè la rotta che va dallo Stretto di Bering direttamente all’Islanda, i giorni di navigazione fra Cina ed Europa potrebbero abbattersi di un terzo. In questo scacchiere il ruolo da protagonista lo sta giocando la Russia mentre la Cina prova ad inserirsi. Gli Stati Uniti, per ora, stanno alla porta, preoccupati più di riposizionarsi militarmente in zona.

La dottrina polare di Putin

Il presidente russo, Vladimir Putin, durante l’inaugurazione, nel marzo 2017 della base di  Arkticheskiy Trilistnik, il Trifoglio Artico, nella Terra di Francesco Giuseppe, ha dichiarato:”Siamo tornati con certezza possiamo affermare che il nostro potere e le nostre opportunità cresceranno con l’espansione russa nell’Artico”. In realtà, l’Artico è sempre stata una costante della Russia che, ha tuttavia riacquistato una nuova centralità dopo la crisi Ucraina e l’annessione della Crimea con il varo delle sanzioni economico e commerciali dell’UE e dell’Occidente. Infatti, è interessante notare come Mosca, aiutata dal protagonismo cinese, sia al centro del great game. Nel giugno 2017, dall’impianto di liquefazione del gas di Yamal, nella Siberia nord-orientale, una nave cargo russa ha percorso la Northern Sea Route  in tre settimane per approdare al terminal di rigassificazione cinese di Jiangsu, trasportando il primo carico  di gas naturale liquefatto (GNL). L’impianto di Yamal è uno dei mega progetti per lo sviluppo russo nell’Artico. La sua costruzione e la propagazione della sua rotta commerciale serviranno a legare ancora di più l’economia russa con la regione Asia – Pacifico. Si pensi che a regime l’impianto sarà in grado di produrre 16,5 milioni di tonnellate di GNL l’anno, un volume più che doppio rispetto a quello transitato complessivamente per la NSR nell’intero 2016[6]. In più, i vettori cargo sono costruiti appositamente per percorrere la rotta artica senza essere accompagnate da rompighiaccio: un chiaro risparmio per la competitività del trasporto. In questo modo, Mosca potrà diversificare i mercati di destinazione e abbattere la dipendenza dai gasdotti. Ciò che è importante sottolineare è che l’impianto di Yamal rappresenta la prima esportazione di gas russo al di fuori del monopolio Gazprom. Infatti, l’impianto è di proprietà di un consorzio capeggiato dalla società Novatek. Ora, non si può tacere il ruolo cinese nell’operazione. Infatti, la Novatek è stata oggetto di sanzioni internazionali dopo il 2014, per cui i capitali cinesi, con la partecipazione del fondo per la Via della Seta e della China National Petroleum Corporation, hanno fornito ben 12 miliardi di dollari, il 30% dei finanziamenti necessari. L’infrastruttura associata al progetto comprende la costruzione del porto di Sabetta, un moderno aeroporto internazionale, e un’estensione ferroviaria programmata che collegherà Sabetta alla più ampia rete di trasporto russa[7].

In ogni caso, l’Artico, al momento, resta un mare di interesse prevalentemente russo. Infatti, per quanti i prezzi del petrolio non si siano ancora ripresi dal loro crollo, il great game  consentirà a Mosca di  diversificare la propria produzione di materie prime, investendo in nuovi giacimenti in zone prima inesplorate. Un potenziamento della rotta artica sosterrebbe le esportazioni di gas naturale verso l’Europa oltre che verso il Pacifico. Nell’agenda del Cremlino lo sviluppo di giacimenti offshore e l’esportazione di gas liquefatto rappresentano, dunque, una priorità per sicurezza energetica ed un’opportunità di crescita economica. Si stima, infatti, che mentre a fine secolo il PIL pro capite mondiale calerà in media del 23%, quello russo potrebbe crescere del 400%[8]. Il Great Game del 21esimo secolo è solo all’inizio: la Cina prova ad inserirsi con accordi con la Groelandia e l’Islanda, mentre gli Stati Uniti restano osservatori, più preoccupati a mantenere le proprie postazioni militari. L’Unione Europea è assente, per ora. L’analisi è in divenire, ma un dato è certo: il cambiamento climatico nuoce al pianeta ma può diventare un asset economico per la Russia e per chi investirà nelle rotte artiche.

 

[1] Borgerson, Scott G. “Arctic Meltdown.” Foreign Affairs. 28 Oct. 2018. Web. 28 Oct. 2018.

[2] Il rapporto dell’U.S. Geological Survey è disponibile qui https://pubs.usgs.gov/fs/2008/3049/

[3] Mian M. G., Artico: il Grande Gioco del secolo, ISPI, 2017.

Disponibile qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/artico-il-grande-gioco-del-secolo-21214

[4] Statistiche disponibili su www.arctic-lio.com compilate dal Centre for High North Logistics.

[5] Petroni F., L’ossessione del Giuk Gap riscalda la frontiera artica tra Nato e Russia, in Trimarium tra Russia e Germania, Limes, 12/2017.

[6] Moneta L., La rotta artica russa: a vantaggio di chi?, ISPI, 2018.

Disponibile qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-rotta-artica-russa-vantaggio-di-chi-21030

[7] Soroka, George. “Putin’s Arctic Ambitions.” Foreign Affairs. 29 Oct. 2018. Web. 29 Oct. 2018.

[8] Sassi F., Northern Sea Route: lo sviluppo dell’Artico incoraggia Mosca, ISPI, 2018.

Fonte immagine: https://www.scientias.nl/scheepvaart-kan-ervoor-zorgen-dat-de-noordpool-minder-snel-opwarmt/

Marco Di Domenico

Dottore in Studi Internazionali presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Appassionato di politica ed economia internazionale.

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