giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

L’autoriciclaggio alla luce della legge 15 dicembre del 2014, n. 186

autoriciclaggio

 

L’autoriciclaggio è stato introdotto dalla legge 15 dicembre del 2014, n. 186, come strumento volto ad assicurare un più intenso contrasto all’economia sommersa e alla criminalità organizzata che la genera, sul modello di analoghe operazioni politico-criminali di altri Paesi europei.

La fattispecie è incardinata all’interno di un provvedimento volto a favorire l’emersione e il rientro di attività di tipo patrimoniale e finanziario costituite o detenute in maniera illecita al di fuori del territorio dello Stato, attraverso una procedura denominata «collaborazione volontaria».

Il comma 1 dell’articolo 648-ter.1 c.p. prevede in maniera dettagliata le condotte penalmente rilevanti, dal momento che la formula legislativa concentra la tipizzazione in verbi descrittivi dei comportamenti richiesti («impiegare, sostituire, trasferire»). Il primo di essi pare alludere a qualsiasi forma di re-immissione delle disponibilità di provenienza delittuosa all’interno del circuito economico legale, mentre le forme della sostituzione e del trasferimento hanno l’effetto di trasformare, almeno all’apparenza, il reato in esame in un reato a forma libera qualificato dal risultato perseguito.

Si è osservato che i termini descrittivi dei comportamenti riprovati, dal momento che paiono rimandare alle omologhe figure previste negli artt. 648-bis e 648-ter c.p., ne manterrebbero inalterata la valenza semantica, implicando ciò un sostanziale dislivello tra le strutture tipologiche delle preesistenti fattispecie e quella di nuova introduzione.

D’altro canto, però, il legislatore della riforma, elencando tutte le condotte punibili ai sensi degli artt. 648-bis e 648-ter c.p., ha inteso descrivere qualunque forma di re-immissione in «attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative» legali di denaro o beni di provenienza delittuosa. In tal senso pare orientata la generale portata della disposizione dell’articolo 648-ter.1 c.p., destinata ad affrontare la criminalità orientata al profitto, specialmente nella dimensione della criminalità economica, intesa più precisamente come la flessione verso forme d’illegalità delle attività d’impresa intese in senso lato e non solo come criminalità organizzata che investe nell’economia legale i propri proventi. Da ciò emerge chiaramente che l’utilizzazione di mezzi provenienti dalle stesse attività illegali dà luogo a un fronte di significativa alterazione delle regole della concorrenza e del mercato.

La disponibilità in proprio di mezzi economici di provenienza illecita che, come tali, non sono soggetti a imposizione fiscale e sono sottratti a qualsiasi controllo, ne consente l’impiego o verso ulteriori attività illecite o direttamente in impieghi che pongono l’utilizzatore in una condizione di privilegio rispetto ai competitori in ipotesi rispettosi delle regole.

L’idea di fondo che pare giustificare l’incriminazione dell’autoriciclaggio giace sulla considerazione di congelare il profitto in mano al soggetto che abbia commesso il reato-presupposto, in modo tale da impedirne il suo utilizzo maggiormente offensivo, che espone a pericolo o lede l’ordine economico.

D’altra parte, va considerata la puntuale indicazione normativa espressiva dei luoghi all’interno dei quali i beni di provenienza criminosa vengono introdotti, ossia attività economica, finanziarie, imprenditoriali o speculative. Questo tipo di destinazione sembra rappresentare la chiave di questa parte della disposizione, dal momento che essa si presenta come tratto unificante dei comportamenti proibiti, colti nella loro dimensione funzionale al perseguimento del fatto di autoriciclaggio, ovvero re-immissione all’interno del circuito dell’economia legale di beni derivanti dai delitti in precedenza commessi dall’agente.

Significativa è, in tal senso, la scelta del legislatore di riprodurre, nel novero delle condotte punibili ai sensi dell’art. 648-ter.1 c.p., non solo tutte le caratterizzazioni previste nei delitti degli artt. 648-bis e 648-ter c.p., bensì anche la connotazione delle stesse con l’ulteriore requisito dell’obiettivo delle stesse, non previsto nella figura del riciclaggio, ossia l’immissione nell’economia legale.

Il delitto di autoriciclaggio, come è stato sostenuto da parte della dottrina, non può essere considerato come un reato a forma libera, dal momento che alla tipizzazione delle condotte punibili presiedono altri due fattori che sembrano fornire all’interprete l’unica chiave per delimitare in maniera efficace l’ambito di operatività della condotta tipica. Da un lato c’è la clausola modale («in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa»), dall’altro la previsione del quarto comma, riguardante la destinazione non punibile della disponibilità di provenienza illecita.

Analizzando la lettera dell’articolo in esame, si nota come la presenza dell’avverbio «concretamente», assente nell’articolo 648-bis, oltre a pretendere l’accertamento in termini oggettivi e strettamente collegati al singolo caso della efficienza ostacolatrice, richiama l’interprete ad un’operazione che impone di attribuire al termine «ostacolare» la pienezza del suo valore semantico, il quale può essere colto frapponendo un mezzo allo svolgimento di un’azione o all’esplicazione di una facoltà, mezzo che deve essere però in concreto capace di ridurne la portata in maniera significativa oppure di ridurne in modo significativo il compimento.

Tali specificazioni hanno un’importanza decisiva, considerando che non qualsiasi re-immissione nell’economia legale di beni di provenienza delittuosa potranno dirsi tipiche rispetto all’art. 648-ter.1 c.p., ma soltanto quelle che siano ulteriormente caratterizzate da «l’ostacolo concretamente idoneo». Ciò contribuisce a delimitare in maniera netta il perimetro della fattispecie, escludendo dalla rilevanza penale qualsiasi condotta priva di questo requisito.

Ancora, rilevante appare il contributo del quarto comma dell’articolo in esame il quale, oltre a delineare un ambito di non applicabilità della fattispecie incriminatrice, contribuisce a definirne la portata. Occorre, a tal proposito, segnalare che la descrizione in termini di utilizzazione personale delle disponibilità e di godimento dei beni di provenienza illecita consente caratterizzare in negativo le condotte di sostituzione e trasferimento, in modo più preciso e vincolante per l’interprete.

Appare immediato comprendere come una utilizzazione a fini personali dei mezzi economici derivanti dal reato-presupposto, sia che tale impiego si risolva nell’acquisto di beni di consumo di qualsiasi genere, sia che si concretizzi nel godimento di beni immobili ad essi equiparabili, è destinata a restare estranea all’ambito della disposizione, perché proprio nella re-immissione, attraverso modalità idonee a celarne la provenienza illecita, all’interno del circuito dell’economia legale si realizza la massima offesa.

Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevante al cospetto dell’autoriciclaggio sono dunque comportamenti che comportano un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità, o che diano anche luogo a un’utilizzazione non più personale, bensì riconducibile a una forma di re-immissione del bene o della disponibilità nel circuito legale. La stessa considerazione vale per la condotta di sostituzione, nella quale assume rilievo penale la trasformazione del bene o della disponibilità che allo stesso tempo ne muti la destinazione dall’utilizzazione personale a quella di impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.

L’elencazione delle attività è affetta, come sostiene parte della dottrina, da «qualche ridondanza e da palesi sovrapposizioni», ma è comunque esplicita nel circoscrivere l’impiego, il trasferimento o la sostituzione ad assegnazioni delle disponibilità ad ambiti rientranti nello svolgimento di attività economiche legali.

Soggetta a critiche è stata anche la sciatteria tecnica del legislatore, manifestatasi quanto al momento cruciale della descrizione della condotta punibile: da un lato, è da rimarcare l’elencazione dei comportamenti, designati con i verbi «impiegare, sostituire, trasferire», dall’altro il coacervo delle destinazioni dei beni oggetto dei comportamenti medesimi. In entrambi i casi, è stata riscontrato un maldestro tentativo di approntare una figura incriminatrice senza lacune.

Tale reato, così come viene presentato nel testo dell’articolo, risulta essere di natura istantanea, destinato dunque a realizzarsi nel momento in cui la re-immissione viene posta in essere. Altro dato certo pare essere che eventuali trasferimenti, successivi al primo, che siano caratterizzati da nuove forme di ostacolo e/o intralcio alla tracciabilità dei beni, daranno luogo ad altrettante violazioni del precetto, il quale consiste propriamente nel divieto di circolazione nel ciclo economico legale di mezzi di provenienza illecita in forme che ostacolino la tracciabilità della fonte.

Risulta doveroso aggiungere che anche se la natura istantanea del reato impone che il momento consumativo coincida con il compimento della condotta di re-immissione, in modo da ostacolarne la tracciabilità, ci si è chiesti quale sorte avrebbero eventuali successivi re-investimenti dei frutti delle disponibilità oggetto della originaria condotta di re-immissione. Ad esempio, nel caso in cui all’interno di un medesimo veicolo finanziario vengano progressivamente investiti gli utili derivanti da quella fonte, costituente oggetto della prima attività di autoriciclaggio, ci si è chiesti se ci si trovi di fronte ad un’autonoma e nuova violazione del precetto.

Nel caso specifico del mero re-investimento all’interno della stessa struttura finanziaria, risulta problematico identificare il momento consumativo del reato, ferma restano la natura di reato istantaneo del delitto di cui all’art. 648-ter.1 c.p., la consumazione potrebbe coincidere con l’ultimo degli atti di re-investimento. In casi come questo, infatti, non si realizza una nuova condotta di re-immissione con modalità di ostacolo, ma più semplicemente una estensione della originaria condotta tipica, cui corrisponde uno slittamento temporale del momento in cui la fattispecie concreta si realizza in maniera compiuta. La conseguenza è che il termine da cui decorre la prescrizione corrisponde a quello dell’ultima modalità di reinvestimento; va, inoltre, ricordato che nell’autoriciclaggio il soggetto agente può anche decidere di non investire nuovamente gli utili nell’originario veicolo ostacolante.

Dott. Giovanni Sorrentino

Giovanni Sorrentino è nato a Napoli nel 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Jacopo Sannazaro, intraprende lo studio del diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Nel dicembre del 2017 si è laureato discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "Il riciclaggio", relatore Sergio Moccia. Attualmente sta svolgendo la pratica forense presso lo Studio Legale Chianese. Nel 2012 ha ottenuto il First Certificate in English (FCE). Ha collaborato dal 2010 al 2014 con la testata sportiva online "Il Corriere del Napoli". È socio di ELSA (European Law Students' Association) dal 2015. Nel 2016 un suo articolo dal titolo "Terrore a Parigi: analisi e possibili risvolti" è stato pubblicato su ElSianer, testata online ufficiale di ELSA Italia. Nel 2017 è stato selezionato per prendere parte al Legal Research Group promosso da ELSA Napoli in Diritto Amministrativo (Academic Advisors i proff. Fiorenzo Liguori e Silvia Tuccillo) dal titolo "L'attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e diritto privato", con un contributo dal titolo "Il contratto di avvalimento". Grande appassionato di sport (ha giocato a tennis per dieci anni a livello agonistico) e di cinema, ama viaggiare ed entrare in contatto con nuove realtà. Email: giovanni.sorrentino@iusinitinere.it

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