martedì, Marzo 19, 2024
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Rilevanza degli obblighi sociali e morali: l’obbligazione naturale

Sebbene siano giuridicamente irrilevanti, gli obblighi sociali e morali possono, in particolari circostanze, acquistare rilevanza per il diritto: tale fenomeno eccezionalmente prende il nome di obbligazione naturale ed assolve alla funzione di accogliere nel mondo del diritto i valori espressi dalla morale sociale che sono sufficienti a giustificare causalmente un’attribuzione patrimoniale. Difatti, l’obbligazione naturale, così come definita dall’art. 2034 c.c., è un dovere morale o sociale giuridicamente non rilevante, essa, quindi, non è sanzionata in diritto ma il suo spontaneo adempimento non ammette ripetizione della prestazione eseguita[1].

Per dovere morale si intende il dovere di carattere etico che vincola il soggetto, mentre per dovere sociale si intende il dovere sentito come tale dalla società di appartenenza. Sul punto, è discusso in dottrina se l’obbligazione naturale si verifichi anche in occasione di un dovere che sia solo morale o solo sociale; certamente, la giurisprudenza maggioritaria ammette che si configuri un’obbligazione naturale solo se il dovere sia avvertito come tale dalla collettività, e non da un singolo individuo[2]. Non basta, quindi, che l’atto sia positivamente valutabile sul piano della morale o della socialità, ma occorre che la sua inosservanza comporti un giudizio di riprovazione o di disistima[3]. Oltre che sul piano tradizionale della stima il dovere sociale deve essere colto anche sul piano della solidarietà sociale. Precisamente, l’atto di colui che, avendone i mezzi, soccorre chi versa in stato di bisogno è da considerarsi non solo apprezzabile ma pure socialmente necessario.

Ciò posto, l’adempimento dell’obbligazione naturale è un atto a titolo gratuito ma la doverosità morale o sociale dell’atto vale a distinguerlo rispetto agli atti di liberalità, e in particolare rispetto alla donazione. Difatti, anche se il donante consideri doveroso compiere un atto di arricchimento a favore del donatario, l’atto è comunque una liberalità. Alla stregua di un’obiettiva valutazione, infatti, l’atto non è moralmente o socialmente necessario pur se rispondente ad un positivo apprezzamento[4]. Si badi, a riguardo, che qualificare un atto a titolo gratuito come adempimento di un dovere morale o sociale anziché come donazione è di particolare importanza perché vuol dire sottrarlo non solo dall’onere formale richiesto per la donazione, ma pure dall’obbligo della collazione, all’azione di riduzione e alla revocatoria.  Quanto alla natura giuridica dell’obbligazione in esame, va osservato che l’obbligazione naturale esula dal novero degli obblighi giuridici in quanto la sua inosservanza è giuridicamente non sanzionata.

La mancanza di una responsabilità patrimoniale è appunto l’espressione dalla non sanzionabilità di un dovere non giuridico. In questo senso, non appare condivisibile la tesi dell’efficacia imperfetta delle obbligazioni naturali, quali obbligazioni giuridiche che non sono azionabili ma che per il resto sarebbero disciplinabili alla stregua dei rapporti obbligatori. Un argomento testuale e significativo contro tale impostazione può rinvenirsi nel codice vigente che, all’art. 2034, co. 2, c.c., espressamente prevede quale unico effetto dell’obbligazione naturale quello della soluti retetio, ossia della sua irripetibilità. Ancora, non condivisibile, appare quella teoria “mediana” per cui l’obbligazione naturale acquisterebbe rilevanza come obbligo giuridico nel momento del suo adempimento. Argomentare in questo senso significherebbe affermare ex post il carattere di giuridica necessità di una prestazione che per legge il soggetto è libero di eseguire o non eseguire. Occorre, quindi, ribadire che l’obbligazione naturale costituisce un obbligo non giuridico, e precisamente un obbligo di carattere meramente morale o sociale. La prestazione eseguita è allora irripetibile non perché il soggetto sia giuridicamente tenuto all’adempimento ma perché la prestazione patrimoniale fatta in adempimento di un obbligo morale o sociale è un atto dispositivo che realizza un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, che ha cioè una sufficiente causa giustificativa[5]. Conferma di tale assunto si riscontra non solo nella natura negoziale dell’adempimento dell’obbligazione naturale, ma pure nei requisiti stessi dell’adempimento: la spontaneità, la capacità del solvens, la patrimonialità e la proporzionalità.

La spontaneità sta ad indicare sia che l’esecuzione non deve essere frutto di una coazione subita dal debitore naturale, sia che non rileva che il solvens abbia eseguito la prestazione ritenendo di esservi vincolato per aver scambiato l’obbligazione naturale per un’obbligazione civile. Ne deriva che l’errore è sempre irrilevante, non legittimando la ripetizione di quanto pagato. Inoltre, il requisito della spontaneità è rafforzato nel secondo comma dell’art. 2034 c.c., laddove il legislatore ha espressamente sancito l’incoercibilità di tale obbligazione; di conseguenza, seppur non ripetibile, la prestazione di un’obbligazione naturale non può essere sollecitata con azione giudiziaria[6]. Altro requisito dell’adempimento dell’obbligazione naturale è quello della sua proporzionalità. La prestazione deve, cioè, essere adeguatamente proporzionata ai mezzi di cui l’adempiente dispone e all’interesse da soddisfare. Sebbene tale requisito non sia menzionato dal codice, esso deve ritenersi implicito nella stessa idea di obbligazione naturale, in quanto alla stregua della coscienza sociale non è doveroso ciò che va al di là di quanto l’adempiente può ragionevolmente fare o di quanto il beneficiario abbia ragionevolmente bisogno[7].

[1]Cfr., BIANCA, Diritto civile,  L’obbligazione, Giuffrè, 2019, p. 777.

[2]Tipici esempi di doveri sociali sono i debiti di giuoco e scommessa, ex art. 1933 c.c.

[3]Cfr., OPPO, Adempimento e liberalità, Camerino, 1979, p. 228.

[4]Cfr., BIANCA, Op., cit., p. 780.

[5]Casi in cui la legge esclude la ripetizione di quanto spontaneamente pagato sono quelli della disposizione fiduciaria ex art 627, co. 2, c.c.; del giuoco e scommessa ex art. 1933 c.c.; del debito prescritto ex art. 2940 c.c. In dottrina si ritiene generalmente che tali casi costituiscano ipotesi tipiche di obbligazioni naturali espressamente previste dalla legge, in quanto più importanti e più prefequenti, volendosi recidere ogni possibilità di dubbio.

[6]Si tratta, repetita iuvant, di un dovere morale o sociale giuridicamente non vinolante.

[7]Cfr., BIANCA, L’obbligazione, cit., p. 788.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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