giovedì, Marzo 28, 2024
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Le clausole hardship e di forza maggiore nei contratti commerciali internazionali

Negli ultimi decenni si è assistito ad un rapido incremento nel commercio internazionale di rapporti e convergenze commerciali con organizzazioni regionali ed imprese, e ciò grazie anche al rapido sviluppo della globalizzazione del commercio, alla liberalizzazione degli investimenti e al proliferare dei trattati bilaterali di investimento.
Senz’altro esistono dei vantaggi per le imprese che entrano nel commercio internazionale, dalla maggiore facilità di accesso alle risorse e riduzione dei costi ai vantaggi competitivi e miglior accesso alla domanda in un mercato internazionale. Tuttavia, quando un imprenditore decide di internazionalizzare la propria attività, oltre alla definizione degli aspetti più pratici, come la scelta di mercato e l’individuazione degli interlocutori, dovrà compiere delle importanti scelte di carattere giuridico: nella redazione di un contratto internazionale le parti sono chiamate a scegliere, in primis, la legge da applicare per disciplinare il futuro rapporto; in secundis andranno scelti se le obbligazioni ed i diritti dei soggetti firmatari del contratto siano ben definite e se per la risoluzione delle future controversie sia stato prescelto l’arbitrato internazionale o i giudici nazionali[1].

Generalmente, l’esecuzione del contratto è tesa all’adempimento delle obbligazioni a carico delle parti. A volte, però, può succedere che si riscontrino problemi nella determinazione del momento esatto di avvio del contratto o può divenire eccessivamente oneroso per una delle parti, comportando un differimento tra diritti e doveri delle parti. Ciò si verifica soprattutto nei contratti commerciali internazionali, per questo motivo, notevole importanza la stanno assumendo la clausola di forza maggiore e l’hardship clause.

Queste clausole sono state elaborate solo nel 2003, dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC) per venire incontro alle esigenze delle imprese operanti a livello internazionale, facilitando la negoziazione dei contratti. La clausola di forza maggiore, o anche detta la Force Majeure Clause 2003, disciplina gran parte delle problematiche che si presentano nel contesto della forza maggiore: queste problematiche comprendono tutte quelle circostanze non imputabili alle parti che comportano l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni contrattuali, come ad esempio scioperi, calamità naturali, guerre, etc..; in questi casi la parte che non può dare esecuzione al contratto per il verificarsi di una causa maggiore, non è ritenuta responsabile. Nella prassi questo principio risulta di difficile applicazione ed invocazione per le parti; per tal motivo, la Commissione “Commercial Law and Practice” (CLP) della ICC ha istituito un gruppo di lavoro altamente qualificato con lo scopo di ridurre il “formato” della clausola da long a short form, semplificandone il testo (senza toccare il contenuto), per renderlo più accessibile e di più semplice comprensione per i negoziatori.

Alla clausola di forza maggiore si affianca la hardship clause del 2003 elaborata sempre dall’ ICC che disciplina le ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione. Il termine hardship viene tradotto come “disagio”, “avversità”, per tal motivo nel commercio internazionale sta ad indicare una situazione sopravvenuta o sconosciuta al momento della conclusione di un contratto. La ratio è quella di consentire alle parti di rinegoziare i termini del contratto in modo tale che si adegui al nuovo stato di fatto, e ciò o tramite l’intervento di un terzo o mediante apposito negoziato tra le stesse, soltanto ove non venisse raggiunto un accordo è possibile richiedere la risoluzione del contratto[2].

La hardship clause e la clausola di forza maggiore, differiscono per ratio, applicazione e definizione. A differenza delle force majeure o dalla impossibility, ad esempio, la hardship non è un concetto giuridico, ma un’espressione descrittiva utilizzata per indicare un evento che accade ad una delle parti[3]. Non essendo un concetto giuridico con un significato ben specifico l’hardship può essere definito ampiamente o restrittivamente, a differenza della forza maggiore che è una clausola ampia e ben definita. Ancora, se nella maggior parte dei casi la concezione di hardship viene descritta in termini di conseguenze economiche, la clausola hardship può prendere in considerazione anche eventi di natura non economica. In ultimo, mentre nella forza maggiore la clausola contrattuale disciplina le conseguenze di un evento imprevedibile o imprevisto che rende una delle prestazioni impossibile da eseguirsi, la circostanza contemplata dalla clausola hardship non impedisce alla parte che la subisce di dare esecuzione al contratto, semplicemente rende la sua prestazione eccessivamente onerosa rispetto alla controprestazione.

In ogni caso, quando succede l’evento impossibilitante la parte che lo invoca deve prima di tutto notificarlo alla controparte fornendo prova che l’evento verificatosi corrisponda a quanto previsto dal contratto. Dopodiché si procede ad una sospensione della prestazione per permettere l’eventuale risoluzione dell’evento verificatosi. Se poi la condizione resta impossibilitante, trascorso un ragionevole termine, si avrà la risoluzione del contratto. Però, è necessario che esista la previsione della clausola in parola.

Essento il tema piuttosto recente, per trarre degli spunti redazionali di questa clausola si può fare riferimento allo schema di clausola predisposta dalla Camera di Commercio Internazionale, pubblicata con la clausola di forza maggiore nella brochure n. 421 della CCI[4]. Se una soluzione non scaturisce dall’intesa delle parti, la clausola proposta dalla CCI propone quattro alternative da utilizzare per formulare la clausola di hardship: (1) la prima prevede che, trascorsi 90 giorni dalla domanda di revisione senza pervenire ad un accordo, il contratto resti in vigore nella sua formulazione originaria (prevalenza del principio dei «pacta sunt servanda»); (2) la seconda prevede che, trascorso il termine di 90 giorni senza avere trovato un’intesa, ciascuna parte ha facoltà di richiedere al Comitato permanente della CCI di nominare un terzo, il quale potrà proporre i termini di un’equa revisione del contratto, se ravvisa l’esistenza dei presupposti di “hardship”, la proposta non vincola le parti, in caso di mancata adesione il contratto resterà in vigore nei termini previsti; (3) la terza opzione stabilisce che trascorsi i 90 giorni le parti possano adire i tribunali o gli arbitri competenti in base al contratto perché si pronunzino sulla variazione; (4) quando la terza soluzione non sia possibile per il limite dei poteri dei demandati a decidere, per superare l’ostacolo si propone il rinvio al regolamento della CCI sulla disciplina dei rapporti contrattuali e attraverso l’espressa attribuzione al terzo di adattare il contratto in sostituzione della volontà delle parti. Le decisioni del terzo vincoleranno le parti e si considereranno incorporate nel contratto.

Considerando l’importanza delle clausole ICC di forza maggiore e di hardship per il mondo degli affari, visto che qualora inserite nei contratti, consentono alle imprese di rinegoziare, ed eventualmente anche di risolvere il contratto, in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta, ma, tenendo anche contro della loro recente introduzione nel commercio internazionale, è in corso un percorso di revisione, da parte della CCI, iniziato nel maggio 2018 e che dovrebbe proseguire a settembre. L’obiettivo della Task force è di definire il testo delle clausole di forza maggiore e hardship entro la fine del 2018 in modo da poterle presentare ufficialmente nel corso di un apposito convegno che dovrebbe tenersi a Roma nel 2019, avendo cura di coinvolgere le imprese interessate affinché facciano conoscere le loro specifiche esigenze[5].

[1] Vincenzo Iacovazzi, Ipsoa, “Contratti internazionali: come affrontare le principali problematiche giuridiche”, agosto 2014, disponibile qui: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/commercio-internazionale/quotidiano/2014/08/06/contratti-internazionali-come-affrontare-le-principali-problematiche-giuridiche

[2] http://www.bankpedia.org/index.php/it/90-italian/c/19146-clausola-di-hardship

[3] Angelo Carlo Colombo e Vincenzo Cristiano, Giuraemilia: “Dazi Ue, contratti rinegoziabili. Clausole di hardship per far fronte all’eccessiva onerosità”, disponibile qui:http://www.giuraemilia.it/RassegneStampaData/2018_7_22/i4Z7QkWp.pdf

[4]http://www.jus.unitn.it/download/gestione/g.benacchio/20120908_1336Clausola%20Forza%20maggiore%20e%20Hardship.pdf

[5] Fabio Bortolotti, Italia International Chamber of Commerce: “Clausole di forza maggiore e Hardship”, disponibile qui: http://www.iccitalia.org/commissione_diritto_e_pratiche_del_commercio_internazionale.htm

Maria Rosaria Salzano

Nata nel 1991 in provincia di Caserta, ha frequentato l'Università Federico II di Napoli, laureandosi nel Febbraio 2018 in Diritto del commercio internazionale con una tesi sul "Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti". Dopo circa due mesi in Scozia, nel Regno Unito, per frequentare una scuola di lingua inglese, attualmente è studentessa presso il Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II per l'Executive Master in Gestione delle Risorse Umane. Sogna di diventare una giurista d'impresa, non rinunciando però alle sue passioni, come quella di: suonare la chitarra, di scrivere e di viaggiare. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale, con particolare interesse per il commercio internazionale.

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