Le clausole onerose nei contratti con la Pubblica Amministrazione
I contratti per adesione indicano una serie di ipotesi nelle quali le clausole contrattuali sono già predisposte ove, al contraente, non resta che aderire.
Essi esistono per garantire uniformità di contenuto di tutti i rapporti aventi identica natura, per una più precisa determinazione dell’area che vi è connessa, per la difficoltà che si oppone alle trattative delle grandi imprese con i clienti e per l’esigenza di semplificare l’organizzazione e la gestione delle imprese stesse.
Lo scopo di questa normativa è anche quello di evitare gli abusi nei casi in cui gli schemi prestabiliti contengano clausole che mettono i clienti alla mercé dell’imprenditore.
Il legislatore ha previsto due tipi di contratto per adesione:
1) schema contrattuale predisposto da una delle parti (ai sensi dell’art. 1341 c.c.);
2) schema contrattuale predisposto in moduli o formulari (ex art 1342 c.c.).
Inoltre vi è chi ritiene che in questa particolare categoria rientri anche il c.d. “contratto aperto“, come previsto e disciplinato dall’art. 1332 c.c.
Vi è però il caso in cui una delle parti di questo particolare tipo di contratto, è un’Amministrazione Pubblica. Infatti, una diffusa tendenza giurisprudenziale sosteneva che le disposizioni sui contratti per adesione e, in particolare, il formalismo previsto per la clausole onerose, non fossero applicabili ai contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, (quali ad esempio i capitolati di appalto degli enti pubblici o le condizioni predisposte dalle banche ed istituti di credito di diritto pubblico), perché essa non può che ispirarsi a finalità di interesse generale e connaturata imparzialità e giustizia.
La dottrina prevalente non era d’accordo, in quanto sosteneva che, anche quando debbono essere approvate dalla pubblica autorità, le condizioni generali di contratto e le clausole onerose conservano la loro natura contrattuale, né l’approvazione amministrativa può sostituire il requisito formale prescritto dalla legge.
La tesi negatrice, infatti, contrasta col fondamento degli artt. 1341 e 1342, vale a dire con la funzione di garanzia che essi vogliono dare all’autonomia privata, intesa come valutazione e sistemazione responsabile dei propri interessi, la quale non può essere sostituita dal “paternalismo” della Pubblica Amministrazione; fatta eccezione per la considerazione secondo cui la P.A. non gode di particolari privilegi quando agisce nel campo del diritto privato.
Negli anni la situazione si è intricata sempre più. Non si può nascondere che la P.A., checché se ne dica, rappresenta sempre un soggetto complesso con cui interloquire. Si tratta, infatti, di un soggetto “spersonalizzato” verso il quale ogni trattativa pare vana.
Dal punto di vista pratico, apporre tali clausole può rappresentare una forma di garanzia per il c.d. contraente debole, affinché questi possa rientrare in uno schema certo e ben definito.
Molto spesso, infatti, la prassi consente di ricorrere ad un meccanismo che unisce ai principi di certezza e di garanzia, anche quello di “economia processuale“. Si sta facendo indubbio riferimento alla c.d. “finzione di avveramento”, la quale, oltre a trovare una specifica disciplina con l’articolo 1359 del codice civile, rappresenta uno dei tipici comportamenti inattivi della P.A.
L’applicazione più nota riguarda, appunto, i contratti stipulati con la P.A. nell’ipotesi che l’approvazione tutoria sia mancata per colpa dell’amministrazione stessa.
Ciononostante, laddove sia coinvolta l’attività discrezionale della P.A., volta sempre a tutelare interessi superiori, la scorrettezza del comportamento della parte che ha interesse contrario all’avveramento della condizione, non può mai condurre, come è ovvio, alla finzione che il provvedimento amministrativo sia emanato.
D’altro canto, però, se si esclude l’applicazione dell’art. 1359, si ammette la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di buona fede imposto.
Gli istituti del contratto per adesione e della fictio iuris, rappresentano solo due delle molteplici forme in cui la P.A. entra a far parte del “mondo dei privati”. Riuscire a capire che essa, nonostante le numerose dimostrazioni teoriche e pratiche, può atteggiarsi in vario modo a seconda delle esigenze, resta ancora uno dei più difficili concetti che ci riserva il mondo del diritto.
Per un focus sulla applicazione della disciplina delle clausole vessatorie ai contratti della pubblica amministrazione, leggi questo articolo.