venerdì, Aprile 19, 2024
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Le consultazioni preliminari di mercato come dialogo tra amministrazione e imprese: nuovi spunti dalla giurisprudenza sulle esclusioni

SOMMARIO: 1. Introduzione; 2. La disciplina delle consultazioni preliminari di mercato; 3. La giurisprudenza in tema di esclusioni; 4. Conclusioni

  1. Introduzione

Uno degli aspetti cruciali che permette di garantire maggiore efficienza agli acquisiti effettuati dalla pubblica amministrazione consiste nella conoscenza del mercato.

Sotto questo punto di vista la pubblica amministrazione non agisce in maniera così dissimile rispetto ad un soggetto privato. Chiunque abbia mai acquistato un computer ha sicuramente effettuato una serie di ricerche prima di compiere il proprio acquisto: ha individuato le caratteristiche e i programmi necessari per le proprie esigenze di utilizzo, ha stabilito il proprio budget, ha valutato le varie opzioni facendo qualche ricerca su internet o parlando con un amico esperto di informatica ed infine ha effettuato il proprio acquisto.

Nell’ambito di un procedimento volto ad effettuare una spesa da parte della pubblica amministrazione, la conoscenza del mercato può essere assicurata dall’istituto delle consultazioni preliminari di mercato.

Attraverso questo istituto, non solo vengono eliminate le asimmetrie informative in determinati settori del mercato,  ma viene sviluppata una maggiore competenza e conoscenza delle disponibilità e delle risposte che il mercato offre per meglio soddisfare i bisogni pubblici.

  1. La disciplina delle consultazioni preliminari di mercato

Tra gli istituti che hanno trovato spazio nel nuovo Codice del 2016, quello delle consultazioni preliminari di mercato è sicuramente uno dei più innovativi. Già disciplinato a livello europeo negli artt. 40 e 41 della Direttiva 2014/24/UE e dell’art. 58 della Direttiva 2014/25/UE, l’istituto era del tutto inedito nell’ordinamento interno e, con una disciplina sostanzialmente riproduttiva delle corrispondenti previsioni europee, ha trovato spazio per la priva volta negli artt. 66 e 67 del d.lgs. 50/2016.

Il nuovo Codice ha in verità proceduto ad una codificazione di un modus operandi già adoperato da alcune amministrazioni che, ai fini della redazione della propria domanda di mercato, dialogavano con gli operatori economici. Aver proceduto alla normazione di una simile prassi ha fatto si che le consultazioni preliminari di mercato acquisissero non solo un certo grado di normazione e procedimentalizzazione, ma ha permesso altresì alle amministrazioni di svolgere tale step alla luce del sole, in via formale ed ufficiale.

Al fine di promuovere un maggiore e consapevole utilizzo dell’istituto in esame, anche l’ANAC è intervenuta emanando le Linee Guida n. 14 recante «Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato».

Entrando nel merito della disciplina, l’art. 66 stabilisce che «1. Prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura e per informare gli operatori economici degli appalti da esse programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi. 2. Per le finalità di cui al comma 1, le amministrazioni aggiudicatrici possono acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica da parte di esperti, di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel presente codice, o da parte di autorità indipendenti. Tale documentazione può essere utilizzata nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza».

In primo luogo, è bene sottolineare che l’istituto è facoltativo ed il suo utilizzo è rimesso ad una scelta ampiamente discrezionale dell’amministrazione. Il Codice, infatti, non fornisce alcuna indicazione dei casi in cui la stazione appaltante debba optare per l’acquisizione di informazioni preliminari di mercato, nè prevede alcun obbligo motivazionale relativo alla scelta di utilizzare o meno tale istituto[1].

L’ANAC ne raccomanda l’utilizzo specie nei casi in cui la stazione appaltante non abbia chiari i propri fabbisogni, ovvero nel caso di appalti o accordi quadro complessi o sperimentali, con spiccata componente tecnologica o innovativa[2], rivelandosi invece meno virtuose nei casi di appalto con prestazioni standardizzate o di routine.

L’art. 66 chiarisce sin da subito le finalità dell’istituto, ossia quella di rivolgersi al mercato prima dell’avvio di una procedura al fine di preparare l’appalto, di predisporre i requisiti e le specifiche dello stesso.

Non si tratta dunque di una procedura, come il dialogo competitivo e la procedura competitiva con negoziazione, ma di un’attività “pre-gara” procedimentalizzata dall’art. 66 del Codice. Si distinguono altresì dalle indagini di mercato presenti negli appalti sotto-soglia ex art. 36 del Codice e non attengono alla fase di programmazione che le amministrazioni pongono a monte[3].

Le consultazioni preliminari di mercato non possono avere finalità divulgativa, scopo al quale è invece destinato l’avviso di pre-informazione ex art. 70 del Codice .

Simili precisazioni non sono prive di rilevanza, considerando che sul punto erano sorti dei contrasti ermeneutici: mentre infatti le Linee Guida ANAC n. 14, nella loro prima formulazione, avevano stabilito che le consultazioni preliminari di mercato si dovessero svolgere “di norma” prima della programmazione, alcuni stakeholders che avevano partecipato alla consultazione avevano osservato che riservare in via esclusiva la consultazione alla fase successiva alla programmazione avrebbe potuto rappresentare un elemento di rigidità̀ per uno strumento che, per sua natura e per la sua ratio, dovrebbe essere altamente flessibile.

In sede di parere sulle Linee Guida ANAC n. 14, il Consiglio di Stato ha risolto il contrasto ritenendo che «la naturale collocazione dell’istituto è nella fase successiva alla programmazione anche per evitare che si possa influire, in modo più̀ o meno trasparente, proprio sull’atto di programmazione che, come è noto, è cruciale per la successiva attività̀ della stazione appaltante»[4].

In verità lo stesso art. 66 del Codice sembra suggerire una simile soluzione poiché, oltre all’inciso iniziale «prima dell’avvio di una procedura di appalto», ricorda che la finalità delle consultazioni è quella di fornire alle amministrazioni un contributo tecnico ai fini della formulazione della procedura di appalto.

Dal punto di vista fattuale, l’art. 66 non delinea un vero e proprio procedimento sicché sul punto è necessario far riferimento alle Linee Guida ANAC n. 14. In particolare, l’Autorità ha precisato che, nell’ottica di garantire i principi generali di non discriminazione e trasparenza, le stazioni appaltanti pubblicano un avviso, denominato atto o avviso di consultazione preliminare di mercato, con il quale rendono manifesto al mercato l’avvio del procedimento di consultazione.  L’avviso in questione deve contenere «la corretta e adeguata esplicitazione dei presupposti e delle finalità che, in concreto, giustificano il ricorso alla consultazione preliminare», specificando altresì le esigenze informative e conoscitive della stazione appaltante, le tipologie di contributi richiesti e ammissibili, le tempistiche di presentazione dei contributi «e, ove possibile, quelli per la pubblicazione della procedura selettiva e per lo svolgimento del contratto, nonché gli effetti di incompatibilità determinati dalla partecipazione alla consultazione e le modalità di svolgimento della procedura».

È interessante osservare che le Linee Guida in questione specificano che per la partecipazione alla consultazione, la stazione appaltante non deve richiedere il possesso dei requisiti di cui agli articoli 80 e 83 del Codice, né procedere alla relativa verifica.

La documentazione e i contributi, che vengono acquisiti per il tramite dell’attivazione dell’istituto delle consultazioni preliminari di mercato, possono essere utilizzate dalla stazione appaltante sia nella fase di pianificazione, sia nello svolgimento in concreto della procedura d’appalto.

Tuttavia, un simile utilizzo – come precisato dallo stesso art. 66 in parola – non può produrre l’effetto di falsare la concorrenza tra i potenziali candidati e non può comportare una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza.

Le consultazioni preliminari di mercato, infatti, sono inevitabilmente rivolte ai medesimi soggetti potenziali partecipanti alla procedura d’appalto,  i quali interagiscono con l’amministrazione potendo interferire legittimamente nella predisposizione della stessa lex specialis di gara[5].

Al fine di evitare una distorsione illegittima delle potenzialità virtuose dell’istituto in esame è di vitale importanza predisporre dei controlli sul corretto svolgimento delle consultazioni.

È in tale ottica, dunque, che deve essere letto l’art. 67 del Codice[6] – rubricato “partecipazione precedente di candidati e offerenti” – finalizzato a garantire che la concorrenza non venga falsata dalla partecipazione alle consultazioni preliminari da parte di candidati o offerenti.

In particolare,  per i casi in cui un candidato o un offerente – o un’impresa collegata a un candidato o a un offerente – abbia partecipato alle consultazioni preliminari di mercato, la norma individua delle misure minime adeguate, finalizzate a prevenire possibili distorsioni dei principi generali di cui allo stesso art. 30 del Codice. Tra queste:

  • La comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, garantendo che la conoscenza di un unico operatore sia estesa a tutti i partecipanti;
  • La fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte.

Tra le misure ulteriori, le Linee Guida ANAC n. 14, segnalano anche:

  • la convocazione, adeguatamente pubblicizzata, di un evento pubblico ove svolgere una consultazione collettiva aperta.
  • la disponibilità da parte della stazione appaltante a fornire, in tempo utile alla partecipazione al procedimento selettivo, a richiesta dei potenziali concorrenti, le informazioni acquisite o scambiate nel corso della consultazione da operatori economici o da imprese collegate agli stessi, ovvero da soggetti terzi che le abbiano fornite nell’interesse di specifici operatori economici.

Il comma 2 dell’art. 67 precisa, infine, che laddove non sia possibile garantire il rispetto del principio di parità di trattamento, il candidato o l’offerente interessato è escluso dalla procedura. Prima di procedere all’esclusione, la norma impone all’amministrazione di assegnare al potenziale escluso un termine non superiore a 10 giorni, entro il quale è tenuto a provare che la sua partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non ha alterato la concorrenza.

  1. La giurisprudenza in tema di esclusioni

Come intuitivamente si può immaginare, il tema dell’esclusione del candidato che abbia partecipato alla consultazione preliminare di mercato rappresenta il “tallone d’Achille” dell’istituto in esame.

In via preliminare, vale la pena chiarire che non ogni candidato che abbia partecipato alle consultazioni preliminari di mercato deve essere escluso dalla successiva gara.

La stessa giurisprudenza impone alle amministrazioni di adottare misure adeguate per garantire che la concorrenza  non sia falsata e, solo quale extrema ratio, a provvedere all’esclusione dell’offerente dalla procedura di consultazione[7].

La vexata quaestio è legata dunque all’individuazione dei casi in cui è da considerarsi legittima l’esclusione di un candidato o di un offerente che abbia partecipato alle consultazioni preliminari di mercato.

In primo luogo, vale sottolineare che oltre al citato art. 67, lo stesso art. 80, comma 5, lett. e) del Codice prevede tra le cause di esclusione, la distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento dell’operatore economico nella preparazione della procedura d’appalto. In tal senso è chiaro che la stazione appaltante procederà ad escludere l’operatore economico che ha intenzionalmente influenzato l’esito dell’indagine di mercato.

Accanto a ciò, si segnala che le stesse Linee Guida ANAC n. 14 specificano che gli apporti informativi forniti dai partecipanti alle consultazioni, non possono costituire offerte tecniche o economiche, né anticipare specifiche quotazioni afferenti al prodotto/servizio/opera oggetto della consultazione, che abbiano così l’effetto di alterare il regolare sviluppo competitivo della successiva fase di selezione.

Il tema è stato affrontato in primo luogo già dal Consiglio di Stato che, in sede di parere alle Linee Guida ANAC n. 14, ha chiarito che «l’esclusione dell’operatore economico che ha partecipato all’indagine preliminare possa essere disposta solo nel caso in cui vi sia stato da parte di questi un comportamento volutamente scorretto, nel senso che costui abbia dolosamente influenzato l’esito dell’indagine di mercato, non potendosi imputare all’operatore economico l’eventuale effetto distorsivo della concorrenza a titolo di responsabilità oggettiva».

Conseguentemente, l’ANAC ha affermato che la stazione appaltante può procedere all’esclusione del concorrente solo ove «non vi siano altri mezzi per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento».

Alcuni spunti di riflessione sul tema sono invero offerti dalla recente giurisprudenza.

Tra questi, si segnala la sentenza del TRGA Bolzano n. 98/2020[8].

Nei fatti, nell’ambito di una procedura aperta, una società aveva impugnato il provvedimento con cui la stazione appaltante aveva disposto l’esclusione del RTI di cui la società ricorrente era capogruppo. La società aveva lamentato, in particolare, il contrasto tra l’esclusione disposta e la disciplina di all’art. 41 della Direttiva 2014/24/UE e all’artt. 67 e 80 del d.lgs. 50/2016.

Dopo aver ripercorso la ratio dell’art. 41 della Direttiva n. 2014/24/UE e degli artt. 67 ed 80 del Codice dei contratti – sottolineando il «carattere scalare delle misure previste, avendo il legislatore statale espressamente rimarcato che la condivisione delle informazioni “riservate”, ottenute a seguito del coinvolgimento nella fase preparatoria della gara, costituisce la “minima misura adeguata” (comma 1 dell’art. 67) per riequilibrare la situazione» -, i giudici trentini hanno sostenuto che il fattore comune delle norme contemplate «è la regola per cui l’esclusione dalle procedure concorsuali e dall’affidamento degli appalti non può avere natura vincolata, né essere il risultato di inderogabili automatismi applicativi, dovendo tale misura radicale costituire sempre il risultato della verifica dell’effettiva lesione dei principi concorrenziali che presiedono alle procedure di evidenza pubblica».

Nel caso di specie, il giudice ha constatato che la stazione appaltante non aveva posto in essere alcuna forma di contraddittorio con l’offerente interessata, al fine di verificare gli addebiti mossi, violando non solo quanto disposto dall’art 67, comma 2, ma anche in violazione dei principi di parità delle parti nei rapporti con l’Amministrazione.

Il fatto che la ricorrente non fosse stata in alcun modo interpellata in relazione alla ipotizzata situazione anticoncorrenziale, ovvero posta in condizione di dedurre in merito alla possibilità di condivisione delle informazioni eventualmente acquisite, ha reso illegittima l’esclusione.

Accanto a ciò, i giudici hanno ritenuto insufficiente la motivazione dell’esclusione adottata dall’amministrazione, che si era meramente riferita al fatto che l’operatore avesse partecipato alla fase di predisposizione dei criteri di aggiudicazione dell’appalto, mancando altresì qualsiasi valutazione riferita all’apporto partecipativo concretamente addebitabile e  suscettibile di influenzare il risultato finale, ovvero di costituire una concreta minaccia alla imparzialità e indipendenza della stazione appaltante.

Degna di nota è altresì una recentissima pronuncia del TAR Molise, n. 31/2021[9].

Nel caso in esame, la ricorrente, seconda classificata di una gara per l’affidamento di alcuni lavori di miglioramento della rete di distribuzione del sistema irriguo di un consorzio di bonifica, aveva impugnato l’aggiudicazione finale in favore di un RTI, lamentando la violazione degli artt. 66, 67 e 80, comma 5, del D.lgs. 50/2016, nonché dei princìpi in tema di concorrenza e par condicio tra i partecipanti alla gara. In particolare, la ricorrente deduceva che la stazione appaltante aveva omesso di adottare, a norma dell’art. 67 del d.lgs. 50/2016, qualunque misura atta a garantire che la concorrenza non venisse falsata dalla partecipazione del RTI alla precedente fase delle consultazioni preliminari di mercato.

Infatti, la stazione appaltante, nel mettere a base di gara i lavori, aveva indicato le caratteristiche e i prezzi dei prodotti forniti dalla mandante del RTI successivamente divenuto aggiudicatario, determinando così un evidente vantaggio competitivo in favore della stessa.

Il Tar ha ritenuto infondato il ricorso in quanto la ricorrente non aveva specificamente individuato «in che cosa – in concreto – sarebbe consistita l’alterazione della par condicio». Dall’analisi della vicenda giudiziale, emerge che la ricorrente non aveva formulato alcuna specifica censura agli atti di gara nella parte in cui, nel trattare le informazioni ricevute in sede di consultazioni, avrebbero provocato una violazione della concorrenza, né nell’ulteriore parte in cui venivano definiti i criteri per l’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche.

Richiamando la lettera degli artt. 66, 67 e 80, comma 5, lett. e) del Codice, nonché il testo delle Linee Guida ANAC n. 14 e il relativo parere del Consiglio di Stato, il Collegio ha ritenuto che per dimostrare che l’illegittimità dell’aggiudicazione, la ricorrente «avrebbe dovuto dimostrare l’illegittimità dell’omessa esclusione e quindi la sussistenza dei presupposti per il legittimo esercizio, da parte del Consorzio, dei poteri di cui agli artt. 67 e 80 del Codice dei Contratti». Tale onere, secondo i giudici, non è stato assolto dalla ricorrente che si è limitata ad una mera constatazione della partecipazione della controinteressata alla fase preliminare asserendo che in assenza di qualunque misura adottata dall’Amministrazione per eliminare l’effetto vantaggio, come previsto dal comma 2 dell’art. 67 del d.lgs. 50/2016, il RTI controinteressato avrebbe dovuto essere escluso.

L’omissione della stazione appaltante, che non ha adottato delle misure minime atte ad evitare la distorsione della concorrenza non può, a parere dei Giudici, determinare l’automatica esclusione della società che ha partecipato alla fase preliminare: «non è infatti imputabile all’operatore economico l’eventuale effetto distorsivo della concorrenza derivante da scelte errate della stazione appaltante, non potendosi imputare all’operatore economico l’eventuale effetto distorsivo della concorrenza a titolo di responsabilità oggettiva».

Conclude il giudice ricordando che, laddove si ravvisi in concreto la lesione del principio della par condicio, l’impresa concorrente ha l’onere di impugnare le clausole del bando che non hanno previsto sufficienti e proporzionate misure di compensazione dell’eventuale distorsione causata dalla partecipazione di un concorrente alla fase preliminare, non potendo essere prestata alcuna tutela laddove si agisca al fine di richiedere l’esclusione della concorrente che ha partecipato alla fase preliminare.

  1. Conclusioni

Si è già avuto modo di evidenziare come le consultazioni preliminari di mercato rappresentino un istituto virtuoso sia per le amministrazioni che per gli operatori economici. In conclusione, è opportuno invece ribadire la necessità che l’attivazione di un simile istituto sia contornata da meccanismi di cautela atti a tutelare i noti principi di trasparenza, par condicio e pubblicità. Ciò non solo al fine di evitare indebite esclusioni di operatori economici che partecipano sia alle consultazioni che alla successiva gara, ma anche e soprattutto al fine di permettere all’amministrazione di poter sfruttare tale istituto al massimo delle proprie potenzialità e, dunque, di effettuare acquisti accorti e realmente funzionali alle esigenze sempre più complesse e particolari che la società richiede di soddisfare.

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[1] Così osservato da F. Caringella – M, Protto, Il nuovo codice dei contratti pubblici, Dike, p. 273.

[2] Le stesse Linee Guida ANAC n. 14 chiariscono che l’istituto manifesta la sua particolare innovatività̀ nel caso dei servizi e delle forniture, atteso che, nel settore dei lavori, l’individuazione dei fabbisogni delle stazioni appaltanti e delle caratteristiche tecniche delle opere è assicurato da procedimenti più formalizzati del Codice, quali ad esempio la progettazione e i concorsi di progettazione.

[3] Sul punto si veda B. Corradi, Analisi e differenze degli istituti inerenti: le indagini di mercato, le consultazioni preliminari ed il dialogo competitivo, in www.mediappalti.it, 1 marzo 2019.

[4] Parere Cons. Stato, 14 febbraio 2019, n. 445.

[5] Sul punto si veda F. Caringella – M. Protto, op. cit., p. 274, che sottolineano la necessità di contornare l’istituto delle consultazioni preliminari di mercato di particolare cautela, anche al fine di coordinare tale istituto con il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente ex art. 353-bis c.p.

[6] Art. 67 d.lgs. 50/2016 «1. Qualora un candidato o un offerente o un’impresa collegata a un candidato o a un offerente abbia fornito la documentazione di cui all’articolo 66, comma 2, o abbia altrimenti partecipato alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto, l’amministrazione aggiudicatrice adotta misure adeguate per garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente stesso. La comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte costituisce minima misura adeguata. 2.Qualora non sia in alcun modo possibile garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, il candidato o l’offerente interessato è escluso dalla procedura. In ogni caso, prima di provvedere alla loro esclusione, la amministrazione aggiudicatrice invita i candidati e gli offerenti, entro un termine comunque non superiore a dieci giorni, a provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non costituisce causa di alterazione della concorrenza. 3. Le misure adottate dall’amministrazione aggiudicatrice sono indicate nella relazione unica prevista dall’articolo 99 del presente codice.».

[7] Ex multius: TAR Toscana, Sez. I, 19 marzo 2018, n. 402; Cons. St., Sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853.

[8] TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, Sez. I, 20 aprile 2020, n. 98.

[9] TAR Molise, Sez. I , 3 febbraio 2021, n. 31.

Marica De Angelis

Marica De Angelis nasce a Monza il 16 Febbraio 1996. Consegue la maturità scientifica presso il Liceo Scientifico Statale Alberto Romita di Campobasso nell’estate 2015.  Nel periodo liceale frequenta corsi di lingua inglese conseguendo le relative certificazioni. Dalla lettura quotidiana di articoli giornalistici, sviluppa la curiosità e la voglia di comprendere le dinamiche del diritto e decide di iscriversi al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Durante il percorso universitario sviluppa un particolare interesse per il Diritto Pubblico e in particolare per il Diritto Amministrativo e prende parte a diverse attività extracurricurali promosse dall’ateneo come processi simulati e seminari. Nel luglio 2020 conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza con una tesi in Diritto Amministrativo, relatore Prof. Giuseppe Caia, dal titolo "Le regole del contenzioso in materia di contratti pubblici: nuove prospettive e rinnovate criticità dopo l'abrogazione del rito super-speciale". La voglia di approfondire le tematiche oggetto dello studio, la porta, a partire da maggio 2019, a collaborare con la rivista giuridica “Ius In Itinere” per cui, ad oggi, riveste il ruolo di Vicedirettrice per l'area di Diritto Amministrativo. Attualmente svolge la pratica forense presso lo studio legale LEGAL TEAM presso la sede di Roma. Contatti: marica.deangelis@iusinitinere.it

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