venerdì, Aprile 19, 2024
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Le licenze Creative Commons

Molto spesso, leggendo articoli scientifici su internet, cercando immagini, video o musica ci si imbatte in scritte quali “quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons … ” seguita da alcuni simboli, o nella menzione “some rights are reserved”. Ciò significa che all’opera, di qualsiasi tipo essa sia, si applicano i termini di una licenza Creative Commons (da ora in avanti, anche “CC”).

Esempio di didascalia che accompagna opere distribuite con licenze Creative Commons. In questo caso, Creative Commons Attribuzione. Credits to www.creativecommons.org

Prima di approfondire tale tipo di licenze, è necessario effettuare un passo indietro per comprendere brevemente come funzionano le licenze di un diritto di proprietà intellettuale (da ora in avanti, PI).

Una licenza è un accordo tramite il quale il titolare di un diritto PI (il cosiddetto licenziante) concede ad un terzo (il cosiddetto licenziatario) la possibilità di utilizzare, entro certi limiti, la propria opera in cambio, solitamente, di denaro[1]. Grazie alle licenze le imprese hanno la possibilità di espandersi in nuovi mercati e sviluppare nuove tecnologie e prodotti con tecnologie altrui. Dato l’elevato tecnicismo e, molto spesso, l’elevato valore delle tecnologie oggetto dell’accordo, ogni licenza è frutto di negoziazione riguardo i molteplici elementi che la compongono, comportando un notevole dispendio di tempo e di denaro indirizzato ai consulenti legali.

Giungendo al tema centrale dell’articolo, Creative Commons è un’organizzazione no-profit fondata nel 2001 dal professor Lawrence Lessig come iniziativa per la creazione di licenze standard dei diritti di copyright nell’ambito del movimento Open Content, prendendo ispirazione dalla Free Software Foundation ma puntando alla creazione di licenze dedicate a contenuti essenzialmente non-software[2].

Difatti, quando musica, immagini, e altro materiale non-software iniziò ad essere distribuito anche online, nacque e si fece sempre più pressante la necessità di licenze standardizzate per tali tipologie di contenuti.

Questa necessità trovò risposta nel concetto di Open Content, il quale indica il materiale distribuito in modo da garantire  le cosiddette “5R activities”: Retain, Reuse, Revise, Remix and Redistribute” (in italiano: salvare, riutilizzare, aggiornare, mescolare e redistribuire).

Lo scopo del professor Lessing era quindi creare un sistema grazie al quale le persone potessero riutilizzare parole, immagini e musica grazie ad un permesso concesso a tutti [3], espandendo il numero di opere creative disponibili per essere condivise, utilizzate e modificate liberamente e legittimamente da chiunque, attraverso una serie di licenze[4]. In tal modo sono state create le licenze CC.

La particolarità delle licenze Creative Commons è la facilità d’utilizzo. Difatti, qualsiasi titolare di diritti d’autore, pur senza alcuna conoscenza, o con una conoscenza minima di PI, semplicemente andando sul sito https://creativecommons.org/choose/, può esprimere le proprie preferenze riguardo all’utilizzo dell’opera da parte di terzi (ad esempio, se si vogliono consentire adattamenti dell’opera, oppure utilizzi a fini commerciali), ottenendo un consiglio circa la licenza più adatta alle sue esigenze.

Ciascuna licenza CC è formata da uno o più dei 4 standard licensing terms messi a disposizione da Creative Commons[5]:

1) “Attribuzione”, che impone a terzi di riconoscere una menzione di paternità all’autore dell’opera, ed è rappresentata dalla sigla BY;

2) “Condividi allo stesso modo”, che consente a terzi di copiare, distribuire, visualizzare, eseguire e modificare il lavoro purché ogni opera derivata sia distribuito con la stessa licenza dell’opera originaria, indicata dalla sigla SA;

3)”No opere derivative“, che impone ai terzi di non distribuire opere derivate da quella originale, indicata dalla sigla ND.

4) “Non commerciale“, che impedisce di utilizzare l’opera per scopi commerciali, indicata dalla sigla NC.

Dall’unione di diversi licensing terms, dunque, possono derivare licenze, come [6]:

  • Attribuzione (BY)
  • Attribuzione – Non opere derivate (BY-ND)
  • Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate (BY-NC-ND)
  • Attribuzione – Non commerciale (BY-NC)
  • Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo (BY-NC-SA)
  • Attribuzione – Condividi allo stesso modo (BY-SA)

    I simboli associati a ciascuna delle licenze CC. Questa immagine è di pubblico dominio (CC0).

Al fine di rendere le licenze comprensibili e, dunque, accessibili a chiunque, ciascuna di esse è espressa in due versioni che si differenziano per tecnicità della lingua e livello di dettagli: la “Common deed” o anche “human readable” e il “legal code” o “Lawyer readable”. La versione human readable è un breve riepilogo della licenza che esprime, in modo semplice e chiaro, cosa è concesso e cosa non è concesso fare con l’opera oggetto della licenza, mentre la lawyer readable consiste nella licenza vera e propria, composta di termini tecnici e giuridici[7]. In aggiunta, sempre al fine di consentirne il più ampio utilizzo possibile, le licenze sono state tradotte in più di 35 lingue.

In questo modo, Creative Commons offre agli autori la libertà di scegliere in che modo le loro opere possono essere utilizzate da terze parti, in modo semplice e intuitivo.

Oltre alla semplicità di utilizzo, le licenze Creative Commons si differenziano dalle licenze “tradizionali” per un ulteriore dettaglio: mentre queste ultime vengono concluse dal titolare del diritto da un lato, e una specifica e individuata persona fisica o giuridica dall’altro, dando accesso al contenuto solo alla specifica controparte, le licenze CC sono aperte. Ciò significa che tramite tali licenze il titolare del diritto concede in licenza l’opera a chiunque voglia utilizzarla, purchè rispetti le i limiti e le condizioni di licenza stessa.

Di conseguenza, le licenze Creative Commons sono caratterizzate da costi e tempi di negoziazione ridotti, se non nulli[8]. Infatti, da un lato, il titolare del diritto non necessita alcun supporto legale per raggiungere un accordo con la controparte e redigere la licenza, dal momento che le licenze sono standardizzate. Dall’altro lato, chiunque voglia utilizzare l’opera non deve necessariamente contattare il titolare per scoprire cosa può o non può fare con l’opera, e entro che limiti, in quanto la licenza contiene tutte le informazioni a riguardo [9].

Nella pratica, dunque, per gli utenti, il fatto che il materiale sia distribuito con licenza CC significa, innanzitutto, che l’autore ha deciso di rendere la sua opera/materiale/documento accessibile ai terzi.

I limiti e le condizioni di tale accesso dipendono dal tipo di licenza CC utilizzata. Dunque, qualora si vogliautilizzare l’opera, è necessario prestare attenzione alle sigle e i simboli rappresentati.

A meno che l’opera non sia di pubblico dominio, rappresentato dalla sigla CC0 [10], ogni qualvolta l’opera è utilizzata, è necessario citare l’autore (per citarlo, spesso è utilizzata la dicitura “creditsto + nome dell’autore”). In aggiunta, è necessario attenersi ai limiti delle clausole descritte sopra, e quindi, quando indicato, non dare vita a opere derivate, non utilizzare l’opera con finalità commerciali oppure tenere a mente di re-distribuire l’opera con gli stessi termini di licenza originari.

La violazione di tali clausole comporta una violazione della licenza, con conseguenze legali nel caso in cui il titolare del diritto d’autore ne venga a conoscenza.

 

[1]Non sempre la contropartita è il denaro. Difatti, nel caso delle cosiddette licenze incrociate, le parti si “scambiano” reciprocamente due licenze, senza alcun pagamento di un corrispettivo. Un altro esempio sono le licenze aperte (Open Licenses) che verranno trattate in seguito.

[2]https://wiki.creativecommons.org/wiki/History.

[3] Hietanen, Creative Commons’ Approach to Open Content, 17 Luglio 2008, disponibile qui https://ssrn.com/abstract=1162219.

[4]Letteralmente, in inglese, “Creative Commons aspires to cultivate a commons in which people can feel free to reuse not only ideas, but also words, images, and music without asking permission — because permission has already been granted to everyone”. Tratto da Legal Concept – CC Wiki, https://wiki.creativecommons.org/wiki/Legal_Concepts.

[5]http://en.wikipedia.org/wiki/Creative_commons

[6]

[7]Non è da dimenticare che Creative Commons, oltre alle licenze, presenta anche l’attribuzione dell’opera al pubblico dominio, rappresentato dalla sigla CC0. Qualora sia presente tale sigla, ciò significa che l’opera non è coperta da copyright (è, appunto, di pubblico dominio) ed è dunque liberamente utilizzabile, senza alcuna limitazione.

[8]

[9]Per avere un esempio delle due differenti versioni, si veda ad esempio la versione human readable della licenza Attribuzione (BY) disponibile al seguente link https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/it/deed.ite la versione lawyer readable disponibile qui https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/it/legalcode. Si veda anche Hietanen, supra.

[10]Hietanen, supra.

[11]Dietr, Guibault, Margoni, Siewicz, Spindler, Wiebe, Safe to Be Open: Study on the Protection of Research Data and Recommendations for Access and Usage, OpenAirePlus, 2013, disponibile qui .

[12]https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/

 

Per l’immagine principale: credits to Daniel Lombraña González, distribuita con licenza CC BY SA 2.0.

Lucrezia Berto

Classe 1992, piemontese di nascita ma milanese d’adozione, si laurea nel 2016 in giurisprudenza alla School of Law dell’Università Bocconi. Dopo l'inizio della carriera professionale negli Stati Uniti e la pratica forense presso uno dei principali studi legali milanesi, decide di seguire le sue passioni iscrivendosi all’LL.M in Law of Internet Technology dell’Università Bocconi. Attualmente vive in Spagna, a Barcellona, dove si occupa di consulenza in materia IP, IT e Data Protection a startup ad alto livello tecnologico. Appassionata di nuove tecnologie, proprietà intellettuale e big data, è un’amante dei viaggi e dello sport. Contatto: lucrezia.berto@iusinitinere.it

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