venerdì, Marzo 29, 2024
Di Robusta Costituzione

Le limitazioni alla libertà di circolazione durante l’emergenza sanitaria

A cura di Giuseppe Umberto Piro

 

Uno spettro si aggira sull’Europa, è lo spettro del covid-19. La pandemia tuttora in corso ha indotto la quasi totalità dei Governi, compresi quelli occidentali, ad adottare misure volte al contenimento dell’emergenza sanitaria limitando, incidentalmente, molteplici diritti individuali[1]. Nei paesi europei sono state adottate misure simili ma con tempistiche differenti.[2]

In particolare, per ciò che attiene alla libertà di circolazione, tutelata nel nostro ordinamento dall’art. 16 della Costituzione, l’esempio nostrano dei voli provenienti dalla Cina è emblematico di come anche interventi drastici e tempestivi si siano rivelati poco efficaci.[3]

La pandemia ha, dunque, messo in crisi il consolidato modello della libera circolazione delle persone nell’area Schengen, uno dei pilastri della Comunità Europea.[4] La libertà di viaggiare, lavorare e studiare sono, infatti, elementi comunemente associati all’immagine dell’UE[5]. La libertà di circolazione è senza dubbio uno degli aspetti maggiormente evocativi e caratterizzanti il c.d. sogno europeo[6]: l’idea della libera circolazione di persone in una vasta area geografica è stata messa in crisi da un nemico invisibile o, per meglio dire, dalla necessaria risposta alla sfida del virus.

La simbolica battuta d’arresto, dapprima a livello internazionale e successivamente anche su scala nazionale, alla libertà di circolazione è stata accolta, nella fase acuta dell’emergenza, con favore dall’opinione pubblica e, in qualche caso, stigmatizzata per il ritardo con cui è avvenuta.[7]

Il presente lavoro si innesta da questa prospettiva ed è volto ripercorrere, ex post, le misure limitative della libertà di circolazione adottate da Governo e Regioni italiane durante l’emergenza sanitaria.

 

  1. Gerarchia delle fonti e ruolo delle F.A.Q. durante l’emergenza sanitaria

A livello normativo il punto di svolta dell’attuale crisi sanitaria è rappresentato dalla dichiarazione dello stato di emergenza[8] contenuta nella Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Tale dichiarazione trova fondamento nel D. Lgs. 2 gennaio 2018 n.1, il c.d. Codice della Protezione civile, agli articoli 7, comma 1, lett. c) e 24, comma 1.

Le norme appena richiamate fanno esplicito riferimento a “mezzi e poteri straordinari” da utilizzare nei casi di emergenza. Siamo difronte ad un istituto giuridico disciplinato dal Codice della Protezione Civile con presupposti, conseguenze giuridiche e limiti temporali previsti dal Legislatore. [9]

La scelta di utilizzare una fonte primaria, in un ambito così delicato, si è resa necessaria poiché la Costituzione non prevede strumenti appositi nei casi di emergenza, purtroppo non infrequenti nella storia repubblicana,[10] ma si limita a disciplinare, all’art. 77, la normazione nei casi di urgenza.[11] Anche per questo motivo non è raro che urgenza ed emergenza vengano confuse e, in certi casi, si sovrappongano, siccome “la disciplina dell’emergenza nel nostro ordinamento è ambigua, debole e frammentata, essendo per lo più costruita intorno ad una logica che privilegia la legislazione di urgenza più che quella, appunto, di emergenza”[12] creando non pochi problemi agli interpreti.

La pandemia ha dunque evidenziato una carenza del nostro modello giuridico, il quale deve necessariamente ricorrere a fonti extrea ordinem per risolvere situazioni atipiche di grave pericolo per la tenuta stessa del sistema.[13]

In ogni caso, a partire della dichiarazione dello stato di emergenza si è assistito ad un frenetico susseguirsi di atti statali e regionali di varia natura: decreti-legge, decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanze e circolari, non sempre di facile inquadramento teorico all’interno del sistema delle fonti del diritto.[14]  Maggiori dubbi in tal senso sono legati al ruolo ricoperto dalle F.A.Q (Frequently asked question) pubblicate sul sito internet del Governo.

Le F.A.Q non sono altro che le risposte autentiche, poiché provenienti da un organo ufficiale, alle domande più frequenti pervenute all’attenzione dell’ufficio preposto alla gestione del sito internet del Governo. Tale strumento si è reso necessario siccome il D.p.c.m dell’8 Marzo, nel limitare la circolazione delle persone, ha previsto una deroga in presenza di “situazioni di necessità” da dimostrare tramite autocertificazione[15].

La clausola generale summenzionata si è prestata a molteplici interpretazioni e, per questo motivo, le F.A.Q. hanno svolto un ruolo cruciale, finalizzato a dirimere alcuni grandi dubbi sulle condotte che erano, o meno, lecite.

La natura di questo strumento è dubbia: si potrebbero ritenere come una nuova modalità di comunicazione ufficiale, quasi un mezzo di interpretazione autentica,[16] oppure equipararle alle circolari amministrative[17] o ritenerle semplicemente informazioni ufficiali ma prive di valore vincolante. Certamente le F.A.Q. non possono avere alcuna forza cogente nei confronti del cittadino ma dovrebbero piuttosto servire alle forze dell’ordine come criterio nei controlli di polizia. In ogni caso sarebbe auspicabile maggiore chiarezza riguardo questo ed altri strumenti atipici che hanno segnato il periodo emergenziale.[18]

In ogni caso, ai fini dell’analisi di questo lavoro incentrata più specificamente sulla libertà di circolazione, è facile constatare come atti di varia natura e vario grado all’interno del sistema delle fonti del diritto abbiano inciso in maniera progressiva, ma significativa, sulle libertà dei cittadini, a partire dalle limitazioni al traffico aereo. La limitazione al traffico internazionale non ha, peraltro, apportato particolari benefici al contenimento del contagio[19] siccome il virus era, probabilmente, già presente in Lombardia qualche settimana prima della scoperta del primo paziente positivo al covid-19. La vigilanza sanitaria prevista in porti ed aeroporti per tutto il mese di febbraio non ha posto un argine all’ingresso e alla circolazione del patogeno nonostante un impegno notevole.[20]

Le misure adottate nella primissima fase dell’emergenza erano volte ad un contenimento “territoriale” del virus tramite tempestive misure limitative della circolazione di persone in alcune aree del paese.

In seguito alla scoperta dei primi casi nel nord Italia non si è fatta attendere una nuova disposizione, maggiormente restrittiva, adottata con ordinanza del Ministero della Salute del 21 febbraio 2020, che prevedeva limitazioni stringenti per i contatti di un caso positivo.

La c.d. “quarantena”, articolata in isolamento obbligatorio e permanenza domiciliare fiduciaria, non solo impediva al soggetto interessato di muoversi liberamente, ma incideva direttamente sulla libertà personale[21] obbligandolo a rimanere presso il proprio domicilio anche senza una diagnosi di positività al virus.

In seguito al D.p.c.m del 23 febbraio, tutti i residenti dei comuni delle c.d. “zone rosse” sono stati, di fatto, confinati, con l’impossibilità, salvo motivi tassativi, di uscire dai comuni di residenza, indipendentemente da un controllo sanitario o dalla presenza di sintomi riconducibili al nuovo coronavirus.

Il criterio della residenza, o per meglio dire della provenienza territoriale, ha assunto un valore determinante siccome si riteneva, erroneamente, che il virus circolasse solo tra le persone delle zone interessate dalle misure. In realtà né gli abitanti di Codogno né la comunità cinese sono stati responsabili della diffusione contagio ma, per loro sfortuna, sono stati i primi a subire limitazioni di diritti individuali, in via cautelare ed in assenza di indicazioni chiare dalla comunità scientifica.

Il controllo capillare dei confini dei territori della “zona rossa”, da parte delle forze dell’ordine, ha ricordato scene desuete, inedite nell’Italia repubblicana, che hanno spinto qualcuno a parlare, più che di un cordone sanitario, di una zona di guerra.[22]

Se è vero che le misure di profilassi adottate hanno rallentato l’avanzata del nemico invisibile purtroppo le stesse non sono riuscite a sortire l’auspicato effetto di contenere, esclusivamente in quelle aree del paese, l’epidemia.

Le misure adottate nella prima fase dell’emergenza nelle “zone rosse” sono state il banco di prova per ciò che di lì a poco, con il D.p.c.m 9 Marzo 2020, verrà esteso, indistintamente, a tutta la penisola. Il regime di lockdown è stato attenuato a partire dal 4 Maggio[23] ma ha lasciato molti dubbi circa la sua ragionevolezza[24].

 

2. (Segue) Proporzionalità e bilanciamento delle misure limitative della circolazione: un problema irrisolto

Riguardo il contenuto e la forma degli atti extra ordinem che lo stato di emergenza può giustificare vi sono dei dubbi che non possono essere tralasciati. Infatti, secondo autorevoli giuristi, la Costituzione nell’emergenza è da ritenersi “sospesa”[25] per via del pericolo, imminente, che minaccia la tenuta stessa dell’ordinamento. L’ipotesi di una sostanziale sospensione dei diritti costituzionali si presta a delle critiche siccome lo stato di emergenza, seppur eccezionale, è una situazione che merita particolare attenzione per la delicatezza che ricopre nel sistema giuridico stesso.[26]

Riproponendo l’efficace metafora della Presidente della Corte Costituzionale, si può dire che durante l’emergenza la Costituzione va usata come bussola[27] dunque, se la Costituzione rappresenta una bussola, utile ad orientarsi nell’emergenza, si fanno maggiormente pressanti le domande circa il rispetto del suo art. 16 da parte delle misure analizzate nel precedente paragrafo.

Prima di arrivare a conclusioni affrettare occorre effettuare, a questo punto, un’ulteriore precisazione metodologica: l’approccio a domande generali, di incerta risposta, non può prescindere dalla consapevolezza delle difficoltà legate a momenti concitati e drammatici come quelli che hanno accompagnato, in particolare, i primi mesi del 2020. Questo scritto non è la sede idonea per valutare, nel merito, le decisioni adottate durante l’emergenza ma si cercherà di analizzare tali misure sine ira et studio, per quanto possibile.

Preliminarmente occorre chiarire che, sul piano formale, la scelta di utilizzare uno strumento regolamentare come il D.p.c.m per limitare le libertà individuali ha alimentato alcuni dubbi[28] considerando che, diversamente, se si fosse utilizzato lo strumento del decreto-legge ci sarebbe stato un coinvolgimento del Parlamento e dunque maggiori garanzie, associate solo alla legge o agli atti aventi forza di legge e non anche agli atti regolamentari. [29]

Peraltro l’utilizzo di una fonte regolamentare[30] stride con la riserva di legge prevista dall’art. 16 Cost.[31] Azzerare, per un periodo di tempo molto lungo, le libertà individuali tramite D.p.c.m. ha lasciato perplessi molti costituzionalisti[32] e rappresenta un precedente potenzialmente pericoloso per il futuro.

Certamente nel caso di un’emergenza sanitaria, come quella in esame, le misure di contingentamento sociale sono necessarie per la natura altamente infettiva del virus ma l’elasticità della dichiarazione dello stato di emergenza potrebbe consentire misure simili per fronteggiare altri pericoli per la collettività. Per questo motivo l’utilizzo di un decreto-legge sarebbe stato più opportuno[33] in quanto avrebbe consentito alle Camere, in sede di conversione, un intervento migliorativo e un controllo circa l’adeguatezza di misure limitative di diritti di rango costituzionale. Nonostante le prescrizioni relative al distanziamento sociale abbiano rallentato e modificato l’attività del Parlamento non l’hanno, tuttavia, inibita totalmente[34]. La via del decreto-legge sarebbe stata, dunque, realmente percorribile oltreché preferibile rispetto all’adozione di atti regolamentari che sfuggono, per loro natura, al controllo di Camere, Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale.

Diversamente da quanto detto, dal 1 Marzo al 10 Aprile si sono susseguiti 10 D.p.c.m adottati con la “copertura” di due decreti-legge (23 Febbraio 2020, n.6, poi quasi totalmente abrogato dal successivo d.l. del 25 Marzo 2020, n. 19) i quali prevedono un rinvio “in bianco” consentendo “ogni misura di contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”.

Sebbene l’indeterminabilità a priori del contenuto della delega ponga dei dubbi circa il rispetto del principio di legalità formale, tali disposizioni non possono essere direttamente oggetto di un sindacato della Consulta[35] ma, nonostante ciò, i generali criteri di proporzionalità e adeguatezza delle misure si devono applicare anche nel caso di specie.

Il Giudice delle leggi sul punto ritiene che: “Il bilanciamento deve, perciò, rispondere a criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, in modo tale da non consentire né la prevalenza assoluta di uno dei valori coinvolti, né il sacrificio totale di alcuno di loro, in modo che sia sempre garantita una tutela unitaria, sistemica e non frammentata di tutti gli interessi costituzionali implicati.”[36] Dunque occorre evitare che un diritto diventi “tiranno”[37] verso le altre situazioni giuridiche costituzionalmente protette tramite il rispetto dei canoni summenzionati.

Certamente l’interesse a preservare la salute individuale e l’incolumità pubblica durante una pandemia assume un ruolo centrale ma, nonostante ciò, la valutazione sui provvedimenti in concreto adottati a tale fine non può essere sottratta a qualsivoglia tipo di valutazione.

In particolare la proporzionalità si sostanzia in un’analisi qualitativa e quantitativa articolata in tre passaggi[38] consequenziali: idoneità della misura adottata a raggiungere l’obiettivo di tutela della salute o della sicurezza; necessarietà della limitazione del diritto di circolazione; adeguatezza o corretto bilanciamento delle esigenze da tutelare e da sacrificare nel caso concreto. La mancanza di uno solo di questi elementi determina l’illegittimità della misura.

Dunque, a fronte di un sacrificio certo delle libertà individuali, occorre rapportare in maniera oggettiva il vantaggio per la salute pubblica che, per giustificare siffatte limitazioni, dovrebbe essere proporzionato, nel senso appena specificato.

Quanto il sacrificio di milioni di cittadini, ristretti nelle loro libertà, sia stato proporzionato all’entità dell’emergenza, oltreché al superamento della stessa, non è di semplice verifica siccome non è agevole quantificare l’incidenza del contagio e della relativa mortalità, in presenza di condizioni e variabili tecniche molto diverse tra loro.

È ragionevole pensare che, se si fosse permesso ai cittadini di muoversi liberamente, e non solo per motivi tassativi, si sarebbe aggravata la situazione sanitaria ma è difficile dire in quale misura ciò sarebbe avvenuto siccome il virus ha un grado di pericolosità estremamente variabile in ragione di età, sesso e condizioni di salute pregresse.

Soppesare preventivamente le scelte del Legislatore con dei criteri quantitativi e qualitativi ipotetici è stato maggiormente difficoltoso durante questa emergenza in ragione delle ondivaghe opinioni scientifiche che l’hanno contraddistinta. Tuttora il mondo scientifico non ha delle risposte univoche a molte domande riguardo il nuovo agente patogeno e ciò ha influito sull’azione dell’esecutivo siccome lo stesso, nel valutare i provvedimenti da adottare, ha previamente richiesto i pareri di un apposito comitato tecnico-scientifico che ha avuto un ruolo non secondario nelle decisioni politiche.[39]

Nonostante ciò le scelte adottate, seppur col dubbio che potessero essere sproporzionate e, per certi versi, peggiori del male,[40] sono ispirate al rispetto del criterio di precauzione, finalizzato alla tutela del diritto alla salute. Tale canone si è affermato nel diritto comunitario (dunque anche nel nostro tramite il richiamo dell’art. 1 L.241/90) e dovrebbe indirizzare l’attività del Legislatore verso la scelta maggiormente efficace, tra più soluzioni possibili, effettuando un bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi.

In realtà anche La Corte di Giustizia UE, in sede giurisdizionale, tende a limitare l’applicazione del principio di precauzione ad esempio per contemperare le libertà di circolazione di merci e persone sul mercato.[41]

Non esiste, infatti, nessun obbligo a perseguire il “rischio zero”, riconoscendo una tutela massima della salute a discapito degli altri interessi tutelati, ma occorre ricercare, tramite il test di proporzionalità, la soglia di pericolo accettabile, in concreto.[42]

Resta, in ogni caso, una ingombrante domanda per il futuro: in assenza di certezze scientifiche o tecniche, fino a che punto è possibile comprimere i diritti individuali?[43]

 

3. Le Sanzioni previste per la violazione dei divieti alla circolazione

Un ulteriore elemento di criticità legato all’emergenza sanitaria è rappresentato delle sanzioni appositamente previste in caso di violazione dei divieti di circolazione.

L’art. 4 del Decreto-legge n.6 del 2020[44] ha introdotto una prima norma sanzionatoria che faceva rientrare tali condotte nella fattispecie penalistica, ormai residuale, dell’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. La contravvenzione in questione prevede l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a €206 dunque a dissuadere i cittadini, più che la sanzione in sé, avrebbe dovuto essere la solennità di un procedimento penale.

In realtà l’enorme mole di contravventori avrebbe sovraccaricato il sistema giudiziario fino ad un punto di rottura che avrebbe potuto portare facilmente ad un ritardato, o addirittura mancato, perseguimento dei trasgressori ferma restando la possibilità di estinguere il reato ricorrendo all’istituto dell’oblazione.[45]

In un’ottica di maggiore efficacia punitiva, il Legislatore ha abbandonato lo strumento penale per ricondurre le violazioni dei vari D.p.c.m. limitativi della libertà di circolazione all’interno della legge 689/1981. L’art. 4 del decreto-legge 19/2020[46] ha previsto delle rilevanti sanzioni pecuniarie che avrebbero dovuto, nell’intenzioni, dissuadere maggiormente i cittadini dall’uscire dalle proprie case.  Per l’effetto, i procedimenti che erano già stati iscritti a registro nelle varie Procure della Repubblica verranno chiusi con un’archiviazione, in quanto il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato[47].

Le sanzioni “anti-passeggio” nel caso in cui non vengono immediatamente oblate, seguono le modalità previste dalla legge n. 689/1981 e necessitano, ai fini della riscossione, dell’emissione di un’ordinanza-ingiunzione da parte dell’autorità prefettizia, eventualmente opponibile davanti al Giudice di Pace. Anche questa procedura non è particolarmente celere, considerando che il Prefetto ha fino a 5 anni di tempo per emettere l’ordinanza-ingiunzione.

Nonostante ciò, durante il periodo di lockdown, i controlli sono stati inflessibili e, soprattutto nei giorni festivi, il dispiegamento di forze messo in campo ha permesso di sanzionare svariate migliaia di cittadini, rei di essere usciti dal loro domicilio senza giustificato motivo.

La decisione di imporre a coloro che uscivano dalla propria dimora delle autocertificazioni, volte a dimostrare il motivo del proprio spostamento, ha creato confusione e instabilità siccome le stesse sono state modificate diverse volte durante l’emergenza creando grande incertezza circa gli spostamenti che erano, o meno, consentiti. Resterà agli atti la polemica legata allo sport[48] all’aperto, prima consentito, poi vietato, poi ancora ammesso con delle stringenti prescrizioni sanitarie.

Si è già parlato del difficile inquadramento teorico delle F.A.Q. all’interno del sistema delle fonti[49] ma, in questa sede, meritano un ulteriore richiamo poiché durante il periodo di “lockdown” hanno avuto un ruolo importante, volto a chiarire la liceità di taluni comportamenti. Milioni di cittadini hanno, infatti, consultato il sito del Governo alla ricerca di indicazioni utili a sciogliere i propri dubbi legati al timore di essere passibili di sanzioni.

Nel vedere la mole di domande, apparentemente banali, a cui è stata data una risposta ufficiale viene il dubbio che le disposizioni adottate abbiano generato eccessiva incertezza nei cittadini e che molti di questi, nel dubbio di poter essere sanzionati, abbiano preferito non muoversi affatto, in attesa di un chiarimento istituzionale.

L’eccessiva rigidità dei divieti imposti unita alla, tutt’altro che pacifica, qualificazione della nozione di “necessità” applicata agli spostamenti, hanno reso necessario un chiarimento interpretativo che, in buona parte, è avvenuto tramite questo strumento informale.

Sarebbe stato forse più opportuno una costruzione della norma in chiave maggiormente elastica, con la previsione di divieti tassativi alla circolazione, anziché fare ricorso alle F.A.Q. per evitare di attendere l’interpretazione giurisdizionale, necessariamente successiva, in sede di opposizione alla sanzione.

A complicare ancor di più il quadro relativo alle condotte sanzionabili si sono aggiunte le ordinanze regionali, in alcuni casi maggiormente limitative della libertà di circolazione.

 

 4. Regionalismo differenziato alla prova dell’emergenza

Il complesso rapporto tra Stato e Regioni si è acuito durante il periodo emergenziale, portando a forti contrapposizioni tra i diversi soggetti istituzionali.

Si è, infatti, instaurato su vari temi un dialogo continuo tra rappresentanti delle istituzioni che ha assunto, in alcuni casi, le sembianze di un doppio conflitto, quello tra autorità e regole e tra cittadini ed autorità,[50] con strascichi politici rilevanti. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla polemica legata a modalità e tempistiche di riapertura della libera circolazione di persone tra le regioni che ha visto delle opposizioni, inizialmente molto decise, di alcuni Governatori.

In realtà, a sovrintendere ed ispirare i rapporti tra Stato centrale ed Autonomie dovrebbe essere il principio di leale collaborazione[51] che, maggiormente in un periodo di emergenza nazionale, avrebbe dovuto spingere le Regioni a conformarsi alle indicazioni nazionali.[52]

Diversamente dagli auspici si è reagito all’emergenza adottando decisioni non sempre in linea con la normativa nazionale e questo ha indotto il Legislatore ad inserire un’apposita norma[53] per sanare le disposizioni in contrasto con gli atti statali, in ragione dell’esercizio, a volte arbitrario, della potestà regolamentare regionale.

Occorre preliminarmente precisare che alle amministrazioni è consentito intervenire, per fronteggiare situazioni eccezionali, con lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, atto amministrativo a contenuto atipico che trova la propria legittimazione nella cosiddetta norma attributiva del potere. La norma attributiva prevede casi e limiti di intervento e, per ciò che riguarda la libertà di circolazione durante l’emergenza coronavirus, è rappresentata dall’art. 1, comma 2 lettera a) del decreto-legge 19/2020[54]. che rinvia all’art. 32 della legge n. 833 del 1978 e all’art. 117 del d.lgs. n. 112 del 1998.[55]

Il potere di ordinanza in situazioni di urgenza costituisce una deroga ai principi di tipicità e nominatività e dunque permette una elasticità di manovra all’amministrazione nonostante quest’ultima incontri comunque il limite sostanziale del rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento, compreso quello di proporzionalità, oltreché il limite procedurale dell’obbligo di motivazione ex art. 3, l. 241/90.

Uno dei casi più interessanti di utilizzo delle ordinanze regionali in questo periodo è stato quello della regione Campania[56] la quale ha interpretato rigidamente la clausola delle “situazioni di necessità” escludendo ogni tipo di spostamento per effettuare attività motoria,[57] parzialmente consentita dai D.p.c.m., e limitando temporalmente e geograficamente gli altri spostamenti consentiti.

Portare a spasso il cane per un tempo superiore al normale sarebbe potuto costare molto caro ai cittadini campani che, con una disposizione unica nel suo genere, sarebbero potuti incorrere in una quarantena, per così dire, “sanzionatoria”.

Infatti il comma V dell’ordinanza n. 23/2020[58] prevedeva una quarantena atipica, cioè un obbligo di non uscire per 14 giorni dalla propria dimora per il solo fatto di aver violato il divieto di circolazione previsto dalla stessa ordinanza, sulla scorta della presunzione di positività al virus per chi esce da casa per più tempo del necessario.

Una presunzione siffatta, più che un carattere di profilassi sanitaria, nasconde un intento dissuasivo e sanzionatorio di non semplice giustificazione.

Il pugno di ferro del Governatore campano ha forse evitato il diffondersi dell’epidemia nella zona costiera con la più alta densità abitativa d’Europa ma con un sacrificio del diritto di circolazione dei suoi cittadini forse sproporzionato rispetto al rischio e con delle sanzioni estremamente gravi e sprovviste di copertura legislativa.

Un altro caso degno di nota riguarda un’ordinanza del comune di Pula, in Sardegna, che vietava di uscire da casa più di una volta al giorno e massimo un componente per nucleo familiare per recarsi nelle attività alimentari aperte.

L’ordinanza in questione è stata oggetto di impugnazione davanti al Tar Sardegna[59] il quale nel rigettare la richiesta di sospensiva formulata dal ricorrente ha ritenuto che “nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale, a fronte di una compressione di alcune libertà individuali deve essere accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica”.

Il giudice amministrativo non ha dunque rilevato alcuna irragionevolezza nel bilanciamento dei diritti effettuato dall’ordinanza in oggetto siccome la stessa è stata ben motivata e, vista la situazione di pericolo, ha avallato la maggiore prudenza adottata nelle ordinanze.

Simili pronunce sono rigorose da un punto di vista logico-giuridico ma lasciano spazio a critiche legate alla opportunità dei comuni di prevedere limitazioni ancor più stringenti alla circolazione delle persone.

Vi è stato, poi, un ulteriore elemento di criticità legato all’azzeramento del trasporto pubblico locale durante il lockdown. In questa materia l’art. 1, n. 5 del D.p.c.m. 11 marzo 2020 attribuisce al Presidente della Regione, con ordinanza, il potere di ridurre la programmazione dei servizi sul territorio regionale garantendo esclusivamente le prestazioni minime essenziali. Una tale disposizione, oltre a limitare indirettamente la libertà di circolazione siccome ostacola anche gli spostamenti giustificati dalle esigenze consentite dalla norma, crea una disparità di trattamento per i ceti economicamente più fragili, ed appare in contraddizione con l’esigenza sanitaria di garantire il distanziamento sociale ed evitare assembramenti di ogni genere.

In ogni caso alla fine dell’emergenza occorrerà riflettere sui limiti del sistema regionale italiano reo, secondo alcuni, di non aver reagito in modo coordinato davanti al pericolo del virus[60]. Peraltro, per una strana ironia della sorte, proprio le Regioni più colpite dall’emergenza sanitaria sono state quelle che avevano, negli anni, chiesto maggiore autonomia ai sensi dell’art. 116 comma 3 della Costituzione[61] e ciò ha alimentato polemiche legate al modello di regionalismo italiano.[62]

La questione intorno alla competenza concorrente della tutela della salute,[63] delineata dal Titolo V della Costituzione, potrebbe stimolare delle prospettive di riforma in senso centralista ma, a differenza che in passato, non sarà semplice vincere le resistenze politiche autonomistiche e giungere presto ad un nuovo assetto, più stabile, nei rapporti Stato-Regioni.[64]

5. Le ordinanze della Regione Puglia

L’esempio pugliese costituisce un caso positivo di contemperamento della sicurezza sanitaria alla libertà di circolazione nonostante un momento iniziale di paura generalizzata legata all’ipotesi che anche gli ospedali pugliesi potessero sovraccaricarsi in seguito ad un esodo di persone provenienti da territori con alti tassi di contagio.  Infatti il 10 Marzo il Governatore pugliese ha rilasciato delle dichiarazioni non proprio rassicuranti che, fortunatamente, non si sono avverate[65]. I numeri dei positivi al covid-19 in Puglia hanno superato la soglia di guardia annunciata, pur senza saturare le terapie intensive regionali ed anzi la Puglia, in un’ottica solidaristica, ha partecipato al programma CROSS della protezione civile curando nei propri centri alcuni pazienti provenienti dagli ospedali lombardi, alleggerendone il carico.

E allora cosa ha indotto l’allarmismo iniziale del Governatore pugliese? Sicuramente la paura che i viaggiatori potessero diffondere il virus.

Occorre brevemente ricordare quanto la Puglia si avvantaggi della libertà di circolazione, sia a livello nazionale che internazionale, essendo un territorio a forte vocazione turistica e che, negli ultimi anni, ha investito molto sul miglioramento dei collegamenti aeroportuali e su rotaia.

Inoltre migliaia di pugliesi, in particolar modo giovani, per studio e per lavoro si trasferiscono fuori regione pur mantenendo la residenza nella propria città di origine.

Il modello pugliese è costruito per favorire costanti flussi di arrivi e partenze tutto l’anno ma, in tempo di pandemia, si è trovato a fronteggiare il “pericolo” di un rientro massiccio di residenti da fuori regione.

E così notte tempo, alle 2 e 31 dell’8 Marzo, il Presidente della regione adottava un’ordinanza che obbligava coloro che, provenendo dalle “zone rosse” avessero fatto ingresso nel territorio regionale a partire dal giorno precedente, ad autodenunciarsi alle autorità sanitarie e a rispettare l’isolamento fiduciario di 14 giorni.[66] Tale obbligo era richiamato a pena di violazione dell’art. 650 c.p.[67] e, successivamente le stesse disposizioni sono state estese a chiunque rientrasse nel proprio domicilio, residenza o abitazione dall’estero o da altre regioni, sino al 3 aprile.[68]

L’isolamento fiduciario imponeva, al soggetto sottoposto a tale misura, di evitare qualsiasi contatto con chiunque, compresi i familiari conviventi, cosa che, come si intuisce, non è di facile realizzazione. Allo stesso modo i relativi controlli sul rispetto di queste disposizioni erano difficilmente praticabili.

Dunque l’esito positivo delle disposizioni cautelari adottare erano rimesse al buon senso dei singoli siccome la Regione non aveva predisposto misure per controllare il rispetto di tali obblighi come, ad esempio, destinare degli alloggi per ospitare e monitorare le migliaia di persone rientrate dal centro-nord oppure effettuare, su coloro che si autodenunciavano, un tampone orofaringeo per diagnosticare, o escludere, la presenza del virus.

Fortunatamente l’andamento epidemiologico non ha fatto registrare, nelle settimane successive all’esodo tanto temuto, un aumento eccessivo dei contagi segno che, la quasi totalità dei viaggiatori rientrati non era positivo al covid-19 o, comunque, non ha manifestato sintomi gravi. Ciò è forse avvenuto in ragione della composizione anagrafica e sanitaria dei viaggiatori, in maggioranza giovani, e delle misure di lockdown adottate quando il livello del contagio era ancora contenuto.

In ogni caso, a sostegno dell’ordinanza, è stato emanato un comunicato stampa[69] in cui il capo dell’Avvocatura regionale difendeva la legittimità del provvedimento chiarendo che la natura dell’obbligo previsto in capo ai viaggiatori era di mera cautela e non limitativo della circolazione, dunque rispettoso del d.p.c.m. dell’8 Marzo.

La natura di questa disposizione è dubbia: nonostante la previsione di una sanzione di carattere penale faccia pensare all’obbligatorietà dell’autodenuncia e della relativa quarantena, d’altro canto, non essendo, almeno formalmente, una misura limitativa della libertà di circolazione, non sono stati predisposti dei controlli e dei posti di blocco in stazioni, aeroporti e caselli autostradali rimettendo alla coscienza dei viaggiatori la decisione di autodenunciarsi alle autorità competenti.

Sempre l’8 Marzo veniva emanata un’altra ordinanza che escludeva dall’onere dell’autodichiarazione e relativo isolamento fiduciario di 14 giorni alcune categorie di lavoratori soggetti a frequenti spostamenti.[70]

La volontà di tutelare maggiormente alcune categorie di persone e settori merceologici è riscontrabile nelle disposizioni che anticipano la possibilità di spostarsi all’interno della regione per praticare la pesca sportiva[71] e le attività di coltivazione di fondi e terreni[72], attività di notevole importanza sociale ed economica per i cittadini pugliesi.

Per ciò che attiene agli spostamenti extraregionali, esclusi quelli specificamente consentiti, sono stati proibiti fino al 3 Giugno ma, alla vigilia della riapertura della libera circolazione tra regioni, il Governatore pugliese ha emanato una nuova ordinanza che obbligava coloro che sarebbero entrati nel territorio regionale a segnalare tale circostanza mediante compilazione del modello di auto-segnalazione disponibile online e a conservare, per un periodo di trenta giorni, l’elenco dei luoghi di visita e delle persone incontrate durante il soggiorno, oltre a scaricare l’app “IMMUNI. Quest’ultima indicazione è espressamente qualificata come facoltativa, a differenza delle altre disposizioni, il cui mancato rispetto è associato ad una sanzione amministrativa.

Dunque sono stati mantenuti, anche oltre il 3 giugno, degli oneri a carico dei viaggiatori, pur senza l’obbligo dell’isolamento fiduciario di 14 giorni, per ovvi motivi legati alla auspicata ripartenza del turismo, che invece è applicabile a chi è rientrato in Puglia fino al giorno precedente all’ordinanza. La disposizione che obbliga il viaggiatore a compilare un “diario sanitario” ha lo stesso obiettivo di altre misure precedenti e dell’app “IMMUNI” ovvero ricostruire e bloccare tempestivamente la c.d. “catena del contagio”.

La linea di sorveglianza “morbida” adottata dalla Regione Puglia rappresenta, a tutt’oggi, un esempio positivo di come una circolazione di persone numericamente importante non abbia creato eccessivi problemi al sistema sanitario grazie al coordinamento delle decisioni pubbliche e all’imprescindibile buon senso dei singoli.

 

6. Riflessioni conclusive

Alla luce di questa breve disamina e dei dati epidemiologici degli attualmente positivi in costante calo in tutta la penisola, si può affermare che la limitazione della libertà di circolazione dei cittadini è stata, in alcuni casi, sproporzionata ed eccessiva rispetto alla reale necessità di tutela sanitaria.

Nel contesto attuale di un’economia globalizzata lo spostamento delle merci, e dei tanti lavoratori di questo settore, è diventato imprescindibile al punto da non essersi arrestato nemmeno durante la pandemia. È auspicabile ritenere che anche la libertà di circolazione delle persone vada, a maggior ragione, garantita il più possibile anche durante una situazione emergenziale.

L’esperienza del lockdown merita maggiore riflessione e dovrebbe spingere le istituzioni ad un’attenta analisi circa le debolezze del nostro sistema per evitare, in futuro, che i diritti e le libertà debbano essere compressi per tutelare la salute o la sicurezza pubblica.

Inoltre è urgente una rivalutazione del regionalismo delineato dalla riforma del Titolo V siccome è ormai evidente che per risolvere problemi complessi su scala globale è necessaria una regia nazionale volta a coordinare l’azione degli enti locali.

Un coordinamento nella gestione delle emergenze è necessario in quanto sia le risposte centrali sia quelle periferiche devono perseguire la massima sicurezza con il minimo sacrificio possibile non essendo accettabile che si sottopongano i cittadini a limitazioni più o meno stringenti delle proprie libertà costituzionali nel nome di un regionalismo differenziato che ha mostrato tutti i suoi limiti durante la pandemia.

 

[1] Sulle misure limitative dei diritti di libertà, dei diritti sociali, economici, politici e soprattutto dei diritti di libertà nei paesi appartenenti all’UE Cfr. L. CUOCOLO (a cura di), I diritti Costituzionali di fronte all’emergenza Covid-19. Una prospettiva comparata. italiana, in Federalismi.it, Osservatorio emergenza coronavirus aggiornato al 05 maggio 2020, pp.10.; riguardo la tutela degli stessi nel nostro ordinamento V. R.BIN, Chi è il giudice dei diritti? Il modello costituzionale e alcune deviazioni, in www.robertobin.it.

[2] Per una prospettiva comparata delle misure adottate dai paesi che hanno vissuto una emergenza sanitaria paragonabile a quella italiana si veda: F. GALLARATI, Le libertà fondamentali alla prova del coronavirus. La gestione dell’emergenza sanitaria in Francia e Spagna, in L. CUOCOLO, op. cit.

[3] Il lettore ricorderà la polemica legate alla possibilità di aggirare il divieto di ingresso in Italia, con annessi controlli sanitari, per le persone provenienti dalla Cina effettuando un semplice scalo in un aeroporto europeo. Cfr. S. BARLOCCHETTI, Ecco come viene aggirato il blocco dei voli dalla Cina, in Panorama, 31 Gennaio 2020. Consultabile su www.panorama.it.

[4] “Il codice frontiere Schengen ha per scopo e per principi di sviluppare l’Unione quale spazio comune di libertà di circolazione senza frontiere interne” CGUE, Sez. V, n. 341/18 del 05/02/2020; V. A. ARENA-F.BESTAGNO-G.ROSSOLILLO, Mercato unico e libertà di circolazione nell’Unione Europea, Torino, 2016.

[5] “Interrogati su ciò che rappresenta per loro l’Unione europea, la maggioranza degli intervistati ha risposto: libertà di viaggiare, studiare e lavorare in altri paesi dell’Unione (49%)” in Eurobarometro 60 Eurobarometro Paesi Candidati n. 2003.4 e immagine dell’UE: forza positiva in momenti di pessimismo, Bruxelles, 23 Febbraio 2004. in www.europa.eu.

[6] J. RIFKIN, Il Sogno europeo. Come l’Europa ha creato una visione del futuro che sta lentamente eclissando il Sogno americano, Milano, 2005.

[7] il D.P.C.M. del 8 marzo 2020, ha previsto: «allo scopo di contrastare e contenere  il diffondersi del virus Covid-19 nella Regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio  dell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia», all’art. 1, comma 1, lett. a), di: « evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonchè all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza »; il giorno seguente, 9 marzo 2020, in seguito alle polemiche legate ad una “fuga” dalle c.d. zone rosse, sempre con lo strumento del D.P.C.M. ed «allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus», sono state, poi, « estese all’intero territorio nazionale» (art. 1, comma 1) le misure di cui all’art. 1 del D.P.C.M. del 8 marzo 2020, ivi compresa, quindi, quella innanzi trascritta e concernente la compressione del diritto di libertà di circolazione e soggiorno sancito dall’art. 16 della Costituzione.

 

[8] Si fa riferimento alla «Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili». Il Governo, ai sensi del decreto legislativo n. 1 del 2018, ha dichiarato sei mesi di stato di emergenza per rischio sanitario, rinviando per l’adozione delle misure concrete ad Ordinanze del Capo dipartimento della Protezione civile «in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico». La legge 24 febbraio 1992 n. 225, all’articolo 5 reca norme concernenti lo stato di emergenza e il potere di ordinanza ad esso connesso. L’art. 1, comma 1, lett. c), del D.L. 59/2012 ha modificato l’articolo 5 in più parti prevedendo alcune rilevanti novità in relazione alla dichiarazione e alla durata dello stato di emergenza, demandando la deliberazione dello stato di emergenza al Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o, se delegati, da un Ministro con portafoglio o dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare l’art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, così come novellato dal D.L. 59/2012, prevede che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza può essere emanata non solo al verificarsi degli eventi calamitosi, ma anche nella loro imminenza e dispone in ordine all’esercizio del potere di ordinanza, conferendo al Consiglio dei Ministri una competenza attributiva di tale potere.

[9] La cui legittimità costituzionale è stata già vagliata dalla Consulta (Corte Cost., 09 Novembre 1992 n. 418 disponibile in www.giurcost.org/decisioni/1992). Oggetto della pronuncia era la l. 24 febbraio 1992, n. 225 (“Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”), ma il suo contenuto era analogo a quello del Codice. In quell’occasione, la Corte affermò, fra l’altro, che “Nel ricorrere di così gravi emergenze, quando l’ambiente, i beni e la stessa vita delle popolazioni sono in pericolo e si richiede un’attività di soccorso straordinaria ed urgente, risulta giustificato che si adottino misure eccezionali […]” M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Liber amicorum per Pasquale Costanzo, 2020, p. 6. Nota 42.

[10] A. ARCURI, Il governo delle emergenze: i rapporti tra decreti-legge e ordinanze di protezione civile dal terremoto de L’Aquila al crollo del ponte Morandi, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2019; G. AGAMBEN, Lo stato di eccezione, Torino, 2003.

10 Sugli elementi fisiologici della decretazione d’urgenza si veda R.BIN-G.PITRUZZELLA, Diritto Costituzionale, Torino, 2014, pp. 388 e ss; Sull’abuso della decretazione d’urgenza si veda CORTE COSTITUZIONALE (SERVIZIO STUDI), La decretazione d’urgenza nella giurisprudenza costituzionale, a cura di RICCARDO NEVOLA, Roma, settembre 2017, in https://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU_304_Decretazione_urgenza.pdf. ; A. VERNATA, L’ircocervo normativo. Il decreto “Cura Italia” quale prototipo di una nuova legislazione emergenziale” in Osservatorio sulle Fonti, Fasc. 3/2020; Come è noto, la dottrina ricostruisce l’ipotesi dell’emergenza nella Costituzione italiana, oltre che nell’art. 77, anche negli articoli 78, 120 e 126, dentro una evidente e necessaria dialettica tra i poteri dello Stato in modo da garantire il mantenimento di un sistema pluralistico e democratico ed un assetto stabile di garanzie e tutele per i cittadini. Cfr. F. CLEMENTI, Il lascito della gestione normativa dell’emergenza: tre riforme ormai ineludibili, in Osservatorio sulle fonti, Fasc. 3/2020.

11 F. CLEMENTI, op.cit.; Cfr P. PINNA, L’emergenza nell’ordinamento costituzionale italiano, Milano, 1988; A. CARDONE, La «normalizzazione» dell’emergenza. Contributo allo studio Del potere extra ordinem del Governo, Torino, 2011.

12 S. LICCIARDELLO, I poteri necessitati al tempo della pandemia, in Federalismi.it, Osservatorio emergenza covid-19, 20 Maggio 2020.

13 Infra nota 26; Tutti gli atti sono disponibili sul sito del Governo al link www.governo.it; Per una ricostruzione più chiara dei provvedimenti adottati nella fase iniziale dell’emergenza: M. CAVINO, Covid-19.Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in federalismi.it- Osservatorio emergenza Covid-19, 18 Marzo 2020.

14 Si è detto supra che i passeggeri provenienti dalla Cina, verso i quali si è concentrata l’attenzione in un primo momento, dal 30 gennaio non hanno più potuto raggiungere l’Italia con voli diretti. Si è sottovalutata la circostanza che il virus potesse essere portato da viaggiatori non cinesi, come probabilmente è avvenuto. V.L. RIPAMONTI, Il primo caso di Covid-19 in Europa descritto in Germania il 24 gennaio, in www.corriere.it, 05/03/2020.

15 “I volontari della protezione civile hanno monitorato e controllato oltre 62.000 passeggeri e 521 voli internazionali.” www.governo.it, 06.02.2020.

[15] All’art.1 lett. a) del Dpcm 8 Marzo si legge: “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonchè all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.”

[16] Cfr. G. VERDE, L’interpretazione autentica della legge, Torino, 1997.

[17] La circolare è un atto amministrativo ad efficacia interna a carattere interpretativo. Nelle circolari sono spesso contenute indicazioni sul modo di interpretare determinati enunciati normativi e vengono solitamente emanate da uffici gerarchicamente superiori rispetto a quelli cui le direttive sono rivolte. V. F. CAMMEO, La violazione di circolari come vizio di eccesso di potere, in Giurisprudenza italiana, 1912, n. 3.

[18] V. S. SOTGIU, Faq nuova fonte del diritto? Il Governo faccia chiarezza. Parla Guzzetta, in www.formiche.net

[20] “I volontari della Protezione hanno monitorato e controllato oltre 62.000 passeggeri e 521 voli internazionali” 06/02/2020 in www.governo.it.

[21] Di questo avviso L. CUOCOLO in op.cit. p. 13, il quale ritiene però che la una misura del genere possa essere equiparata ad un trattamento sanitario obbligatorio. La limitazione della libertà personale può essere disposta per motivi di salute, ma deve comunque osservare la riserva di giurisdizione nella concreta applicazione della misura. Diversamente F.S. MARTINO ritiene: “laddove la misura riguardi la possibilità di uscire di casa, ricalcando la disciplina contenuta nell’art. 284 del codice di procedura penale sugli arresti domiciliari, sembra difficile non ricondurla nell’ambito di applicazione dell’art. 13 Cost., solo perché è espressa in termini generali”. F.S.MARTINO, Le deroghe costituzionali da parte dei decreti legge, in federalismi.it.

[22] Che, ai sensi dell’art. 78 Cost. prevede la competenza in capo alle Camere della dichiarazione dello Stato di guerra qualificando tale decisione come atto politico, è cosa ben diversa dallo stato di emergenza. V. G. DE VERGOTTINI, Guerra e Costituzione, Bologna, 2004; A. BARTOLINI, Torna il coprifuoco? in www.ridiam.it

[23] Il D.p.c.m del 10 Aprile consente, fino al 3 maggio “solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per  motivi  di salute e, in ogni caso, è fatto divieto a tutte le  persone  fisiche di trasferirsi  o  spostarsi,  con  mezzi  di  trasporto  pubblici  o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze  lavorative,  di  assoluta urgenza ovvero per motivi  di  salute  e  resta  anche  vietato  ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale comprese le seconde case utilizzate per vacanza”.

[24] G. TROPEA, Il Covid-19, lo Stato di diritto, la pietas di Enea, in federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 18 marzo 2020, p. 11.

[25] Favorevole alla tesi di una Costituzione “sostanzialmente sospesa” S. PRISCO e F. ABBONDANTE, I diritti al tempo del coronavirus. Un dialogo, in “Federalismi.it, Osservatorio-Covid19”, 24 marzo 2020. Gli autori paragonano le istituzioni preposte al contenimento dell’emergenza sanitaria ad una sorta di “regime commissario ad servendam Rem Publicam.”

[26]  Sulla necessità di far convivere lo stato di emergenza con lo stato di diritto V. G. MENEGATTO, Diritto e diritti nell’emergenza: ripartire dalla costituzione, in biodiritto.it, 11 marzo 2020

[27] “La Costituzione, infatti, non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per “navigare per l’alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini”. M. CARTABIA, Relazione annuale sul 2019, 28 aprile 2020 in www.cortecostituzionale.it

[28] La Legge del 23 agosto 1988, n. 400 denominata “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri” ha introdotto nel nostro ordinamento il D.p.c.m. come provvedimento emanato, in forma di decreto, dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Tale atto ha natura amministrativa, non ha forza di legge ma di fonte normativa secondaria. L’art 17 comma 3 chiarisce che il regolamento può essere emanato “quando la legge espressamente conferisce tale potere.” Di norma la sua finalità dovrebbe essere quella di dare attuazione a disposizioni di legge o come mezzo organizzativo, per atti di alta amministrazione. (es. art. 33 L.400/88). Per questa ragione è sottratto al vaglio della Corte Costituzionale; Per un inquadramento teorico si veda D. DE LUNGO, Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu: considerazioni empiriche sui decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nell’esperienza recente, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2019.

[29] F. CLEMENTI, Quando l’emergenza restringe le libertà meglio un decreto-legge che un dpcm, in “Il Sole 24Ore” del 13 marzo 2020, p. 12.

[30] Cfr. M. GIANNELLI, I decreti “di natura non regolamentare”. Un’analisi a partire dalla prassi della XVI e XVII legislatura, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2019.

[31] L’art. 16 Cost. prevede una riserva di legge rafforzata per contenuto ciò da una legge che preveda disposizione “in via generale per motivi di sanità o pubblica sicurezza”; B. CARAVITA, L’Italia ai tempi del Coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, in federalismi.it, n.6/2020, p.III

[32] F. RESCIGNO, La gestione del coronavirus e l’impianto costituzionale. Il fine non giustifica ogni mezzo, in Osservatorio sulle Fonti, 19 Maggio 2020.

[33] G. STEGHER, In considerazione dell’emergenza sanitaria: Governo e Parlamento al banco di prova del Covid-19, in Nòmos, 1/2020.

[34] S. CURRERI, Il parlamento nell’emergenza, in Osservatorio sulle Fonti, 12 Maggio 2020

[35] La Consulta non può sindacare atti non aventi forza di legge. È utile in questa sede richiamare l’opinione di Bin e Pitruzzella, secondo cui: “La Corte Costituzionale ha precisato che le ordinanze di necessità e di urgenza non sono da ricomprendere tra le fonti del nostro ordinamento giuridico, perché sono autorizzate, non a modificare, ma solo a derogare provvisoriamente il diritto vigente e non sono quindi equiparabili ad atti con forza di legge; ed inoltre la autorizzazione ad emanarle dev’essere disposta da una legge che delimiti il loro contenuto, indichi il presupposto, la materia, la finalità dell’intervento e l’autorità legittima (Corte Cost., sent. 4/1977)” in R-BIN-G.PITRUZZELLA, in op. cit.

[36] Corte Cost., Sent., 23 Febbraio 2016, n. 63.

[37] Corte Cost., Sent. 9 Aprile 2013, n. 85; Sul ruolo della CEDU V. R.LUGARà, Emergenza sanitaria e articolo 15 CEDU: perchè la Corte europea dovrebbe intensificare il sindacato sulle deroghe ai diritti fondamentali, in Osservatorio Costituzionale AIC, Fasc.3/2020, 2 giugno 2020.

[38] Nel nostro sistema proporzionalità e ragionevolezza sono spesso confuse pur essendo sovrapponibili solo parzialmente. Per un’analisi del metro della proporzionalità nel diritto amministrativo si veda S. COGNETTI, Clausole generali nel diritto amministrativo. Principi di ragionevolezza e proporzionalità, in Giur.it, 2012; Cfr. V. FANTI, Dimensioni della proporzionalità. Profili ricostruttivi tra attività e processo amministrativo, Torino, 2012, pag. 295 e ss.;

[39] “La confusione intorno al ruolo del comitato italiano risulta ancora più preoccupante se si considera che le decisioni di quest’organo sono state senz’altro, seppur nelle modalità poco chiare appena descritte, alla base delle decisioni governative, le quali hanno compresso, direttamente o indirettamente, molti diritti fondamentali tra i quali ad esempio la libertà di circolazione e di riunione, in nome della tutela collettiva della salute” G. MINGARDO, Il ruolo del comitato tecnico-scientifico in Italia e Francia nell’emergenza Covid-19, in www.biodiritto.it, 27 Marzo 2020.

[40] V. F. FABRIZI, Per non far diventare il rimedio peggiore del male. Lockdown e bilanciamento tra diritti fondamentali, in lacostituzione.info, 19 Aprile 2020.

[41] P. GRAZIOLI, Il rischio sanitario nel diritto amministrativo dell’emergenza, in Paper Convegno Annuale AIPDA 2017, pp. 13 e ss.

[42] M. NOCCELLI, La lotta contro il coronavirus e il volto solidaristico del diritTo alla salute, in federalismi.it, p.9

[43] Sulle prospettive di riforma future V. N. LUPO, Considerazioni conclusive. Sulla (complessiva) crescita del ruolo normativo del Governo e sulle difficoltà della funzione legislativa, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2019.

[44] “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.”

[45] In caso di uno spostamento ingiustificato la Polizia Giudiziaria avrebbe dovuto procedere alla segnalazione alla Procura, che avrebbe dovuto a sua volta iscrivere a registro la notizia di reato e quindi avviare le dovute indagini. Successivamente il P.M. avrebbe potuto formulare una richiesta di archiviazione nel caso in cui gli elementi acquisiti non fossero stati idonei a sostenere l’accusa in giudizio oppure, nel caso opposto, con l’esercizio dell’azione penale attraverso l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p., a seguito del quale si poteva instaurare il processo penale dinanzi al Tribunale in composizione monocratica. Per i reati contravvenzionali con pena alternativa, ai sensi dell’art. 162-bis c.p., tramite il pagamento di €103, corrispondenti alla metà della sanzione pecuniaria massima, si sarebbe potuto estinguere il reato.

[46] “Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto  delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate  e applicate con i provvedimenti  adottati  ai  sensi  dell’articolo  2, comma  1,  ovvero  dell’articolo  3,  è punito  con   la   sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000  e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650  del  codice  penale  o  da  ogni  altra  disposizione  di  legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo  3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.”

[47] V. G.PICCO, Le sanzioni per l’inosservanza delle misure di contenimento del Covid-19:prime osservzioni, in Lavoro nella Giur., 2020, 535.; Cfr. G.L. GATTA, Un rinnovato assetto del diritto dell’emergenza Covid-19, più aderente ai principi costituzionali, e  un nuovo approccio al problema sanzionatorio: luci ed ombre nel d.l. 25 marzo 2020, n. 19, in www.sistemapenale.it, 26 marzo 2020.

[48] Per una disamina più precisa si rimanda a L. CUOCOLO, in op.cit, pp, 24 e ss.

[49] Cfr. Supra, par. 2.

[50] F. CLEMENTI, op. cit. pag. 42.

[51] Corte Cost., Sent. 17 Novembre 2016, n.8.;

[52] Sul caso della Regione Calabria: F. PAGANO- A. SAITTA-F. SAITTA, Il giudice amministrativo stoppa la ripartenza anticipata della Regione Calabria: sul lockdown è lo Stato a dettare legge, in Osservatorio Costituzionale AIC, Fasc.3/2020, 2 giugno 2020.

[53]“l’ultimo decreto-legge, in ordine di tempo, il n. 19 del 25 marzo 2020, ha quasi integralmente abrogato il primo decreto-legge, il n. 6 del 23 febbraio, convertito dalla legge n. 13 del 5 marzo, che intendeva offrire una base legale ai d.p.c.m. con cui finora sono state adottate le misure a livello nazionale; ed ha abrogato anche la previsione del decreto-legge n. 9 del 2 marzo (l’art. 35) che faceva divieto di adottare ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza con misure in contrasto con quelle statali. Il nuovo decreto-legge ha poi fatto salvi tutti i d.p.c.m. e le ordinanze emesse sotto il vigore del decreto-legge n. 6 (art. 2, co. 3) ed ha confermato il modus operandi seguito dal Governo fino a questo momento, introducendo qualche previsione che, nelle intenzioni, dovrebbe servire a dirimere i conflitti tra disposizioni statali e regionali tra loro incompatibili” A. MORELLI, Il Re del piccolo principe ai tempi del coronavirus. Qualche riflessione su ordine istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza, in Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali, n. 1, 2020, 4 aprile 2020.

[54] Che recita: “Ai sensi e per le finalità di cui al comma 1, possono essere adottate, secondo principi di adeguatezza e  proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche  parti  del  territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, una o più tra le  seguenti misure: a) limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni  alla  possibilità   di   allontanarsi   dalla   propria residenza, domicilio o dimora  se non per  spostamenti  individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni.”

[55] Per un’analisi più dettagliata di queste disposizioni V. V. DI CAPUA, op.cit. pag. 16 e ss.

[56] “Con riguardo alla Regione Campania, nonostante il contagio non abbia raggiunto l’estensione e la gravità della Lombardia, il Presidente della Regione ha tuttavia, fin da subito, attuato una strategia di ulteriore compressione dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantite e già parzialmente sacrificate a livello nazionale, attraverso l’emanazione di un coacervo disorganico di provvedimenti che hanno finito per sovrapporsi ai decreti governativi, generando incertezza, disorientamento e paura nei consociati. La sequenza di ordinanze (attualmente se ne contano ben 46 sul sito istituzionale della Regione, accompagnate talvolta da allegati e chiarimenti) e di atti di vario genere – tra cui due decreti, un avviso di rettifica e un atto di richiamo (sic!) – spicca, nella Fase 1, per intensità crescente delle misure di contenimento del contagio, che assumono un contenuto particolarmente invasivo nei confronti delle libertà personali.” V.DI CAPUA, Il nemico invisibile. La battaglia contro il Covid-19 divisa tra Stato e Regioni, in federalismi.it, Osservatorio emergenza coronavirus, pp.18.

[57] Si fa riferimento all’ordinanza n. 23 del 25/03/2020 la quale da una interpretazione restrittiva delle situazioni di necessità definendole “quelle correlate ad esigenze primarie delle persone, per il tempo strettamente indispensabile, e degli animali d’affezione, per il tempo strettamente indispensabile e comunque in aree contigue alla propria residenza, domicilio o dimora.”

[58] Che recita: “La trasgressione degli obblighi di cui alla presente ordinanza comporta, altresì, per l’esposizione al rischio di contagio del trasgressore, l’obbligo di segnalazione al competente Dipartimento di prevenzione dell’ASL e l’obbligo immediato per il trasgressore medesimo di osservare la permanenza domiciliare con isolamento fiduciario, mantenendo lo stato di isolamento per 14 giorni, con divieto di contatti sociali e di rimanere raggiungibile per ogni eventuale attività di sorveglianza.

[59] T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, dec. 07/04/2020, n. 122.; un caso analogo Tar Sicilia, Palermo, Sez. I, dec., 17 aprile 2020, n. 458.

[60] S. MANGIAMELI, Lo stato di emergenza e le competenze regionali, in Giurisprudenza costituzionale, n. 4, 2006, pp. 2926 e ss.; R.BIN, Che cosa non va nel sistema delle autonomie italiano? In Relazione al Convegno “Quale rilancio per le autonomie territoriali?” Brescia, 24 maggio 2019.

[61] C. BUZZACCHI, Coronavirus e territori: il regionalismo differenziato coincide con la zona “gialla”, in LaCostituzione.info, 2 marzo 2020.; R. BIN, Regionalismo differenziato e utilizzazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. Alcune tesi per aprire il dibattito, in Ist. fed., n. 1/2008.

[62] Per un’analisi sulle prospettive di riforma V. L. DI MAJO, Regionalismo differenziato: una questione di metodo, prima ancora del merito, in Rivista AIC, Fascicolo 1/2020, pp. 236 e ss.

[63] D. MORANA, La salute come diritto costituzionale, Torino, 2018; V. BALDINI, Emergenza sanitaria e personalismo “asimmetrico” nelle politiche regionali. Aspetti problematici… e rischiosi” in Diritti Fondamentali, Fascicolo 1/2020, pag. 5 e ss.

[64] Cfr. G. AVERSENTE, Il regionalismo differenziato tra genesi, mancata attuazione e riforme fallite, in Osservatorio sulle fonti, Fascicolo S1, 2020.

[65] Si fa riferimento alla dichiarazione del 10 Marzo in cui il Governatore Emiliano poneva come limite-soglia della capienza ospedaliera circa 2500 contagi. G. RUCCIA, Coronavirus, Emiliano:Se in Puglia ci saranno 2500 contagi come in Lombardia, saremo fuori e non riusciremo più a reggere” disponibile sul sito www.ilfattoquotidiano.it

[66] Si allude all’ ordinanza della Regione Puglia, 8 Marzo 2020. n.175.

[67] Di cui si è detto supra, par. 4.

[68] Ordinanza Regione Puglia, 14 Marzo 2020 n. 182.

[69] Dal titolo “Oggi 2.000 persone hanno compilato il modulo di autosegnalazione online per essere rientrate in Puglia” disponibile sul sito della regione Puglia: www.regione.puglia.it

[70] Si fa riferimento all’ordinanza della Regione Puglia, 8 Marzo 2020 n. 177 che prevede un’esenzione per: 1) gli addetti ai trasporti di merci sia per conto proprio che per conto di terzi, da e per le zone di cui all’art.1 del DPCM dell’8/03/2020; 2) i trasfertisti abituali, da e per le zone di cui all’art. 1 del DPCM dell’8/03/2020; 3)i dipendenti di aziende edili e/o impianti che operano in cantieri situati  nelle zone medesime o che devono recarsi in strutture ubicate in tali zone per esigenze legate alla manutenzione di impianti e/o appara  in esecuzione di contra  di fornitura e/o appalto, da e per le zone di cui all’art. 1 del DPCM dell’8/03/2020. Di simile tenore l’ordinanza n. 190 del 21 Marzo 2020 che includeva tra i motivi di necessità che consentivano gli spostamenti anche quelli effettuati dai volontari del c.d. Terzo settore per effettuare operazioni di beneficienza.

[71] Ordinanza Regione Puglia, 28 Aprile 2020, n. 214.

[72] Ordinanza Regione Puglia, 17 Aprile 2020, n. 209

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