venerdì, Aprile 19, 2024
Uncategorized

Le motivazioni alla sentenza Lucano: chiavi di lettura

Nell’analisi delle motivazioni sulla sentenza Lucano ci si è volutamente astenuti tanto da una puntuale analisi giuridica dei diversi capi di imputazione, quanto da un giudizio sulla lettura della sentenza.

Ciò per due ragioni: da un lato, il testo della sentenza è così esteso da rendere un’analisi approfondita pesante per il lettore; dall’altro, poiché la questione riguarda aspetti non esclusivamente giuridici, per il rischio di una deriva nel giudizio etico o morale. E’ per tale ragione che si preferisce fornire chiavi di lettura, di modo che il lettore possa avere gli strumenti necessari per orientarsi nella sentenza e per sviluppare una propria opinione.

Ciò con l’auspicio che si torni a discutere sulla vicenda Lucano senza ortodossie precostituite.

2. Introduzione

Il 17 dicembre 2021 sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di condanna dell’ex Sindaco di Riace Domenico Lucano. All’originario clamore suscitato dal dispositivo della sentenza[1], corredato anche da prese di posizione da parte di esponenti politici Parlamentari[2], non ha fatto seguito un pari interesse nei confronti della pubblicazione delle motivazioni, che anzi avrebbero potuto fornire gli strumenti per un dibattito più consapevole.

Le ragioni di un simile disinteresse risiedono, probabilmente, nella estensione del testo della sentenza. Questa occupa ben 904 pagine e si caratterizza per la ricchezza di informazioni contenute. Tuttavia, alla notevole quantità di dati non sempre corrisponde la qualità o l’intelligibilità degli stessi. Il risultato è che la mole di informazioni lascia smarrito il lettore e non consente l’individuazione del nucleo della questione.

Stessa cosa può dirsi per l’elevato numero di imputazioni, che lasciano scolorire l’essenzialità dei fatti posti in essere.

Il procedimento ha infatti visto imputate 27 persone e contesta 22 capi d’accusa. Basti considerare che l’elenco dei capi d’imputazione e il sintetico richiamo alle principali fasi del procedimento occupino da soli ben 59 pagine.

Utile è richiamare sinteticamente le principali accuse mosse nei confronti dell’imputato più noto, Domenico Lucano:

  1. Capo 1 (pag. 4): Associazione a delinque ex art. 416 per essersi associato assieme ad altri alla commissione di un numero indeterminato di delitti (indebite rendicontazioni e indebiti prelievi di denaro), al fine di interferire sulla regolarità dei pagamenti relativi ai diversi programmi di accoglienza, in danno del Ministero degli Interni e dello SPRAR.
  2. Capo 2 (pag. 6): Abuso d’ufficio ex art. 323 per aver procurato ad una serie di associazioni un indebito vantaggio patrimoniale, in relazione alle irregolarità riguardanti le indebite rendicontazioni
  3. Capo 5 (pag. 9): Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per aver fittiziamente rendicontato costi non giustificati in relazione alle rendicontazioni dei programmi di accoglienza.
  4. Capo 6 (pag. 13): Falsità ideologica ex art. 479 per aver attestato falsamente di aver eseguito i controlli sui rendiconti di spesa propedeutici al rimborso dei costi sostenuti per i programmi di accoglienza dei migranti.
  5. Capo 8 (pag. 18): Concussione ex art. 317 per avere costretto un commerciante di Riace a predisporre e consegnare fatture per operazioni inesistenti.
  6. Capo 9 (pag. 18): Peculato ex art. 314 per aver distratto ed essersi appropriato di 2 milioni di euro.
  7. Capi 16 e 17 (pag. 22): Abuso d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, per aver affidato in via diretta il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti ad associazioni non iscritte nell’albo previsto dall’art. 5 L. 381/91.

3. Lo sguardo d’insieme del Collegio

Dopo l’elencazione dei capi d’imputazione, il Collegio dedica un corposo paragrafo[3] ad alcune considerazioni introduttive e richiama i principali passaggi del procedimento. Tale paragrafo è di grande interesse, poiché consente di osservare in un’ottica generale l’intero impianto sul quale il Collegio basa la sentenza. Con le sue luci e le sue ombre.

Sin dalla prima pagina delle motivazioni (pag. 59), il Collegio anticipa i risultati dallo stesso raggiunti, prima ancora di analizzare i risultati probatori: “l’esito del giudizio ha comportato l’affermazione della penale responsabilità nei confronti del predetto LUCANO e di alcuni dei suoi stretti collaboratori” [4].

L’anticipazione del risultato è una tecnica argomentativa: il lettore già conosce l’esito del ragionamento ed è propenso ad una lettura dei dati processuali orientati all’anticipazione suggerita dal Collegio, specie in relazione ad un testo così complesso ed esteso.

La lettura della motivazione pone, sin dalla prima pagina, il lettore in una specifica direzione, che il Collegio tende a rafforzare attraverso espressioni prosaiche e lontane da un accertamento imparziale della responsabilità degli imputati: sempre a pag. 59, si legge che gli imputati hanno condiviso “la stessa logica predatoria e che erano “sempre più asserviti ai loro appetiti di natura personale, spesso declinati in chiave politica, e soddisfatti strumentalizzando a loro vantaggio il sistema dell’accoglienza”.

Continua il Collegio a pag. 60: “ne emergerà un quadro per nulla rassicurante e a tinte fosche”; “ha messo in luce meccanismi illeciti e perversi, fondati sulla cupidigia e sull’avidità”.

Il linguaggio prosaico si alterna a veri e propri salti logici o supposizioni, inconsueti in una motivazione, peraltro quando ancora non è stato introdotto alcun elemento probatorio: “di quelle persone deboli, nessuno si interessava più, dal momento che un maggior numero di stranieri […] avrebbe comportato un aumento degli importi […], così alimentando gli appetiti di chi poteva fare incetta di quelle somme senza alcuna forma di pudore.

Stupisce, inoltre, il richiamo al silenzio degli imputati serbato nel corso del procedimento: “Si tratta solo di alcune domande più impellenti […] che questo Collegio avrebbe voluto formulare, dovendosi prendere atto del suo e degli altri legittimi, quanto ostinati silenzi, che potranno essere riempiti solo dall’eco delle loro stesse parole che si traggono delle varie intercettazioni, che hanno purtroppo tratteggiato un mondo privo di idealità, soggiogato da calcoli politici, dalla sete di potere e da diffusa avidità”[5].

A proposito di tale doglianza del Collegio, occorre ricordare come nel processo penale l’assunzione delle prove avviene nel contraddittorio tra l’accusa pubblica e le parti private. Il Collegio, organo giudicante, solo marginalmente partecipa all’attività di assunzione delle prove. Infatti, l’art. 409, c. 6, dispone che il Presidente “interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni”.

Inoltre, l’art. 506, c. 2, c.p.p. dispone che “il presidente può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate nell’articolo 210 ed alle parti già esaminate, solo dopo l’esame e il controesame”.

Ebbene, chiarito il ruolo istituzionale del Collegio nello svolgimento del procedimento, stupisce non poco l’affermazione preliminare per cui il giudice collegiale “avrebbe voluto formulare” agli imputati “domande più impellenti”, quasi che la propria funzione fosse quella di ricercare la verità piuttosto che di valutare i risultati dell’assunzione probatoria in contraddittorio.

Ma è alla pag. 98 che si può leggere uno dei passaggi più infelici della sentenza, frutto del clima all’interno del quale si è svolto il procedimento.

Uno dei primi profili da esaminare, attiene alla necessità di dimostrare l’assoluta indipendenza dell’attività investigativa che è stata compiuta dalla Procura della Repubblica di Locri”.

E’ questo, probabilmente, il passaggio più oscuro della sentenza. Non si vede in che modo il Collegio possa “dimostrare” l’indipendenza della Procura. Dimostrazione che, comunque, non compete al Collegio e che neppure è richiesta in un procedimento penale dove organo requirente e giudicante sono figure distinte e destinatari di responsabilità separate per la loro attività.

4. Il sistema di accoglienza e le sue criticità

Utile, ai fini della comprensione dell’intera vicenda, è l’analisi che il Collegio riserva ai diversi sistemi di accoglienza gestiti dal Comune di Riace, contenuta anch’essa nel paragrafo introduttivo della sentenza.

I progetti di accoglienza si dividono in tre categorie.

Il progetto SPRAR (pag. 62) – Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati – è finanziato dal Ministero degli Interni. Il progetto consiste nell’erogazione ai beneficiari, da parte dell’ente Locale, di una serie di servizi minimi, per i quali il Comune erogatore riceve un rimborso economico. Tra il 2014 e il 2016 il Comune di Riace avrebbe accolto 180 persone e ottenuto una complessiva somma di 2 milioni di Euro.

Caratteristica del progetto SPRAR è la temporaneità dell’accoglienza. I richiedenti asilo possono permanere in un luogo per il tempo necessario allo svolgimento della procedura di accoglienza. I rifugiati per soli 6 mesi.

Il progetto CAS (pag. 69) – Centro Accoglienza Straordinaria -, gestito dalla Prefettura di Reggio Calabria, riguarda quei soggetti, giunti illegalmente in Italia, che non sono ancora inseriti nel progetto SPRAR. Per ogni migrante, la prefettura eroga una somma pari a 35 euro giornalieri.

Il progetto MSNA (pag. 71) – Minori Stranieri Non Accompagnati – prevede, infine, l’erogazione di una somma pari a 45 euro giornalieri.

In relazione al progetto SPRAR, il primo accertamento che ha rilevato irregolarità nella gestione dei fondi pubblici e nella rendicontazione degli stessi risale ad un controllo da parte degli stessi funzionari dello SPRAR in data 20 e 21 Luglio del 2016[7].

La relazione negativa imponeva di adeguarsi alle prescrizioni impartite dai funzionari dello SPRAR e in caso di inottemperanza si sarebbe provveduto alla revoca totale o parziale dei fondi relativi al progetto SPRAR, ai sensi dell’art. 14 del DM 30.07.2013.

Le principali irregolarità riguardavano i c.d. lungopermanenti: i funzionari dello SPRAR ripetutamente avevano denunciato questo fenomeno come una delle più importanti criticità” [8].

Su tale aspetto, oltre ai riscontri documentali emersi[9], sussistono intercettazioni ambientali che evidenziano la strategia impiegata per evitare che la chiusura dei canali di finanziamento del progetto SPRAR potessero comportare la fuoriuscita dei c.d. lungopermanenti. L’ex sindaco, infatti, affermava che “I lungopermanenti li stiamo facendo rimanere, li facciamo rimanere e li facciamo lavorare sempre nell’ambito di queste 35 euro (n.d.r. il progetto CAS), ci facciamo il conto e i soldi bastano. Riace non parla, perché tanto sono tutti impiegati (pag. 168).

All’esito di tali irregolarità, segnalate anche in successivi riscontri, venivano interrotti i canali di erogazione delle somme relative al progetto SPRAR. E’ in tale fase che, a giudizio del Collegio, le irregolarità amministrativo/contabili si tramutano in attività illecite.

Di ciò si occupa, in particolare, il capo di imputazione n. 2 (abuso d’ufficio riqualificato in truffa ai danni dello Stato)[10].

Nelle pagine ricomprese tra la n. 155 e la n. 181 sono riportate estese intercettazioni che rendono l’evidenza della consapevolezza delle criticità da parte dell’ex Sindaco Lucano e dei suoi stretti collaboratori.

5. Il movente politico

Altra sezione di centrale interesse per l’intera economia della sentenza è il paragrafo 8.4[11], nel quale il Collegio tenta di dimostrare l’interesse politico personale che ha animato l’attività di Domenico Lucano.

La tesi complessiva del Collegio è che qualsivoglia azione dell’ex sindaco sia stata mossa da un movente politico personale: è infatti “tale forte movente politico che ha indotto LUCANO a commettere i vari delitti per cui si procede”.

A sostegno di tale tesi, tra i diversi, il Collegio richiama un episodio avvenuto in data 10.07.2017[12], corredato da numerose intercettazioni ambientali. In occasione della visita del Ministro greco per i flussi migratori e del rappresentante mondiale per l’immigrazione, Lucano lamentava l’assenza di operatori che potessero coadiuvare l’organizzazione dell’evento.

Ad avviso del Collegio, Lucano “si mostrava infuriato” per l’assenza dei lavoratori, pregiudicando così la possibilità di ottenere un ritorno di immagine dallo svolgimento di quell’evento.

Dalla lettura delle trascrizioni, tuttavia, emerge il rammarico per la dispersione degli operatori piuttosto che l’intento prevaricatore adombrato dal Collegio. Qui alcuni stralci: “con cinquanta persone devo essere solo come un cane”; “che amarezza”; “devo lottare con la Prefettura, con tutti”; pure qua mi tocca lottare come un animale?”; “ci conviene chiudere a tutti! Perchè devo lottare in un modo disperato se continuano qua ognuno a farsi i cazzi propri?”; “Perché devo essere schiavo delle persone?”; “devo chiedere l’elemosina dopo che siete tutti quanti pagati?”[13].

Questo passaggio è molto importante, poiché restituisce la possibilità di una diversa lettura del complesso della sentenza.

Il Collegio, come visto ampiamente, si concentra con prevalenza sulla figura di Domenico Lucano. Questo, nel capo relativo alla contestazione dell’associazione a delinquere (pag. 717 ss.), definisce l’ex Sindaco come il dominus” dell’associazione a delinquere, colui che impartiva direttive vincolanti, quasi di stampo militare, a tutti coloro che avevano aderito alla realizzazione del suo progetto illecito”.

Una tale descrizione del ruolo di Domenico Lucano stride, tuttavia, col passaggio riportato in precedenza dal Collegio. Pare difficile che il dominus di un’associazione delinquenziale affermi amareggiato “Perché devo essere schiavo delle persone?”; “devo chiedere l’elemosina dopo che siete tutti quanti pagati”.

Del resto, ulteriori intercettazioni riportate dal Collegio manifestano un quadro forse diverso e meno inquietante. In una intercettazione del 06.07.2017 Lucano continuava a lamentare l’assenza di alcuni operatori assunti presso l’associazione Città Futura presieduta da altro imputato nel procedimento, Capone Antonio. Quest’ultimo distraeva gli operatori dalle attività loro proprie. A tal proposito, Lucano afferma che io farò in modo a Tonino Capone…lo sfruttamento su di me che finisca. Perché si sta approfittando in tutte le maniere”[14].

Dal complesso delle affermazioni riportate (per completezza si rinvia alle numerosissime intercettazioni contenute in sentenza) emerge un quadro diverso da quello adombrato. Più che in presenza di un’associazione delinquenziale diretta dal dominus Lucano, si ha l’impressione di essere dinanzi ad un’amministrazione e ad un tessuto associativo incapace di gestire le ordinarie incombenze, fortemente disorganizzata e gravemente incurante delle normative pubblicistiche. Ciò, però, non è sufficiente per ritenere sussistente un’associazione criminosa, la quale, si ricordi, deve essere costituita con lo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti.

In tale clima confusionario, invece, i singoli protagonisti del procedimento si muovono spesso autonomamente, approfittando del contesto fortemente disorganizzato. Dalla lettura della sentenza emergerà un quadro sicuramente degradato e contrario alle regole minime in tema di ordinata amministrazione. Non anche, invece, i contorni di un sistema criminale organizzato messo in piedi dall’ex Sindaco Lucano.

Occorre ora volgersi verso quella che pare essere, probabilmente, l’onta più grave addebitata a Domenico Lucano, quella di aver strumentalizzato il sistema di accoglienza per meri fini elettorali. Dalla pag. 228 sino alla pag. 248 si rinvengono le intercettazioni che, ad avviso del Collegio, dimostrano tale finalità.

Per una completa e personale opinione sulla questione si rinvia alla lettura diretta di tali passaggi.

Si vuol concludere tale contributo con uno spezzone delle citate intercettazioni, che si ritiene riassumano l’intera vicenda per come analizzata fin qui. Una vicenda caratterizzata da elevata confusione, nella quale i singoli protagonisti agiscono in modo spesso disorganico.

In data 02.09.2017 Lucano lamenta che la legale rappresentante della Cooperativa Girasole, Maria Taverniti, si dolesse dell’assenza di fondi nonostante avesse da poco ricevuto una somma pari a 95.000,00 Euro[15].

A tal proposito, Lucano usava tali parole sono ladri immatricolati” e poi aggiungeva approfitta perché sa che mi servono i voti per mandare avanti la baracca, altrimenti io la mandavo a fare in culo e la cacciavo dallo SPRAR”.

6. Conclusioni

Come affermato in apertura del presente contributo, chi scrive vuole astenersi da una valutazione nel merito sulla sussumibilità delle diverse condotte in una specifica figura criminosa. Si è inteso, più semplicemente, fornire una mappa contenente i principali dati delle motivazioni. Le impressioni espresse, come nel caso dell’associazione a delinquere, prescindono da un’analisi tecnica della fattispecie e derivano dal tenore delle dichiarazioni riportate in sentenza.

Quello che si vuol invece incentivare è il dibattito sulla questione, che verte su temi di etica e di civiltà che non possono risolversi in prese di posizioni ortodosse. E non possono neppure appiattirsi su una singola figura. Sullo sfondo della vicenda Lucano si stagliano due questioni delicate e complesse, che unite tra loro risultano ancora più problematiche. L’accoglienza, da un lato, e il meridione d’Italia, dall’altro.

Qualunque sia il destino processuale dell’ex Sindaco, ci si augura che la vicenda non sia un alibi per sterilizzare, in futuro, progetti di accoglienza umana e di integrazione effettiva.

 

[1] Emessa lo scorso 30 settembre dal Tribunale di Locri nell’ambito del processo “Xenia

[2] Per le dichiarazioni di Enrico Letta, Segretario del Partito Democratico, si veda il seguente linkhttps://www.adnkronos.com/migranti-letta-sentenza-su-lucano-incredibile-sono esterrefatto_N0x8EhxwE2acWOh6ULVcj; per le dichiarazioni di Giorgia Meloni, leader di Fratelli D’Italia, https://www.globalist.it/politics/2021/10/03/meloni-fuori-controllo-lucano-si-fregava-i-soldi-per-gli-immigrati-ma-lo-difendono-perche-e-uno-di-loro/

[3] Da pag. n. 59 sino alla n. 147

[4] Pag. 59

[5] Pag. 97

[6] Pag. 99-100

[7] Per un’analisi nel dettaglio di tali irregolarità, si vedano le pagg. 73-76

[8] Pag. 155

[9] A Luglio del 2016, su 177 fruitori dei progetti SPRAR e CAS, 77 erano lungopermanenti

[10] Pag. 147-194

[11] Pag. 197-248

[12] Pag. 221-227

[13] Pag. 221, conversazione in data 10.07.2017

[14] Pag. 207-208, conversazione in data 06-07-2017

[15] Pag. 237

Francesco Giuseppe Murone

Sono laureato in Giurisprudenza con votazione 110/110 L. Ho discusso la tesi in Diritto Penale, trattando il tema della persistenza di ipotesi di responsabilità oggettiva all'interno dell'ordinamento nazionale. Sono abilitato all'esercizio della Professione Forense.

Lascia un commento