Le operazioni di leveraged buy-out nell’ordinamento italiano
LE OPERAZIONI DI MERGER LEVERAGED BUY-OUT NELL’ ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO
Il codice civile a seguito della riforma del diritto societario del 2003 prevede espressamente all’art. 2501 bis una tipologia di fusione che in passato aveva fatto molto discutere la dottrina e la giurisprudenza: la fusione mediante leveraged buy-out o fusione a seguito di acquisizione con indebitamento.
Si tratta di un’operazione in cui sono coinvolti tre soggetti:la società acquirente o newco, la società bersaglio o target e un finanziatore che di regola è una banca. Chi intende acquisire il controllo della società target costituisce appositamente una società (cd. newco) con un modesto capitale sociale; la newco si rivolge a un finanziatore per ottenere un prestito; con tale prestito la newco acquista le azioni della società target e ne assume il controllo; la società target delibera la fusione per incorporazione nella newco: così la società target, diventando incorporata della newco (che invece è l’incorporante), si estingue e i patrimoni delle due società si fondono; il finanziamento ottenuto dalla società acquirente sarà restituito al finanziatore mediante gli utili prodotti attraverso la società bersaglio incorporata o con la vendita di alcune attività di quest’ultima.
In parole più semplici, una società appositamente creata acquista un’altra società attraverso un prestito di un finanziatore e poi, per restituire tale prestito, si avvale del patrimonio della società acquisita. Definita tale tipologia di operazione, cerchiamo di analizzare il dibattito dottrinale ante riforma relativo alla sua liceità/illiceità in relazione all’art. 2358 cc , per poi passare ad esaminare la disciplina normativa introdotta nel 2003 che vi ha posto fine e alcuni ulteriori profili di illiceità che ancora oggi taluni sottolineano in relazione a tale figura.
-Prima della riforma del 2003, una parte della dottrina riteneva illecito perché in frode alla legge il leveraged buy-out in quanto elusivo del divieto sancito dall’allora art. 2358 cc: questa norma stabiliva che “la società non può accordare prestiti né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie. La società non può neppure tramite società fiduciaria o per interposta persona accettare azioni proprie in garanzia”.L’art. 2358, prima della riforma con d.lgs 142/08, sanciva dunque un divieto assoluto di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie da parte di una società, per cui tale società non poteva fornire assistenza finanziaria a coloro che acquistavano le sue azioni, ad esempio concedendo a tali soggetti dei prestiti o fornendo loro delle garanzie.
Per questa parte della dottrina che interpretava in senso estensivo il concetto di assistenza finanziaria, la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento si poneva in contrasto con tale norma in quanto la newco, per acquistare le azioni della target, assumeva un debito il quale però veniva successivamente restituito non da essa ma dalla target stessa:poiché la target consentiva con il suo patrimonio alla newco di acquistare le sue azioni e poiché con la fusione la target si estingueva, incorporandosi nella newco, la stessa target finiva col concedere assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie con una condotta che ricadeva nel divieto di cui all’art. 2358.
-Secondo un’altra parte della dottrina che invece interpretava in senso restrittivo la concezione di assistenza finanziaria di cui all’art 2358 cc non vi era nessun contrasto tra tale tipo di fusione e il divieto ex art. 2358:la nozione di assistenza finanziaria per tali autori doveva essere interpretata solo come concessione di garanzie in senso tecnico accordate direttamente al finanziatore; in questo caso, invece, la società bersaglio offriva, per la restituzione del prestito al finanziatore, solo la garanzia generica, ovvero il suo patrimonio e solo perché la fusione comporta la riduzione a unità dei patrimoni: la delibera di fusione adottata dalla società acquisita, infatti, non ha ad oggetto la costituzione di una garanzia direttamente a favore del finanziatore ma con tale fusione si ha solo l’unificazione di due patrimoni, partecipando quindi il patrimonio della target alla garanzia generica del credito del finanziatore solo perché oramai parte del patrimonio della società incorporante sua debitrice.
La giurisprudenza prevalente adottò questa seconda posizione stabilendo però che fosse comunque necessaria un’indagine caso per caso per valutare se in concreto sussistesse o meno l’intento elusivo del divieto ex art. 2358 e se quindi in concreto quella determinata operazione fosse lecita o meno.
Ad oggi, con una norma ad hoc del codice, l’art 2501 bis, può finalmente essere messo un punto a questa spinosa questione poiché tale norma sancisce la liceità della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento purché siano rispettati alcuni requisiti procedurali indicati dalla norma e posti a tutela della trasparenza dell’operazione al fine di evitare usi speculativi o abusivi di tale istituto: per questa ragione, specifiche disposizioni sono dettate con riguardo al progetto di fusione e alla relazione degli esperti e degli amministratori; infatti tale norma stabilisce che “nel caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest’ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti, si applica la disciplina del presente articolo.Il progetto di fusione [ …] deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. La relazione (degli amministratori) […] deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.
La relazione degli esperti […], attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione. […]” Significativa è stata anche la modifica dell’art 2358 ad opera del già citato d.lgs 142/08 che ha mitigato il divieto di assistenza finanziaria nell’acquisto di azioni proprie, oggi non più assoluto, consentendo quest’ultima alle “condizioni previste dal presente articolo”.
L’introduzione nel nostro ordinamento di disposizioni normative che fanno indubbiamente propendere verso la liceità di tale figura, non ha esonerato quest’ultima dalla constatazione di diversi profili di criticità: il merger leveraged buy-out, sottolineano vari autori, sarebbe lesivo delle posizioni degli azionisti di minoranza della società bersaglio e dei suoi creditori; infatti, essendo il prestito restituito attraverso gli utili o con la vendita delle attività della società bersaglio, da un lato, i suoi azionisti di minoranza vedono aumentare il rischio del proprio investimento, dall’altro i suoi creditori devono sopportare un aumento del numero dei soggetti che possono soddisfarsi su quel patrimonio e conseguentemente vedono ridotta la possibilità che i loro crediti siano soddisfatti. Nonostante tali considerazioni, la posizione prevalente in dottrina e giurisprudenza è decisamente a favore della liceità di tale tipologia di operazioni anche in considerazione degli strumenti di tutela che l’ordinamento prevede a favore dei soci di minoranza e ai creditori dell’impresa bersaglio.
I creditori, infatti, possono innanzitutto avvalersi dello strumento dell’opposizione alla fusione ex art. 2503 cc mentre sia i soci che i terzi danneggiati dalla fusione possono avvalersi del rimedio del risarcimento del danno ex art. 2504 quater cc.
Riccardo è associate di PwC TLS, dipartimento di corporate & compliance. Fondatore, direttore ed a capo della sezione di diritto commerciale e societario della law review “Ius In Itinere” (rivista divulgativa), direttore della rivista semestrale di diritto (rivista con carattere scientifico), direttore e membro del comitato scientifico del Master in Compliance e Prevenzione della Corruzione nei Settori Pubblico e Privato della LUMSA e presidente della sezione giovani di AITRA (Associazione Italiana Trasparenza e Anticorruzione). Nel suo cv vanta importanti esperienze in Italia e all’estero. Ha collaborato precedentemente con primari studi legali (Tonucci & Partners e LCA Studio Legale), ha rappresentato la Federico II all’Human Right Moot Court Competition ed è stato delegato a New York in una simulazione internazionale sul funzionamento delle Nazioni Unite. Nella sua quinquennale esperienza ha potuto ampliare le sue competenze con uno specifico focus sul diritto commerciale e societario e tutto ciò che ne concerne, seguendo importanti aziende nazionali e internazionali in ogni aspetto della vita dell’impresa e nella consulenza day by day. Inoltre, Riccardo ha seguito numerosi progetti di corporate governance, con particolare focus nel campo del D.Lgs. 231/2001 (predisposizione ex novo e aggiornamento di modelli 231, supporto ad organismi di vigilanza, predisposizione di procedure e processi) e della compliance aziendale (predisposizione deleghe di funzioni, predisposizione matrici 2086 c.c., contrattualistica commerciale). È, altresì, autore di numerosi articoli e pubblicazioni in materia di diritto commerciale e societario con le più importanti case editrici italiane (Zanichelli, Cleup).