giovedì, Marzo 28, 2024
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Le osservazioni e le opposizioni nel procedimento di pianificazione urbanistica

Le osservazioni e le opposizioni rappresentano i principali strumenti nelle mani dei privati per tutelare e far valere i propri interessi nel procedimento di pianificazione urbanistica.

Il procedimento di pianificazione urbanistica costituisce una risultante amministrativa estremamente complessa e farraginosa, spesso a causa della scarna disciplina normativa esistente. A sollecitare l’interesse degli “addetti ai lavori”, nonché dei privati è soprattutto la seconda fase di tale procedimento: la fase dell’istruttoria, che è di fondamentale importanza nei procedimenti di pianificazione urbanistica, in quanto è in questo momento che comincia a delinearsi la volontà dell’amministrazione nel caso concreto. Essa è soggetta a mutamenti e verifiche fino al momento in cui non verrà tradotta in un formale atto giuridico finale, scaturente dalla selezione tra le varie soluzioni in concreto emerse. Nell’istruttoria procedimentale prende forma una prima ipotesi di provvedimento, attraverso l’acquisizione e la preliminare valutazione dei fatti e degli interessi. Nei procedimenti di pianificazione territoriale vi è sempre un’attività preliminare di determinazione degli indirizzi, generalmente dettati dall’organo che ha potere decisionale e sono rivolti all’ufficio che conduce l’istruttoria al fine di guidarne l’attività; anche quando manca quest’atto, che prende il nome di “delibera programmatica”, l’attività di fissazione dei criteri di impostazione del piano è comunque indispensabile e di fatto sempre individuabile. Le attività istruttorie sono finalizzate all’acquisizione di “elementi conoscitivi” utili alla decisione. Questi consistono: in primo luogo, nella cosiddetta analisi delle vocazioni territoriale, sotto il profilo fisico, economico-sociale, storico-culturale, paesistico nonché giuridico; in secondo luogo, nell’assunzione di pareri necessari o facoltativi di altre amministrazioni a contenuto prevalentemente tecnico. Inoltre, tali attività comportano l’acquisizione di “elementi valutativi”, momento in cui si colloca la “redazione”, ossia la prima, ma provvisoria stesura del piano.

I procedimenti di pianificazione territoriale sono di norma caratterizzati da un’istruttoria che si forma in contraddittorio con gli interessati: vengono cioè sollecitati i privati a partecipare in quanto soggetti esterni all’amministrazione procedente. Ciò consente di individuare e comprendere gli istituti delle osservazioni e delle opposizioni, le quali sono deduzioni dei privati al piano, generalmente definite come forme di intervento che si concretizzano in memorie scritte. Esse rivestono sia una funzione di garanzia che una funzione di collaborazione. Nonostante queste due figure vengano solitamente trattate di concerto, è necessario individuarne le differenze. Quanto alle osservazioni, è indirizzo giurisprudenziale diffuso che debbano essere ritenute mera forma di civica collaborazione, tanto che la reiezione delle stesse può essere motivata ob relationemcon le controdeduzioni del comune, essendo sufficiente che le stesse, ancorché sintetiche, siano idonee a dimostrare che si è tenuto presente l’apporto collaborativo e critico dei privati. Un orientamento più favorevole ai soggetti partecipanti al procedimento si registra nell’ambito della più recente giurisprudenza d’appello[1], secondo cui «il rigetto delle osservazioni […] deve essere assistito da una motivazione che sia congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base delle osservazioni stesse e che abbia tenuto presente (e ciò deve essere dimostrato) il loro apporto critico e collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti così che, nell’interesse reale della popolazione, sia assicurata l’adozione di soluzioni urbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali»[2].

Le opposizioni, invero, spettano solo ai proprietari degli immobili compresi nel piano stesso; hanno carattere di veri e propri rimedi giuridici ed obbligano l’autorità competente ad esaminarle ed a decidere sulle stesse[3].

Per quanto riguarda la risposta della Pubblica Amministrazione verso entrambe le figure, vi è in dottrina chi sostiene che per l’amministrazione vi sarebbe solo l’obbligo di prenderle in esame e di indicare, anche in forma sintetica e cumulativa le ragioni del loro eventuale non accoglimento[4].

Il concetto di motivazione rileva, altresì, relativamente all’istituto delle “destinazioni d’uso”[5], rispetto alle quali si è di recente pronunciato il Consiglio di Stato[6] imponendone “l’obbligo di motivazione” in caso di cambiamento di destinazione. Esso, relativamente alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, si è precisato che “l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata”[7]; in particolare, si è affermato che “le scelte urbanistiche richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute[8]; infine, la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale[9].

***

[1]Cfr. Consiglio di Stato, IV, sent. 7 giugno 2004, n. 3559.

[2]Cfr. C.g.a., sez. giur. 30 giugno 2011, n. 451.

[3]Tale impostazione è confermata dal dato legislativo regionale contenuto nell’art. 3 l.r. n. 71 del 1978, ai sensi del quale “Il progetto di piano regolatore generale e quello di piano particolareggiato devono essere depositati, non oltre il decimo giorno dalla data della deliberazione di adozione, presso la segreteria comunale, a libera visione del pubblico, per venti giorni consecutivi. L’effettuato deposito è reso noto al pubblico, oltre che a mezzo di manifesti murali, mediante pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale. Fino a dieci giorni dopo la scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni al progetto di piano regolatore generale. […].

In ordine ai piani particolareggiati e alle prescrizioni esecutive dei piani regolatori che costituiscono

a tutti gli effetti piani particolareggiati, possono essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani e osservazioni da parte di chiunque. Sulle osservazioni ed opposizioni, che dovranno, ove necessario e possibile, essere visualizzate, a cura del comune, in apposite planimetrie di piano, il consiglio comunale è tenuto a formulare le proprie deduzioni entro un mese dalla scadenza del termine di presentazione delle osservazioni ed

opposizioni medesime. Entro dieci giorni dal termine stabilito nel comma precedente il comune trasmette il piano regolatore e, nei casi previsti dalla presente legge, il piano particolareggiato unitamente agli atti deliberativi ed alle osservazioni ed opposizioni, comprese quelle che non sono state oggetto di deduzioni nei modi e nei termini previsti dal quinto comma del presente articolo, all’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente”.

[4]Cfr. URBANI P., CIVITARESE MATTEUCCI S., (2013). Diritto urbanistico – Organizzazioni e rapporti. Giappichelli Editore, Torino, pag. 121.

[5]Esse rivestono una notevole importanza per i privati. Devono essere necessariamente previste nel PUC, pena l’automatica nullità dello stesso.

Si veda, altresì quanto stabilito dall’articolo 25 della Legge Regionale della Campania n. 16 del 2004. Atti di programmazione degli interventi.

“1. Con delibera di Consiglio comunale è adottata, in conformità alle previsioni del Puc e senza modificarne i contenuti, la disciplina degli interventi di tutela, valorizzazione, trasformazione e riqualificazione del territorio comunale da realizzare nell’arco temporale di tre anni.

  1. Gli atti di programmazione di cui al comma 1, in relazione agli interventi di riqualificazione e di nuova edificazione, prevedono:
  2. a) le destinazioni d’uso e gli indici edilizi;
  3. b) le forme di esecuzione e le modalità degli interventi di trasformazione e conservazione dell’assetto urbanistico;
  4. c) la determinazione delle opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione territoriale e paesaggistica;
  5. d) la quantificazione degli oneri finanziari a carico del comune e di altri soggetti pubblici per la realizzazione delle opere previste, indicandone le fonti di finanziamento.
  6. Gli atti di programmazione degli interventi hanno valore ed effetti del programma pluriennale di attuazione disciplinato dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, articolo 13, e dalla legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, articolo 5, e si coordinano con il bilancio pluriennale comunale. […]”

[6]Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 11 ottobre 2017, n. 4707.

[7]Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 3 novembre 2008, n. 5478.

[8]Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 25 maggio 2016, n. 2221; Id., 8 giugno 2011 n. 3497.

[9]Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 26 marzo 2014 n. 1459.

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