venerdì, Aprile 19, 2024
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Le politiche di assistenza sociale: il reddito di cittadinanza

Una delle politiche di assistenza sociale più discusse degli ultimi anni è senza dubbio: il reddito di cittadinanza, esso si configura come una misura strategica volta all’eliminazione della povertà assoluta e alla garanzia per tutti i cittadini, che dispongono dei dovuti requisiti, di ricevere un sussidio minimo mensile in cambio di prestazioni lavorative promosse dai vari centri per l’impiego. In Italia, tale provvedimento non è stato mai adottato fino alla proposta del MoVimento 5 Stelle che ha forgiato la scorsa campagna elettorale proprio sulla possibile attuazione di tale misura, una volta insediati al governo.

Con la vittoria alle elezioni del 4 marzo 2018 il risultato di tale forza politica è stato davvero sorprendente, infatti dopo pochi mesi dall’esito elettorale è stata formata la nuova coalizione giallo – verde insieme alla Lega, al tempo secondo partito del Paese, ma che oggi vede i sondaggi in netto favore per un possibile primato.

Quest’ultima premessa, serve proprio per introdurci a quella che sarà la mera disamina del reddito di cittadinanza, in quanto proprio in seguito allo scenario appena descritto nel 2019 anche l’Italia, molto probabilmente, vedrà l’avvento di questa misura che coinvolgerà circa 6,5 milioni di persone per le quali sono stati stanziati circa 10 miliardi di euro, che però stando ad alcuni dati pubblicati su testate come ‘’Il Sole 24ore’’, sembra non soddisfare, almeno presumibilmente, tutti coloro che chiederanno tale ‘’aiuto’’.

Infatti: facendo una semplice operazione – 10 miliardi diviso 6,5 milioni – risultano 1.538 euro l’anno, cioè 128 euro al mese, ben al di sotto dei 780 euro mensili dichiarati nel contratto di governo tra Movimento Cinque Stelle e Lega. Tutto questo ipotizzando che tutti i 10 miliardi arrivino direttamente nelle tasche delle persone povere.[1]

La misura si concentra su tutte quelle persone che hanno un reddito pari allo zero e per questo hanno diritto all’intero importo, mentre per gli altri è prevista un’integrazione per arrivare ai fatidici 780 euro, soglia che secondo gli addetti ai lavori sarà sufficiente per sostenere le spese minime indispensabili per abbandonare la fascia di povertà assoluta che è quasi sinonimo di “miseria nera“, cioè la situazione nella quale la carenza di risorse a disposizione dell’individuo è così profonda che la sua stessa vita è messa in pericolo o, quantomeno, è condotta in condizioni disperate.

Questa accezione di povertà è spesso usata con riferimento ad alcuni Paesi del terzo mondo (o loro regioni particolarmente svantaggiate), così come per quei casi di povertà estrema che si possono anche riscontrare ai margini delle ricche società industriali[2].

Fare un’attenta analisi del reddito di cittadinanza, ma soprattutto degli eventuali effetti sia positivi sia negativi che porterà eventualmente nel nostro paese, diventa imprescindibile se non rapportiamo il tanto discusso provvedimento a come si è instaurato in altri Stati europei.

Prima di procedere con tale comparazione è lecito spiegare anche come si è arrivati ad una simile decisione in Italia, o meglio ancora al motivo per il quale oggi il nostro paese sembra necessitare di questa misura della quale fino a qualche anno fa se ne parlava poco o nulla.

Complice la crisi finanziaria del 2009, partita dall’altra parte dell’Atlantico, molte piccole – medie imprese, cuore pulsante dell’economia nostrana, hanno chiuso i battenti in quanto i costi per portare avanti un’attività di modesta caratura erano diventati insostenibili e per di più il costo del lavoro è tutt’ora tra i più cari in Europa.

Questo, oltre che al fallimento di molti stabilimenti, ha portato anche tanta disoccupazione o in altri casi ad un aumento del lavoro a nero, a basso costo e soprattutto privo di qualsiasi contributo versato da parte dei datori di lavoro ai propri dipendenti.

Si è venuto a creare un circolo vizioso dal quale ancora oggi si fatica a uscirne, ed ecco perché si è giunti all’elaborazione di una strategia come il reddito di cittadinanza, pensato per dare una flebile speranza di rientro in società a tutte quelle persone che più di ogni altro hanno sofferto degli effetti della crisi finanziaria, restando senza lavoro o con un’occupazione più che precaria. Il reddito di cittadinanza, forse, oggi rappresenta uno strumento di cura palliativa a quello che è il reale stato di salute della nostra economia.

In un paese dove per molti individui, una via di fuga dallo stato di povertà assoluta viene rappresentato da un sussidio minimo mensile di 780 euro in cambio di una prestazione lavorativa offerta dai centri per l’impiego, non è affatto un paese sano dove si garantisce appieno il rispetto della prima parte dell’articolo n.1 della nostra Costituzione, che recita: ‘’L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro […]’’.

Anche se quest’ultima affermazione può sembrare in completa antitesi con il concetto di base su cui si fonda il reddito di cittadinanza, in realtà non è così. L’Italia per l’appunto basa la propria identità come Stato di diritti, sul lavoro garantito a tutti gli individui e con questo sembra lecito sottintendere che ognuno dovrebbe scegliere il lavoro per cui si è specializzato in tanti anni di studio investendo sulla propria formazione ed istruzione, oppure sull’apprendimento delle abilità volte allo svolgimento di determinate mansioni che fanno capo alla persona in base a quelle che sono le sue aspirazioni di vita e raggiungimento di obiettivi personali, e che non dovrebbero essere per nulla ostacolati da un’economia alterata dai tanti problemi ai quali lo Stato difficilmente sembra in grado di  poter fronteggiare, ma che anzi in alcuni casi sono stati accentuati da molte scelte passate, presenti (ed eventualmente lo saranno anche quelle future), prese proprio nei palazzi istituzionali e che di certo non hanno portato ai risultati promessi ed ambiti nelle tante campagne elettorali.

Ecco perché non tanto il reddito di cittadinanza in sé, ma il bisogno urgente del reddito di cittadinanza  è sinonimo di un mercato del lavoro fermo, segnato da uno sviluppo delle infrastrutture che tarda ad arrivare, da delle professioni che se negli altri paesi sono ritenute ordinarie, qui in Italia nemmeno esistono ed ecco il motivo per il quale il nostro paese è diventato uno Stato dove la propria identità viene alterata o peggio ancora appiattita dalle tante difficoltà che i giovani si trovano a fronteggiare una volta usciti dalle università o istituti professionali.

Il punto, quindi, potrebbe essere quello di intendere il reddito di cittadinanza come misura che promuove lo sviluppo di un paese non tanto dal punto di vista economico, ma sociale a garanzia di quel minimo di sussistenza che lo stato in funzione di custode e promotore del welfare, concede alle fasce più deboli della popolazione in cambio dello svolgimento di un lavoro prestabilito.

Senza dubbio la politica di base è propositiva e cerca di dare una svolta in termini di progresso sociale, ma resta il fatto che come detto precedentemente la percentuale di persone alle quali andrebbe diretta non dovrebbe essere assolutamente così alta come lo è in Italia, ma piuttosto coinvolgere solo una piccolissima fascia di popolazione più disagiata che fisiologicamente c’è e sempre ci sarà in ogni singolo Paese.

Il reddito di cittadinanza negli altri Stati europei come in Danimarca è particolarmente ricco: si va dai 1.300 euro al mese per i single, ai 3.100 per le coppie con un figlio, ai 3.300 per le coppie con due figli; in Norvegia il sussidio è pari al 60% dello stipendio per due anni[3] ma in entrambi i paesi il tasso di disoccupazione arriva appena al 4%[4].

Il reddito di cittadinanza in Belgio prende il nome di diritto all’integrazione sociale e prevede quindi il reddito di integrazione. La condizione per accedervi è di essere disponibili a svolgere un lavoro, ma non si possono avere altre misure di assistenza o patrimoni personali. L’importo mensile è di circa 750 euro che può arrivare a 1000 in caso di familiare a carico[5]. In Belgio il tasso di disoccupazione è vicino al 7%[6].

In Irlanda, il reddito è chiamato “Jobseeker’s Allowance”, è goduto dai disoccupati senza “figli a carico”. Se si hanno bambini, a prescindere dallo status di lavoratore o disoccupato e dalla cittadinanza, si aggiungono le entrate del cosiddetto Child Benefit[7]. In Irlanda il tasso di disoccupazione sfiora di poco il 5 %[8].

Alla luce di questi dati si evince a chiare lettere come in Italia, prima di promuovere una tale misura che ha chiaramente una sua funzionalità in contesti sani come quelli descritti, si debba necessariamente focalizzare il lavoro da parte delle istituzioni su delle riforme che riguardino prima di tutto il mercato del lavoro, che non rappresenti solo un costo insostenibile per le imprese aggiungendosi  ad un regime di tassazione asfissiante, ma che sia motivo di sviluppo per un Paese, come l’Italia, che di certo non merita di vivere nelle condizioni in cui si trova a versare già da troppo tempo.

 

[1] ‘’Reddito di Cittadinanza a 6,5 milioni di persone? Ecco perché l’importo potrebbe essere meno della metà del Rei’’ di Francesca Barbieri, 29/09/2018. Il Sole 24 ore.

Disponibile qui: https://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2018-09-28/reddito-cittadinanza-65-milioni-persone-ecco-perche-l-importo-potrebbe-essere-meno-meta-rei-133509.shtml?uuid=AEyRQpAG

[2] ‘’Definizione di povertà assoluta, relativa e disuguaglianza’’ di TesiOnline

Disponibile qui: https://sociologia.tesionline.it/sociologia/articolo.jsp?id=2736

[3] ‘’I Paesi dove si vive senza lavorare: 3 mila euro al mese senza far nulla’’ di LiberoQuotidiano.it del 09/02/2018

Disponibile qui:

[4] ‘’Danimarca – Tasso di disoccupazione’’ di Trading Economics

Disponibile qui: https://it.tradingeconomics.com/denmark/unemployment-rate

‘’Norvegia – Tasso di disoccupazione’’ di Investing.com

Disponibile qui:  https://it.investing.com/economic-calendar/norwegian-unemployment-rate-638

[5] ‘’Il Reddito di Cittadinanza nei Paesi europei’’ – Italia in Cammino – di Paola Alunni del 04/10/2018

Disponibile qui: https://www.italiaincammino.it/il-reddito-di-cittadinanza-nei-paesi-europei/

[6] ‘’Belgio – Tasso di disoccupazione’’ di Trading Economics

Disponibile qui: https://it.tradingeconomics.com/belgium/unemployment-rate

[7] ‘’ Reddito di Cittadinanza? In Irlanda’’ di Itremedia News del 18/11/2013

Disponibile qui:

[8] ‘’Belgio – Tasso di disoccupazione’’ di Trading Economics

Disponibile qui: https://it.tradingeconomics.com/belgium/unemployment-rate

Fonte immagine: https://fee.org/articles/after-the-welfare-state/

Mario Nocera

Mario Nocera, nato a Napoli il 04/01/1992 Direttore Area: Politica Economica Responsabile sviluppo business Laurea Magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni presso: l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Tesi di Laurea in: Teoria dell Sviluppo umano. Titolo Tesi: ''Le diseguaglianze in Italia : il divario tra Nord e Sud'' Interessi: economia, finanza, politica, attualità e sociologia. Contatti: mario.nocera@iusinitinere.it

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