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Le proroghe fuori controllo dei contratti ospedalieri generano un danno considerevole all’erario

a cura di Renzo Cavadi

Le proroghe fuori controllo dei contratti ospedalieri generano un danno considerevole all’erario. Nota a sentenza della Corte dei Conti – Sezione Giur. Regione Umbria 23 novembre 2022 n. 99.

 

  1. La scure della Corte dei Conti si abbatte contro l’abuso della proroga nei contratti di servizio ospedaliero

E’ da condannare l’attività pluriennale dell’amministrazione pubblica consistita nelle reiterate ed illegittime proroghe di contratti per il servizi ospedalieri intercorsi tra l’Azienda Ospedaliera, la ASL e la società X adottate senza alcun titolo giuridico e carenti di motivazione, in violazione della normativa sul rispetto della concorrenza prevista dal diritto unoniale. La descritta azione amministrativa sintomatica di una condotta gravemente colposa e contra legem, comporta infatti l’insorgenza di una responsabilità amministrativa([1]) che arreca con sé un considerevole danno alle casse dello Stato.

Sulla base di tali fondamentali presupposti, la Sezione Regionale della Corte dei Conti per l’Umbria con un’importantissima e netta decisione (sentenza n. 99 del 23 novembre 2022 – Relatore: P. Fava), ha dichiarato la responsabilità amministrativa dei direttori e della dirigenza sanitaria per avere causato danni all’erario([2])  da quantificarsi in quasi 6 milioni di euro ridotti a 5,5 milioni di euro, soltanto perché una parte è risultata coperta da prescrizione.

Una sentenza che certamente sarà oggetto di successiva impugnazione. Ed il motivo è particolarmente evidente: essa finisce per impattare su quel particolare e delicato settore dell’amministrazione pubblica rappresentato dall’organizzazione sanitaria il cui operato è da sempre sotto la lente di ingrandimento della magistratura contabile.  La sanzione del resto è particolarmente afflittiva, senza contare che se venisse confermata anche nel successivo grado di giudizio, diventerebbe definitiva: nel nostro sistema giurisdizionale infatti, il processo contabile incardinato davanti alla Corte dei Conti, si esaurisce in via processuale con due soli gradi di giudizio.

La questione poi è di particolare interesse e ricca di significati, perché permette gioco forza di fare ulteriore luce sull’utilizzo assai frequente nel settore dei contratti pubblici del regime della proroga tecnica, diventata nel tempo uno strumento pericolosamente ripetitivo all’interno della macchina amministrativa a discapito del rispetto dei principi di trasparenza e del buon andamento della P.A.

Un’abitudine che tende a tradursi in un’alterazione patologica del sistema legato all’approvvigionamento di beni e servizi, foriero di un consistente pregiudizio economico allo Stato, ed a cui si può rimediare soltanto attraverso una corretta aggiudicazione mediante l’attivazione di competizioni  imperniate su un sano agonismo tra fornitori([3]).

Inoltre, val la pena sottolineare come l’importanza di tale pronunzia tende a cogliersi in quanto a differenza di copiose sentenze della magistratura contabile che hanno avuto eco nel settore della sanità, la decisione in oggetto tende a distanziarsi nello sviluppo e nell’esegesi dei suoi contenuti, in quanto non concerne sic et simpliciter il danno alla salute ma abbraccia le modalità utilizzate per rifornirsi di materiale ad hoc deputato all’assistenza ospedaliera dei pazienti.

 

  1. La vicenda e i fatti oggetto della pronunzia

 

Nella controversia approdata all’attenzione della Corte dei Conti era emersa una responsabilità amministrativa ripartita direttori e dirigenti della sanità regionale umbra derivante dalla abusiva reiterazione di proroghe di un contratto di servizi ospedaliero.

Più precisamente l’appalto concernente materassi, lenzuola, cuscini e sterilizzazione, originariamente assegnato tramite contratti stipulati nel 2008 e 2009, per motivi che i giudizi contabili hanno ritenuto fuori luogo ed evanescenti (e che concretamente sono dati determinanti per portare alla condanna i soggetti coinvolti), si è protratto fino al 2021.

Durante il periodo delle proroghe disposte, nessuna procedura d’appalto era mai stata attivata. Nel caso esaminato, si era determinata dunque una perdita economica per l’Amministrazione d’appartenenza, derivante dal mancato utilizzo di gara pubblica comparativa.

Secondo l’articolata ricostruzione effettuata dalla Procura contabile umbra, l’elemento da elevare come base di partenza per l’individuazione del pregiudizio erariale alle casse dello Stato, “attiene al minor esborso che avrebbero sostenuto le Aziende pubbliche danneggiate (ospedaliera e sanitaria locale umbra) se fosse stata utilizzata una procedura concorrenziale con il conseguente subentro di una nuova ditta”.

Da parte sua, la difesa delle parti aveva invocato la regolarità rectius la legittimità dell’azione amministrativa esercitata nonché la necessità che fossero evitate brusche interruzioni del servizio ai fini della tutela e della salvaguardia dell’utenza, affinché potesse in sostanza essere prestato continuativamente un servizio ritenuto certamente essenziale alla persona.

 

  1. Inquadramento teorico-normativo della fattispecie oggetto dei giudici contabili: Gli stretti limiti della proroga tecnica nel codice degli appalti

 

Ciò posto, ricostruiti i fatti sottoposti al vaglio della magistratura contabile, per poter comprendere appieno lo sviluppo successivo dei contenuti concernenti il percorso argomentativo adottato nella decisione in oggetto, occorre soffermarsi preliminarmente sull’inquadramento giuridico del concetto di proroga tecnica e sul suo corretto utilizzo.

La proroga tecnica costituisce nel settore del diritto amministrativo un argomento particolarmente denso di significati non solo in relazione ai risvolti applicativi nel campo della contrattualistica pubblica ma anche in considerazione della normativa unoniale in materia di affidamenti dei servizi, dei principi sulla trasparenza dell’azione pubblica e della tutela della concorrenza([4]).

Si tratta di uno strumento assai sensibile per gli addetti ai lavori e su cui l’ANAC è più volte intervenuta al fine di predisporre delle Linee Guida sul suo corretto utilizzo([5]), riscontratone il più volte un uso fuori dalle regole e distorsivo della proroga tendente a caratterizzare le relazioni tra la pubblica amministrazione appaltante e l’affidatario del servizio.

Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa([6]) la proroga tecnica, deve essere intesa con accezione straordinaria diretta a consentire soltanto la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in via del tutto temporanea, in attesa della nuova procedura di gara pubblica con cui affidare nuovamente il servizio. Trattasi, pertanto, di uno strumento volto esclusivamente ad assicurare, in presenza di determinati presupposti previsti dalla legge (art. 106 comma 11 del  Codice Appalti), la continuità del servizio, oggetto del rapporto contrattuale fra l’operatore economico e la P.A., nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro.

A tal proposito infatti, occorre ricordare che stante il regime attualmente vigente in materia, sono davvero stretti casi in cui è ammissibile la proroga tecnica del rapporto. Le ipotesi previste ex lege sono le seguenti:

  1. a) In caso di un’espressa previsione già presente nel bando di gara che ha regolamentato e disciplinato l’affidamento del contratto da prorogarsi;
  2. b) Nella stretta necessità di assicurare in corso di esecuzione la continuità delle prestazioni di tale contratto durante il momento del passaggio da un contraente all’altro, nelle more della definizione della procedura di gara indetta.

 

L’articolo inserito nel codice appalti è scritto in modo cristallino e ne ricaviamo regole semplici, nette e ben chiare: 1. La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione 2. Se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga – 3. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente([7]).

Diversamente, il ricorso a tale istituto, o comunque un rinnovo o un’assegnazione al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla norma vigenti in materia, si traduce in un affidamento diretto effettuato in grave violazione dei principi eurounitari di concorrenza ([8]) apertura al mercato e trasparenza ex art. 30, comma 1 del Codice suddetto che espongono la P.A. alla responsabilità per danno erariale; danno che può essere quantificato, a detta della Corte, considerando il risparmio che l’ente avrebbe potuto ottenere aprendosi al mercato (identificazione dei ribassi medi delle aggiudicazioni per servizi similari([9]).

 

Alla luce dei dettami espressi dalla Giurisprudenza amministrativa e dall’ANAC, deve ritenersi fondamentale precisare un aspetto imprescindibile: affinché l’amministrazione non ricada nell’errore di utilizzare in modo non conforme all’ordinamento la proroga tecnica – molto spesso non idoneamente giustificata se non per la mera previsione di garantire una continuità([10]) del servizio – la stessa dovrebbe procedere a valutare le possibili soluzioni mirate strategiche del nuovo affidamento in modo tempestivo e non quando la scadenza si è già consumata. L’ente appaltante in sostanza non deve mai rendersi responsabile di ritardi nell’indizione della procedura di selezione del nuovo affidatario.

 

4.La traiettoria argomentativa seguita dai giudici contabili: il richiamo ai principi della concorrenza e di apertura al mercato.

 

La Corte ha preliminarmente evidenziato come la questione su cui la stessa si è pronunziata rientra nell’orbita della giurisdizione contabile ai sensi dell’articolo 1 del Codice di Giustizia Contabile([11]).  Più precisamente scrivono i giudici in sentenza “trattasi invero di una fattispecie di responsabilità amministrativa in relazione alla quale la Procura Regionale ha contestato ai convenuti un danno derivante dall’abusiva reiterazione di proroghe di un contratto di servizio”. A dimostrazione di quanto sottolineato in precedenza aggiungono: “Non c’è alcun dubbio che la prospettazione faccia riferimento all’illecito contabile di cui al combinato disposto degli articoli 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20 e 1, primo comma del d. legislativo 26 agosto 2016 n. 174”.

Ciò premesso, nel presupposto contestato ai rei erariali che nessuna procedura di gara era stata istruita e completata per affidare il servizio ospedaliero (né antecedentemente alla prima scadenza naturale del contratto né al momento della prima proroga) i giudici contabili, in relazione alla normativa concernente il settore degli appalti (peraltro assai precisa, non derogabile se non in casi del tutto eccezionali e comunque curvata ex lege al rispetto della concorrenza  e della trasparenza),hanno lapidariamente sentenziato come “non c’è alcun dubbio che le attività di programmazione, progettazione, ideazione a monte e quelle di effettiva realizzazione della nuova procedura di evidenza pubblica a valle, sono state gravemente carenti e inefficienti, e che tali modalità di gestione abbiano determinato un rilevante pregiudizio alla finanza pubblica nell’ambito del servizio sanitario regionale ”.

 

Al di là di quanto hanno avanzato i legali di parte che legittimamente dovevano far valere le ragioni dei loro assistiti,  la Corte dei Conti rincara la dose evidenziando che “i principi eurounitari di messa in concorrenza, apertura al mercato e par condicio tra i potenziali ed effettivi offerenti impongono alle amministrazioni di organizzarsi affinché, venuto a scadenza un contratto, possa essere immediatamente operativo quello successivo, in modo che non vi sia alcuna soluzione di continuità, anche per salvaguardare l’utenza, specie ove il servizio in questione riguardi la cura della persona umana”.

Inoltre facendo sempre riferimento esplicito alla normativa di stampo unoniale la quale storicamente finisce per vincolare quella interna dei singoli stati membri, i giudici affermano con fare deciso che “le proroghe nella prospettiva eurounitaria costituiscono uno strumento eccezionale ([12])e temporaneo” mentre nel caso di specie l’utilizzo di tale strumento contrattuale è stato certamente ritenuto “patologico e abusivo” al punto che la stessa magistratura contabile nel seguito delle proprie ragioni argomentative non ha potuto fare a meno di stigmatizzare il comportamento assunto dai soggetti giudicati come un’azione governata da una colpa gravissima indice peraltro di una gestione “macroscopicamente inefficiente”.  E tutto questo finisce per comportare un danno consistente alle finanze dello Stato.

Ci si trova dunque di fronte a una consuetudine gravemente assunta ovunque da una parte della macchina amministrativa spesso piegata burocraticamente a rendersi poco efficiente rispetto alle «nuove gare pubbliche di assegnazione le quali andrebbero programmate ed effettuate prima della scadenza di quelle precedenti”. Del resto, e lo si è già evidenziato in precedenza, l’utilizzo del sistema delle proroghe nel sistema degli appalti è stato ritenuto, sia dall’ANAC che dal Consiglio di Stato un evento doverosamente eccezionale e come tale da utilizzare esclusivamente in casi di extrema ratio.

Nella specie, quindi, la colpa certamente grave risiede nell’evidente deviazione del rispetto della normativa unoniale (cosi come esplicitata dalla Corte di Giustizia e implementata e attuata dal legislatore europeo nel diritto comunitario derivato e cioè nelle direttive appalti), realizzatasi con le reiterate proroghe.

 

A tal proposito di particolare importanza è il passaggio argomentativo in cui i giudici contabili sottolineano come le norme interne devono essere finalisticamente interpretate nell’ottica del diritto europeo di modo tale che vengano sempre rispettati i fondamentali principi della concorrenza, apertura al mercato e par condicio. Ed allora se è vero che tra le interpretazioni possibili deve sempre avere priorità quella che tende a condurre ad esiti riconcilianti con le regole scolpite dalla normativa sovranazionale va da sé che “le norme sulle centrali di committenza non possono determinare effetti antieuropei, consolidando e stabilizzando sistemi anticoncorrenziali, ovverosia legittimando la prosecuzione della prestazione di servizi a cura del precedente affidatario uscente”.

Per potere mettere un freno a tale stortura generata dal sistema della macchina amministrativa, la pubblica amministrazione deve inevitabilmente pensare prima. Scrivono i giudici contabili: “Un’efficiente gestione dei servizi, infatti, impone all’amministrazione di prevedere, programmare, ideare, l’avvicendamento tra affidatari e di adottare, tempestivamente, iniziative, programmando le scadenze amministrative al fine di far subentrare il nuovo affidatario senza dilazione. Ogni amministrazione ha il dovere di giocare d’anticipo sui tempi di affidamento del servizio: “La procedura di gara pubblica deve essere svolta in data anteriore rispetto alla scadenza del precedente contratto e comunque al più tardi entro la fine dell’esercizio dell’eccezionale primo periodo di proroga in modo da non creare soluzioni di continuità nella prestazione del servizio”.

L’inefficienza determinatasi nel caso di specie non ha risparmiato nessuno([13]) dei soggetti coinvolti (“Tutti i convenuti in forme, tempi e modi diversi, hanno contribuito alla protrazione del servizio in capo al precedente affidatario”), e avrebbe gettato le basi per la creazione di un monopolio di fatto arrecando contestualmente  un considerevole danno alla finanza pubblica (derivante dalla mancata messa a concorrenza, attraverso condizioni economiche peraltro peggiorative rispetto a quelle proposte dal precedente affidatario) da inquadrarsi giuridicamente “nella differenza di costo tra quanto in concreto sostenuto dalla prosecuzione del servizio e il minore costo che se fosse stato conseguito in esito alla doverosa procedura comparativa tempestivamente portata a termine ed attuata, avrebbe consentito notevoli risparmi di spesa”. Il tutto in aperto contrasto «con qualunque canone in tema di concorrenza e libero accesso alle attività economiche».

 

Infine i giudici contabili tengono a precisare come non ci si trova di fronte a una forma di danno in re ipsa. “Dalla documentazione versata in atti, il pregiudizio subito dalle amministrazioni intervenute ad adiuvandum emerge ictu oculi quale danno effettivo, concreto, attuale e non meramente ipotetico o potenziale”.

 

 

5.Considerazioni finali

 

La pronunzia della Corte dei Conti lascia in eredità importanti spunti di riflessione su uno strumento di grande impatto per gli addetti ai lavori in una materia da sempre in evoluzione come quella della contrattualistica pubblica. Le motivazioni dei giudici contabili in materia di proroga tecnica rappresentano un’occasione per riaffermare le coordinate che devono governare il settore degli appalti anche alla luce dell’interpretazione che il nostro ordinamento impone costantemente in relazione al diritto dell’Unione Europea.

Il ricorso fuori controllo alla proroga tecnica non può essere visto dalle P.A. come una sorta di paracadute o ammortizzatore che funge continuativamente da cuscinetto alle gravi alterazioni o inefficienze del sistema di assegnazione e gestione delle gare pubbliche. La sua funzione deve essere riconducibile ad ipotesi in via del tutto straordinarie([14]), in considerazione della necessità di evitare una paralisi o un blocco dell’azione amministrativa, ma tenendo presente che essa in generale, comporta una compressione e una lesione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione.

Un’applicazione seria del principio di programmazione impone dunque una regola fondamentale alle amministrazioni e cioè che la nuova gara pubblica finalizzata alla scelta del futuro contraente deve essere già avviata al momento della proroga. Viceversa l’abuso reiterante([15]) e comunque oltre i casi consentiti dall’ordinamento, pone l’azione amministrativa fuori dal perimetro dei confini della legalità nazionale ed unoniale.

 

([1])La responsabilità amministrativa la cui regolamentazione trova fonte normativa nelle leggi del 14 gennaio 1994 n.19 e 20, costituisce una delle cinque forme di responsabilità (insieme a quella civile, penale, disciplinare e dirigenziale) in cui può incorrere il pubblico dipendente. Essa in particolare si manifesta a causa dei danni di natura patrimoniale cagionati alla pubblica amministrazione in occasione del rapporto di ufficio. La giurisdizione in tali casi spetta alla Corte dei Conti.  Secondo P. Cucumile, Lineamenti generali sulla responsabilità amministrativa in Riv. Diritto.it, 2022, “La responsabilità amministrativa è un istituto giuridico fondato sulla clausola generale di diritto pubblico in Riv. tendenzialmente aperta, la quale è stata introdotta nel primo ciclo della legislazione nazionale risalente agli anni ’90, dedicata al contrasto della devianza finanziaria ed alla tutela della economicità e dell’efficienza nella gestione dei bilanci pubblici”. Più nel dettaglio affinchè il pubblico dipendente possa incappare in tale forma di responsabilità è necessario che il suo comportamento doloso o gravemente colposo, fisiologicamente collegato al rapporto esistente con il proprio ente, abbia causato un danno pubblico che deve manifestarsi come conseguenza della sua condotta. A tal proposito in relazione alla morfologia che caratterizza la struttura della responsabilità amministrativa, si vedano le considerazioni di V. Tenore, La responsabilità civile, amministrativo-contabile e penale del pubblico dipendente, in Il Manuale del pubblico dipendente privatizzato, Roma, 2015 il quale evidenzia come “Essa, dunque, non differisce sostanzialmente dalla ordinaria responsabilità civile (art. 2043 c.c.), se non per la particolare qualificazione del soggetto autore del danno (pubblico dipendente o soggetto legato alla p.a. da rapporto di servizio), per la natura del soggetto danneggiato (ente pubblico) e per la causazione del danno nell’esercizio di pubbliche funzioni o in circostanze legate da occasionalità necessaria con lo svolgimento di pubbliche funzioni”. Negli stessi termini si veda anche G. Bottino, La responsabilità amministrativa per danno all’erario in Enciclopedia del diritto, annale X, 2017 secondo il quale “L’espressione «responsabilità amministrativa per danno all’erario» definisce la responsabilità degli agenti pubblici che con i propri comportamenti o provvedimenti, dolosi o gravemente colposi, cagionano un danno, suscettibile di quantificazione economica, alle pubbliche amministrazioni. L’aggettivazione «amministrativa» accentua il profilo soggettivo di questa responsabilità, vale a dire la sua imputazione in capo ai dipendenti, agli amministratori ed agli altri soggetti che appartengono all’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, in ragione dell’instaurazione, con le medesime amministrazioni, di un rapporto di impiego o di servizio”. Per unsi veda tra gli altri senza pretesa di esaustività si vedano A. Altieri, La responsabilità amministrativa per danno erariale, Milano, 2012; V. Raeli, Il modello della responsabilità amministrativa come “clausola generale” e le fattispecie sanzionatorie in Lexitalia.it, 2014; S. Pilato, La responsabilità amministrativa, dalla clausola generale alla prevenzione della corruzione, Torino, 2019; V. Tenore, La nuova Corte dei Conti. Responsabilità, pensioni, controlli, Milano,2022.

 

([2])La dizione di danno all’erario collegata a doppio filo proprio alla responsabilità amministrativa, vuole evidenziare il fatto che il danno prodotto dal pubblico dipendente va a impattare sulle finanze statali. Sul punto si veda A.M. Festa, I nuovi danni erariali in Riv. Ratio Iuris, 2021, per il quale “Il danno erariale è la lesione all’interesse pubblico finanziario arrecata da un pubblico dipendente o da un soggetto collocato di fatto all’interno della fase decisionale del procedimento amministrativo, per la quale si radica la giurisdizione della Corte dei conti”. Ed ancora G. Bottino, La responsabilità amministrativa per danno all’erario in Enciclopedia del diritto, annale X, 2017 secondo cui “La declinazione «per danno all’erario» ne specifica l’ambito oggettivo: i comportamenti o i provvedimenti dei soggetti agenti devono recare un danno, economicamente valutabile, alla finanza o al patrimonio pubblico”. Val la pena ricordare come il danno di natura patrimoniale arrecato all’ente pubblico può riguardare anche quello all’Unione Europea. Sulla giurisdizione contabile per danni direttamente prodotti all’UE si veda Corte dei Conti, sez. giur. Lombardia, 8 aprile 2004 n. 528 il cui pensiero è stato successivamente recepito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con le ordinanze del 10 luglio 2013 n.20701 e 2 dicembre 2013 n.26935.

 

([3])E. Iorio, Corte dei conti: il regime della proroga genera danni erariali, dirigenza condannata sui costi del “bucato in Sanità-IlSole24ore, 2022, disponibile https://www.sanita24.ilsole24.com.

 

([4])Nel linguaggio economico il concetto di concorrenza tende a rappresentare quella condizione nella quale diverse imprese competono con pari diritti legali, sul medesimo mercato. Le continue distorsioni che tendono a verificarsi all’interno dei mercati in continua evoluzione, necessitano pertanto di una specifica regolamentazione normativa affinchè il sistema concorrenziale si sviluppi equamente e senza lesioni di alcun operatore economico. Il nostro sistema legislativo inizialmente non era stato pensato per assegnare alla concorrenza il valore di bene primario e inviolabile. La carta costituzionale in particolare faceva riferimento alla concorrenza soltanto nell’art. 41 il quale al primo comma così dispone: “L’iniziativa privata è libera”.  La disposizione in oggetto tendeva a considerarla come una semplice appendice del riconoscimento della libertà di iniziativa economica peraltro condizionata a una serie di limitazioni particolarmente stringenti. In tal senso il successivo comma 3 Cost. afferma che “La legge determina i programmi ed i controlli opportuni perchè l’attivita’ economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. Soltanto con la successiva riforma del Titolo V, Parte II, il concetto di concorrenza è diventato un asse centrale. Non a caso la Costituzione ha attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la “tutela della concorrenza” (art. 117, c. 2, lett. e). In chiave nazionale a livello di norme ordinarie, rileva la legge del 10 ottobre 1990 n. 287 recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. Questa legge tutela la concorrenza nel mercato esclusivamente interno e reprime condotte anticoncorrenziali che abbiano esclusivamente rilievo nazionale. In chiave unoniale invece è bene osservare come l’Unione Europea si dalle origini ha sempre avuto come obiettivo dichiarato e primario il rispetto del buon funzionamento dei mercati e con essa proprio la tutela della concorrenza in un’ottica di protezione rafforzata della libertà d’impresa e di iniziativa economica. La principale fonte di riferimento in materia è rappresentata dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea in particolare agli artt. 101-109, meglio identificata con la cosiddetta disciplina antitrust. Per approfondimenti si veda in particolare F. Donati, La tutela della concorrenza tra Costituzione e diritto dell’Unione europea, in Rivista della Regolazione dei Mercati, 1,2020; M. Libertini, La tutela della concorrenza nella Costituzione. Una rassegna critica della giurisprudenza costituzionale italiana dell’ultimo decennio, in Riv. Mercato Concorrenza e Regole, Bologna, 3,2014.

 

([5])Si confr. Parere ANAC n. 591 del 28 luglio 2021 secondo cui “La proroga dei contratti pubblici cd. tecnica, ovvero quella diretta a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in corso, nelle more dell’espletamento di una nuova procedura di gara, ha carattere eccezionale e di temporaneità, essendo uno strumento volto esclusivamente ad assicurare una data prestazione in favore della pubblica amministrazione, nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro. L’utilizzo reiterato della proroga tecnica, che si traduce in una fattispecie di affidamento senza gara, comporta la violazione dei principi comunitari di libera concorrenza e parità di trattamento, enunciati dall’art. 2 comma 1 del d.lgs. 163/2006, oggi art. 30 comma 1 del d.lgs. 50/2016”.

 

([6])Si veda per tutte Consiglio di Stato, sez. V, 10 ottobre 2021, sent. n. 6955 afferma sul punto che “La giurisprudenza di questo Consesso ha chiarito al riguardo – anche nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 – che, nell’ambito dei contratti pubblici, il ricorso alla proroga tecnica costituisce un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali”. In precedenza, sempre dello stesso tenore si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2019 sent. n. 3588 secondo la quale “La cd. proroga tecnica” – istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità – rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali”.

 

([7])“Così L. Leccisotti, Il danno erariale da proroga dei contratti pubblici, in Riv. Giurispudenzaappalti.it, 2022,3, disponibile qui https://www.giurisprudenzappalti.it, il quale sottolinea come “Questa è la proroga tecnica, quando invece inseriamo a monte della gara che un affidamento può essere affidato, per esempio, per un periodo di anni 2+2, stiamo dicendo che il contratto può essere prolungato e in questo caso parliamo di proroga contrattuale.

 

([8])Il richiamo al tema europeo della concorrenza e di apertura al mercato rimarcato con forza dai giudici contabili, deve leggersi in combinazione con il rispetto del principio fondamentale di evidenza pubblica che da sempre, rappresenta la pietra angolare su come orientare le scelte della pubblica amministrazione nella materia dei contratti. Il concetto di evidenza pubblica in chiave moderna, va inteso non più nella prospettiva contabile di risparmio di spesa ma va interpretato oggi più che mai secondo le coordinate fornite dal diritto unoniale in una nuova dimensione finalizzata a proteggere anche gli interessi concorrenziali delle imprese all’interno del mercato. Sul punto si vedano le considerazioni di S. Faraci, L’evidenza pubblica: tra principi eurounitari e procedure interne in Riv. Diritto.it, 2021 per il quale “Attraverso il regime di regolazione del procedimento ad evidenza pubblica, dunque, l’ordinamento impone alla pubblica amministrazione le condizioni di concorrenza che altrimenti essa non osserverebbe a causa dell’elevato tasso di politicità che la contraddistingue, tutelando l’assetto concorrenziale del mercato e, in ultima analisi, l’interesse delle imprese (c.d. concorrenza per il mercato). In giurisprudenza la questione è stata affrontata da una storica pronunzia della Corte Cost. 19 novembre 2007 n. 401. Secondo I giudici della Consulta “occorre registrare il definitivo superamento della concezione contabilistica che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse della pubblica amministrazione. Muta il profilo funzionale della evidenza pubblica, che da disciplina posta a presidio delle esigenze dell’interesse pubblico, in vista della scelta del miglior contraente e del contenimento della spesa dall’esclusivo punto di vista della P.A., diviene una regolamentazione che protegge anche gli interessi delle imprese”. Sul punto si veda anche M. D’Alberti, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. amm, n. 2/2008, 297 ss ed in particolare p. 301 per il quale “L’evidenza pubblica non è più un procedimento volto a garantire essenzialmente gli interessi pubblici – finanziari e amministrativi – delle amministrazioni procedenti, ma è una procedura finalizzata a tutelare anche e soprattutto la libertà di circolazione e di concorrenza nel mercato europeo”.

 

([9])C. D’Areis,A.Ventura, Danno erariale al Comune che reitera la proroga del contratto pubblico senza titolo né motivo, in Upel-Italia – Unione Provinciale Enti Locali, 2022, disponibile qui https://upel.va.it/.

 

([10])Secondo l’ANAC (parere AG del 16 maggio 2013 n. 33) “Essa può trovare la sua giustificazione teorica nel principio di continuità dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 della Costituzione e, più precisamente, discende dal bilanciamento tra il suddetto principio ed il principio comunitario di libera concorrenza, che si trova alla base dell’imperativo di bandire procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di commesse pubbliche. Più nello specifico, si osserva che – a seguito delle disposizioni di cui all’art. 23 della Legge 18 aprile 2005, n. 62, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee” (Legge comunitaria 2004) – la giurisprudenza amministrativa si è invero pronunciata in modo costante ed univoco a sfavore della prorogabilità dei contratti quale strumento alternativo alle normali procedure concorsuali di affidamento. Ex multis Consiglio di Stato, VI, 16/02/2010, n. 850; T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 04-04-2011, n. 310; T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 25- 11-2008, n. 3637”.

 

([11])L’articolo 1 del Codice di Giustizia Contabile così dispone: “La Corte dei conti ha giurisdizione nei giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno all’erario e negli altri giudizi in materia di contabilita’ pubblica. La giurisdizione della Corte dei conti è’ esercitata dai giudici contabili secondo le norme del presente codice”.

 

([12])A conferma di quanto evidenziato si vedano le considerazioni di M. Rossi, La proroga dei contratti pubblici tra regola ed eccezione nell’emergenza Covid-19, in Riv. Molto comuni, 2021, secondo il quale il motivo per cui il legislatore guarda con sfavore questa fattispecie è correlato ai principi della concorrenza che vogliono non intaccate le condizioni originarie cristallizzate nel bando di gara. Per un’analisi approfondita della gestione della proroga all’interno dei rapporti contrattualistici della P.A. durante la gestione emergenziale si legga le considerazioni espresse dalla Corte dei Conti, sez. di controllo per la Regione Siciliana, delibera 8 ottobre 2020 n. 124.

 

([13])Secondo quanto prevede legge che disciplina il giudizio davanti la Corte dei Conti, ognuno risponde del danno in relazione a quanto ha contribuito alla sua causazione. L’art. 1, comma 1 quater, della l. n. 20/1994, infatti, dispone che «se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso». Di fatto la sanzione pecuniaria in cui si traduce la condanna complessiva non è chiaramente uguale per tutti nel suo ammontare, ma viene rapportata (secondo il principio della personalità e parziarietà) all’effettiva funzione svolta, al grado di coinvolgimento e contribuzione al fatto, ritenuto causativo del danno alle casse dell’Amministrazione. Nel caso di specie ai direttori sanitari in considerazione del ruolo più marginale e meno decisivo svolto nella vicenda rispetto agli altri convenuti, è stata imputata una quota minore del danno. Secondo V. Tenore, La responsabilità civile, amministrativo-contabile e penale del pubblico dipendente, in Il Manuale del pubblico dipendente privatizzato, Roma, 2015,  “L’art. 3 della l. 20 dicembre 1996, n. 639, aggiungendo il co.1-quater all’art. 1 della legge n. 20 del 1994, ha sancito, in caso di concorso di persone nell’illecito, il principio della personalità e parziarietà (regola del c.d. «a ciascuno il suo») della responsabilità amministrativa (in verità già previsto dall’art. 82, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, l. cont. Stato). È stato così espunto l’antitetico principio di solidarietà passiva, recepito dalla prevalente giurisprudenza contabile per esigenze di tutela del credito erariale, ed oggi limitato, a seguito della cennata novella del 1996, alle due sole eccezionali ipotesi («punitive») di concorrenti beneficiari di illecito arricchimento o che abbiano agito con dolo ».

 

([14])Secondo l’ANAC (parere AG del 16 maggio 2013 n. 33) “Conformemente a parte della giurisprudenza (Consiglio di Stato, V, 11 maggio 2009, n. 2882, Consiglio di Stato, V, 7 aprile 2011, n. 2151), l’Autorità ha individuato alcune ristrettissime ipotesi nelle quali la proroga può ritenersi ammessa, in ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa sopra richiamato, restringendo però tale possibilità a casi limitati ed eccezionali nei quali, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento, con le ordinarie procedure, di un nuovo contraente.

 

([15])L’ANAC nella sua delibera del 24 novembre 2022 n. 7 così dispone “il ricorso alla proroga reiterato per periodi talmente prolungati da eccedere quello strettamente necessario all’individuazione del nuovo contraente non può considerarsi legittimo”.

 

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