giovedì, Marzo 28, 2024
Di Robusta Costituzione

Le Regioni alla prova dell’emergenza

Le Regioni alla prova dell’emergenza: spunti di riflessione a partire dalla sentenza n. 37/2021 della Corte costituzionale

La pandemia Covid-19 ha messo a dura prova sia lo Stato italiano che le Regioni[1]. Tutte queste istituzioni si sono trovate, infatti, a dover fare i conti con una malattia ed un’emergenza di gravi proporzioni, non senza qualche difficoltà e contrasto. Gli scontri, infatti, tra questi soggetti sono stati numerosi[2] e hanno testimoniato ancora una volta, se mai ve ne fosse stato bisogno, che il regionalismo delineato nell’attuale Titolo V Cost. è ancora terreno di divisione in Italia[3].

Se si vuole adottare un approccio di realismo giuridico, che guardi all’esperienza e alla concretezza delle relazioni e dei rapporti sociali e culturali[4], non si potrà, quindi, fare a meno di notare che le circostanze sopra enunciate sono state rese ancora maggiormente evidenti dal ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 21 dicembre 2020, nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 4, 6, 7, 9, da 11 a 16, 18 e da 20 a 25, 3, comma 1, lett. a), e 4 della legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato d’emergenza), nonché dell’intero testo della medesima legge regionale con riferimento agli artt. 25, 2° co., 117, 2° co., lett. m), q) e h) e 3° co., 118 e 120 della Costituzione, oltre che al principio di leale collaborazione e all’art. 44 l. cost. n. 4/1948 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).

Ciò che si è contestato alla Regione a statuto speciale è stata l’introduzione con legge regionale di misure più permissive rispetto a quelle dettate dalla normativa statale. Tale impianto è stato delineato, dunque, con il dichiarato intento di creare un sistema regionale di gestione dell’emergenza sanitaria[5].

Da qui nasce l’esigenza per il Governo di impugnare diverse disposizioni dettate dalla Valle d’Aosta. In primo luogo, parte ricorrente afferma che l’intera legge regionale, oltre alle singole disposizioni soggette a censura di fronte alla Corte costituzionale, eccedono le competenze “statutarie primarie definite dall’art. 2 dello statuto speciale”[6] e la competenza “integrativa-attuativa di cui al seguente art. 3”[7]. Esse, infatti, sarebbero da ricondurre alla competenza esclusiva statale in tema di profilassi internazionale[8], come sancisce l’art. 117, 2° co., lett. q), Cost., e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui all’art. 117, 2° co., lett. m), Cost., oltre che a principi fondamentali per la “tutela della salute”[9]. Le disposizioni contestate, dunque, costituirebbero “un meccanismo autonomo ed alternativo di gestione dell’emergenza sanitaria, ‘cristallizzando con legge’ una situazione che la normativa statale consente alle Regioni di gestire «esclusivamente in via amministrativa»”[10].

Sono state, poi, soggette a specifica censura diversi articoli[11] della legge regionale, poiché ampliativi rispetto alle previsioni statali. L’art. 4, inoltre, sarebbe a sua volta costituzionalmente illegittimo nella parte in cui introdurrebbe “un sistema di gestione dell’epidemia parallelo a quello delineato dalle norme statali” e divergente da esso[12].

L’art. 2, 23° co. della legge regionale sarebbe, poi, lesivo dell’art. 25, 2° co., Cost. perché, nel rinviare al contenuto del d.l. n. 19/2020 per l’individuazione delle sanzioni amministrative applicabili in caso di violazione dello stesso art. 2, “genererebbe incertezze sul trattamento sanzionatorio, in contrasto con il principio di legalità”[13].

Il ricorrente ha sollecitato, infine, la sospensione della legge regionale impugnata[14].

La Consulta, prima di passare alla disamina delle considerazioni in diritto dalla stessa svolte, si riporta al contenuto della sua stessa ordinanza n. 4/2021, con cui “ha sospeso in via cautelare l’efficacia dell’intera legge regionale oggetto di ricorso, ritenendo che essa invada la competenza esclusiva statale nella materia della «profilassi internazionale» (…) con rischio di un grave e irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico e ai diritti delle persone”[15].

La Corte ha, poi, proceduto con l’analisi delle diverse argomentazioni difensive della Regione.

Dapprima si è soffermata sulle questioni di rito, sostenendo, in prima istanza, l’infondatezza della doglianza avente ad oggetto l’inammissibilità del ricorso a causa della “non chiarezza e contraddittorietà del petitum”[16]. Quest’ultimo, infatti, presenta delle censure intellegibili e chiaramente motivate, volte ad evidenziare la necessità dell’azione di misure coordinate per fronteggiare la pandemia[17]. In secondo luogo, la Valle d’Aosta ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso per un’“inadeguata individuazione dei parametri costituzionali”, poiché non sarebbe stato esplicitato il rapporto sussistente tra le norme impugnate e quelle statali e quali siano i limiti che la normativa regionale avrebbe ecceduto[18]. La Consulta argomenta, dal canto suo, che “il ricorrente si è uniformato alla giurisprudenza di questa Corte”, ad avviso della quale “lo Stato ben può dedurre la violazione delle competenze di cui all’art. 117 Cost. e postulare che la normativa regionale o provinciale impugnata eccede dalle disposizioni statutarie quando a queste ultime essa non sia in alcun modo riferibile”[19]. In ultima istanza, si analizza la questione dell’inammissibilità del ricorso poiché esso “non si confronterebbe con un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa impugnata”[20]. Anche tale eccezione, sostiene il giudice delle leggi, non risulta fondata, soprattutto se si guarda alla giurisprudenza della stessa Corte, che ha più volte affermato che “il ricorrente, a differenza del giudice rimettente nell’incidente di costituzionalità, non ha l’onere di esperire un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della disposizione impugnata, potendo trovare ingresso, nel giudizio in via principale, anche questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, purché le interpretazioni prospettate non siano implausibili e siano ragionevolmente collegabili alle disposizioni impugnate”[21].

Passando, poi, alla disamina del merito delle censure proposte dal Governo, la Corte ribadisce quanto già aveva affermato in sede cautelare, cioè che la materia oggetto dell’intervento legislativo regionale ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di “profilassi internazionale”, comprensiva di “ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla”[22]. Tale affermazione si fonda sul carattere pandemico della malattia in esame, che, proprio per le sue specificità, necessita di misure ed azioni coordinate ed unitarie, idonee “a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute” e “a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività”[23]. Non è un caso, infatti, che, come argomenta il giudice costituzionale, la profilassi delle malattie infettive sia da sempre stata appannaggio dello Stato[24]. Risulta, quindi, impensabile che il legislatore regionale utilizzi la sua potestà legislativa allo scopo di “paralizzare (…) gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza”[25], soprattutto se essi si riferiscono – come nel caso di specie – alla gestione di una crisi pandemica.

Alla luce di tali premesse si arriva a definire come fondate le sollevate questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 4, commi 1, 2 e 3 della legge regionale impugnata con riferimento all’art. 117, 2° co., lett. q), Cost., ribadendo la “sovrapposizione della catena di regolazione della Regione a quella prescelta dalla competente normativa dello Stato, con conseguente invasione di una sfera di attribuzione sottratta all’intervento del legislatore regionale”[26].

Si sostiene, poi, alla luce del principio di leale collaborazione e della possibilità per le Regioni di intervenire con provvedimenti volti a dare una risposta alla pandemia più stringenti di quelli adottati dallo Stato, l’illegittimità degli artt. 1 e 2 della legge regionale impugnata, poiché essi introducono delle misure meno restrittive rispetto a quelle individuate dallo Stato, ponendosi, dunque, in contrasto con il principio sopra enunciato[27].

Sono, quindi, assorbite le altre questioni di legittimità costituzionale proposte avverso gli artt. 1, 2 e 4, commi 1, 2 e 3, in riferimento all’art. 117, 2° co., lett. m) e 3° co., 118 e 120 Cost. e al principio di leale collaborazione, nonché, quanto al solo art. 2, comma 23, in riferimento all’art. 25, 2° co., Cost.[28].

Si definiscono, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, comma 4, 5., 6 e 7 della legge regionale impugnata, promosse con riferimento agli artt. 117, 2° co., lett. m) e q), e 3° co., 118 e 120 Cost.[29]. Si argomenta, infatti, che “La competenza dello Stato a disciplinare ogni misura necessaria a contenere e debellare il contagio, nonché ad allocare la relativa funzione amministrativa, non è (…) così vasta da frapporsi all’esercizio delle attribuzioni regionali, laddove esse non abbiano alcuna capacità di interferire con quanto determinato dalla legge statale e dagli atti assunti sulla base di essa”[30].

Si statuisce, poi, che le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, commi 4, 5, 6 e 7 della legge impugnata in relazione al mancato rispetto del principio di leale collaborazione non sono fondate[31].

In ultima istanza, si sostiene che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lett. a) della legge impugnata, in riferimento all’art. 117, 2° co., lett. h) (sicurezza e ordine pubblico), Cost., e all’art. 44 dello statuto di autonomia sia ammissibile, ma non fondata. La previsione soggetta a censura, infatti, rientra a pieno titolo nelle competenze legislative regionali in tema di ordinamento e di organizzazione degli uffici[32].

Alla luce dell’analisi della sentenza di cui supra vi sono diverse considerazioni che emergono con chiarezza.

Esse si innestano sulla nozione e sulla visione del regionalismo che sussiste nel nostro ordinamento. Bisogna, quindi, interrogarsi sul modello di autonomia che l’Italia vuole attuare, soprattutto alla luce dei recenti avvenimenti e delle sfide rappresentate dalla pandemia[33].

Da una parte, infatti, si è avuto modo di notare che il Covid-19 ha evidenziato con ancora maggiore forza i diversi approcci e le diverse soluzioni prospettabili nelle varie Regioni italiane[34]. Le diseguaglianze esistenti, infatti, si sono accentuate ancor di più, generando delle vere e proprie “asimmetrie territoriali”[35], che hanno messo a rischio “il godimento dei diritti in diverse realtà del Paese”[36]. Soprattutto, quindi, quando si tratta di un diritto fondamentale come quello alla salute appare necessario assicurare pari garanzie a tutti i cittadini[37], circostanza che, secondo molti, è stata messa a rischio.

Le Regioni sono state variamente criticate e definite come irresponsabili[38], ma la vera questione, ad avviso di chi scrive, sta nell’interrogarsi su cosa si intenda per autonomia regionale, auspicandone una lettura illuminata dal testo dell’art. 5 Cost., come desideravano, tra i molti, Antonio Amorth, Feliciano Benvenuti, Livio Paladin e Giorgio Berti[39].

La nozione di autonomia, infatti, pare essere vissuta dai più come “la condizione di essere lasciati a sé stessi nel governo dei propri affari e non (…) come autodeterminazione dei propri interessi da parte di una collettività che deve declinarsi con il diritto a prendere parte a una comunità più ampia”[40].

Non a caso, è stata da più parti invocata l’adozione di politiche simili a quelle tedesche nella gestione della pandemia, che frenassero le spinte autonomistiche delle Regioni[41].

C’è, però, da considerare l’assenza e la confusione dello Stato nell’affrontare l’emergenza sanitaria: ciò ha determinato l’opportunità e la necessità dell’intervento degli enti locali[42].

Sembra, quindi, che la pandemia abbia messo in luce come diverse realtà territoriali possano funzionare correttamente anche con ampi margini di libertà lasciati loro[43], valorizzando le proprie differenze senza dimenticare il principio di leale collaborazione con lo Stato[44].

Non è un caso che proprio quest’esigenza – di ripensare al significato di diversità – sia stata enunciato dallo stesso Presidente della Repubblica, che ha autorevolmente sostenuto che “il pluralismo e l’articolazione delle istituzioni repubblicane sono e devono essere moltiplicatori di energie positive, ma questo viene meno se, nell’emergenza, ci si divide”[45].

Un monito, questo, che si può solo sperare non si tramuti in realtà.

[1] Com’è noto, non solo lo Stato, ma anche e soprattutto le Regioni si sono trovate in prima linea nell’affrontare la pandemia. Così argomenta efficacemente C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, in Rivista AIC, gennaio 2021, 278.

[2] Basti, qui, accennare solamente a quanto avvenuto in Abruzzo, in Calabria, in Sicilia e, da ultimo, in Lombardia. Ovviamente si deve fare riferimento, altresì, ai fatti alla base della pronuncia in esame. Così testimonia anche G. Cicchetti, Sospensione delle leggi e normativa emergenziale: l’ord. 4/2021 della Corte costituzionale, in Ius in itinere, febbraio 2021, nota 4.

[3] “Le Regioni oggi sono (…) in un cono d’ombra e dopo 40 anni non hanno ancora una fisionomia definita”. In particolare, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in tema di riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, il quadro al riguardo “è divenuto (…) molto oscuro e instabile, o imprevedibile e indecifrabile”: così argomenta autorevolmente V. Domenichelli, regioni e regionalismo: una storia di crisi, in M. Bertolissi (a cura di), Riforme. Opinioni a confronto, Jovene, 2015, 198-201. Similmente optano A. Ruggeri, C. Salazar, Le materie regionali tra vecchi criteri e nuovi (pre)orientamenti metodici d’interpretazione, in AA.VV., Scritti in memoria di Livio Paladin, Vol. IV, Jovene, 2004, 1949: “Il punto è che è proprio il «sistema» di riparto fondato sull’elencazione (…) a presentare vistose carenze strutturali-funzionali, tal da esporre gli enunciati costituzionali al rischio di continue, forti e praticamente incontrollabili manipolazioni”.

[4] Si guardi ad U. Vincenti, A proposito di libertà giovani responsabilità, in Libertà Giovani responsabilità. Scritti in onore di Mario Bertolissi, Jovene, 2020, 26, a proposito di Mario Bertolissi e della sua vicinanza al realismo giuridico. Infine, ci si riferisce alle riflessioni di Q. Camerlengo, Costituzione e promozione sociale, il Mulino, 2013, 158 in merito alla necessità di guardare ai diritti sociali con una “connotazione pragmatica”.

[5] Si fa, qui, riferimento al comunicato stampa della Giunta regionale della Valle d’Aosta dell’11 dicembre 2020, Il governo regionale presenta l’Ordinanza in attuazione della nuova legge regionale. Si rinvia, inoltre, al seguente link per un approfondimento sul tema: http://www.regioni.it/newsletter/n-3985/del-20-01-2021/emergenza-covid-19-e-leale-collaborazione-boccia-proporro-ritiro-impugnativa-su-legge-valle-daosta-22162/ .

[6] Corte cost., sent. n. 37/2021, 2.

[7] Ivi, 2.

[8] Trattandosi di una pandemia, secondo la definizione data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito al Coronavirus.

[9] Corte cost., sent. n. 37/2021, 2-3.

[10] Ivi, 3.

[11] Si tratta degli artt.

[12] Corte cost., sent. n. 37/2021, 4.

[13] Ivi, 4.

[14] Corte cost., sent. n. 37/2021, 4.

[15] Ivi, 9. Sul punto occorre, in questa sede, fornire alcune precisazioni. Innanzitutto, si tratta della prima volta in cui la Corte costituzionale ha deciso di sospendere l’efficacia di una legge in via cautelare, in applicazione del disposto dell’art. 9 l. n. 131/2003 con riferimento ai giudizi di legittimità costituzionale. Tale disposizione ha sostituito il previgente art. 35 l.  n. 87/1953, sancendo che la Corte, d’ufficio, può sospendere l’efficacia delle leggi impugnate mediante ordinanza motivata, se dall’esecuzione di esse, o di loro parti, possa derivare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini: così, ex multis, P.  Caretti, Il contenzioso costituzionale. Commento all’art.  9, in G. Falcon (a cura di), Stato, regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, il Mulino, 2003; E. Lamarque, Commento all’art. 9, in P. Cavalieri, E. Lamarque (a cura di), L’attuazione del nuovo Titolo V, Parte seconda, della Costituzione. Commento alla legge “La Loggia” (Legge 5 giugno 2003, n. 131), Giappichelli, 2004, come riporta G. Cicchetti, Sospensione delle leggi e normativa emergenziale: l’ord. 4/2021 della Corte costituzionale, cit. L’ordinanza ha determinato la sospensione dell’intera legge sulla base del ricorrere dei presupposti del fumus boni iuris (sussistente in quanto la gestione e il contenimento della pandemia implicano interventi rientranti nelle competenze esclusive statali) e del periculum in mora (dal momento che sussistono sia il rischio di un grave e irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico sia il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per i dritti dei cittadini).

[16] Corte cost., sent. n. 37/2021, 9.

[17] Ivi.

[18] Corte cost., sent. n. 37/2021, 9.

[19] Ivi.

[20] Corte cost., sent. n. 37/2021, 10.

[21] Ivi.

[22] Corte cost., sent. n. 37/2021, 10.

[23] Ivi.

[24] Corte cost., sent. n. 37/2021, 12.

[25] Ivi.

[26]  Corte cost., sent. n. 37/2021,14.

[27] Ivi.

[28] Corte cost., sent. n. 37/2021, 16.

[29] Ivi.

[30] Corte cost., sent. n. 37/2021,17.

[31] Ivi.

[32] Corte cost., sent. n. 37/2021,18.

[33] C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 279-280.

[34] Ibidem, 280.

[35] C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 290.

[36] Ibidem, 289.

[37] C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 290.

[38] “L’ostilità a differenziare le competenze delle Regioni nei rapporti con i poteri dello Stato è (…) il frutto di una persistente scarsa fiducia nelle risorse dell’autonomia e (…) nella capacità di ciascuna Regione di costruirsi un futuro migliore”: V. Domenichelli, Le diversità regionali come valore, in Libertà Giovani responsabilità. Scritti in onore di Mario Bertolissi, cit., 62. “Che ne pensa di chi dice che le Regioni, così, vanno «ognuna per conto suo», alimentando il caos? «Una colossale sciocchezza, smentita dal fatto che perfino lo Stato, nonostante la sua natura unitaria, nell’emergenza ha deciso di affidarsi, o se vuole di “fidarsi”, delle sue articolazioni territoriali: le prefetture, quando si è trattato di far riaprire le prime aziende con i codici Ateco; i presidenti dei tribunali quando si è trattato di mettere ordine nella confusione che andava creandosi nella giustizia. In entrambi i casi le soluzioni non sono state calate d’imperio ma modellate sulle specifiche esigenze dei territori»”: così, M. Bonet, «Con l’emergenza coronavirus prove tecniche di autonomia. Corretti errori e ritardi di Roma», in il Corriere del Veneto, maggio 2020. Si tratta di un’intervista al Prof. Mario Bertolissi, che – difensore dell’autonomia differenziata della Regione Veneto – si è espresso in maniera molto critica sulle responsabilità dello Stato nella gestione della pandemia, avversando chi ha criticato, al contrario, l’operato delle Regioni.

[39] C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 291.

[40] Ibidem, 292.

[41] Ci si riferisce alla decisione di Angela Merkel di introdurre una gestione centralizzata – e non affidata ai Länder – della pandemia. Così auspicano I. Bufacchi, Stop al federalismo in pandemia: governo Merkel vara stretta sulla legge anti-Covid, in ll Sole 24 Ore, aprile 2021 e M. Sorgi, Il Laender un modello per l’Italia, in La Stampa, aprile 2021.

[42] “Lei ha un giudizio molto negativo sull’azione dello Stato, perché? «Perché è stata caratterizzata da colpe e ritardi gravissimi. Partiamo dall’origine, l’esplosione della pandemia. Lasciamo perdere l’Oms, arrivata dopo tutti gli altri, ma ricorda che diceva l’Istituto Superiore di Sanità? Ricorda gli esperti secondo cui i tamponi erano “inutili”? Sono state le Regioni a correggere la rotta dello Stato, evitando il disastro, e l’hanno fatto grazie ad intuizioni straordinarie, come quelle del professor Crisanti, e grazie alla maggior vicinanza ai territori, là dove le cose accadono»”: M. Bonet, «Con l’emergenza coronavirus prove tecniche di autonomia. Corretti errori e ritardi di Roma», cit.

[43] “Un percorso che ha trovato il suo culmine nelle recenti linee guida per la «Fase 2», scritte dalle Regioni. «Un fatto straordinario, frutto di una “portentosa collaborazione” tra Stato e Regioni, così mi pare l’abbia definita il premier Conte, che è la traduzione perfetta di quella “leale collaborazione” che ritroviamo all’articolo 120 della Costituzione. Un risultato che dipende anche dai rapporti personali, ovviamente: quelli tra Zaia, Bonaccini, Conte e il ministro Boccia mi sembrano ottimi e questo aiuta. In ogni caso io vedo positivamente anche il dissenso espresso dal presidente della Campania De Luca: è una forma di autonomia»”: M. Bonet, «Con l’emergenza coronavirus prove tecniche di autonomia. Corretti errori e ritardi di Roma», cit.

[44] Anche Giorgio Pastori ha richiamato ad un “finalismo unitario dell’ordinamento costituzionale, quale espresso dagli scopi e dagli obiettivi comuni di sviluppo civile, economico e sociale che la Costituzione individua e sancisce per tutte le istituzioni”, in modo che esse concorrano “con apporti plurali ad un’istanza che non può che essere unitaria e condivisa”: così, G. Pastori, Regioni e autonomie locali, in Amministrare, 3, 2001, 368, come riportato da C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 292. “Lo Stato non viene così confinato in un ruolo residuale? «È il principio di sussidiarietà previsto dalla nostra Costituzione. E non parliamo di un ruolo marginale. Lo Stato può ed anzi deve intervenire d’imperio nel caso in cui la curva dei contagi torni a salire ed è già intervenuto quanto le Regioni sono uscite dal seminato, come è accaduto con la Calabria e la Provincia autonoma di Bolzano» (…) Insomma, l’emergenza coronavirus ci ha avvicinato un po’ di più al traguardo autonomista inseguito da anni? «Io penso di sì. Trent’anni di battaglie stanno iniziando a fare breccia. Glielo dico io, che sono in prima linea da quando tutto è cominciato»”: così, M. Bonet, «Con l’emergenza coronavirus prove tecniche di autonomia. Corretti errori e ritardi di Roma», cit.

[45] Questa l’espressione utilizzata da Sergio Mattarella il 18 novembre 2020 in occasione dell’Assemblea annuale dell’Anci, come riporta C. Buzzacchi, Le Regioni e le politiche per i diritti economici e sociali al tempo della pandemia, cit., 293.

Giulia Sulpizi

Nata a Monselice (PD) il 24.12.1996, Giulia Sulpizi si è diplomata con lode al Liceo Classico Tiziano di Belluno e si è laureata, con Lode e menzione per speciale distinzione negli studi, in Giurisprudenza presso l'Università di Padova nel luglio 2020. Già autrice di un romanzo storico, edito da Diabasis nel 2014, e di articoli in tema di geo-politica per EuroVicenza ed Eurobull, attualmente svolge la pratica forense presso lo Studio legale Bertolissi di Padova, in cui si occupa, specialmente, di diritto amministrativo e civile. Cultrice della materia per ELP-Global English for Legal Studies presso l'Università di Padova (Scuola di Giurisprudenza) da settembre 2020, è, altresì, autrice di pubblicazioni scientifiche in tema di diritto costituzionale.

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