venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

Le Sezioni Unite precisano i limiti per l’applicazione della confisca urbanistica in caso di prescrizione del reato presupposto

Con la sentenza n. 13539 del 30 gennaio 2020 (dep. 30 aprile 2020), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sulla seguente questione di diritto: “se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato nella sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo 20 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia”.

La confisca urbanistica

Occorre fare alcune brevi premesse sulla confisca urbanistica, facendo cenno, in particolare, agli interventi dei giudici nazionali e di Strasburgo sulla disciplina dell’istituto.

La confisca urbanistica è una misura ablativa patrimoniale disposta ai sensi dell’art. 44 co. 2 D.P.R. n. 380/2001, in relazione ai reati presupposto di lottizzazione abusiva e di opere abusivamente costruite.

La natura e l’applicabilità della confisca sono state oggetto di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

Prima dell’intervento dei giudici della Corte EDU, la giurisprudenza interna qualificava la confisca come sanzione amministrativa, irrogabile anche in caso di sentenza di proscioglimento, con il solo limite di una pronuncia di assoluzione per insussistenza del fatto.

Chiamata a esaminare la natura della misura e la compatibilità con il principio di colpevolezza, la Corte di Strasburgo ha optato per la qualifica di sanzione sostanzialmente penale, in applicazione dei criteri Engel[1]. In particolare, i giudici di Strasburgo hanno osservato che la natura penale della misura è determinata dal fatto che essa è disposta dal giudice penale in relazione alla commissione di un reato. Inoltre, dato il carattere particolarmente afflittivo e l’inserimento nella rubrica dedicata alle sanzioni penali, la confisca in esame ha un’evidente finalità punitiva. Ciò posto, la Corte EDU ha ritenuto incompatibile la disciplina italiana con il principio di colpevolezza ricavabile dall’art. 7 CEDU. Infatti, i giudici nazionali ammettevano l’applicazione di tale sanzione sostanzialmente penale a soggetti prosciolti perché il fatto non costituisce reato[2].

Dopo l’intervento della Corte di Strasburgo, i giudici interni, pur continuando a qualificare la confisca urbanistica quale sanzione amministrativa, ne hanno riconosciuto il carattere sanzionatorio. E’ stata quindi esclusa la sua applicabilità a soggetti di cui sia stata accertata la buona fede, terzi rispetto al reato di lottizzazione abusiva, quali gli acquirenti dell’immobile abusivo.

In un controverso arresto successivo, Varvara c. Italia,  la Corte EDU ha ribadito la necessità di una condanna formale  quale presupposto di applicabilità della confisca[3]. In particolare, sarebbe insufficiente un accertamento incidentale di responsabilità in un giudizio conclusosi con declaratoria di estinzione per sopravvenuta prescrizione del reato.

Pochi anni dopo, tale posizione è stata ridimensionata dalla Corte Costituzionale, con una pronuncia oggetto di accese critiche dottrinali. La Consulta, limitando la portata della sentenza Varvara, ha rilevato che solo in caso di un orientamento consolidato della Corte EDU il giudice interno deve operare un’interpretazione convenzionalmente conforme della disciplina interna ed eventualmente sollevare questione di illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117, co. 1 Cost[4].

Intervenuta nuovamente sulla compatibilità con l’art. 7 CEDU della confisca applicata pur in assenza di una sentenza di condanna formale, la Corte EDU si è discostata dal proprio precedente [5]. Nel caso G.I.E.M., i giudici di Strasburgo hanno infatti affermato che la confisca può essere disposta in caso di pronuncia che presenti i requisiti sostanziali di un accertamento penale della responsabilità. Occorre dunque che il giudice verifichi la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di lottizzazione abusiva.

La decisione della Corte

Nella pronuncia in esame, la Cassazione conferma la possibilità di applicazione della confisca urbanistica, pur in assenza di una sentenza di condanna ‘formale’. Infatti, la misura può essere disposta anche in seguito a una sentenza di proscioglimento per sopravvenuta prescrizione del reato, a condizione che sia stata accertata la sussistenza degli elementi costitutivi del reato presupposto di lottizzazione abusiva, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. E’ poi necessario che, sul piano processuale, per detto accertamento sia stato garantito il contraddittorio fra le parti.

Logico corollario di tale impostazione è la possibilità per i giudici dell’impugnazione che dichiarino la prescrizione del reato di disporre la confisca. In particolare, la Cassazione riconosce valore generale all’art. 578 bis c.p.p., affermando che “in caso di declaratoria, all’esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell’art. 578 bis c.p.p., a decidere sull’impugnazione agli effetti della confisca di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001″. Tale interpretazione estensiva è stata oggetto di alcune considerazioni critiche in dottrina[6]. In particolare, la riferibilità dell’art. 578 bis c.p.p. alla confisca urbanistica costituirebbe una forzatura della norma. Infatti, in base alla lettera dell’art. 578 bis c.p.p., il giudice dell’impugnazione, in seguito all’intervenuta prescrizione del reato, può decidere in ordine alla confisca in casi particolari prevista dall’articolo 240-bis c.p. co.1 e da altre disposizioni di legge o alla confisca prevista dall’articolo 322-ter c.p..

Infine, la Corte sottolinea che la possibilità per il giudice dell’impugnazione che dichiari la prescrizione di decidere ai fini della confisca non implica la necessaria prosecuzione del giudizio per l’accertamento del fatto, al fine di poter adottare il provvedimento ablativo. L’art. 44 non pone alcun obbligo di compiere detto accertamento, nonostante la prescrizione già maturata. Nemmeno la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha indicato la necessità della prosecuzione del giudizio. Più in generale, non è sostenibile nessuna lettura costituzionalmente o convenzionalmente orientata nel senso della prosecuzione del processo, a prescrizione maturata, quando non sia ancora stato accertato il fatto.

Dunque, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129, co. 1 c.p.p., proseguire al solo fine di compiere l’accertamento della responsabilità.

Al riguardo, la Corte di Cassazione sottolinea la valenza costituzionale dell’obbligo di immediata declaratoria delle cause estintive del reato di cui all’art. 129 c.p.p.. Tale norma, nel porre un principio di stretta immediatezza, è derogabile in melius, così come previsto dal comma 2 dello stesso art. 129 c.p.p., in virtù del quale, in caso di evidente sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito, prevale quest’ultima. Invece, la prosecuzione del processo ai fini dell’adozione di provvedimenti latu sensu sanzionatori è possibile solo in caso di espressa previsione legislativa. L’art. 129 ha dunque un rilievo costituzionale, quale proiezione sul piano processuale del principio di legalità, favorendo l’imputato e agevolando la conclusione del processo, nelle ipotesi in cui non appare concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato.

Osservazioni conclusive

E’ stato osservato che le Sezioni Unite hanno risposto solo in maniera implicita ed incidentale al quesito proposto dalla Sezione rimettente sulla praticabilità dell’annullamento con rinvio ai soli fini dell’applicazione del principio di proporzionalità dell’ablazione[7]. In particolare, si ritiene che, la Cassazione, decidendo sull’impugnazione agli effetti della confisca, in caso di ablazione patrimoniale sproporzionata, potrà annullare con rinvio la decisione, qualora si renda necessario una valutazione da parte del giudice del merito, in assenza di elementi sufficienti per l’adozione di un provvedimento di riduzione. Invece, la Cassazione potrà adottare direttamente tali provvedimenti per riequilibrare una confisca sproporzionata, qualora disponga di sufficienti elementi accertati e rappresentati nella decisione di merito.

Fonte dell’immagine: zerottonove.it.

[1] CEDU, Punta Perotti c. Italia, 30 agosto 2007.

[2] CEDU, Punta Perotti c. Italia, 20 gennaio 2009.

[3] CEDU, Varvara c. Italia, 29 ottobre 2013. Piera Di Guida, La sentenza Varvara c. Italia e il seguente panorama giurisprudenziale, https://www.iusinitinere.it/la-sentenza-varvara-c-italia-seguente-panorama-giurisprudenziale-184 (ultimo accesso il 27.05.2020).

[4] C. Cost. nn. 49 e 187/2015.

[5] CEDU, G.I.E.M. e altri c. Italia, 28 GIUGNO 2018. Caterina Scialla, In direzione ostinata e contraria: il «diritto consolidato» secondo la Corte EDU, Grande Camera in G.I.E.M. e altri c. Italia,  https://www.iusinitinere.it/in-direzione-ostinata-e-contraria-il-diritto-consolidato-secondo-la-corte-edu-grande-camera-in-g-i-e-m-e-altri-c-italia-25361 (ultimo accesso il 27.05.2020).

[6] Alessandra Bassi, Confisca urbanistica e prescrizione del reato: le Sezioni unite aggiungono un nuovo tassello alla disciplina processuale della materia, 21 maggio 2020, https://sistemapenale.it/it/sentenza/bassi-nota-sezioni-unite-13539-2020-confisca-urbanistica-prescrizione-disciplina-processuale (ultimo accesso il 27.05.2020).

[7] Ibidem.

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