venerdì, Marzo 29, 2024
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L’efficacia della CEDU in Germania: il caso Görgülü

Il caso Görgülü costituisce uno dei principali riferimenti giurisprudenziali relativo al rapporto che lega l’ordinamento della Repubblica federale tedesca (RFT) alla CEDU e alle sentenze dei giudici di Strasburgo. A seguito di una intricata vicenda giudiziaria, il Tribunale costituzionale ha avuto modo di chiarire delle questioni fondamentali con particolare riguardo al rango della Convenzione nel sistema delle fonti interno e all’efficacia delle pronunce della Corte EDU.

Si tratta di una decisione in materia di affidamento e di diritto di frequentazione di un minore da parte del padre naturale, un cittadino turco residente in Germania, che lo ha potuto riconoscere solo otto mesi dopo la nascita quando era già stato dato in affidamento dalla madre ad una famiglia che intendeva adottarlo. Mentre il giudice di I grado riconosceva al ricorrente il diritto all’affidamento del figlio minore, la Corte d’appello lo negava. Dopo che lo stesso BVerfGE aveva rigettato un primo ricorso costituzionale individuale del padre, questi si era rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Con sentenza 26.2.2004[1] (Görgülü c. Germania, caso n. 74969/01) i giudici di Strasburgo hanno ritenuto violato l’art. 8 della Convenzione nella parte in cui sancisce il diritto alla vita privata e familiare in quanto i tribunali tedeschi avevano negato, anche in via provvisoria, non solo l’affidamento ma anche il diritto del padre di vedere il figlio. Sulla scorta di una giurisprudenza ormai consolidata dell’art 8[2], la Corte ha ritenuto violato l’interesse superiore del bambino (the best interest of the child) per effetto della negazione sia della custodia ma soprattutto del diritto di visita. In questo modo, veniva reso impossibile ‘‘lo sviluppo di qualsiasi forma di vita familiare, strappando il minore dalle sue radici”, concentrandosi solo sulle conseguenze imminenti dell’allontanamento del minore dalla famiglia affidataria ed ignorando gli effetti di lungo periodo della sua separazione dal padre naturale. Pertanto la Corte stabiliva che lo Stato tedesco, seppur libero nella scelta dei mezzi da adottare al fine di conformarsi alla sentenza, avrebbe dovuto garantire al ricorrente la possibilità di vedere suo figlio.

Dopo la decisione di Strasburgo, il tribunale, riassunta la causa, riconosceva in via provvisoria l’affidamento al ricorrente, ma la Corte d’appello lo sospendeva per motivi procedurali e di merito, non ritenendosi direttamente vincolata alla pronuncia della Corte europea. Contro la decisione della Corte d’appello il signor Görgülü decise di presentare nuovamente ricorso costituzionale individuale (Verfassungsbeschwerde), nella misura in cui veniva lamentata la violazione dei propri diritti fondamentali di dignità e uguaglianza ma soprattutto la violazione del diritto internazionale ad opera dell’autorità giudiziaria tedesca, per mancato rispetto della pronuncia della Corte europea.

In questa seconda occasione, i giudici di Karlsruhe accolgono il ricorso sulla base di una violazione dei Rechtsstaatsprinzip (principio dello Stato di diritto, sancito dall’art. 20, 3 della Legge Fondamentale) determinata dalla non osservanza della sentenza di Strasburgo. Per giungere a questo risultato il Tribunale costituzionale federale ha affrontato delle questioni rilevanti sui rapporti tra ordinamento interno e convenzione.

Con sentenza 14.10.2004, BVerfGE 111, 307[3], è stato esplicitato il rango solo legislativo della CEDU nell’ordinamento tedesco, contrariamente alla maggior parte dei paesi firmatari nei quali la Convenzione è interposta tra la Costituzione e la legge. Pertanto i giudici ordinari sono sottoposti alla CEDU come a qualunque altra legge, che vige solo nel rispetto dei principi costituzionali. Inoltre è stato riconosciuto che la giurisprudenza della Corte EDU, differentemente dai trattati comunitari e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, non vincola direttamente le autorità e i giudici tedeschi, ma solo la Repubblica federale come soggetto di diritto internazionale.

Per contro, viene riconosciuta una importante funzione interpretativa e di indirizzo della CEDU e della relativa interpretazione giurisprudenziale. Proseguendo nell’analisi della sentenza, infatti, il BVerGE sottolinea che La Legge fondamentale contiene un principio di apertura internazionale (art. 24 LF) e sovranazionale (art. 23 LF), il cd. principio della Völkerrechtsfreundlichkeit, in ossequio del quale vige un favor nei confronti delle norme di origine inter-e sovranazionale. Pertanto è la stessa Legge Fondamentale a rendere il giudice soggetto ad un duplice obbligo: a tener conto (zu berücksichtigen) sia della Convenzione sia della giurisprudenza della Corte EDU in quanto parti integranti dell’ordinamento legislativo tedesco; dall’altro, a privilegiare una interpretazione delle norme interne che sia conforme alle norme e alla giurisprudenza inter- e sovranazionale. Il mancato rispetto di quest’obbligo procedurale è di per sé, indipendentemente dal merito, illegittimo.

L’obbligo di interpretazione conforme non è illimitato, poiché il giudice è tenuto ad adottarla solo in quanto ciò sia «metodologicamente sostenibile» (methodisch vertretbar). Precisamente, un limite è configurabile solo nel caso in cui il rispetto di una sentenza della CEDU si ponga in palese contrasto con il diritto legislativo vigente o con disposizioni costituzionali, segnatamente i diritti fondamentali di terzi. Se l’interpretazione conforme non gli appare possibile, il giudice deve tuttavia motivare le ragioni del suo distacco dalla regola generale, e le motivazioni saranno sindacabili dal BVerfGE, utilizzando il diritto fondamentale in questione e il Rechtsstaatsprinzip come parametri.

Il BVerfGE diventa eccezionalmente una Revisioninstanz[4], in quanto rivendica di poter sindacare quelle sentenze adottate dai tribunali tedeschi ogniqualvolta i giudici interni interpretino ed applichino erroneamente i trattati internazionali oppure non tengano in debita considerazione le norme della Convenzione e la giurisprudenza di Strasburgo, esponendo la RFT ad una responsabilità sul piano internazionale.

Sulla base di queste argomentazioni, il Tribunale costituzionale federale diventa un anello di congiunzione tra diritto internazionale e diritto costituzionale. Ecco perché il BVerGE sottolinea di essere “al servizio, in via mediata, dell’esecuzione del diritto internazionale”, con particolare riferimento alla CEDU, grazie alla quale è possibile sviluppare un sistema di tutela europeo dei diritti fondamentali.

In definitiva, il principio della Völkerrechtsfreundlichkeit serve a mitigare il diritto all’ultima parola (Das letze Wort) rivendicato dal Tribunale costituzionale e a diventare il fondamento costituzionale di un dialogo internazionale ed europeo in tema di diritti fondamentali.

[1]

[2] Art. 8 della CEDU (Diritto al rispetto della vita privata e familiare):

Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui https://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf

[3] Per consultare il testo della sentenza: http://www.servat.unibe.ch/dfr/bv111307.html#Rn002

[4] A. Di Martino, Il Tribunale costituzionale tedesco delimita gli effetti nel diritto interno delle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo, Novembre 2004, disponibile qui http://www.biblio.liuc.it/scripts/essper/ricerca.asp?tipo=scheda&codice=11092620

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