L’evoluzione della concezione del bene giuridico – IV Parte
Questo è il quarto di una serie di articoli volti a ricostruire l’evoluzione della concezione del bene giuridico, con particolare riguardo alla crisi di tale concetto.
La posizione dottrinale che ritiene la qualità di bene giuridico penalmente tutelabile attribuibile ai soli interessi individuali (ossia beni riferibili a cose o persone) sostiene che ai beni strumentali ed a quelli collettivi sarebbe vietata una funzione delimitatrice della fattispecie, dal momento che la loro tutela avrebbe come conseguenza l’abbandono del modello strutturale del reato come offesa ai beni giuridici[1].
Nel corso della disputa dottrinale sulla tematica in esame si sono formati due distinti orientamenti: il primo propende per il recupero dei nuovi oggetti di tutela all’interno del diritto penale, rivisitandone il contenuto e ricostruendone gli stessi in termini di concretezza e rilevanza sul piano costituzionale[2]. Il secondo, invece, teorizza l’esistenza di un “doppio binario”, rappresentato dai beni costituzionalmente rilevanti accanto ai quali si collocano nuove entità scollegate rispetto al principio di necessaria offensività[3].
Ciò che emerge è la
sostanziale difficoltà di approdare ad una definizione univoca, dal momento che
il concetto di bene giuridico va sempre più connotandosi di una varietà di
significati che vanno oltre le differenti sfumature da esso conseguite nel
corso degli anni.Questa difficoltà comporta implicazioni di tipo
politico-criminale, dal momento che l’esclusione dei beni collettivi dalla
categoria dei beni giuridici penalmente tutelabili (sostenuta dalle cd. teorie
personalistiche) può dare adito ad un arretramento della tutela a sfavore dei
soggetti più deboli[4].
La tutela dei beni aventi carattere superindividuale costituisce uno strumento
imprescindibile di tutela dei diritti individuali e collettivi, andando dunque
a contrastare la tendenza che conduce a un sistema penale che si aziona, per la
maggior parte dei casi, in difesa delle classi dominanti[5].Va
segnalata, inoltre, una profonda antinomia intercorrente tra il principio di
intervento minimo, che descrive il diritto penale come extrema ratio, le sempre maggiori necessità di tutela di beni già
presenti nelle classificazioni tradizionali, inerenti tanto la sfera dei
diritti dei cittadini quanto l’intera società, e categorie di beni emergenti[6].
La necessità di tutela a livello penale sia di beni collettivi che di interessi
strumentali più o meno astratti, riporta in
auge il dibattito circa il recupero della sua funzione garantista, al fine
di rendere maggiormente controllabile il connotato di lesività proprio della
condotta incriminata.
Tuttavia, un’operazione di riformulazione delle categorie di beni giuridici
«indeterminati», mediante la puntuale individuazione all’interno della
fattispecie di precise forme di aggressione riconducibili ad interessi sottesi[7],
non sempre è consentita. D’altronde, la disputa sulla tematica in esame
dimostra quanto possa risultare ostico discernere i profili pubblicistici della
tutela penale dalla tutela degli interessi individuali, oltre che traslare la
tutela da una dimensione collettiva a una dimensione individuale[8].
A testimonianza della crisi del concetto di bene giuridico, può risultare utile
analizzare alcune posizioni teoriche tendenti a ridimensionare il ruolo di tale
concetto. Degno di nota è sicuramente il punto di vista di Welzel, secondo il
quale ruolo preminente del diritto penale doveva essere quello di plasmare gli
atteggiamenti etico-sociali dei cittadini, con l’obiettivo di favorirne la
predisposizione interiore al rispetto delle leggi[9].
La speculazione sul concetto teorico di bene giuridico è stata corroborata da
contributi di tipo sociologico; tuttavia, mentre alcune impostazioni paiono
volte a una mera integrazione della teoria del bene giuridico, altre mirano a
sostituirla sul piano della legittimazione del diritto penale. Posizioni di
spicco in tal senso sono quelle di Amelung[10] e
di Jakobs[11],
caratterizzate dalla volontà di trasfondere all’interno del diritto penale la
cd. teoria sistemica di Luhmann[12].
Amelung, sfruttando la teoria sociologica, cerca di riproporre la dottrina
della dannosità sociale di matrice illuministica, secondo cui il reato sarebbe,
per l’appunto, un fatto “socialmente dannoso” piuttosto che un fatto
lesivo di un bene giuridico. Prendendo le mosse dal modello teorico che
definisce la società come un sistema di interazioni, la definizione di
socialmente dannoso risulta essere la seguente: «un fenomeno disfunzionale, che
impedisce o frappone ostacoli a che il sistema sociale risolva i problemi della
sua conservazione»[13].
Secondo la dottrina in esame, «l’incapacità del concetto di bene giuridico a
fungere da criterio delimitativo delle scelte di criminalizzazione dipende dal
fatto che la Rechtsgutslehre non ha
alle spalle lo stesso retroterra filosofico dell’illuminismo ma trapianta, nel
terreno specifico del diritto penale, la reazione anti-illuministica che anima
il romanticismo[14]».
Questa svolta sarebbe caratterizzata «dall’abbandono della concezione che
ravvisava nel reato la violazione di un diritto soggettivo, concezione che
avrebbe sottolineato che esso aggredisce le condizioni organizzative della
convivenza umana così come definite allora dal “contratto sociale”.
Mentre la teoria del bene giuridico trascurerebbe, nel determinare il concetto
del danno sociale, proprio di tener conto dell’impatto del reato sulle
condizioni organizzative della vita in comune, il che ne decreterebbe in
definitiva esiti fallimentari sul piano della prassi»[15].
Uno dei principali meriti che vengono riconosciuti ad Amelung consiste
nell’aver affermato che le varie teorie del bene giuridico spesso sono prive di
una base di teoria sociale e, proprio per questo motivo, il giurista
approccerebbe al concetto di dannosità sociale con un certo grado di approssimazione.
Tuttavia, questa impostazione viene fortemente criticata, dal momento che
definire il reato come fenomeno che ostacola il funzionamento del sistema
sociale non pare servire a precisare ciò che il legislatore intende punire[16].
Secondo Jakobs, all’atto della valutazione penalistica assumerebbe rilevanza
«un comportamento da considerare come accadimento significativo sul piano
dell’interazione sociale e il significato del comportamento criminoso
consisterebbe nel rappresentare la negazione della norma penale»[17].
Dunque, secondo Jakobs, il compito del diritto penale sarebbe volto alla
conferma della obbligatorietà o della validità della norma violata: si
identificherebbe, dunque, quale bene giuridico in senso stretto «la pratica
vincolatività della norma stessa»[18].
Ad Hassemer, invece, si deve l’integrazione tra teoria del bene giuridico ed
approccio di tipo sociologico[19].
La sua analisi è volta ad allargare i limiti conoscitivi della teoria del bene
giuridico, abbracciando anche le condizioni di tipo empirico che dovrebbero
garantirne il successo sul piano pratico. Questo disegno teorico si pone come
obiettivo preponderante quello di selezionare i fattori sociali che presiedono
al processo legislativo di penalizzazione della condotta umana, quali la frequenza
con la quale si verifica la condotta criminosa, l’intensità del bisogno di
preservare l’oggetto meritevole di tutela e il grado di intensità della
minaccia ad esso rivolta[20].
Secondo autorevole dottrina[21]
tale posizione è particolarmente efficace, nella misura in cui«appare
verosimile che i fatti criminosi non presentano una peculiare caratteristica
sociologicamente elevabile ad una costante, bensì assumono rilevanza penale in
conseguenza di fattori e processi diversi»[22].
Infine, va segnalato che è presente, in questa impostazione teorica, un preciso
riferimento al sistema costituzionale, dal momento che da parte dello stesso
Hassemer l’esperienza sociale dei valori secondo la Costituzione viene elevata
a «criterio ideale di una alternativa politica dei beni»[23].
In anni recenti, è da segnalare una prospettiva volta ricercare il «fondamento
della legittimazione del magistero punitivo in un ancoraggio al pensiero
filosofico»[24].Si
osserva[25],
però, che tale impostazione non sarebbe in grado di approntare una soluzione al
problema inerente la tematica del bene giuridico, bensì fornirebbe un mero
campione di criteri orientativi al fine di selezionare oggetti meritevoli di
tutela penale.
Anche a livello europeo, l’orientamento prevalente risulta essere attualmente
quello che pone come scopo del diritto penale la tutela dei beni giuridici.
Sulla scia di tale impostazione, il reato si può configurare come «un fatto che
offende o pone in pericolo beni giuridici»[26].
[1] In senso contrario cfr. Roxin, Derecho penal, p. 54.
[2]Cfr. Marinucci, Fatto e scriminanti, in Diritto penale in trasformazione, Milano, 1984, p. 206.
[3]Cfr. Seminara, Insider trading e Diritto penale, Milano, 1989, p. 315 e ss.
[4]Si pensi, ad esempio, al caso dei risparmiatori in materia di illeciti di tipo societario.
[5]Merli A., op. cit., p.107.
[6]Merli A., op. cit., p.107.
[7]Cfr. Marinucci, op. cit.., p. 204 ss.
[8]Il dibattito si è incentrato in relazione alle nuove fattispecie di usura, in ordine alle quali alcuni autori operano una distinzione tra usura formale o presunta (a causa del superamento del tasso di interesse ex lege), la quale si occuperebbe della protezione di interessi di tipo pubblicistico, e la cd. usura in concreto determinata dal giudice (si veda l’art. 644 co. 3 c.p.), all’interno della quale risulterebbero prevalenti le istanze di protezione del patrimonio a livello individuale. Cfr. Fiandaca-Musco, Diritto Penale. Parte Speciale. I delitti contro il patrimonio, Torino, 2015.
[9]Welzel, Strafrecht, Berlino, 1969.
[10]Amelung, Rechtsguterschutz und Schutz der Gesellschaft, Francoforte, 1972.
[11]Jakobs, Strafrecht , Berlino, 1983.
[12]Luhmann, Sociologia del diritto, trad. it., Bari, 1977.
[13]Amelung, op. cit., p. 361.
[14]Fiandacain Bene giuridico e riforma della parte speciale, a cura di Angioni F., Napoli, 1985, p. 28.
[15]Amelung, Rechtsguterschutz und Schutz der Gesellschaft, Francoforte, 1972, p. 45 ss.
[16]Fiandacain Bene giuridico e riforma della parte speciale, a cura di Angioni F., Napoli, 1985, p. 29.
[17]Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Torino, 2014, p. 27.
[18]Jakobs, Strafrecht , Berlino, 1983, p. 27 ss.
[19]Hassemer, Theorie und Soziologie des Verbrechens, Francoforte, 1973.
[20]Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Torino, 2014, p. 27.
[21]Fiandaca in Bene giuridico e riforma della parte speciale, a cura di Angioni F., Napoli, 1985, p. 33.
[22]Fiandaca in Bene giuridico e riforma della parte speciale, a cura di Angioni F., Napoli, 1985, p. 33
[23]Fiandaca in Bene giuridico e riforma della parte speciale, a cura di Angioni F., Napoli, 1985, p. 34
[24]Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Torino, 2014, p. 28.
[25]Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Torino, 2014, p. 28.
[26]Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Torino, 2014, p. 29.
Giovanni Sorrentino è nato a Napoli nel 1993.
Dopo aver conseguito la maturità classica con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Jacopo Sannazaro, intraprende lo studio del diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Nel dicembre del 2017 si è laureato discutendo una tesi in diritto penale dal titolo “Il riciclaggio”, relatore Sergio Moccia.
Attualmente sta svolgendo la pratica forense presso lo Studio Legale Chianese.
Nel 2012 ha ottenuto il First Certificate in English (FCE).
Ha collaborato dal 2010 al 2014 con la testata sportiva online “Il Corriere del Napoli”.
È socio di ELSA (European Law Students’ Association) dal 2015.
Nel 2016 un suo articolo dal titolo “Terrore a Parigi: analisi e possibili risvolti” è stato pubblicato su ElSianer, testata online ufficiale di ELSA Italia.
Nel 2017 è stato selezionato per prendere parte al Legal Research Group promosso da ELSA Napoli in Diritto Amministrativo (Academic Advisors i proff. Fiorenzo Liguori e Silvia Tuccillo) dal titolo “L’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e diritto privato”, con un contributo dal titolo “Il contratto di avvalimento”.
Grande appassionato di sport (ha giocato a tennis per dieci anni a livello agonistico) e di cinema, ama viaggiare ed entrare in contatto con nuove realtà.
Email: giovanni.sorrentino@iusinitinere.it